ORSI ITALIANI MAGAZINE
L'uomo giusto nel posto sbagliato
Un racconto di Lontro
Ho conosciuto A. in un luogo che ora, se dovessi andare a cercarmi un uomo, eviterei come la peste; era per di piu' notte abbastanza inoltrata, come spesso succede quando ci si trascina, come lupi smagriti dalla libidine o dalla mancanza, nei luoghi inospitali dove si va a battere.
La notte era una di quelle calde, che ti fanno il respiro pesante e la pelle appiccicosa, il buio smezzato dalla luce opaca di qualche lampione lontano, e la fame, e l'ululato lamentoso dell'animale libidinoso era di quelli che ti fanno torcere, e ti fanno spingere nelle cantine piu' luride dove il gatto va a inseguire il sorcio, incurante della trave che minaccia il crollo e delle latte d'alluminio aperte, i cui coperchi possono tagliare.
Stavo appoggiato alla mia piccola automobile, annoiato ed impaziente, e credo che se fossi stato fumatore avrei bruciato troppe sigarette.
Passarono molte persone dall'aria poco sana, comunque indifferenti e, sembrava quasi, infastidite dalla mia presenza, che uno poi si chiede, ma cosa ci vengono a fare qui se poi evitano di incrociare lo sguardo di chiunque?
In una grossa macchina blu passo' un uomo che sembrava grosso e vecchio; ripasso' dopo qualche minuto, piu' vicino e piu' lentamente, e non sembro' piu' cosi' vecchio, nonostante i capelli grigi: ci guardammo.
Lui vide un giovane maschio dal corpo proporzionato, fresco e affusolato ma morbido e pigro, lo sguardo affaticato dietro gli occhiali, la barba di qualche giorno.
Io vidi la testa del console romano Agrippa, il pizzo grigio, L'impressionante calibro delle braccia, le mani grosse e ruvide, la pancia e un ciuffo di pelo grigio che usciva dal collo della polo, e infine due piccoli occhi azzurri e un sorriso, infine.
Da lontano sembravi un po' sfatto - gli dissi avvicinandomi al suo finestrino aperto invece sei bello stagno.
A. rise del mio approccio sfrontato; era maturo, ma non vecchio, stava sui cinquanta.
Fu cosi' che A. e C. si presentarono e chiacchierarono un po', giusto per vedere se ci si poteva fidare a infrattarsi e per rompere il ghiaccio, ma si vedeva subito che A. era una di quelle persone che dici 'questo e' un Uomo', franco, semplice tranquillo, e nella fattispecie anche infoiato: benissimo, anche io.
A. fa uno di quei mestieri da uomo rude che fanno tanto film porno, ma che se nella realta' incontri uno che fa davvero uno di quei mestieri quasi non ci credi; se fosse stato per lui poi, avrebbe fatto il contadino.
Ci siamo inoltrati con la sua macchina in una strada in mezzo agli alberi, ben nascosta, io avevo i pantaloni corti e lui mi accarezzava le cosce con le sue manone rustiche, mentre io gli passavo le dita tra i capelli e nella barba, poi gliele infilavo nella polo e gli maneggiavo e grossi pettorali lanosi, carezzando i capezzoli duri con il palmo aperto della mano. A. fremeva, iniziava ad avvicinarmi a se' palpandomi in maniera un po' brutale, e tenendomi una mano attorno alla nuca e stringendomi una chiappa con l'altra mi abbraccio'.
Ci scambiammo un bacio lungo, ruvido di barbe e dalle lingue agguerrite, io mi ero messo sopra di lui e sentivo le sue mani sotto i miei vestiti, palpava le mie chiappe a mano piena, mi spingeva contro di se fino a farmi sentire la punta durissima del suo pene sotto i miei testicoli, anche io lo palpavo e assecondavo i suoi movimenti muovendomi contro di lui, colavo sudore bava e presperma.
Mi spogliai sopra di lui di quel poco che avevo, gli tolsi la polo e lui si tolse i pantaloni; il suo corpo era maturo e possente, tarchiato, massiccio: dai boxer azzurri spuntava impaziente il piccolo cazzo durissimo, lucido.
All'epoca dei fatti avevo ventitre' anni, e non mi ero mai fatto penetrare da un uomo, ma l'intensita' delle sue carezze sul mio culo e la sua aria affettuosa e paterna mi avevano fatto venire voglia: stavo sempre sopra di lui mentre lo baciavo e lo toccavo, e spesso sfregavo lo spacco delle chiappe conto il suo membro, mentre lui sbuffava come un toro, finche' a un certo punto, quasi senza accorgermene me lo trovai dentro; lui mi strinse le braccia attorno con foga facendomi affondare sopra la sua nerchia affamata.
Mi strinse fortissimo senza muoversi, poi me lo sfilo', mi chiese se lo volevo fare ed io gli dissi di si'; lui si infilo' un preservativo ed io gli rimontai su, cavalcandolo a smorzacandela nello spazio angusto dell'abitacolo della Primera, con le sue mani aggrappate ai miei fianchi, e una pioggia di sudore che ci colava addosso, finche' lui non venne.
Anche se lui forse non ci credeva, ci riincontrammo pochi giorni dopo, di pomeriggio a casa sua.
Pedalai sulla sponda del naviglio piu' in fretta che potevo, con la minchia dura che mi sfregava direttamente contro i pantaloni. Quando arrivai a casa sua era appena tornato da lavoro, mi aspettava nella penombra, seduto sul divano in boxer e canotta. Mi spoglia subito e mi sedetti accanto a lui; lo baciai, poi appoggiai la testa sul suo petto; sentivo l'odore forte del suo sudore e incominciai a leccarlo, prima sul collo, poi sui capezzoli, poi sotto le ascelle; lui mi torceva e mi masturbava. Feci scorrere la testa dal suo petto sulla sua pancia fino a raggiungere il suo membro perennemente rigido, e lo succhiai un po', ma decidemmo di interrompere la sessione di petting sul divano per andare a fare una doccia, come la calura dal pomeriggio e i nostri odori corporei troppo intensi reclamavano.
Il massaggio dell'acqua, il vapore, l'effetto lubrificante del sapone
sulle mani e sui corpi: quel che successe nella doccia non c'e' bisogno
che ve lo racconti; per il resto sappiate che A. e' stato mio amante per
quasi tre anni, non l'unico, certo, ma forse quello cui sono stato piu'
umanamente affezionato.
Lontro