ORSI ITALIANI MAGAZINE
La Vendemmia (Seconda parte)
Un racconto di Ste
Ancora in mattinata.
La pioggia dorata dei quattro aguzzini che mi cadeva sui capezzoli, sul viso, sulla cappella arrossata, mischiata alla sborra rimasta nelle loro canne, mi aveva lasciato il corpo, gia' sudato, maleodorante ed appiccicaticcio. Quando se lo furono sgrullato ben bene compiacendosi del lavoro appena fatto, se ne andarono in cucina avvolti nelle loro coperte. Piero resto' un momento a farmi compagnia : -Allora bella troia, ti e' piaciuto? Rispondi puttana!! Ha goduto? Ma si che ti e' piaciuto, abbiamo scopato per bene la nostra sgualdrinella.
Manno urlo' -cosa facciamo fare alla nostra puttanella adesso? Ermanno torno' nella stanza posando sul tavolo del mio supplizio un bottiglione di vino ed un cavaturaccioli. Cercai di alzarmi da quel lago maleodorante e pieno di ormoni ma Piero mi calco' il piede sul petto con i pesanti zoccoli di legno schiacciandomi sul pavimento e minacciandomi a denti stretti: -Stai giu' bagascia o il prossimo ti arriva sui coglioni. Ermanno si rivolse a me: -Hai dieci minuti di tempo per pulire questa merda e farti una doccia, poi si mangia. Piero mi diede un'altra calcata sul petto, grugni' e mi permise di alzarmi. -Non hai capito un cazzo, eppure la lezione abbiamo cercato di insegnartela. Restai seduto a terra e guardai Ermanno con occhi interrogativi. -Devi strisciare per terra fino al sottoscala. Poi puoi alzarti e cominciare a lavare per terra.
- Hai capito soldato? - mi derise Piero -comincia a nuotare nel nostro piscio, stronzo! Io mi immersi nuovamente nella broda prono e cominciai a strisciare come mi avevano comandato. Mi sollevavo sulle braccia come a simulare le flessioni che tanto successo riscuotevano quando il soldato lo facevo davvero. I muscoli delle mie braccia gocciolanti di umori vescicali ed il gonfiore dei miei pettorali spruzzati di pioggia esageravano il piccolo sforzo che stavo compiendo. La mia schiena nerboruta e le mie natiche guizzanti e pelose che trascinavo il mio bacino in quella palude giallastra suscitarono le ammirazioni dei due bestioni che, a gambe divaricate e mani sui fianchi mi gridavano -Dai, muoviti stronzo, cosi', dai, muovi il culo soldato! -Guarda che fisico.che roba!! Me lo scoperei tutto il giorno- bisbigliavano di me. Le mie gambe divaricate sembravano nuotare come pinne e schizzavano piscio intorno. A quelle voci di incitamento, Franco e Gian spuntarono dall'ingresso e chiesero sorridendo: -Che cazzo fa la nostra zoccola? Vogliamo divertirci anche noi.
Piero era dietro di me che continuava a spronarmi. Arrivai ai piedi di Ermanno. Mi fermai e lo guardai dal basso con sguardo supplichevole quasi a chiedergli di farmelo assaggiare, mi era rimasto solo lui. Egli intui', si tolse la coperta dalle spalle, divarico' le gambe e brandi' la sua nerchia scappellata e rigida.
- Prima di passarmi fra le gambe succamelo!!.
Cercai di sollevarmi il piu' possibile, con il collo teso e la bocca vogliosa verso quel nettare che desideravo da sempre. Fin da ragazzo, andavo in cascina a raccogliere le patate per lui. Faticavamo tutto il giorno sotto il sole e poi facevamo la doccia insieme in un angolo nel cortile. Io diciassette anni biondo e riccioluto come un putto, una folta criniera bionda che mi percorreva la schiena, un tappeto ispido di peli sulle spalle, sul petto, sul ventre, sulle gambe a vestirmi completamente, un orsetto biondo e rosso con i muscoli gia' pronti ad affrontare i libidinosi giochi dei nonni della caserma. Mi insaponava la schiena e ogni tanto scendeva piu' in giu'. Lui, nudo ed atletico quarantacinquenne, con quei pettorali scolpiti le gambe muscolose e le goccioline di acqua che percorrevano il suo corpo meraviglioso, trascinando con se il suo sudore, l'aroma e l'olio della sua pelle, bagnavano il pube e dopo avere percorso quella verga sempre pronta ad ogni sfida, si soffermavano esitanti, concentravano gli umori del suo essere e piovevano verso di me dalla punta della sua minchia. Lui, dicevo prima di perdermi nei ricordi e riavermi con la cappella dolorante, mi versava l'acqua in testa con un annaffiatoio. Avrei voluto leccarlo dalla testa ai piedi fin da allora e bere direttamente da quell'erogatore penzolante quelle goccioline sofisticate per placare la mia arsura. Adesso ne sentivo il rimpianto ed ero deciso a non rinunciarvi piu'.
- Guardala come ha voglia, la troia, sembra che gli manchi l'ossigeno. Stavo compiendo uno sforzo disumano ma finalmente a bocca aperta raggiunsi il suo matterello e senza toccare un centimetro di quel corpo titanico e fremente lo presi in bocca. Ermanno gemette dal piacere -MMMsiii, sei bravo..fiiiut che brava che e' la nostra pompinara. La punta della mia lingua solleticava la mucosa tra la base della cappella e la pelle tirata giu'. Continuai per qualche minuto mentre le incitazioni di Piero si facevano sempre piu' rotte dall'orgasmo che stava raggiungendo segandosi il pisello -Bravo soldato soddisfa i tuoi padroni.
Avvertii distintamente il momento in cui Piero mi sborro' sulla schiena. Emise un sensuale vagito e un peto sonoro per ufficializzare il tutto. Se avessi potuto vendicarmi io di quell'animale che mi umiliava lo avrei legato al letto e gli avrei prosciugato i coglioni fino a farglieli seccare a furia di pompini. Tutto mi attirava di lui, e sapere che il suo odio lo avrebbe portato ad essere sadico e crudele mi eccitava da morire. Ero perso in questi pensieri quando Ermanno mi venne in bocca. La sua crema sopraffina era piu' salata di quella di Gian che avevo assaggiato due volte. Mi piaceva e continuai a succhiare finche', dopo qualche minuto, non divenne molle fra le mie labbra.
Ermanno si stacco' da me e disse: -Brutto frocio di merda, se vuoi mangiartene uno fatti quello del Gian. Adesso passa sotto e sparisci. Passai sotto le gambe muscolose di quel Colosso di Rodi e la tentazione di leccargli l'interno coscia mi travolse. Cominciai dal ginocchio sinistro, su verso l'inguine, i coglioni pelosi che mi soffermai ad annusare e a slinguazzare. Sentivo la pelle dello scroto inturgidirsi ed incartapecorirsi sempre piu'. Il buco del culo, ah! desiderato orifizio, lo avrei sfondato volentieri. Poi ridiscesi verso il ginocchio destro. Non disse nulla. Emise un gemito di sorpresa e una risata di approvazione. Continuai a trascinarmi verso Gian che mi attendeva sorridente e mi stava riservando una sorpresa.
Prese una seggiola, la posiziono' davanti a me e vi si sedette sopra divaricando le cosce. -Qui si paga il dazio, troia! sghignazzo'. La cosa che aveva fra le gambe, vista dalla mia prospettiva era ancora piu' spaventevole. Si innalzava dai due testicoli per una ventina di centimetri e considerando che Gian era seduto, a questa misura ne andavano aggiunti almeno un paio ancora. Le dimensioni alla base dovevano essere di sei o sette centimetri di diametro per ridursi, si fa per dire, ad almeno cinque alla base della cappella. La cappella era violacea, irrorata di sangue all'inverosimile. Notai anche l'espressione di sorpresa ed ammirazione di Franco che spuntava da dietro le possenti spalle di Gian per godersi lo spettacolo della bestia o della mia nuova prestazione. Non ci si poteva meravigliare del mio svenimento di un paio di orette prima. L'idea che un tronco del genere possa penetrarvi, scommetto lascerebbe nel panico chiunque di voi, amici orsi e non.
Ma credetemi, dopo la prima atroce esperienza mi paghereste per farvi incontrare il mio amico Gian. Arrivato davanti a quella colonna infame con le sopraciglia ancora grondanti di sudore e urina rimasi immobile ad attendere la sentenza. Da dietro le mie spalle Piero ed Ermanno incitavano l'orso a dare sfogo ai suoi istinti ed egli non tardo'.
- Prendimelo in bocca, puttana! Il suo tono di comando non ammetteva repliche.
- Per favore posso alzarmi? chiesi.
- Taci succhiaminchie, intervenne Franco. -Tu non puoi chiedere un cazzo, devi solo farci divertire e aspettare che le nerchie te le diamo noi.
- Hai bisogno di una lezione che ti insegni a obbedire riprese Gian, appoggiandomi le gambe sulle spalle e tirandomi a se con forza. Atterrai con il viso sulla sua poderosa mazza. - Comincia a leccare soldato!!. E io obbedii da bravo soldato. La lingua correva su e giu' lungo quel bastone pulsante. Sapeva di buono, la prima volta ne avevo assaporato la cappella, mi ero dissetato per ben due volte e adesso mi veniva offerta una terza opportunita', piu' completa perche' era tutto a mia disposizione. Non potevo perdermela. Non mi importava di quello che dicevano gli altri. Mi chiamavano 'succhiacazzi, zoccola, troia'. Piero nel pieno del suo disprezzo mi piscio' nuovamente addosso e io contraevo e rilassavo le natiche come se stessi scopando a pompare il mio bianco sorbetto, affinche' la sua doccia mi bagnasse il buco del culo. Come bruciava. Schizzai sul pavimento una gigantesca sborrata e continuai a spompinare quell'animale con maggiore foga. Volevo farlo urlare di piacere, cosi' infilai la punta della lingua nel buco della canna slinguettando con forza. Gian emise un gemito e disse -Si, brutta troia, hai capito come fare.
Inizio' a tremare dall'eccitazione, stava per riversarmi in faccia una cascata di sperma. Franco dietro di lui non riusciva a credere ai suoi occhi e gli afferro' il petto da dietro per tenerlo fermo, provo' a massaggiargli i capezzoli divenuti duri come chiodi. Due secondi dopo ero il bersaglio dei suoi spruzzi, abbondanti, densi, gustosi. Ermanno mi fece voltare ed eiaculo'. -Assaggia anche questa, finocchio!! e io deglutii una volta e dopo un'altra e una terza tanto era abbondante.
Gian si alzo' barcollante ed esausto e spostando la sedia con il piede disse -Per me puoi andare bella fighetta. -Eh, no. Ci sono ancora io- disse Franco -ho aspettato fino ad ora, adesso voglio la mia parte.
Di me volle il culo. Dopo avermi fatto leccare le ultime gocce di sborra del Gian rimaste sul sedile, si accomodo' e mi fece mettere a pecorina davanti a lui. Comincio' a massaggiarmi il buco del culo con l'alluce del piede e ordino': -Supplicami soldato, supplicami di infilartelo nel culo. Ubriacato dalle sensazioni e dalla eccitazione che provavo : -Ti prego Franco- cominciai -ho voglia del tuo cazzo, usami, abusami, non tenermi sulle spine - e per dare piu' credibilita' alle mie parole muovevo il sedere a destra e sinistra. -Sei proprio una troia -mi disse Piero. -Te ne do' solo un pezzettino - comincio' Franco ed in quel momento le sue due mani da muratore mi afferrarono le spalle, egli si appoggio' a me e un secondo dopo il suo palo della vittoria comincio' a penetrarmi.
Mi piaceva, accidenti che bel torello mi ero scelto, mi stava montando con maschia violenza. Avrei fatto la sua puttana tutta la vita. Ma volevo di piu'. -Infila tutto, ti prego non puoi lasciarmi a meta'. -Calma signorina - intervenne Piero - il gioco lo conduciamo noi. Franco ansimava e io tornai a implorare la sua misericordia : -Lo voglio, ti prego. Lo voglio tutto, non resisto. -Come vuoi - riprese -ma te lo do solo perche' non resisto piu'.- E mi accontento', spinse con maggiore forza la sua nerchia dentro di me. Aprii la bocca come ad urlare alzando la testa verso gli spettatori. Gian, lo aveva penzolante e ancora gocciolante, Ermanno se lo stava segando di nuovo. Cazzo quell'uomo era una vera macchina del sesso, invidiavo la moglie che poteva scoparselo quando voleva. Allora, dati i presupposti pensai di rimanere li con la bocca aperta anelante un altro pieno di carburante. Chissa' che non sapendo dove buttarlo magari avrebbe approfittato ancora della mia insaziabile fame di sborra.
Chi ne approfitto' subito fu Piero. Mi si paro' davanti segandosi il membro con una velocita' ammirevole e quando il primo schizzo mi raggiunse il palato, me lo infilo' in bocca afferrandomi la nuca e svuoto' con forza i suoi lombi dentro di me. Io non ce la facevo piu', dovevo assolutamente svuotare i miei coglioni. Il bruciore della mia spada sguainata era insopportabile. Franco aveva vistosamente accelerato le pompate eccitato alla vista della sua troiona che ingoiava sborra a tutto andare. Si diverti' per alcuni minuti afferrandomi i pettorali, poi strizzandomi i capezzoli e masturbandomi velocemente. Venne prima lui ululando dal piacere e rallentando progressivamente i colpi. Mi getto' a terra in quell'urina maleodorante. Mi voltai verso di lui e ancora grondante di piscio terminai il lavoro segandomi l'uccello e sborrandomi addosso sotto gli sguardi compiaciuti dei quattro mandingo. Fu ancora la volta di Ermanno che mi spruzzo' il petto mentre io esausto mi ero disteso e osservavo i volti duri e crudeli che mi circondavano e che, uno alla volta, uscivano da quello scannatoio. Vidi scomparire dietro l'uscio le natiche guizzanti e le spalle vigorose di Franco, le cosce muscolose, il sedere sodo ed i polpacci glabri di quel meraviglioso cinquantottenne di Piero, i peli della schiena e delle spalle del mio orso preferito, Gian che si volto' per l'ultima volta e mi guardo' e infine avevo ancora accanto a me Ermanno.
- Siete quattro fottuti bastardi. Vi siete soddisfatti? Vi siete divertiti? chiesi guardandolo negli occhi.
- Che cazzo vuoi, stronzo! Sei un soldato, no? Hai obbedito come era tuo dovere. Vuoi una medaglia? -Pulisci sto schifo o ti schiaffo l'attizzatoio rovente nel culo cosi' non ti sanguina piu'. E con queste parole anche Ermanno se ne torno' in cucina scoreggiando e dicendomi -Corri a prenderla.- Si mise la coperta su di una spalla, si gratto' il cazzo e segui' il resto del plotone.
Io mi alzai ancora gocciolante, mi asciugai con uno strofinaccio per pavimenti. Pulii tutto accuratamente e salii di sopra come gli altri a farmi una doccia per levarmi di dosso quella sozzura nauseabonda.
(continua...)
Ste