ORSI ITALIANI MAGAZINE




ATTENZIONE / NOTICE

Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni

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Un poliziotto... tutto per me

Un racconto di Orsardoi


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Alla fine di una giornata pesante e un po’ triste, eccomi nella stazione di Forlì, come al solito percorsa da begli esemplari di maschi palestrati e abbronzati: non importa la stagione, son sempre in magliette aderenti (e da sballo!) e col colorito di chi è appena arrivato dalle Seichelles (o è appena uscito da sotto una lampada solare!). E’ sempre un gran bel vedere stare qui e dovere aspettare il treno in ritardo non pesa mai!

Eccolo che arriva, cerco la carrozza di prima, trovo il mio posto che, sebbene prenotato, è occupato da un iroso vecchietto che non riesco a scalzare. Vado oltre: tutto occupato ad eccezione di uno scompartimento buio, con le tendine abbassate.

Provo ad entrare … un forte odore di chiuso e di cibo consumato mi assale, ma vi sono solo tre persone e entro.

Dopo poco, grugnendo in una lingua che non riesco a comprendere, uno si alza e accende la luce. Dev’essere dell’Est, è completamente bevuto e le lattine di birra rotolano sul pavimento secondo gli scossoni del treno. Con lui è una donna, pressocché normale, che addenta un panino via l’altro … il terzo è un marcantonio moro che dormicchia.

È davvero da guardare: sarà alto più di un metro e novanta, i capelli spettinati ad arte e gelatinati, le lunghe gambe avvolte in un paio di jeans con il marchio di Armani e porta una maglietta in costine di lana che aderisce ad un fior di tronco armonioso e muscoloso. Quando, nell’aggiustarsi nel sonno, allunga le gambe verso di me, mi offre alla vista un grande involto all’attaccatura delle cosce. La bocca è come un po’ imbronciata e molto sensuale. Il naso è piccolo e un po’ all’insù. Degli occhi non so che dire perché finora non li ha mai aperti e non ha scostato quei due cespugli di ciglia nere.

Non si può dire che non sia un gran bel ragazzo!

Per un tempo interminabile, lui sonnecchia, l’altro beve e scherza ad alta voce (dal tono e dal suo ghignare, penso volgarmente) con la donna che continua ad addentare panini e bere a canna dalla bottiglia di plastica d’acqua. Chissà se sono tutti e tre insieme e se sono slavi?

Io cerco di leggere, anche se il mio sguardo continua a tornare su questo bell’esemplare di maschio!

Finalmente trilla un cellulare! Il suo!

Abbagliato da un paio d’occhi verdi che lo illuminano tutto, non mi accorgo neppure che non parla serbo, ma siciliano. Anzi, parla italiano con il forte accento del sud.

Ora che è sveglio, posso assolutamente asserire che è una meraviglia!!!

Sta parlando con una ragazza: c’è un problema di tempo, c’è un problema di auto … benché io penda dalle sue labbra, non ci capisco niente! È un colloquio infervorato: lui la vuole vedere, lei sembra che non ne abbia voglia.

Ad un certo momento lei interrompe e lui va a smaltire il nervosismo camminando nel corridoio … con falcate lunghe e maschie che mettono in risalto anche un bel sedere, alto e nervoso!

Torna a sedersi, cerca di riaddormenatrsi senza riuscirvi: nel muoversi per trovare una posizione confortevole la maglia gli si arrotola sull’addome, asciutto e rivestito da una serica coltre di corti peli neri … ma cosa si può pretendere di più in un uomo?

Mentre mi dico che non capisco proprio perché la scema non vuole incontrarlo, ecco di nuovo il telefono.

Risponde che siamo a Reggio Emilia e, sembra, che lei dica che è troppo in ritardo e che non lo può aspettare.

Lui la implora adducendo che, poi, domani monta di servizio a mezzogiorno e lavora fino a tardi e che anche all’indomani ha lo stesso turno e che quindi non possono vedersi che fra tre giorni.

Sembra che a lei non gliene possa fregar di meno e che non ne abbia voglia, lui dice che, sì, potrebbero andare a cena, ma poi a casa, perché ha desiderio di lei: mentre le dichiara la propria voglia, si accorge che lo sto ascoltando e che non perdo una sola delle sue parole. Mi scarica addosso il più affascinante sorriso, mi schiaccia un occhio e solleva un po’ una spalla, per rendermi complice.

Io sorrido con amabilità (per cercare di nascondere, invece, la mia curiosità e il mio desiderio!).

Quando finisce la telefonata, di nuovo mi sorride e: “’Ste donne, lo vogliono, ma non son capaci di fare il più piccolo sforzo …”

Io rincaro: “E sì che siamo in ritardo di soli 25 minuti!”

“’Sta stronza! Perché ho una voglia da impazzire, altrimenti la manderei a cagare!”

Ma non può vederla domani?” fingo di non aver sentito quello che aveva detto prima, perché vorrei sapere che lavoro fa.

Macché! Domani ho un servizio che finisce tardi e quella vive ancora coi suoi e non può tornare dopo mezzanotte!”

Perché? Che lavoro fa?”

Sono un agente.” Mi prende un colpo: lo sospettavo! O forse lo speravo! Ho sempre avuto un debole per le divise! E, questo, sul lavoro dev’essere meraviglioso!

Agente di polizia? Che bello!”

E’ un po’ incuriosito: “Perché, bello?”

Ho sempre ammirato chi espone la propria vita per la salute degli altri! E, ora, in questi momenti terribili che viviamo, la vostra opera è sempre più importante!”

Mi sorride, compiaciuto e si rasserena al punto di dimenticare quella che gli ha dato il due di picche: ormai parliamo fittamente, avvicinandoci l’un l’altro per superare il frastuono che l’estracomunitario, ormai ubriaco, emette. Fortunatamente, raccogliendo pacchi, borse e valigie, a Modena i due scendono: io e lui ci sediamo al loro posto, vicino al finestrino e dirimpetto. Ormai siamo in confidenza: ho anche ripreso il discorso della ragazza che non gliela da. Lui dorme in caserma, ma ha affittato con un paio di colleghi un appartamentino per scoparsi le ragazze. Un appartamentino un po’ squallido, un po’ scomodo, un po’ troppo frequentato anche dagli altri ed è anche per questo che lei cerca di non andarci.

Gli dò corda per saperne di più e mentre parla me lo immagino scopare con quel popò di randello che si deve trovare! Mi viene la malaugurata idea di dirglielo: “Non è che con quel grosso affare che ti ritrovi le fai troppo male?”

Prima ci rimane, poi sorride: “E tu, come fai a sapere che ce l’ho grosso?”

Basta guardarti! Basta vedere il tuo naso che è dritto e forte, segno della virilità del proprietario. O guardare le tue mani, che sono grandi e robuste, segno che, anche là, sotto, sei grande e robusto!”

Poi, facendomi coraggio: “E, anche così, ti si vede un bozzo proprio notevole!”

Istintivamente, porta la mano al pacco, come a nasconderlo, poi mi guarda negli occhi per scoprire cosa nascondo con le mie allusioni. Ci penso un attimo, poi asserisco: “Sono omosessuale e me ne intendo!”

E’ scioccato! Distoglie lo sguardo, non sa cosa dire … gli vengo in soccorso: “Guarda che non sono lebbroso! Puoi continuare a parlarmi come prima: non ti contagio!”

Si vergogna della propria reazione: “Ma figurati! E’ che non me l’aspettavo! Proprio non sembri un …”

Un frocio?”

Dai! Non ti incazzare! Mi sono comportato male: lo so e ti chiedo scusa! Ma non mi è mai capitato uno che me lo sbandierasse così! A volte arresto dei finocchietti, tutti mosse e squittii, che giurano di essere etero!”

Ti da fastidio se sono gay?”

Figurati: abbiamo passato un paio d’ore molto piacevoli e chi se ne frega cosa sei! Ognuno è quello che è e che desidera essere!”

Questo pensiero è bello e ti fa onore! Grazie!!! Anche a me è piaciuto conoscerti … e mi piacerebbe poter continuare a vederti … sempre che anche a te faccia piacere!”

Certo! Sei simpatico … il finocchio più simpatico fra tutti quelli che ho conosciuto!”

Non mi piace che mi inquadri in una categoria … ma se ti fa piacere, non m’importa!” Ha capito che non è stata una bella battuta la sua, ma prima che incominci il discorso trito in cui lui non voleva … ma che gli era scappato … eccetera! Lo incalzo: “Anzi, visto che la tua ragazza s’è defilata, non vuoi che andiamo a mangiarci un pizza insieme? Sempre se non ti vergogni di me!”

Mi dà una manata che mi distrugge una spalla, mentre: “Ma non dire stronzate! Certo! Ci andiamo e ci mangeremo una pizza della fine del mondo. E’ tutto il giorno che sono in treno e non ne posso più! Da Crotone, è lunga!”

Bene! ” e continuiamo a raccontarci, l’un l’altro, episodi delle nostre vite: lui è sempre più a suo agio, io sono al settimo cielo e cerco d’essere il più simpatico possibile!

Una mezz’ora e siamo in stazione.

Nessuno dei due ha la macchina: si decide di prendere un taxi e, furbamente, dò l’indirizzo di un ristorante, che so chiuso per il turno settimanale, e che si trova proprio vicino a casa mia.

Cavolo, è chiuso!” mi meraviglio, appena sceso dal taxi. “E quello se ne è andato! Chissà quando lo troviamo un altro taxi!”

Beh, ci sarà una pizzeria, qui vicino …”

Proviamo a vedere … anzi, se ti va, siamo proprio vicini a casa e potrei preparar qualcosa io!” Ma che bella idea m’è venuta!

No. Sarai stanco … non voglio disturbarti …”

Se ti va, a me fa molto piacere!” e … accetta!

E me lo porto su.

È contento e gli piace la casa. Mentre mi fa i complimenti, gli metto in mano un aperitivo e gli offro i pistacchi che ho comprato ultimamente in Tunisia: “Ottimi!”

Senti, perché mentre preparo non ti fai una doccia?” Ed è subito di là che canticchia sotto lo scroscio d’acqua.

A fatica, non vado a spiarlo e mi organizzo per la cena.

Quando arriva con il piccolo asciugamano bianco attorno ai lombi, che gli fa risaltare il colore di una pelle di velluto bruno, ricca di meravigiosi peli corti e neri, mi prende un colpo: uno splendore così è logico che mi faccia perdere la cognizione di me stesso e … il tegame del sugo cade a terra fragoroso.

Cazzo, che meraviglia sei!” sussurro mentre ci diamo da fare a pulire il pavimento. Poi mi rimetto a preparare il sugo, controllandolo di sottecchi: il complimento gli ha fatto piacere e si siede lì, a guardare i miei movimenti, un po’ imbranati e nervosi.

Me lo dice e io rincaro la dose: “Non mi capita spesso d’avere due meravigliosi occhi verdi che mi seguono continuamente! E, se consideri che quelle due meraviglie sono ombreggiate dalle più lunghe ciglia nere ch’io abbia visto e che il proprietario è un esemplare splendido di uomo … è chiaro che il tutto mi renda nervoso!”

Sono mica male, lo so! Ma non ho mai visto reazioni come le tue!” E, allora, perché non ti vesti e continui a mostrarti così? Penso dentro di me.

Se tu non sei splendido, non so cosa potresti avere di più … senti, io cerco di non guardarti, ma tu smettila di osservarmi così e vedrai che ce la faccio a finire di preparare!”

Sta zitto per un po’, ma, evidentemente, gli piacciono i miei complimenti e le mie occhiate di ammirazione perché, nell’accendersi la sigaretta, apposta, fa cadere a terra l’asciugamano. Io seguo la cosa con la coda dell’occhio e, senza girarmi, gli intimo: “Raccoglilo e copriti, se non vuoi che ti salti addosso!”

Scusa … Mi si è sciolto il nodo … Non volevo darti fastidio …”

Macché darmi fastidio! E’ che mi piaci così tanto che non vorrei fare un qualcosa che tu, poi, sei costretto a fermarmi … magari ad arrestarmi!”

Scoppia a ridere, cambia argomento, mentre iniziamo, insieme a portare i piatti in tavola.

Mentre apre la bottiglia di Bonarda fa un movimento inconsulto e, oh, meraviglia!, di nuovo il piccolo tessuto cade e me lo vedo lì, tutto nudo e illuminato dalla calda luce delle candele.

Avevo ragione! Ce l’hai proprio grosso!”

Se è vero che te ne intendi … grazie!”

E ridiamo tutti e due, siamo allegri: io perché sto gustando la sua meravigliosa nudità molto più dei panzerotti preparati, lui perché, e ormai mi ha convinto e ne sono sicuro!, … perché gli sono simpatico e si trova bene con me!

Non siamo neppure al secondo ed è già ora d’aprire la seconda bottiglia. Siamo sempre molto allegri. Anche troppo!

Il filetto al pepe verde non l’ha mai mangiato: e mi fa un sacco di complimenti … “Anzi … è così buono che ti voglio abbracciare!” e sparisco tra le sue braccia, riempiendomi le nari del suo odore di maschio.

Al dolce, tiro fuori un ottimo brut: è veramente contento per tutte queste piccole gentilezze e spesso, come per non scandalizzarmi, si riannoda l’asciugamani. Io glielo strapperei a morsi!

E arriva il momento di giocare l’ultima carta: “Senti, è tardi e anch’io domattina non devo alzarmi presto: perché non ti fermi qui?”

Mi guarda riconoscente, ma subito si rabbuia: “No, no … è meglio ch’io vada …”

Perché hai paura ch’io ti salti addosso?”

No … non è questo! Son così sbronzo che sicuramente ci starei … Ma, se dovessi far l’amore con te, lo vorrei fare consapevolmente! Anzi, a dirti la verità, ho già deciso che voglio provare, con te! Domani sera, cosa fai?”

Non ho niente in programma … se non … rivederti, prepararti una buona cena, non farti bere e sperare che, anche domani, tu voglia …”

Non mi lascia finire, mi attira a sé. Mi stritola nel suo abbraccio, poi si china verso di me e posa un bacio fraterno sulla mia fronte. Urca!

Ascolta! Io rispetto sempre la volontà degli altri: se ti fermi qui, possiamo dormire, nello stesso letto come fratelli oppure puoi dormire nella camera degli ospiti. Ma se rimani, mi fa piacere!”

Ok! Allora, da fratelli!”

Non passa un quarto d’ora e già dorme accanto a me. Io non dormo: lo ammiro, me lo coccolo cogli occhi, aspiro il buon profumo di lui e ne assorbo il tepore del corpo steso accanto a mio. Ma perché ho tanto rispetto degli altri!?!

Sono le dieci e sto preparando la colazione per portargliela a letto. Sono curioso di sentire cosa pensa, oggi.

Salvatore, sono le dieci: è ora di svegliarsi!” e il suo sorriso mi ripaga della notte passata quasi insonne. Si stropiccia gli occhi e me li sbatte addosso … io mi perdo nelle tonalità di malva che, anch’esse, mi sorridono.

Sei stato di parola! Grazie! Sai … ero sicuro che m’avresti … che avrei dovuto … che …. Sono molto contento d’aver trovato uno come te! Grazie!” e affonda i denti bianchissimi nella brioche, sorseggia la spremuta, sorbisce il caffè e mi guarda grato.

S’alza, perfetto nella sua perfetta nudità, si getta sotto la doccia, si veste: deve andare, perché, prima di montare, deve cambiarsi in caserma.

Io non parlo di stasera, voglio vedere se tirerà fuori qualche scusa oppure se non dirà niente per farmi poi il bidone. E neppure lui, per tutto il tempo della vestizione non accenna nulla …

Sulla porta, mi abbraccia: “Stasera riesco ad essere qui alle 11 e un quarto: non pensare al dolce, a quello ci penso io!” … me lo mangerei tutto lì, sulla porta! E’ lui il mio dolce, non dovrebbe portarne altro!

Passano felici le ore: allegro preparo il menù della sera, scendo a comprare quel che manca, comincio a preparare una torta salata e, mentre, spezzo il guscio di un uovo, ecco il piccolo serpentello del dubbio che si insinua nel mio cervello … e se ha detto così, tanto per non affrontare il problema di dirmi che ci ha ripensao e che non viene?

. e se mi telefona per dirmi che non può …

oh, cazzo! Non gli ho dato il numero!

Oh, cazzo, cazzo, cazzo! Non gli ho detto neppure il mio cognome e, se anche viene, non sa a che citofono suonare! Sono proprio rincoglionito! Cosa posso fare ora?

Neppure io so come si chiama e non posso certo cercarlo in questura, chiedendo di uno dai meravigliosi occhi verdi, alto così, quasi palestrato e … entro in un profondo buco nero, senza uscite! Sono proprio uno stronzo!

Mi lascio andare distrutto sulla sedia, rimestando con dita svogliate la collina di farina, in cui un paio di rossi d’uova mi guardano ormai inutili …

Continuo a darmi dello scemo, per minuti, per ore … finché un lampo di genio: alle 11 e un quarto vado giù e mi piazzo sotto il portone. Se viene, mi trova lì!

E ricomincio a spadellare, carico di una nuova forza … che spesso vacilla: anche lui sa che non ha il mio cognome e non starà a venire!

No, magari spera che qualcuno rientri e lui si infila e vien su …

E’ una giornata faticosa per il mio sistema nervoso: mi tuffo nell’imbandire la tavola, così non penso …

Son quasi le 23, fra poco mi imbacucco e scendo: fa pure un freddo barbino e non ho troppa voglia di assiderarmi … magari, per niente!

No! Devo smetterla di pensare in negativo: vedrai che arriva!

E, se non arriva, dovrò prendermela solo con me stesso!

Son lì, con la testa che mi va in fiamme, che, improvvisamente, sento un’allegra scampanellata.

Chi è?” chiedo temebondo nel cornetto.

Chi vuoi che sia? Sono Salvatore!”

Mentre il cuore parte per una veloce galoppata, apro e lo vedo attraversare il cortile, a lunghe falcate. E’ in divisa e il galoppo diventa una corsa sfrenata.

Hai visto? Sono riuscito ad arrivare anche prima!” E mi abbraccia, gelido nel suo giaccone blu.

Non so che dire, vorrei raccontargli tutto quello che ho passato, ma le parole e le idee si affastellano, mentre sono perso nei suoi occhi, ombreggiati dalla visiera e rimaniamo lì, impalati, in ingresso, finché mi scuoto: “Dai! Entra! Grazie per essere venuto … sapessi cosa ho pensato tutto il giorno!”

Mi sorride sornione: “Che non m’avevi dato il cognome e che non riuscivo a trovarti!”

E continua trionfante: “Ma io me lo son letto da solo sul campanello e ho trovato anche il telefono sulla guida! Avrei potuto controllarti come, e quando, volevo!”

S’è tolto il giaccone, che a dir la verità lo ingoffisce un po’, ha posato il cinturone bianco, il fodero con l’enorme pistola e quello delle manette e mi rimane lì in piedi, sogghignante, trionfale in tutto il suo splendore: il maglione a costine aderisce sulla possanza del suo torace, dallo scollo la camicia blu elettrica mi sorride con mostrine gialle e rosse, le gambe sono fasciate in pantaloni che le accarezzano e gli stivali s’aprono nell’accogliere i suoi robusti polpacci assieme alla paletta col bollo rosso dell’Alt!

In divisa sei ancora più bello, se possibile!”

Ride, mi abbraccia e lo aiuto a spogliarsi: non è assolutamente ordinato, molla uno stivale qui, uno là, sulla poltrona il golf, sull’altra la camicia, la maglietta è a terra, le calze sulla maniglia della porta del bagno dove s’è diretto senza naturalmente chiedermi nulla. Mentre s’infila in doccia, mi lancia lo slip. Naturalmente Dolceegabbana!

Che splendida visione! Mi siedo sull’asse del cesso e me lo godo tutto, avvolto di schiuma.

Se ne accorge e mi invia il suo più bel sorriso. Non si vergogna di me e lascia che il mio sguardo lo accarezzi su tutto il corpo e sulla sua virilità offerta.

Quando finisce, gli passo l’accappatoio e comincio ad asciugargli i capelli, mentre lui si tampona con il tessuto. Con l’asciugamano lo aiuto, gli detergo i piedi, le gambe … e, con grande meraviglia, mi accorgo che ha una forte erezione: lo guardo, lui mi sorride: “Pensavo che, se avevi voglia anche tu, potevamo farlo prima di assaggiare i mangiarini, che mi stan stuzzicando lo stomaco da quando sono entrato!”

“… Hai deciso, allora?”

Te l’ho detto ieri, cioè stamattina: sono venuto perché ho deciso che, con te, voglio provare … Se … tu vuoi!”

Me lo abbraccio e lo stringo forte, per trasmettergli il mio assenso.

In camera, vicino al letto, perde tutta la sua sicurezza: “… Prima, però, mi dici cosa devo fare?”

Non ti preoccupare! Lascia che le cose accadano! Sii sempre te stesso e fa solo quello che desideri fare.”

Ci distendiamo sotto il piumone, ci stringiamo e i nostri sessi urlano la nostra voglia.

Mi stendo su di lui, mi sollevo a rimirarlo ancora una volta, poi scendo per un bacio, che finisce sulla gota, perché gira, veloce, il viso.

Dalla gota vado all’orecchio, e dietro, e giù sul collo, m’infilo sotto l’ascella e, qui, comincia ad ansimare.

Lo mordo e ride felice.

Inseguo i corti peli che, come un gregge, si raccolgono intorno al capezzolo e, inesorabile, glielo titillo, glielo lecco, glielo mordo! Mi stringe felice, mentre gorgoglia profondo.

Scendo ancora: la strada me la indica il velluto dei suoi peli che mi portano dritti nel magico bottone, morbido e tenero, del suo ombelico. Mi tuffo per sentirlo risuonare di ansimi e mugolii.

Ormai urge il suo membro: lo avvolgo con la lingua, lo percorro più volte per tutta la lunghezza, cincischio di saliva la sacca dello scroto, poi, all’improvviso me lo prendo tutto in bocca!

Beh, non tutto!

Mi arriva in gola e ce n’è ancora mezzo fuori! Ma da bravo professionista inizio a suggerlo-leccarlo-aspirarlo.

Lui è tutto un’orchestra di suoni emessi da una gola che desidera godere. Lo porto velocemente al massimo piacere: fa per togliersi dalla mia bocca. Lo blocco, trattenendolo per le natiche con il bacino contro le mie labbra e mi invade di fuoco liquido, saporoso!

Quando torna la pace e il suo respiro ha ripreso ad essere regolare: mi guarda e mi chiede curioso: “Ma l’hai bevuta?!? Non ti fa schifo?”

Perché? E’ ottimo ed è tuo!”

Sorride, stringendomi forte, forte a lui.

Mentre siam lì, stretti, stretti, sento, all’altezza del mio stomaco, il suo che gorgoglia: “Hai fame? Dai allora, andiamo: è tutto pronto!”

E’ già a metà della porzione di lasagne che sta divorando, quando gli chiedo: “Allora? Ti è piaciuto?”

Mi spalanca addosso i suoi occhioni. Si meravigia della domanda: il suo è un silenzioso e ovvio ‘Sì’.

E … a te?”

Sì … sei meraviglioso!”

“… Anche se non ti ho fatto niente? Se non t’ho fatto venire …”

Hai fatto solo quello che volevi fare …”

No! … avrei voluto ricambiarti … essere gentile con te … ma, non ho potuto! …Anzi … non ho voluto! E mi spiace! Non ti ho toccato, non ti ho … baciato, perché … ho avuto paura che tu pensassi che sono un omosessuale, anch’io! E, ora, mi dispiace! Mi vergogno di essermi comportato da egoista!!!”

Gli prendo il mento e, nel sollevarlo, mi tuffo nei suoi occhi e sussurro: “Non ci pensare! Per me è già così bello averti qui, vicino a me, che tutto il resto è inutile! No! Non inutile, ma se un giorno vorrai, per me sarà meraviglioso, ma se non accadrà mai, per me andrà bene lo stesso!”

Dopo una pausa, in cui si sente solo il lieve rumore del cibo masticato e del ruotare forsennato delle rotelle del suo cervello, osa chiedere: “Perché ‘un giorno’? Non mi fermo a dormire qui?”

Penso che il mio sorriso sia, perlomeno, enorme … vorrei saltargli addosso, mentre rispondo cortesemente che, se si ferma, mi farà solo molto piacere.

Si alza.

Lo faccio anch’io. Mi abbraccia, mi stringe. Solleva il mio viso dal suo petto e, lieve, mi posa un bacio sulla bocca.

Lo guardo interrogativamente: “Te lo do dopo, con la lingua: adesso saprebbe di lasagne!”

Oddio, ma chi è questo?!? Mi vuol far impazzire, forse?

Torna a sedersi, aspettando il secondo: la torta salata, preparata con cura seppure tra le grinfie del terrore, è bellissima: neppure in rosticceria si trova qualcosa di più bello! Gli scappa un “Oh!” di ammirazione.

Hai fatto tutto questo per me?” Non dev’essere abituato alle gentilezze, a qualcuno che gli porta a letto una brioche calda o gli prepara una torta con scritto ‘Bentornato Salvatore’.

Parla con voce incrinata da una commozione che non vuole farmi percepire,: “Fai con tutti, così? Sei gentile e … basta, o vuoi … fregarmi con la tua gentilezza?”

Voglio … desidero … mi piacerebbe proprio diventare tuo amico!”

Ma siamo già amici!”

No! Intendo amico nell’accezione più profonda di questo termine … Per me l’amicizia è un sentimento forte, virile … di scambio continuo di tutto: pensieri, sentimenti, azioni. Mi piacerbbe essere tuo amico! E non per venire a letto con te, ma per poter condividere i momenti meravigliosi, e quelli che meravigliosi non sono, della nostra vita.”

Colpito!

Non se l’aspettava e non pensava a questo. Al sesso c’era arrivato: ora io chiedo molto di più …

A fatica, quasi con dolore, risponde titubante “Anche a me piacerebbe. Davvero! Ma io non ho nulla da darti!”

L’amicizia è scambio di sentimenti e tu sei straricco di questi!”

Di nuovo si alza, mi viene dietro, mi abbraccia chinandosi dalla spalliera della sedia, scende su di me e, avvolgendomi, mi raggiunge con labbra tremanti sulle mie.

Credo di volerti … bene! Forse sei il primo a cui lo dico … forse sei la prima persona che mi fa sentire come un indolenzimento qui, alla bocca dello stomaco … Forse sei il primo che mi apprezza non per il … mio fisico, ma per qualcos’altro!”

Gli scivolo tra le braccia e, stavolta, lo bacio io con tutto il mio ardore, con tutto il piacere, con tutta la mia voglia.

Lascia che il mio sesso prema sul suo ventre, poi, quando anche il suo incomincia intostarsi, fa scendere una mano fino a toccare il mio desiderio eretto.

Lo stringe, un po’ troppo forte, un po’ troppo sgraziato … ma va bene lo stesso: gli devo dar atto che sta violentando un modo di pensare vecchio di anni, vecchio di secoli.

Mi parla direttamente nell’orecchio: “Ma cosa ci trovi in me?”

E, tu? Cosa ci trovi in me?”

Ridiamo felici come ragazzetti delle elementari che ridono prima di pensare perché ridere.

All’improvviso ci squote il suono del suo cellulare: istintivamente, entrambi, guardiamo la pendola. E’ quasi mezzanotte e mezza, chi può chiamare? Finalmente trova l’apparecchio, perso nelle tasche del giaccone: “Ah! Sei tu? Cosa vuoi? Scusa, ma sono occupato! Come, mi stavi aspettando? Ieri sera mi hai trattato male e mi hai detto che se non potevo vederti è perché non volevo! Bene! E’ vero! Non voglio vederti perché sono a casa di qualcuno che mi stima, mi rispetta e mi vuole bene! Bai, bai, bella!” e attacca!

Sai chi era? La stronza! Oggi, mentre pensavo a lei, sono arrivato a dirmi che, senza di lei e le sue stronzate, non ti avrei mai conosciuto!”

Le mani si cercano, si stringono forte e, dimentichi di tutto, le lasciamo scendere sul tavolo mentre, a ponte su questo, facciamo incontrare le labbra in un dolcissimo bacio. Dolcissimo come la crema chantilly su cui, senza volerlo, abbiamo appoggiato le nostre mani.

Di nuovo risate, anzi sghignazzate, si levano da entrambi.

Poi gli prendo la mano e comincio a suggerlo, dito dopo dito, per ripulirlo dalla crema.

S’alza, mentre lo lecco, si avvicina a me e vedo la sua eccitazione spuntare dai lembi dell’accappatoio.

Gli spargo sopra la crema direttamente dalla mia mano, per poi andarlo a nettare con la lingua: dev’essere qualcosa che lo eccita molto, perché si gonfia tutto e diventa duro come marmo.

Inizio a spompinarlo, ma, dopo poco, mi interrompe, mi solleva e va a depositarmi sul letto.

Con mani febbrili mi denuda il ventre, si china verso il mio sesso. Lo sento arrivare. Sento già il suo alito caldo: presto sentirò la sua lingua avvolgermi …

Invece, no.

Si stacca, si stende vicino, appoggia le labbra alle mie e inizia a danzarmi in bocca con la lingua.

Non ce l’ha fatta!

Scusami … ma non ci riesco! …”

Dopo qualche secondo, però, mi chiede: “Di cosa sa?”

Mi sembra d’averti detto, ormai molto tempo fa!, di fare solo quello che ti va di fare! Eppoi, se dovessi dirti di cosa sa … ti direi che sa di te! Che ha il sapore della persona che mi sta più a cuore …”

Mi stringe in un muto grazie.

Neppure un minuto di carezze, piccoli baci e sospiri e mi annuncia: “Mi va di farlo, ora!” e si china su di me e m’appoggia le labbra sulla punta.

Appena, appena.

Poi, scende lungo l’asta, con la lingua: qui ha movimenti più sicuri! È come se, prima, avesse paura dello sperma: ma, qui, non c’è e la lingua mi s’attorciglia intorno!

Poi, torna verso l’alto, si blocca ancora qualche secondo, infine, come un tuffatore in apnea, si butta: lo fa entrare tutto, e resta fermo, come in attesa.

Non succede niente ed allora, come controvoglia, inizia a leccarlo, una, due, tre volte … ma gli piace!

E comincia con furore a leccarlo e succhiarlo.

La cosa, fatta da lui, mi manda in fibrillazione!, al punto che ben presto gli chiedo di staccarsi e lui, come un bimbo, sgrana gli occhi sulla fontana di crema calda che emetto dalla punta.

Ne coglie una goccia colla punta dell’indice, l’annusa, la tasta con la lingua: io gli prendo il dito, lo succhio, poi, guardandolo negli occhi, avvicino lentamente le labbra alle sue. Se non vuole, può non baciarmi, mi dico … ma lascia che la mia lingua gli porga la goccia del mio seme. La succhia. Poi mi stringe, forte forte: “Sei mio!”

Anche tu, sei mio!”

Sono molto felice e sai … non avrei mai pensato di … voler bene ad un uomo!”

Io l’ho sempre pensato, anzi l’ho desiderato … ma mai mi sarei sognato di innamorarmi di te!”

Capperi, quando è contento mi stringe in una morsa che, secondo lui, è un abbraccio affettuoso: io mi sento stritolare, ma è bello soffrire per lui!

Ti è piaciuto!” affermo.

Sì … è bello sentire qualcosa di vivo che ti riempie tutta la bocca e sentire che tu godevi al mio muovermi, mi dava un’eccitazione sottile, profonda … Sono contento di averti conosciuto, di averti preso in bocca … di avere assaggiato il tuo seme d’uomo!”

Se dovessi pensare al mio passato e agli uomini che ho avuto e dovessi analizzarne i rapporti, non potrei non accorgermi che la persona che ho amato di più, sei tu. Mi piaci fisicamente, ma mi piaci molto di più dentro: è lì che sei veramente spontaneo, aperto, sincero! E’ lì che sei meraviglioso!”

Sai perché, invece, tu mi piaci? Perché sei dolce, sicuro, gentile e credo di non aver mai incontrato qualcuno come te …”

Se tu volessi, mi piacerebbe passare la vita insieme a te! La vita … o perlomeno tutti i ritagli di tempo che tu mi volessi donare!”

Con te ci starei davvero, … ma … ma …”

Ma?”

Non so se potrei fare ‘le altre cose’ con te?”

Quali ‘cose’?”

Tu non me lo vuoi mettere in culo?”

Ma ti sembra una cosa importante, rispetto al sentimento che ci sta legando?”

Ma me lo vuoi mettere nel culo, vero?”

Voglio solo, e tutto, quello che vuoi tu!”

Ma anche mettermelo!”

Vedi, quando si vuol bene, tutto il resto non ha importanza. L’amore è qualcosa che porta all’unione degli esseri e, se lo desidereremo, allora vorremo anche compenetrarci. Ma non è una cosa obbligatoria e importante!” E mentre mi congratulo con me stesso perché riesco sempre a dire bene le bugie, ecco che lui soggiunge: “Pensavo che i froci volessero sempre metterlo!”

Noi due non siamo ‘froci’! Noi siamo due esseri che si vogliono bene, al punto di desiderare tutto quello che l’altro desidera … ora, ad esempio, ho voglia di te!” Mi chino su di lui, perché desidero la sua bocca e perché non so se ce la faccio a continuare a nascondere che, anche ora, vorrei immergermi in lui!

Ricambia e le nostre lingue impazziscono di noi.

Pongo entrambe le mani sui pettorali, a masturbarne i capezzoli.

Mi imita.

Gli agguanto l’uccello, che è al massimo dell’erezione, lo masturbo un po’ prima di scendere veloce ad imboccarlo-titillarlo-assorbirlo in me.

Lento, dopo averci pensato, è chiaro! ruota su di me e s’avvicina con le labbra: è più bravo e più sicuro di prima e, quando con la lingua gira, torno torno, allo scroto, fa come me.

E, quando gli lecco il perineo, lo lecca anche lui …

Lo sento vibrare tutto: gode nel ricevere perlomeno quanto gode nel farlo.

Allora, mi faccio coraggio e gli lecco la rosa di piegoline che s’arricciano attorno al buco. S’interrompe per il troppo piacere, poi, ancora, segue il mio esempio.

Siamo aggrovigliati su noi stessi e sento il suo calore sciogliersi nel mio … ma non voglio andare oltre.

M’arresto, mi sciolgo, ruoto e gli piazzo con urgenza la lingua in bocca.

I nostri ventri si strusciano compatti in un moto continuo, al punto che, lì a breve, entrambi scoppiamo il nostro seme insieme. I corpi si appiccicano, nel caldo degli umori.

Vi ci porto la mano, ne prendo un po’ e me lo succhio, prima di passarlo con la lingua nella sua bocca.

Anche questo gli piace. E mi imita.

Dopo un po’ scendo a nettargli il ventre con la lingua, cosa che ben presto fa anche lui per poi scambiare i nostri nettari nelle bocche.

Anche questo gli piace, lo sento eccitarsi … allora, di nuovo, glielo prendo e ricomincio a pomparlo.

Si stira tutto, si allunga sul letto: è bello come non mai, con quegli occhi brillanti di sesso.

Seppure più lentamente di prima, lo porto al piacere e, quando mi viene in bocca, mi faccio vedere deglutire, senza condividere con lui. Se ne vuole deve chiedermelo!

E lo fa!

Mi attira a sé e invade la mia bocca con la lingua in cerca, ovunque, del suo stesso sapore.

Ora, però, siamo un po’ stanchi entrambi. Ci guardiamo con occhi di sonno, mentre le mani non smettono di accarezzare l’altro … cadiamo nel sonno mentre siamo ancora un unico corpo d’amore.

Alle dieci e mezza, tanto non deve passare dalla caserma, m’alzo per compiere tutto quello che ho fatto ieri: caffè, spremuta, brioche.

Lui, dopo la doccia se ne va, ma vi sono poche parole e tanti, tantissimi sguardi dolci, lunghi, riconoscenti.

A stasera!“ è l’ovvio saluto che ci scambiamo.

Dopo esser tornato a letto a ripetermi tutto quello che abbiamo fatto, m’addormento felice.

Driiin-driiin, suona violento e stridente il telefono: guardo l’ora, sono le due.

Pronto?!?”

Volevo solo dirti che nessuno mi ha mai dato quello che mi hai dato tu! Grazie!”

Lui riattacca e io ripiombo nel sonno dei gaudenti.

Quando mai avrei potuto aspettarmi una fortuna così? Il più bello, il più intelligente, il più … più di tutti mi vuole bene … forse mi ama, come io lo amo! Sotto le mie mani vibra come chi ha incontrato la propria anima gemella, come chi vuole essere uno solo con l’altro …

Io lo desidero e so, nel profondo del mio cuore, che anche lui mi desidera … mi alzo per preparare il tutto: stasera dev’essere una serata speciale! Lo voglio entusiasmare con i miei manicaretti per, poi, entusiasmarlo con tutto me stesso!

Sulla tavola imbandita, tra i fiori e le candele, trionfa un’astice alla caraibica, sul fuoco una soupe a l’oignon sparge il suo profumo, il barolo sta decantando nella brocca e io sono trepido come una ragazzina al primo incontro.

Quando arriva, riempie la casa di vitalità: mi solleva, abbracciandomi e, quando mi posa a terra mi guarda, sorridente e felice, con occhi da furbetto.

Cosa hai fatto? Cosa mi nascondi?”

Niente! Niente!” ma non ce la fa e scoppia: “Ho detto che mia sorella sta male e m’hanno dato un giorno di licenza! Da passare con te!!!” e mi stringe, mi bacia, mi palpa … cosa che faccio anch’io che desiderei subito fare all’amore.

Possiamo stare insieme, fino a quando?”

“… Per sempre?” poi sorride e aggiunge “Fino a giovedì mattina.”

Due giorni e tre notti!” e lo bacio con gratitudine. Ma sembra, quasi!, che sia più felice lui di me: come può un essere come lui trovarsi tanto bene con me? Come può inventar scuse per stare con me? Bisogna proprio dire che l’amore è cieco!

E, mentre ci coccoliamo, lì, in piedi ancora vestiti, nell’ingresso, mi fa, con fare furbetto: “E, dato che sono in divisa, non potrò uscire: quindi, bello, ti dovrai adattare a passare tutto questo tempo a letto con me!”

Scoppiamo a ridere insieme! La felicità è fatta di piccole cose e continuaiamo a baciarci, toccarci, stringerci.

Finalmente comincio a spogliarlo: lui mi lascia fare. Mi sembra il giorno dell’epifania, quando mi accingo a togliere le decorazioni dall’albero di natale: in punta di piedi perché è così alto!

E ride, ride mentre gli tolgo il berretto, gli sfilo il cinturone, metto nel cassetto pistola e manette e, infine, prima di fermarmi ammirato per la sua possanza, gli levo il giaccone.

Lui sta fermo, come farebbe un vero albero!, mi dice.

Allora gli sfilo il maglione, ne accarezzo le opulente spalle, i pettorali che subito attraverso i tessuti mi sospingono incontro le punte dei duri capezzoli. Glieli mordo, così, attraverso camicia e maglia.

Poi scendo a carezzare l’addome, sciolgo la cinta, abbasso la zip, ma lascio il bottone per poterne accarezzare i glutei attraverso la stoffa blu dei pantaloni.

Mi chino e slaccio i calzari. Gliene tolgo uno, carezzando e massaggiando il piede, poi, l’altro e gli succhio l’alluce traverso la calza. Lo eccita, mi scompiglia i capelli, vuole abbracciami.

Continuo inesorabile a spogliarlo: ora tocca alla camicia. La sfilo e m’appare bello come un dio in maglietta.

Lo bacio sul collo, gli infilo dita affamate sotto il tessuto, lo aro su tutto il torso, sulla schiena, sui fianchi, poi, alzando le braccia gliela sfilo, plasmandolo, verso l’alto.

E’ eccitatissimo e dall’apertura dei pantaloni sporge la sua voglia coperta dagli slip.

Sbottono l’ultimo baluardo ed ecco che i pantaloni scivolano fino alle ginocchia mostrando le cosce coperte dal vello nero.

Mi chino per toglierli, mentre gli lecco le gambe, l’interno, gli mordicchio le rotule.

Son sdraiato a terra, quando gli tolgo i pantaloni, quando con i denti gli sfilo le calze, quando mi disseto al forte sapore delle dita dei piedi.

Non ha mai provato queste sensazioni e sembra che quasi non resista più.

Mi sollevo e lo slip deformato mostra il suo godimento nella macchia scura del suo succo prespermatico.

Lo bacio, aderendogli con tutto me stesso e gli faccio scendere gli slip: il randello voglioso sbatte con forza contro di me.

Mi chino, come per sfilare le mutande, invece lo prendo in bocca e comincio a pomparlo con foga, mentre gli accarezzo e gli stringo e gli masturbo i forti muscoli dei glutei.

Con piccoli moti delle anche fa cadere gli slip che lascia a terra, sfilando un piede dopo l’altro. Il tutto, facendo attenzione che non mi sfugga di bocca il suo fallo.

Poi, con gentilezza e sicurezza, sempre tenendomi imboccato, mi solleva e, lentamente, mi porta in camera, si stende sul letto e lascia sortir di bocca tutta la sua eccitazione in un concerto di mugolii e di sospiri.

Quando, finalmente, mi riempie di tutta la sua voglia, mi attira a sé per il bacio più bello e più profondo e più sensuale di tutta la nostra storia: è felice e mi ama … no! Forse non è amore, ma certo mi vuole bene!

La cena è volata fra parole dolci, programmi futuri, resoconti della giornata. Io sono ancora vestito, lui, su mia richiesta, è rimasto perfettamente nudo: e ai miei continui complimenti si schermisce.

Mi cade, naturalmente perché l’ho fatta cadere!, una forchetta, mi chino a raccoglierla e, di nuovo, glielo prendo d’un colpo in bocca.

Ride e ride! Finché la risata, diventa un gorgoglio di godimento, mentre le sue dita cincischiano tra i miei capelli, nelle orecchie, sulle gote ...

E viene ancora e mi fa salire a versargli in bocca il suo nettare.

Poi, mentre stiamo ancora baciandoci, mi spoglia tutto, gioca un po’ nel titillarmi l’uccello, poi si china e pretende da me il piacere del mio seme. Non faccio fatica ad esaudire il suo desiderio e scarico dentro la sua bocca tutto il frutto del mio godimento che, ben presto, mi porge nel nuovo bacio.

A letto, ora! A toccarci, accarezzarci, baciarci. E, ben presto, a dormire sognando tutte le ore che abbiamo innanzi per noi due!

Un sole abbagliante filtra dalle tende della finestra: la luce è quasi violenta perché, dopo la pioggia, a Milano l’aria è tersa.

L’aroma del caffè m’ha svegliato, il sottile profumo della brioche filtra dal forno e lo sento smanettare con lo spremiagrumi: fingo di dormire per non togliergli il piacere di meravigliarmi con il suo gentile pensiero.

Che finisce male! Per dimostrare la mia felicità, lo abbraccio e il vassoio s’arrovescia su di noi. E sul letto!

E giù risate! Ma quando finiremo di divertirci ad ogni cosa che facciamo?!?

Ci imbocchiamo l’un l’altro con le brioche, poi suggiamo le poche sorsate di caffè salvato e, badando bene a non rotolarci nel bagnato, iniziamo ad amarci.

Le sue mani mi indagano ovunque. Come le mie.

Prendo in punta di dito un po’ di miele, miracolosamente salvatosi nel suo contenitore, e glielo pongo sulla bocca, sul collo, sotto le ascelle, sui capezzoli, sul ventre e sul sesso, per poi andare a suggerlo ovunque. Come a tutte le cose nuove, si diverte e gode nel ricevere le mie attenzioni, poi mi coglie in una pausa, e fà altrettanto ….

Cazzo come mi piace!

Cazzo come mi piaci!” sospiro …

Sapessi quanto piaci a me …” e non continua la frase per violarmi la bocca con la lingua calda e vorace.

E iniziamo a danzare sull’altro: le nostre dita raggiungono i punti più inaccessibili, le lingue scovano le zone più erogene, le labbra suggono ogni centimetro del nostro corpo: siamo, semplicemente, in paradiso.

Ad un certo momento mi trovo il suo splendido sedere, dalle marmoree mele aperte, offerto ai miei sguardi: mi tuffo e gioco con l’alone bruno che sta intorno all’ano, poi succhio le piccole pieghe che a raggera, come fosse un piccolo sole, si dipartono di lì. Prendo ancora un po’ di miele e ve lo spargo, per, poi, tuffarmi a leccarlo.

Infine lo penetro con la punta della lingua.

Si stringe in sé, come se non mi volesse … poi, vibrando si lascia andare e mi permette di portare il fuoco del mio desiderio dentro di lui.

Riesco a leccargli un pò delle pareti interne: si spinge verso me, sospirando, forte.

Continuo, sempre più eccitato dai gorgoglii che emette dal profondo della gola, dal profondo del suo piacere.

E sempre, e solo!, per dar piacere a lui, aggiungo alla lingua un dito colmo di miele: con questo lo accarezzo internamente, raggiungo la prostata e gliela titillo.

Lui, ormai, non è più in sé, mormora sommesso frasi che non capisco, spinge verso di me il suo sfintere e ripete “Sì … sì!”

Allora, mi inginocchio dietro lui, e col glande che ormai scotta, comincio a lisciargli il solco, a spandere il dolce succo del miele, sempre soffermandomi un poco sulle labbra del suo buco che è tutto un fremito. Infine mi fermo e la punta è affacciata su di lui: “Mi vuoi?” chiedo.

Prendimi!” e ancora una volta si sospinge verso di me, verso ciò che gli spingo dentro, lentamente e con una spinta continua.

Dopo il piccolo ‘flop’ del glande, la resistenza diminuisce e posso sprofondarmi in lui fino in fondo.

Ti ho fatto male?”

Nooo ...”

Ti piace?”

Sììì …”

Allora, posso …” ma non attendo risposta perché urge in me il desiderio di cavalcarlo, di farlo mio, di averlo tutto.

Comincio lentamente, poi alternando momenti di foga ad altri di calma, lo cavalco spingendomi sempre più addentro.

Quando percepisco di non poter andare oltre, il piacere è completo e con un grugnito lo riempio di tutto il mio godimento.

Lui ha il respiro pesante e m’accorgo che gode, anche lui, inondando il lenzuolo.

Ci preme baciarci, ora. Frementi, ci aiutiamo a congiungerci in modo che le bocche, anch’esse, possano trovare l’estasi.

E così, con dinnanzi ancora due giorni e due notti, ci riposiamo, su un letto che pare un campo di battaglia.

Hai visto che avevo ragione?”

Su cosa?” rispondo svogliato, sull’orlo di piombare di nuovo nel sonno.

Che volevi mettermelo in culo!”

Ci rimango malissimo, non so cosa dire e mi meraviglia lui: “Ma, per fortuna! È stato bellissimo e mi sono sentito tuo, veramente tuo!”

(continua … spero per sempre!)