ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Porcherie con gli ospiti

Un racconto di Dother


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.



«È il reality del momento!» gridai al mio compagno Lucio attraverso il corridoio. Si era buttato sotto la doccia per ignorare il mio discorso, ma io non avevo la benché minima intenzione di demordere. «Se appariamo in “Gentilezze per gli Ospiti” ci vedrà mezza nazione, otterremo tutti e due un botto di followers sui social e questo sarà utilissimo anche per pubblicizzare la nostra attività di catering!».

Nessuna risposta. Lucio si era messo a cantare – malissimo – a squarciagola un motivetto irritante quasi quanto il suo atteggiamento. Era da quasi mezz'ora che cercavo, senza successo, di convincerlo.

«Facciamo così» mi disse a sorpresa una volta uscito dal bagno. «Noi partecipiamo, ma ti occuperai tu di tutto... A partire da questo». Con un gesto rapidissimo fece cadere l'asciugamano che gli cingeva i fianchi, rivelando la bellissima e svettante erezione che, dopo quattro anni di relazione e due di convivenza, conoscevo perfettamente a memoria.

«Nessun problema!» esclamai trionfante prima di leccarmi le labbra. Presi in mano il suo grosso membro pulsante di desiderio e gli chiesi: «Cosa ti ha fatto cambiare idea, se posso?». Per tutta risposta me lo ficcò in bocca senza complimenti e mi costrinse a succhiarlo avidamente per un bel pezzo, gemendo come il gran porco che è sempre stato e facendomi scordare la domanda.

«Non mi piacciono i giudici» si degnò poi di dirmi una volta lasciate libere di rispondere le mie labbra. «Li considero spocchiosi e criticoni, ma sono anche curioso di capire se appaiono così perché recitano un personaggio o sono proprio fatti così anche quando le telecamere non li riprendono. La popolarità interessa solo a te, quindi per la sfida del programma io non voglio alzare un dito.»

«Va ben...» cercai di dire, ma prima che ci riuscissi mi rigirò come un'omelette e mi sbatté a pancia sotto sul letto, tirandomi via i calzoni e le mutande. Passai l'ora successiva a farmi possedere dal mio uomo come una mogliettina devota e servile.

Siamo praticamente la coppia perfetta per il programma, pensai divertito.

I provini andarono molto bene. Lucio si comportò meglio di quanto mi avesse lasciato sperare e ancora meglio feci io. Impressionammo positivamente gli addetti ai casting col nostro video introduttivo girato in casa con lo smartphone, nel quale mostravamo le varie stanze e la cucina, descrivevamo le scelte più particolari dell'arredamento e spendevamo due parole sulla nostra storia e le nostre vite quotidiane.

Seguì un colloquio in videochiamata con gli assistenti di produzione per definire i dettagli di come si sarebbe svolta la partecipazione al programma e infine fummo richiamati per fissare i giorni delle riprese. Eravamo stati sorteggiati per sfidare un'altra coppia di uomini della nostra città che avrebbero tenuto la prima cena, mentre noi avremmo risposto il giorno successivo con un pranzo.

Alcuni giorni prima della sfida vera e propria, un assistente e un cameraman vennero a filmare la nostra presentazione: ci dissero di essere naturali, come se stessimo parlando ad un nuovo amico appena conosciuto, e che avremmo dovuto tenere poi lo stesso atteggiamento anche durante la sfida. L'unica differenza rispetto alla presentazione sarebbe stata il dover ignorare le telecamere, quindi fummo messi cordialmente in guardia sulla possibilità di dover ripetere più volte alcune riprese se fossimo “usciti dal personaggio” o se avessimo guardato dritto negli obiettivi nel corso della sfida.

Arrivato il primo dei due fatidici giorni, ci preparammo per la cena a casa dei nostri avversari. L'indirizzo era un po' fuori mano, ma arrivammo senza difficoltà entro l'orario prestabilito, portando con noi un paio di bottiglie di vino come dono: un rosso e un bianco, tanto per andare sul sicuro.

Un cameraman appostato in cortile ci riprese nell'atto di bussare al campanello, mentre un altro all'interno ci immortalò mentre la porta di casa veniva aperta dal nostro sfidante Stefano, un signore belloccio e barbuto sulla cinquantina, alto sul metro e ottantacinque e strizzato in un completo blu scuro, con una camicia bianca leggermente scurita dall'inevitabile sudore imputabile ai vari riflettori che la produzione doveva aver sparso per la casa proprio come avevano già fatto preventivamente da noi. Dal colletto aperto spuntava un interessante ciuffo di pelo nero che contrastava gentilmente ma non troppo con la barba ingrigita.

Scambiammo amabilmente strette di mano e baci sulle guance, porgemmo il nostro dono e replicammo poi le cortesie di rito con Mauro, il migliore amico di Stefano, che stava servendo in salotto l'aperitivo per noi e per i giudici sotto l'occhio gelido e implacabile di un terzetto di telecamere.

Più che un amico, Mauro sembrava quasi il fratello minore di Stefano: stessa altezza, stesso fisico imponente che quasi scoppiava nell'abito elegante ed aderente. Solo un po' di peluria e di grigio in meno, ma in compenso qualche capello in più sulla testa. Scambiai un'occhiata complice con il mio Lucio: proprio i nostri tipi!

Incontrare i giudici fu emozionante, soprattutto per me.

Rocco, l'esperto di cucina che avrebbe giudicato le pietanze, mi salutò con l'enorme e abbagliante sorriso a trentadue denti che incantava ogni sera il pubblico a casa. Era avvolto in una strettissima maglietta bianca che metteva in evidenza ogni muscolo dalla vita in su, per poi lasciare il posto all'altrettanto incantevole pizzetto nero che portava quasi tutto l'anno. Ancora qualche anno e sarebbe diventato il perfetto muscle daddy a livello anagrafico, ma già ora ne incarnava diverse caratteristiche.

Dario l'architetto, come in ogni puntata, si era già fatto un paio di bicchierini durante il tour della casa che rientrava nel suo compito di giudice dell'ambiente e dell'arredamento. Ci salutò calorosamente in una nuvola di profumo: qualcosa di esotico, eccentrico e costoso, proprio come doveva essere il suo abito dalla fantasiosa stampa multicolore. Osservai Lucio mentre lo squadrava: per quanto ad entrambi piacessero i paparini muscolosi, lui apprezzava anche i tipetti più magri e giovanili come Dario, che preferiva portare i baffetti da dandy più che la barba da daddy.

Infine salutammo Arpad, il severissimo esperto di buone maniere e lifestyle, facendo estrema attenzione a non lasciarci sfuggire il classico “piacere”, inaccettabile secondo le ferree regole del bon ton. Non era solo una questione di strategia o cortesia: contrariare anche in minima parte un orsone ungherese come Arpad, per quanto potesse sembrare un'idea divertente, richiedeva una dose di sicurezza che pochi uomini avrebbero potuto vantare. Elegante come pochi e grosso come pochissimi, Arpad era una vera montagna di eleganza ed agio, capace di intimorire chiunque con la sola sua presenza. La carnagione rosea e gli occhi glaciali potevano trasmettere da soli un'immensa gentilezza, ma uniti all'imponente corporatura da taglialegna e all'accento dell'est europeo che cozzavano così malamente con la sua grazia, lo rendevano quasi inquietante. Sia io che Lucio eravamo affascinati e timorosi nello stesso tempo.

La cena, ispirata alla vacanza in India durante la quale si conobbero Stefano e Mauro, fu piacevole e trascorse in modo piuttosto naturale nonostante un paio di bloopers che costrinsero tutti noi a ripetere qualche discorso già fatto, cercando di non sentirci troppo stupidi o impacciati.

Scoprimmo di avere in comune coi padroni di casa più di quanto pensassimo, dai luoghi di vacanza preferiti ai gusti musicali. Furono scambiate battute di spirito che diedero alla competizione un sapore amichevole e privo di sotterfugi. Fra uno stop e l'altro Arpad fece cortesemente notare a Stefano e Mauro alcune delle imprecisioni commesse nell'apparecchiare la tavola, mentre Lucio ed io scambiammo due parole con Dario e Rocco. Dopo il dessert Arpad dichiarò che era giunta per i giudici l'ora di congedarsi e di darci appuntamento per il giorno dopo a casa nostra, così ci alzammo per andar via mentre Mauro faceva il giro della tavola per lasciare ad ognuno di noi un piccolo cadeau, una bottiglietta di profumo indiano ispirata al tema della serata. Tutti mostrammo di gradirla molto e lasciammo la sala da pranzo contenti anche dopo che la scena fu conclusa.

Restava tuttavia da girare la parte finale della puntata, quella in cui ciascun partecipante commentava i vari momenti della serata: il materiale, ci ricordò l'assistente alla regia, sarebbe poi stato tagliato e le varie battute sarebbero state inserite in diversi segmenti della puntata per dare l'impressione di un nostro commento in tempo reale. Per facilitarci il compito, ci spiegò che avremmo solo dovuto dire cosa stavamo pensando in questo o quel momento. In pratica, dovevamo rispondere ad una piccola intervista.

Toccò per primi ai giudici e poi a noi, che insieme all'assistente e ad un cameraman ci appartammo in una delle camere da letto per una decina di minuti.

Tornati in salotto assistemmo al lavoro del resto della troupe che già stava portando via le apparecchiature più ingombranti. Raggiungemmo quindi i giudici mentre Stefano e Mauro prendevano il nostro posto per commentare la serata davanti alla telecamera. Chiedemmo loro alcune dritte sul pranzo che avremmo dovuto servire il giorno successivo, ma loro si divertirono a rifiutare.

«Lo sapevo che eravate un po' stronzetti, in fondo!» rise Lucio, un po' brillo dopo i sette-otto bicchieri di vino bevuti a cena. Volevo sprofondare. Anche senza le telecamere in funzione, dare degli stronzetti ai giudici poteva significare inimicarseli, e allora addio alla vittoria, addio ai premi e addio al trionfo che già pregustavo dal giorno dei provini.

«Lucio sta scherzando» mi affrettai a dire come se la mia vita fosse dipesa dalla loro reazione in quell'istante. «Voleva dire che siete davvero imparziali come il vostro ruolo richiede!»

«In realtà siamo un po' stronzetti» rispose con voce vellutata Arpad, lasciandomi totalmente di stucco. «Ma più che altro a noi tre non piace parlare di lavoro più del dovuto, specialmente con i nuovi amici. Non tanto perché sia volgare, ma preferiamo argomenti più leggeri».

«Come questo» disse Rocco, puntando il dito verso il mobiletto nero dalle ante trasparenti vicino al quale ci trovavamo. «Guardate che bella collezione di album fotografici che hanno Stefano e Mauro, l'ha notata Dario mentre girava la casa per valutare i mobili e ha dato uno sguardo, ma non penso che quella parte verrà mandata in onda!»

«Assolutamente no!» ridacchiò Dario tirando fuori un album e aprendolo per mostrarlo anche a noi. Era un bel tomo dalla copertina rossa e conteneva esclusivamente fotografie dei padroni di casa... Totalmente nudi e intenti ad accoppiarsi nelle posizioni più strane, anche in compagnia di altri uomini. Una nutrita collezione di orge e scene di sesso accumulata nel corso degli anni, a giudicare dall'aspetto mutevole dei protagonisti. «Che ne pensate?» aggiunse sorridendo.

Lucio non alzò lo sguardo per diversi attimi, poi sfidò ancora le regole del bon ton e rispose alla domanda con un'altra domanda. «Che ne pensate voi tre?». «Ne potremmo parlare domani, dopo il vostro pranzo» replicò Rocco con un sorriso, mentre dava una gomitata a Dario e metteva un braccio intorno alle gigantesche spalle di Arpad. Lucio mi guardò confuso per un attimo, poi tutti e cinque ridemmo di gusto nell'essere raggiunti da Stefano e Mauro.
«Tutto a posto? Di che parlate?» chiese Mauro.
«Siamo stati un po' indiscreti e ci siamo fatti gli affari vostri un po' più di quanto previsto dal protocollo del programma.» rispose Dario, anche lui ormai visibilmente brillo, reggendo l'album rosso ancora aperto come se fosse un corpo del reato di fronte ad un giudice.
«Ah, avete scoperto la nostra passione per il Kama Sutra!» disse Stefano con estrema
nonchalance. «Tranquilli, non ne facciamo mistero con nessuno ma non ci sembrava appropriato parlarne a cena... Dopotutto, vogliamo vincere!»
Sul volto di Rocco si stagliò il più classico dei suoi sorrisi ammalianti, corredato però stavolta da un'espressione visibilmente più interessata. Altrettanto accadde sul viso di Arpad, ma fu ancora Dario a parlare.
«Infatti non è il caso di parlarne durante il programma, ma visto che domani ci rivedremo tutti sicuramente non mancherà occasione di approfondire. Siamo tutti d'accordo, vero?»
«D'accordo!» esclamammo in coro, trasformandoci per un istante in tante Wanne Marchi più eleganti, più mascoline e più pelose dell'originale.

Chi l'avrebbe detto o addirittura pensato, mi dissi. Quella notte non riuscii a dormire, e non per la paura di sfigurare durante il pranzo. Passai quasi tutto il tempo a parlare con Lucio di com'era andata la cena e soprattutto dello scambio di battute intercorso fra tutti noi alla fine delle riprese.
«A me sono piaciuti sia i giudici che la coppia» disse Lucio. «Mi aspettavo che fosse tutto molto freddo e imbarazzante, ma è andata bene in fondo, no?»
«Sicuramente» convenni io. «E ho visto come li hai guardati tutti sia prima che dopo... Ammettilo, specialmente dopo il fatto dell'album hai pensato di farteli!»
«Penso che tutti abbiamo fatto lo stesso pensiero, a cominciare dai tre impiccioni!» rispose Lucio con un ghigno. «Vedrai se non passano dalle parole ai fatti, domani!»
«Ma figurati» sbuffai. «Con tutta la troupe al seguito, magari!»
«Non dico questo» concesse lui, mettendomi una mano sulle natiche. «Anche se un paio di cameramen non erano male...»
«Sei il solito porco!» sussurrai, e gli presi in mano il cazzo, iniziando a masturbarlo sotto le coperte. «Solo all'idea ti è già venuto duro, visto?»
«Vedremo come andrà domani» disse lui chiudendo gli occhi e portandosi le mani dietro la nuca. «Ora datti da fare e ti farò vedere fra poco quanto posso essere porco, se te lo fossi dimenticato.»
Così mi diedi da fare, dopodiché ci demmo da fare insieme fino al mattino.

La mattinata seguente fu piena e frenetica. Ricevemmo di buon'ora la troupe del programma che avrebbe seguito Lucio nella preparazione della tavola – compito al quale dovette, gioco forza, adattarsi. Un singolo cameraman e uno degli assistenti alla regia seguì invece me nelle varie commissioni previste dallo show, che andavano dal fare la spesa per il pranzo all'acquisto dei ricordini da lasciare agli ospiti.

Per non essere da meno dei nostri avversari, avevamo scelto anche noi di dedicare il pranzo alla rievocazione di uno dei nostri viaggi, ma nel nostro caso fu scelto il tema della montagna. L'intero menu sarebbe stato abbondante, il piatto forte sarebbe stato un ricco stufato (convenientemente messo a preparare la sera prima dalla nostra vicina) e come cadeaux avevamo deciso di orientarci su delle graziose grolle in legno per fare il caffé alla valdostana, che per fortuna sapevamo essere reperibili in un negozietto di articoli etnici non lontano da casa nostra.
Sbrigai le varie faccende più in fretta del previsto, complice la naturalezza dei negozianti che non furono per nulla impacciati davanti alle telecamere, così ebbi il tempo di fare quattro chiacchiere con l'assistente alla regia che ci accompagnava, un giovanotto sui venticinque anni dall'aria simpatica ma anche un po' cinica. Non resistetti alla tentazione di accennare alla faccenda dell'album, scoprendo così che ne era ovviamente al corrente.
«Ne vediamo di tutti i colori, girando in casa della gente più disparata» mi spiegò con noncuranza. «I giudici, poi, vanno matti per queste cosine piccanti fra maschi. Capirai, passano tanti mesi a viaggiare per girare i vari episodi e quindi ormai hanno preso gusto a divertirsi in tre, figurati se noi a questo punto ci stupiamo più di tanto... Però sono molto professionali, non fanno mai nulla con nessuno prima di finire le riprese dell'episodio, per tutte le stronzate etiche e legali che dobbiamo rispettare per mantenere le apparenze che l'opinione pubblica pretende, e bla bla bla...».
Alla faccia della professionalità, pensai, ma dissi semplicemente: «Certo, è naturale.» per poi lasciar cadere l'argomento. Ne sapevo abbastanza da non considerare più tanto remoti i pronostici di Lucio.

Rientrai a casa intorno alle undici e trenta, abbastanza presto da poter controllare la tavola e girare con Lucio le brevi sequenze della preparazione degli ingredienti, per dedicarci poi con comodo all'effettivo lavoro di cucina. Non gli riferii della mia conversazione con l'assistente, ma mi limitai a bisbigliargli, lontano da orecchi indiscreti, che la sua impressione si era rivelata più verosimile della mia.

Alle tredici in punto arrivarono i tre giudici, che accolsi io con un filo di emozione in meno rispetto alla sera precedente. Trattandosi di un'occasione diurna, avevo optato per un abbigliamento meno formale e nell'aprire la porta fui sollevato nel vedere che il trio aveva avuto la stessa idea.

Arpad indossava un completo bianco di lino dall'aria vagamente orientale che lo faceva sembrare ancora più grosso e, grazie alla leggerezza del tessuto, lasciava trasparire l'abbondante peluria chiara del torace sconfinato. La sua manona inanellata mi strinse con più calore e mi fece quasi male, ma non mi dispiacque affatto.
Rocco, in jeans e maglietta sormontata da una leggera camicia a quadri, sembrava una visione emersa direttamente dai migliori anni '90. Oltre a stringermi la mano mi diede un'amichevole pacca sulla spalla che ricambiai con piacere.
Dario entrò per ultimo, sorprendendomi un po' con una
mise beige che lo faceva sembrare un novello archeologo avventuriero. Indossava un profumo diverso dalla sera prima, leggermente più classico ma altrettanto intenso, che mi lasciò annusare a fondo baciandomi sulla guancia un po' più a lungo di quanto mi aspettassi.


Mentre Dario compiva il giro di rito della casa per giudicare le stanze e i mobili, Lucio mi aiutò a servire l'aperitivo nel migliore dei modi e nessuno di noi fece errori visibili, o almeno così ci sembrò sul momento. Nonostante la lucidità, avevamo entrambi la mente un po' altrove. Poco dopo arrivarono Stefano e Mauro, anch'essi più rilassati nei loro completini vagamente sportivi che lasciavano respirare i loro corpi massicci. Sia noi che i giudici trascorremmo un lungo attimo ammirandoli con occhio diverso, mentre ci porgevano in dono una piantina in vaso che mi affrettai a portare nel mio studio.

La cena sembrò procedere abbastanza bene e fui piuttosto attento nell'osservare tutti i commensali per cogliere eventuali sguardi di disappunto per una forchetta fuori posto o un tovagliolo mal piegato, tuttavia l'impressione generale era che la sfida sarebbe stata incerta fino all'ultimo. Probabilmente sarebbe stato qualche dettaglio a fare la differenza nel giudizio finale. Lucio fu spiritoso ed affabile con tutti, il che facilitò l'intera riuscita della serata. In sostanza eravamo tutti più rilassati, ma la cosa interessante accadde durante il secondo. Un inconfondibile odore, non sgradevole ma sicuramente forte abbastanza da farsi notare, mi suggerì che uno o forse addirittura due dei commensali dovevano essersi sfilati le scarpe sotto il tavolo. Osservai con la coda dell'occhio un po' tutti fra un boccone e una battuta, ma le varie espressioni erano indecifrabili. Qualcuno aveva i piedi stanchi oppure era effettivamente in corso un abile e insospettabile piedino?

Al momento del commiato e della consegna dei cadeaux, io mi occupai di porgere una grolla a ciascun giudice e Lucio fece lo stesso con Stefano e Mauro: ci fu più di uno sfioramento fra le varie mani, sia dalla sua parte che dalla mia. Nessuno stop fu gridato dalla regia, così pensai che forse la cosa non era risultata molto evidente agli occhi delle telecamere, ma la situazione si faceva sempre più intrigante per tutti noi.
I giudici, ritiratisi per decidere quale sarebbe stata la coppia vincente e commentare i momenti più notevoli della serata, lasciarono noi quattro seduti a tavola a fronteggiarci.

Per esigenze di copione ci fu chiesto di scambiarci sguardi di sfida da un lato all'altro, così come sguardi d'intesa fra compagni. Fu la parte più naturale delle riprese, poiché c'era tutto un sottotesto di cose non dette ma che tutti cominciavamo a volerci comunicare in modo assai più chiaro. Lucio, fissando negli occhi Stefano che gli stava di fronte, mi mise una mano sulla coscia ed io abbassai lo sguardo: il piede nudo e grande di Stefano era poggiato fra le sue cosce e gli stava massaggiando lentamente il pacco, mandandogli brividi di piacere che solo per le telecamere dovevano essere impercettibili.

Meno di un attimo dopo sentii la medesima pressione sul mio pacco, ma si trattava del piede di Mauro, che dall'altra parte del tavolo aveva scelto di dedicarsi a me. Lo guardai fingendo di sentirmi sicuro della vittoria, ma lo stavo sfidando a fare di più una volta che lo show si fosse concluso. Dedussi che durante la cena i nostri ospiti dovevano essersi dedicati ai giudici – infatti, riflettei, Stefano si era seduto di fronte ad Arpad e Mauro di fronte a Dario. Rocco era accanto a Lucio e chissà che uno dei due non avesse dato una palpatina all'altro.

Trascorsi circa venti minuti di valutazione e relative riprese, i tre giudici fecero ritorno in sala da pranzo: Arpad sembrava un po' sudato e si era sbottonato leggermente la camicia, ma si ricompose perfettamente prima del ciak. Anche Rocco e Dario apparivano un tantino fuori posto, infatti dovettero sistemarsi capelli e camicie. Ebbi la netta impressione che non si fossero limitati a deliberare, davanti – o insieme, chissà – al cameraman di turno, per quella ventina di minuti.

«Vi ringraziamo per averci accolti nelle vostre case» esordì formalmente Arpad posando sul tavolo la scatola cubica contenente il trofeo per i vincitori. «Siete stati degli ottimi padroni di casa e ci avete accolti in modo molto gradevole. Qui dentro c'è il nome della coppia vincente, lasciamo a voi il compito di scoprirlo.»
«Siamo stati benissimo, grazie mille a tutti voi!» aggiunse Dario.
«Grazie per averci fatto assaggiare la vostra cucina e che vinca la coppia migliore, anche se noi già sappiamo di quale si tratta!» scherzò Rocco allontanandosi insieme ai colleghi. Naturalmente non sarebbero usciti, ma si sarebbero solo uniti alla troupe per osservare la nostra scena finale.
Decidemmo, fra varie strizzate d'occhio, di sollevare tutti e quattro insieme il coperchio della scatola. Ancora una volta più mani si sfiorarono, ma stavolta non era flirt o seduzione.

Stavolta si trattava di un promemoria per noi e per i giudici che ci stavano osservando.
Stefano e Mauro vinsero la sfida e si aggiudicarono il trofeo con i relativi premi, consistenti in buoni per bevande e articoli per la casa. Esultarono sportivamente abbracciandosi fra loro e poi condividendo la gioia del trionfo con noi due. Ammetto di esserci rimasto un po' male, poiché sia io che Lucio ci eravamo impegnati comunque tanto e perdere in casa sembrava quasi una doppia sconfitta, tuttavia ero anche certo che la nostra
performance come padroni di casa era stata buona e dunque avremmo ottenuto lo stesso una buona pubblicità.

Spente le telecamere, i giudici vennero a congratularsi con tutti e quattro e a quel punto si degnarono anche di fornire a tutti noi qualche consiglio sulle sviste da evitare nelle prossime occasioni sociali, sui piatti migliori da servire e sui dettagli da curare meglio nelle nostre abitazioni. Ci tennero a dire che i vincitori avevano totalizzato 24 punti contro i nostri 22, quindi entrambe le nostre accoglienze erano state davvero di un buon livello rispetto alla media del programma.

L'orologio segnava ormai quasi le 17 ed era ora per tutti di andarsene, la troupe stava infatti finalmente smantellando tutto. Al momento di uscire, Rocco disse loro che essendo quella l'ultima puntata della stagione prima della pausa primaverile, potevano anche non tornare tutti insieme e quindi liquidò regia e operatori annunciando che lui e i suoi colleghi si sarebbero trattenuti da noi non avendo impegni con la produzione.

Altrettanto dissero Stefano e Mauro, adducendo la motivazione dell'abitare non così lontano da noi e aggiungendo un cortese «Sempre se fa piacere ai padroni di casa!», quasi volessero ottenere una lode oltre alla vittoria.
Ai membri della troupe la cosa sembrò non fregare assolutamente e così, una volta sbrigata qualche formalità di rito che includeva l'ennesima firma da parte nostra, ci restituirono il controllo della casa e se ne andarono.

«Finalmente!» esplose Arpad rivelando un volume di voce al quale evidentemente non si abbandonava mai se c'era una telecamera nei dintorni. «Stavo per sciogliermi sotto quelle luci, lasciate che mi metta un po' in libertà!»
E fu così che vedemmo l'inflessibile sovrano televisivo delle buone maniere sfilarsi completamente la camicia nella nostra sala da pranzo, rivelando l'ampio e villoso petto che pareva brillare per via del sudore che imperlava i chiarissimi peli biondi. Ugualmente lucide, ma ancora più invitanti, erano le enormi areole dei grossi e turgidi capezzoli da vacca che quel bestione si ritrovava. Credo di aver sbavato, e non soltanto io. Anche Lucio e i nostri nuovi amici erano chiaramente ammaliati da quella vista.

Prima che chiunque dei presenti potesse commentare, Rocco e Dario imitarono il collega spogliandosi e lasciandosi ammirare, l'uno con i muscoli ricoperti di pelo nerissimo e l'altro tonico e quasi glabro, forse meno sexy dei suoi pari ma innegabilmente sensuale nelle movenze nell'atteggiamento. Questo è meno orso di quanto piaccia a me ma è comunque una troietta... Come me, pensai.
«Ai padroni di casa secondo me spetta il premio di consolazione» disse Mauro spogliandosi a sua volta. Anche lui era piuttosto sudato, e la cosa contribuì ulteriormente ad eccitarmi.
«Sono d'accordo» aggiunse Stefano liberandosi dei vestiti più in fretta dell'amico e sfoggiando un tripudio di muscoli, pelo e sudore. «Abbiamo giocato finora, ma adesso è tempo di divertirci come si deve!»
Lucio ed io non ce lo facemmo ripetere due volte e ci adeguammo a quello che da un bel pezzo era il programma del nostro dopopranzo. Ci spogliammo in fretta e furia e nel giro di un minuto tutti e sette fummo completamente nudi, ben consci e vogliosi di ciò che stava accadendo.

Arpad, da perfetto gentleman, diede inizio alle danze e si avvicinò a noi: con una forza che sospettavo ma della quale non avrei potuto essere certo fino a quel momento, afferrò me e Lucio per le braccia e ci sbatté senza troppi complimenti sul divano, sedendo in mezzo a noi. Ci prese per i capelli e si portò al petto le nostre teste, costringendoci a succhiare i suoi capezzoloni come se ci stesse allattando, dopodiché prese le nostre mani portandosele fra le cosce: io mi ritrovai a masturbare il suo uccello largo e venoso, mentre Lucio accarezzava un po' le sue grosse palle un po' il suo perineo dal forte odore di maschio.

Di fronte a noi, Rocco e Dario avevano iniziato a toccarsi e baciarsi appassionatamente e lo stesso presero a fare Mauro e Stefano: le due coppie si lanciarono numerosi sguardi carichi di desiderio, mostrando le lingue che roteavano come se fosse in corso una nuova sfida. Ben presto si separarono e scambiarono: Rocco si avvicinò a Mauro e gli offrì il suo cazzo lungo e spesso da succhiare, cosa che l'orso iniziò a fare con grande abilità, mentre Dario si chinò ad assaporare l'uccellone di Stefano gemendo ad ogni affondo dell'uomo, che gli stava di fatto scopando la bocca.

Arpad riprese il controllo su me e Lucio, obbligandoci a baciarlo in un vortice di lingue e saliva, quindi obbligò tutti e due a leccargli e succhiargli a turno il cazzo per offrire un eccitante spettacolo agli amici che si accoppiavano guardandoci. Una volta che entrambe le nostre bocche furono cariche del suo sapore, Rocco e Dario si staccarono dai vincitori e vennero a baciarci: ci dissero che amavano il sapore del cazzo ungherese di Arpad sulle proprie lingue ma ancora di più su quelle degli altri maschi. Noi, dal canto nostro, morivamo dalla voglia di assaggiare le loro: io mi buttai su Rocco e Lucio prese a limonare violentemente Dario, con maggiore foga di quanta ne avesse mai usata con me.

La cosa mi eccitò tantissimo, mi sentivo nello stesso momento puttana e cuckold. Di fronte a noi quattro, Arpad stava ripetendo lo stesso rituale di poco prima con Stefano e Mauro. I nostri nuovi amici erano più grossi di noi ma comunque più piccoli di Arpad, così che l'omone continuava a dominare la scena mentre le sue troie del momento lo leccavano, masturbavano, succhiavano e baciavano senza sosta.

Dario, inginocchiato a succhiare il cazzo durissimo di Lucio, mi fece cenno con lo sguardo di avvicinarmi e così feci senza farmelo ripetere, mettendo una mano sul culo del mio uomo mentre i nostri membri riempivano insieme la bocca del giovane architetto. Alle mie spalle, le dita caldissime ed esperte di Rocco si insinuarono fra le mie natiche e fra quelle di Lucio, così che entrambi ci trovammo ad essere succhiati e sditalinati contemporaneamente. Lucio mi infilò la lingua in bocca e io l'accolsi gemendo di piacere come lui.

I ruoli si mescolarono ancora una volta e salirono sul divano Rocco e Dario, che offrirono entrambi i loro cazzi all'avida bocca di Arpad, il quale se ne stava sempre seduto ma con le gambe alzate: a reggere i suoi piedoni – che dovevano essere almeno un 50 – erano Stefano e Mauro, che li offrivano a noi affinché li leccassimo a dovere. Non trascurammo un millimetro quadrato di quelle grosse delizie e ci assicurammo di passarne il sapore salato e delizioso alla coppia di amici, slinguandoli costantemente prima di lasciare a loro il privilegio di leccare direttamente le fettone dell'ungherese.

Dario e Rocco, scesi al livello di Arpad, si voltarono entrambi verso la parete ed io e Lucio ne approfittammo per leccare a fondo i loro bellissimi culi: io mi dedicai a quello di Rocco, sodo e peloso e carico dell'odore inebriante di chi ha tenuto le stesse mutande per più di una giornata. Lucio divorò avidamente quello di Dario, liscio e morbido e tondo quasi come quello di una ragazza, divertendosi a schiaffeggiarlo affinché il bocciolo di rosa fra le natiche si aprisse sempre di più. Non ci volle molto perché riuscisse ad infilare completamente la lingua al suo interno, costringendo Dario a mugolare come una cagna in calore.
Eravamo tutti infoiati e sudatissimi, non sapevamo da quanto stava andando avanti quell'orgia di carne, pelo e lussuria, ma non interessava a nessuno.
Lucio prese posto sul divano e fece sedere Dario – più che ben lubrificato – sul proprio cazzo, impalandolo senza pietà con i rapidi ed intensi colpi di reni che io stesso avevo potuto apprezzare migliaia di volte. Era eccitante vederlo scopare quella piccola troia, ma soprattutto lo era vederlo fare ciò mentre fissava me negli occhi, nonostante Rocco si fosse rimesso in piedi per ficcargli in bocca il suo cazzone.

Io fui preso alle spalle da Arpad, che mi sollevò come un fuscello mentre Stefano, reggendomi le caviglie, mi leccava il culo con grande abilità. Sotto di noi, Mauro gli faceva una sega e nel contempo succhiava senza sosta il cazzo di Arpad.

Provammo e riprovammo un numero spropositato di combinazioni, finché decidemmo di rallentare leggermente il ritmo della serata: nessuno di noi voleva venire troppo presto, così Stefano e Mauro si offrirono di darci una piccola dimostrazione dal vivo delle loro abilità nelle varie posizioni – non saprei dire se tradizionali o meno – del Kama Sutra. Un paio di esse si rivelarono davvero intriganti, soprattutto perché ci permisero di ammirare la flessibilità di Mauro nell'aprire ed estendere le gambe come mai avremmo immaginato. Fu così sensuale che non resistetti e corsi a leccare la pianta del suo piede, sospesa in aria con immensa grazia, mentre Stefano lo scopava intensamente. Passarono relativamente pochi istanti e tutti gli altri mi imitarono, buttandosi sulla coppia di amici per baciarli, leccarli ed infilare loro dita e cazzi ovunque fosse possibile. Presto tutti riprendemmo a scoparci e scambiarci in ogni combinazione, finché non proseguimmo con costanza in quella che risultò essere la più eccitante e soddisfacente per tutti.

Lucio scopò Dario da dietro, spingendolo con forza contro il tavolo al quale il giovanotto si reggeva in una posa plastica ed estremamente lasciva. Inutile dire che tovaglia, piatti e stoviglie erano stati rovesciati a terra da un bel pezzo. Sul tavolo, poggiato sulle sensuali punte dei piedi, Stefano spingeva il suo cazzo nella bocca di Dario permettendogli unicamente di emettere i suoi gemiti da piccola troia.

Io presi da dietro l'uccello ancora durissimo di Mauro, che mi pompava con colpi rapidi e forti proprio come era solito fare Lucio. Ma stavolta avevo anche i cazzi di Arpad e Rocco con cui trastullarmi, e lo facevo succhiando l'uno e l'altro a turno oppure insieme, seguendo il desiderio del momento, mentre i due colleghi di lavoro si baciavano e mi incitavano a far godere sia loro sia il mio nuovo amico intento a riempirmi.

Restammo impegnati in quell'attività estasiante per non so quanto, finché non fummo presi tutti dal desiderio irresistibile di portarla al culmine. Ci avvicinammo tutti gli uni a gli altri, in uno stretto cerchio che sembrava quasi un abbraccio di gruppo, ma invece di abbracciarsi ci si baciava, leccava e masturbava, con dita che ogni tanto si infilavano in qualche buco del culo e bocche che ogni tanto scendevano a succhiare. In mezzo a tutti si infilò Dario, leggiadro e solo in apparenza innocente, ad accogliere il seme che tutti desideravamo espellere.

A turno, in una sequenza quasi perfetta, sborrammo su di lui e scendemmo poi a stimolarlo tutti insieme: Rocco e Mauro gli leccarono i capezzoli, io ed Arpad i piedi, Stefano gli infilò in culo la lingua e poi un dito, muovendolo avanti e indietro con la rapidità di un pistone. Presto anche il giovincello raggiunse l'orgasmo e schizzò sul proprio petto una copiosa quantità di sborra che si mescolò alla nostra e che tutti ci precipitammo a leccare e a scambiare fra noi in un lungo bacio di gruppo in cui ormai non sapevamo nemmeno distinguerci gli uni dagli altri.

Il profumo costoso di Dario e quello del sudore di noi altri fu interamente coperto da quello del nostro seme, passato in ogni bocca e spalmato su ogni petto. Restammo tutti lì per un po', ai piedi del divano, intenti ad accarezzarci come se fossimo ormai un'unica coppia e non un gruppo di sette uomini.

La puntata andò in onda alcune settimane dopo, giusto il tempo di montarla e di dare la precedenza a quelle già programmate. Avevamo proposto a Stefano e Mauro di venire a casa nostra per vederla insieme, ma loro insistettero per ospitarci in quanto vincitori, per condividere con noi i premi vinti e non solo quelli: infatti fummo felicemente sorpresi di trovare, la sera stabilita, anche Rocco, Arpad e Dario come ospiti.

«È una nostra piccola tradizione che non diciamo a nessuno» ci rivelò Arpad abbracciando in un colpo solo tutti e due. «Ci piace tornare a trovare i vincitori delle varie puntate insieme agli sfidanti, ma solo i migliori e senza telecamere!».
«Così c'è più tempo per stare insieme senza distrazioni...» ammiccò Dario, che non ci venne incontro ma prese a sbottonarsi l'improbabile camicia psichedelica.
«E ci piace fare un gioco in cui vincono tutti...» disse Rocco in mezzo ai padroni di casa, mettendo loro una mano intorno alle spalle mentre loro si toccavano fra le gambe in un modo che non lasciava spazio all'immaginazione.

La TV era accesa e sintonizzata su “Gentilezze per gli Ospiti”, ma in casa di Stefano e Mauro, proprio come era accaduto nella nostra, quella sera andò in onda un episodio esclusivo del reality segreto “Porcherie con gli Ospiti”, che nessuno vedrà mai sullo schermo ma che noi sappiamo essere un gran bello spettacolo.


Fine

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