ORSI ITALIANI MAGAZINE
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/ NOTICE
Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e'
pertanto riservata a persone maggiorenni
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nudity and a text with homoerotic contents: it's intended for persons
over 18
Ricordi di caserma (prima parte)
Un racconto di Gerasim
Scotti
era fuori per la libera uscita. In camerata non c'era piu' nessuno.
Ancora una volta decisi di fingermi malato per restare in branda e
attuare il mio ingenuo piano di stare vicino all'oggetto dei miei
desideri.
Si', mi ero innamorato di Scotti: ma naturalmente lui
non sapeva - e non avrebbe mai saputo - nulla. Un maschio cosi'
perfetto, figurarsi: sodo, muscoloso ma con un lievissimo accento di
pancetta, coperto sul grande petto e sulle cosce monumentali da una
selva di peli neri e lunghi, forti come lui.
Un bel volto
quadrato, ombreggiato da una barba scurissima anche appena rasata. E
poi, il cazzo: lungo, spesso, adagiato su due grossi coglioni penduli,
solcato da una grossa vena longitudinale e orgogliosamente esibito
scappellato anche da molle. Un vero uomo insomma. Con un carattere
adatto a un uomo vero: deciso, autoritario in certe occasioni, capace a
volte di inattese dolcezze.
Cosi', per rendere piu' lieve la
sofferenza di averlo accanto senza neppure poterlo sfiorare, avevo
ideato un trucchetto fin troppo semplice: quando tutti uscivano, nei
giorni in cui non c'era nessun ammalato vero, mi fingevo indisposto e
stavo nel mio letto.
Quando la camerata era vuota mi dirigevo
all'armadietto di Scotti, sempre aperto, e frugavo tra la sua
biancheria sporca. Mi impadronivo allora di un paio o due di slip, di
un paio di calzini e nel mio letto annusavo quel ben di dio e mi
masturbavo furiosamente pensandolo. Odoravo la stoffa rigonfia, cercavo
qualche pelo, leccavo le troppo scarse tracce di urina. E soprattutto,
pensavo a tutto quello che avrebbe potuto farmi con quel membro
mostruoso e bellissimo…
Ma, come ho detto, il trucchetto era persin troppo semplice: e c'era chi l'aveva capito meglio di quanto io potessi sospettare.
Era
il colonnello Macherini, un altro uomo tutto d'un pezzo, che aveva la
capacita' straordinaria di terrorizzare tutte le reclute, comprese le
piu' scaltre o agguerrite.
Fisicamente, anche per ragioni di eta',
era diversissimo da Scotti: molto piu' anziano, massiccio e baffuto,
dotato di pancia prominente, ricavava dalla calvizie un fascino virile
e selvaggio che lo sguardo acuto non faceva che accentuare.
Fu
proprio lui, quel pomeriggio di luglio, a entrare come un ciclone nella
mia camerata e a dirigersi verso il mio giaciglio. Il sangue mi si
gelo' nelle vene: ero nudo sotto le coperte e avevo in mano gli slip di
Scotti. Correvo il rischio di essere scoperto e… 'Allora, recluta
Franci, sei di nuovo malato? Che cos'e', hai nostalgia della mammina?'.
Macherini si avvicino' a grandi passi a me. Io mi immobilizzai,
tentando di appallottolare le mutande che avevo in mano. L'uomo mi
squadro' con attenzione. 'Ma guarda, questo malatino e' a torso nudo…
Che strano, non ti metti la maglietta della salute? O magari sei tutto
nudo?' disse con un ghigno; e tiro' giu' le coperte. Io non solo non
indossavo nulla, ma avevo anche la minchia dura e bagnata
dall'eccitazione.
La faccia dell'uomo divenne satanica. 'Come
avevo immaginato: abbiamo un segaiolo tra noi. Ma… che cos'hai in mano?
Fa' vedere!' mi ingiunse e mi afferro' la mano costringendomi ad
aprirla. Ne uscirono gli slip di Scotti, bagnati della mia saliva. 'Non
credo siano tuoi, frocetto' mi disse con crudelta'.
Siccome tenevo
gli occhi bassi per la vergogna e non rispondevo, Macherini si guardo'
attorno: non gli ci volle molto per notare l'armadietto semiaperto di
Scotti. 'Di chi e' quell'armadietto?' domando'. 'Di Natale Scotti'
risposi con un filo di voce e con le lacrime che cominciavano a fare
capolino tra gli occhi. Per me era finita; e nel peggiore dei modi.
Mi
sembro' che il colonnello avesse un attimo di pieta'. Mi pose la mano
sulla testa: voltai gli occhi e lo vidi dal basso in alto. Ammetto: era
una vista molto eccitante.
A ridosso delle mie labbra c'era la
cerniera dei pantaloni, che celava un involucro sicuramente voluminoso;
piu' su, vedevo la pancia, che a sua volta copriva la vista della parte
bassa del viso. Una rotondita' sporgente e soda, che non mi sarebbe
spiaciuto abbracciare.
La voce di Macherini mi riporto' alla
realta': 'Gia', la recluta Scotti, lo conosco bene: un gran bel
ragazzone, vero? Bene, seguimi, finocchietto' disse brevemente.
Mi
alzai dal letto, con il cazzo ancora un po' eretto e cercai i vestiti.
'No, non e' il caso che tu ti vesta' disse enigmaticamente l'anziano
maschio. 'Seguimi e basta' concluse.
Con le gambe un po' tremanti
lo seguii: avevo paura che qualcun altro mi vedesse, cosi' nudo e
impaurito. Invece, stranamente, Macherini mi condusse verso
l'antibagno, e poi in direzione di una portina seminascosta dagli
armadietti metallici.
La apri' e accese la debole luce: era uno
sgabuzzino di materiali per le pulizie. L'uomo chiuse la porta alle sue
spalle e fu allora che capii le sue reali intenzioni. Con una mano
prese a sbottonarsi la patta; con l'altra mi afferro' per la testa e mi
spinse verso il basso.
'Ti piace il cazzo?' mi chiese con voce roca e bassa. 'Adesso ne avrai uno bello largo da sucare, troietta'.
Ero
in ginocchio, agitato ed eccitato nello stesso tempo. Macherini mise
fuori il membro, che in effetti era proprio spesso come aveva promesso.
Odorava di piscio e sudore, come tutti i cazzi degli anziani. Aprii la bocca e ingoiai la fava scappellandola con le labbra.
Il
manzo comincio' a mugolare e a muoversi lentamente. Mi faceva andare il
cazzo su e giu' nella gola, fin quasi a togliermi il respiro.
Quando
la minchia era tutta dentro, il mio naso finiva nella folta foresta di
peli del pube, odorosi di sudore e il mento riceveva colpi dalla borsa
dei coglioni.
Era un pompino calmo e lento, e sentivo il cazzo
crescere a ogni colpo e diventare tosto e gonfio. Duro' ancora qualche
minuto, poi il colonnello estraendo la bega dalle mie labbra mi disse
di alzarmi.
'Adesso te lo ficco in culo', sussurro' sempre piu'
roco. Mi drizzai con una certa fatica sulle gambe, ma adesso la paura
era stata sostituita dalla eccitazione.
Io
godo molto a essere inculato; anzi, spesso riesco a sborrare senza
toccarmi, solo per la forza dell'orgasmo di culo. Pur essendo allora
soltanto ventenne, mi facevo sodomizzare gia' da parecchio tempo: fin
dal giorno in cui un muratore nella casa di mio zio mi aveva inculato
senza preamboli. Fu proprio quel giorno, in cui non avevo provato
dolore ma solo piacere, che avevo capito quanto il cazzo possa dare
goduria; e da allora non mi ero piu' lasciato scappare quasi nessuna
occasione di farmi impalare.
Ora ero di nuovo li', pronto a sottomettermi al volere del maschio e a concedergli tutte le soddisfazioni che cercava.
Mi
chinai a novanta gradi, mi aprii le chiappe con le mani: offrii il buco
all'uomo, che ne approfitto' subito lappandolo in modo goloso. L'ano mi
si apriva dolcemente mentre sentivo la saliva calda sparsa dalla
linguona ruvida e il dolce contatto con i baffi…
Tutto a un tratto
la situazione cambio': la lingua fu sostituita da qualcosa di duro e
molto piu' ingombrante: era la cappellona del cazzo, che cominciava a
sforzare l'anello di muscoli dello sfintere.
Non ci mise molto a
entrare: con un bel gesto deciso me lo ritrovai tutto dentro, fino ai
grossi coglioni. Prese quindi a muoversi con una certa violenza,
incurante del fatto che mi aveva appena penetrato, insultandomi con un
rantolo cavernoso.
'Troietta, ti piace il cazzo? sussurrava; Adesso ne pigli uno bello grosso… senti com'e' grosso?... senti come sono maschio?..'
Io
annuivo: un po' per paura, e un po' perche' mi piaceva davvero molto
essere inculato da quello stallone maturo. I colpi si facevano pesanti:
le palle battevano rumorosamente con il mio buco rotto. Il maschio
toglieva ogni tanto la nerchia dal culo per infilarla con ancora piu'
foga nell'ano, che ormai era rosa e spalancato come una fica.
Godevo
davvero come una troia, anche perche' il colonnello, dominandomi da
dietro, mi palpeggiava il petto e stimolava con abilita' i capezzoli.
Alla
fine il manzo si irrigidi', si piego' in avanti verso di me e mi
strinse con forza: stava sborrando. Tutto il suo corpo si scosse
quattro o cinque volte; l'abbraccio si fece ancora piu' intenso. Poi il
suo corpo comincio' a rilassarsi e fini' per adagiarsi tutto sulla mia
schiena nuda e piegata.
Macherini estrasse il membro dal mio ano
dilatato, facendo uscire anche una spessa bava di liquido biancastro;
quindi, dopo averlo asciugato, rimise il cazzo dentro i pantaloni
grigioverdi e chiuse la lampo.
'Alzati e vestiti' soggiunse dopo un breve tempo, 'Mi devi seguire. Per te oggi non e' ancora finita' disse.
Non mi restava che obbedire…
(fine prima parte)
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