ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Il piano perverso di zio Gigi

Un racconto di Dother


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Era trascorso poco più di un anno dalla mia vacanza a Barcellona e dalla mia breve ma bollente avventura proibita con lo zio Gigi.

Quell’unico incontro, così chimico ed intenso nel suo essere intrinsecamente sbagliato, non aveva avuto seguiti di alcun genere per mia somma insoddisfazione – ma anche dello zio, era chiaro da come aveva continuato a guardarmi fino al giorno del mio rientro a casa.

La mia vita era ripresa più o meno come al solito, con il mio lavoro non entusiasmante ma dignitoso presso il centro commerciale, le uscite con gli amici e le occasionali avventure con vari esemplari di maschi.

Era ormai piena estate e stavo ultimando i preparativi per un nuovo viaggio, stavolta sarei andato in vacanza da solo e la meta prescelta era Budapest, capitale europea del porno e forse anche del sesso in generale.

Stavo anche già sondando il territorio con varie app di dating per identificare qualche bel tipo interessante da contattare una volta sul posto: avevo tutte le intenzioni di divertirmi a dovere e il più possibile.

I miei piani furono tuttavia sconvolti da un imprevisto: esattamente il giorno prima dell’acquisto del biglietto aereo per l’Ungheria, i miei genitori ebbero un brutto litigio. Il loro matrimonio mi era sempre apparso solido nonostante le inevitabili discussioni che accadono in ogni coppia normale, ma quella volta fu davvero sgradevole: erano volate parole come “porco bastardo” da parte di mia madre e “figa di legno” da parte di mio padre.

Non ci misi molto a fare due più due e a capire che il nocciolo della questione doveva essere una scappatella di papà dovuta all’insoddisfazione sessuale, e non faticai a ritenere il tutto plausibile: io e i miei fratelli rientravamo nella ristretta e fortunata categoria dei figli che non hanno mai subito lo shock di sentire, o peggio ancora vedere, i propri genitori che fanno sesso.

In effetti non li avevamo neanche mai visti scambiarsi effusioni di alcun genere, eppure dovevano almeno essersi accoppiati per concepirci e su quello non avevamo alcun dubbio, avendo ereditato un buon numero di tratti fisici da entrambi. Insomma, la situazione era tale che il loro rapporto era giunto, dopo anni di lento logorio, ad un punto di sfogo e forse di non ritorno.

Papà infatti venne a domandarmi se c’era la possibilità di acquistare un altro biglietto per viaggiare insieme a me.

«Tua madre mi ha trattato in un modo tale che non voglio averci a che fare, almeno per un po’, e i tuoi fratelli sono già fuori per conto loro… Se vado da qualche altra parte non vedrò nessuno di voi e non mi sento di restare completamente solo» mi disse mentre compilavo i moduli della prenotazione online. «Però non voglio rovinarti la vacanza, magari ti faccio compagnia a pranzo e cena e poi il resto delle giornate fai quello che ti eri prefissato…»

«Non dire sciocchezze, papà, mi fa piacere se mi accompagni» gli risposi. «A patto però che tu mi spieghi bene cos’è successo con mamma, perché sia io che Marco e Giorgio meritiamo una spiegazione, non pensi?»

«Sicuro» replicò lui. «Ne parliamo in aereo però, almeno ammazzeremo il tempo.»

Pochi giorni dopo eravamo seduti uno accanto all’altro a bordo dell’aereo che ci avrebbe portato, nel giro di un’ora e mezza, dritti a Budapest.

Non mi ero fatto molti scrupoli a portare papà con me, sapendo che anche la mamma aveva poi colto l’occasione per andarsene un po’ via da casa: per qualche giorno sarebbe stata ospite di sua cugina, in Veneto.

Durante il volo papà ebbe a dirmi, senza troppi giri di parole, che le cose fra loro non erano mai andate troppo male ma neanche troppo bene, il loro matrimonio era nato essenzialmente dal desiderio comune di avere una famiglia piuttosto che da una reciproca passione.

Di conseguenza, i loro incontri si erano realmente limitati ai tentativi necessari per dare la vita a noi tre figli: la differenza fra la mamma e lui, mi spiegò papà, era che in quanto madre lei si sentiva perfettamente appagata da quella vita in cui il sesso era un mero strumento di procreazione.

Non era neanche una questione religiosa, semplicemente la mamma non era una donna per la quale il sesso si rendeva necessario: in più di trent’anni di matrimonio papà non l’aveva mai vista civettare con altri, mai una telefonata sospetta, mai altri uomini che le ronzassero attorno…

Era sicuro al cento per cento che non avesse neanche l’abitudine di masturbarsi. Al tempo stesso, tuttavia, lei non tollerava l’idea che papà potesse effettivamente avere una vita sessuale sua, con altre donne o addirittura da solo.

«Ma un uomo non è mica di legno» mi disse, senza curarsi troppo dell’anziano signore nel posto accanto a me che aveva tutta l’aria di essere interessato ai fatti nostri nonostante cercasse di sonnecchiare. «Lo sai che noi abbiamo certe esigenze, e se uno non trova da mangiare a casa puoi biasimarlo se fa uno spuntino fuori?»

Non andavo fiero di quel modo di pensare, ma riconobbi fra me e me che forse ero troppo severo con lui nonostante io non fossi certo un santo: avevo rispetto a lui la scusante di essere single, ma ero pur sempre un ometto che se la faceva di frequente con altri ometti e che solo l’anno prima si era accoppiato con il proprio zio.

Potevo realmente biasimarlo solo perché era mio padre e dunque, agli occhi filiali, un vero e proprio dio che appare mostruoso una volta realizzato che in fondo è solo un umano?

Decisi, nel giro di qualche secondo, che non potevo giudicarlo più di tanto e che in fondo lo capivo: al suo posto io mi sarei dato molto più da fare.

Inoltre la sua similitudine fra sesso e spuntini mi aveva strappato un ghigno: io e papà condividevamo l’amore per il cibo e la cosa risultava evidente perché entrambi, sebbene dotati di un bel fisico piuttosto definito, non ci facevamo mancare un filino di pancia ammantata di peli corvini.

Non dicevamo mai di no ad un bis a tavola, e a quanto pare quell’ideale di libertà nel seguire i propri desideri era una cosa che ci accomunava non solo dal punto di vista gastronomico.

Una volta giunti a Budapest non perdemmo tempo e ci recammo subito presso il monolocale che avevo affittato, fra l’altro con l’aiuto di papà.

Era in effetti un vero e proprio stanzone, ma diviso con tende e muretti per creare l’illusione di un piccolo appartamento: in un angolo spiccava il lettone matrimoniale, su cui posammo subito i nostri bagagli.

Il mio progetto iniziale era ovviamente quello di dividere quel giaciglio ogni notte con un uomo diverso, ma con la compagnia di papà i programmi erano del tutto cambiati, per cui avremmo dormito insieme e io mi sarei trastullato con la fauna locale in altri lochi durante i pomeriggi che, come d’accordo, avrei trascorso per conto mio.

Per quanto non mi dispiacesse avere papà con me, volevo anche divertirmi come da programma, e trascorrere le giornate interamente con lui avrebbe interferito.

Quella sera, dopo un primo giretto delle bellezze della città, decidemmo di andare a cena fuori in un ristorantino tradizionale per assaggiare i piatti tipici ungheresi, primo fra tutti il delizioso goulash che mi sorprese per la piccantezza decisamente blanda rispetto a quanto si crede comunemente.

Papà, al contrario, lo ritenne troppo speziato per i propri gusti e scelse di annaffiarlo con abbondante vino rosso: verso la fine del pasto era ormai leggermente brillo e visibilmente accaldato, al punto che si sbottonò quasi completamente la camicia fregandosene degli altri clienti.

In quel momento mi sentii profondamente imbarazzato ma una parte di me iniziò anche a guardarlo con occhi diversi: il suo modo di fare era totalmente diverso rispetto al comportamento posato che era solito tenere a casa, ed era una gioia vederlo finalmente così rilassato e in pace con se stesso.

In occasione del viaggio si era anche sistemato barba e capelli in maniera leggermente più ricercata, con un risultato generale che lo rendeva incredibilmente simile a suo fratello Gigi.

La stessa peluria nera sullo stesso torace possente non faceva altro che rievocare in me i momenti caldissimi passati un anno prima con lo zio: non potei fare a meno di domandarmi in cos’altro si assomigliassero…

Dopo un po’ ci incamminammo vero casa, poiché papà era chiaramente stanco per il viaggio e il suo stomaco non era abituato al cibo esotico.

Erano appena le undici, così pensai che se nel giro di un’oretta fossi riuscito a farlo addormentare avrei avuto il tempo per rimorchiare rapidamente un bell’uomo del posto e dare sfogo ai pensieri bizzarri che mi erano venuti durante la cena…

I miei piani furono nuovamente modificati da un imprevisto: appena varcata la soglia di casa, il mio papà mezzo addormentato volle stendersi sul lettone e in quel preciso istante fu colto da un rigurgito che lo lasciò ricoperto di abbondante vomito. La mia solita fortuna, pensai, e mi rassegnai all’idea di dover trascorrere la notte a casa per pulirlo e assicurarmi che dormisse senza altri problemi.

La sua stanchezza era tale che dovetti spogliarlo senza alcuna collaborazione da parte sua, e non avendo la forza di sollevare quel quintale scarso d’uomo, decisi di lavarlo direttamente a letto con la spugna.

Ero intenzionato a sbrigare quel compito senza farmi venire strane idee in testa, ma le mie mani erano evidentemente in disaccordo con me: ero certo che il suo sbottonarsi la camicia a cena non era affatto un segnale, non avevo alcuna ragione per ritenere che mio padre non fosse completamente eterosessuale, ma la realtà era che non me ne importava più.

Il suo corpo mi ricordava troppo quello di zio Gigi e la voglia di toccarlo era semplicemente più forte di me.

Indugiai con la spugna sul petto, sul collo, sulle braccia…

Poi, complice il suo sonno ormai pesante, mi dedicai con cura anche alle cosce e ai piedi, sebbene non ve ne fosse bisogno.

Avevo lasciato papà con solo gli slip bianchi addosso, e solo dopo aver lavato ogni altra zona mi resi conto che avevo inconsciamente lasciato quella zona per ultima.

Era il passo finale prima di sconfinare nel proibito. Se si fosse svegliato in quel momento avrei ancora avuto una giustificazione, ma se fossi andato avanti? La risposta della mia mente fu la stessa di prima: non me ne importava più.

Con la spugna ancora umida cominciai a massaggiare il gonfiore virile che già da qualche minuto iniziava a rendersi evidente: ci volle solo un attimo perché l’acqua rendesse trasparente il tessuto bianco degli slip, e se avessi avuto uno specchio davanti a me avrei probabilmente visto me stesso a bocca aperta.

Il pene di papà, ormai completamente eretto grazie al mio massaggio bagnato, svettava fuori dalle mutande fradice con uno spessore ed una lunghezza che mi fecero venire l’acquolina in bocca. La mia mano si liberò della spugna ed iniziò ad accarezzarlo ritmicamente attraverso gli slip, mentre il mio viso lentamente vi si avvicinava.

Arrivato ad un paio di centimetri dal glande grosso e roseo, tirai fuori la lingua e lo leccai con dolce avidità. Neanche il profumo di sapone era riuscito a coprire l’intenso aroma maschile del suo sesso, che anzi doveva essersi accentuato con l’umidità e con il caldo di quella sera.

Ogni tanto gettavo lo sguardo verso il viso di papà per assicurarmi che continuasse a dormire, finché non sentii anche l’istinto di titillare i suoi capezzoli, già turgidi per l’eccitazione del suo corpo, mentre continuavo a lavorarmi la sua gustosa cappella con le sensuali frustate della mia lingua.

Pensai che se la mamma si fosse mai degnata di leccare così quel cazzo meraviglioso, probabilmente sarebbe rimasta incinta almeno altre quindici volte.

La mia voglia di lui era diventata così irrefrenabile che decisi, con cautela, di togliergli completamente le mutande per succhiare a dovere quel bel pezzo di carne. Lo presi avidamente in bocca mandandolo giù fino alla gola con spinte ritmiche e sapienti della testa: avevo abbastanza esperienza da farlo venire nel sonno, abilità affinata con più di un ex amante.

Con le mani accarezzavo la superficie scura e villosa del suo corpo così maschio ed eccitante, andando avanti e indietro, su e giù, senza dimenticare una bella ravanata ai suoi grossi e pelosissimi testicoli, odorosi ancor più di tutto il resto.

Mi fiondai poi in direzione del suo viso per leccare le sue labbra, che ancora sapevano di vino.

Delicatamente gli alzai le braccia e leccai voluttuosamente anche le ascelle che avevo ben lavato ma che conservavano un leggero profumo muschiato misto a sudore, com’è giusto che sia per ogni parte del corpo di un vero uomo.

Ero talmente inebriato, e al tempo stesso incosciente della vera situazione che stavo vivendo, che non mi resi conto di non essere mai stato solo con papà in quello stanzone: mentre continuavo a leccarlo, infatti, sentii all’improvviso un applauso provenire dalla porta.

Mi voltai di scatto, temendo che si trattasse di un ladro o di un pazzo, o di qualche altro individuo pericoloso: solo un fotografo professionista avrebbe potuto immortalare a dovere lo shock dipinto sul mio volto quando vidi che sulla soglia del monolocale, elegantissimo e divertito, c’era zio Gigi.

«Con me non ci hai messo tanto a fare il porcellino» rise, chiudendosi la porta alle spalle.

«Zio Gigi!» bisbigliai, terrorizzato all’idea che papà si svegliasse in quel contesto assurdo che in buona parte io avevo creato. «Ma tu che ci fai qui? Come sei entrato e come sapevi che eravamo qui?»

«Secondo te come sono entrato? Con la chiave» rispose lui ancora più divertito. «Quest’appartamento è mio, lo sai che ho i miei giretti di affari un po’ ovunque.»

Non ero uno sciocco, anche se probabilmente in quel momento lo sembravo. Dovevo capire cosa diamine stesse succedendo.

«Vuoi dire che per pura coincidenza avrei affittato il tuo appartamento? Impossibile!»

«Alcuni direbbero che è impossibile ciucciare il cazzo dello zio… O del papà» mi schernì lui. «…Eppure eccoci qua, come vedi nulla è impossibile. Diciamo che c’era una probabilità su un milione, e in effetti non è stato un caso. Dimmi, l’hai scelto forse da solo questo posto?»

«Sì, l’ho scelto da… No, aspetta, mi ha aiutato…» balbettai, e allora compresi. Mi voltai lentamente verso mio padre, aspettandomi di trovarlo ancora addormentato, ma i suoi occhi erano aperti e la sua espressione era un ghigno divertito.

«Te l’ho fatta, porcellino di papà!» mi disse, massaggiandosi il petto. «Dì la verità, potrei fare l’attore o no?»

A quel punto ogni chiarimento fra noi tre divenne superfluo e fui in grado, in un attimo, di ricollegare tutte le cose che erano successe - anche a mia insaputa - e a farmi un quadro della situazione: mio padre doveva aver scoperto delle mie tendenze da un bel pezzo, probabilmente da anni o addirittura più di recente, magari proprio da zio Gigi, il quale doveva aver avuto un buon motivo per ritenere di potergli confidare una cosa simile.

Doveva sapere che avrebbe trovato dall’altra parte non solo comprensione, ma anche approvazione. Dunque papà era quantomeno bisessuale, proprio come lo zio, ed ecco che ora i problemi matrimoniali di entrambi e le “scappatelle” di papà assumevano tutta un’altra luce.

Paradossalmente mi stavo rendendo conto di essere il meno dissoluto fra noi tre, visto che lo zio mi aveva sedotto e che papà si era lasciato coinvolgere in quell’intrigo per il piacere di farsi spompinare dal proprio figlio. C’era solo un’unica cosa che ancora non era sicura, ma avevo intenzione di scoprirla subito.

«Allora anche voi due… Intendo, fra di voi?»

Zio Gigi e papà scoppiarono entrambi a ridere e si avvicinarono, scambiandosi un appassionato bacio con la lingua a pochi centimetri dal mio volto.

«Fin da ragazzini» sussurrò papà prendendomi la testa fra le mani e portandola accanto alla bocca sua e di zio Gigi.

Non volli sentire altro. Ci unimmo tutti e tre in un unico, sensualissimo bacio a tre.

Le nostre lingue vorticavano impazzite, spinte da un desiderio matto.

Papà si occupò personalmente di spogliare sia me che suo fratello, leccando con la sua lingua caldissima ogni parte che scopriva.

Senza alcun incoraggiamento si inginocchiò e prese in bocca contemporaneamente i nostri cazzi, riuscendo con sorprendente abilità a succhiarli entrambi.

Sentivo zio Gigi impazzire di piacere proprio come me, che intanto assaporavo il turgore dei suoi capezzoli bollenti.

Tutti e due sussultammo di piacere quando sentimmo le dita di papà che lentamente ma con decisione si insinuavano nei nostri culi, e iniziammo a muoverli su e giù come delle vere e proprie troie in calore.

Era affascinante vedere il virilissimo zio Gigi trasformarsi in una cagna vogliosa sotto l’effetto del tocco fraterno, la cosa mi eccitava oltre ogni immaginazione.

Presto entrambi fummo presi dalla voglia di ricambiare il favore, così facemmo sdraiare papà sul letto e ci dedicammo al suo piacere: io gli stimolavo l’ano con le dita bagnate del mio pre-sperma e contemporaneamente gli offrivo i miei baci voluttuosi, mentre zio Gigi si dedicava a succhiare il suo cazzone gemendo di voglia e di piacere.

«Ora mettiti a pecora» mi sussurrò papà dopo l’ennesimo bacio. «Voglio chiavarti!»

Io obbedii e mi misi a quattro zampe sul letto, mentre papà - a fatica, va detto - si liberò da quell’idrovora di zio Gigi per portare il suo membro rosso e pulsante verso il mio culetto voglioso.

Entrò in me con un’unica spinta atroce e sublime, sculacciandomi affinché il mio buchetto si rilassasse e accogliesse più comodamente quella virilità così grossa e calda. Avrei urlato di dolore e piacere, se zio Gigi non si fosse precipitato a schiaffarmi in bocca il suo cazzo altrettanto grande e duro.

Ero completamente preda delle loro voglie in quel momento, proprio come lo ero delle mie.

«Hai visto Gigé?» ridacchiò papà. «Una volta avevo solo te come puttana, ora siete in due!»

Per tutta risposta zio Gigi non fece altro che emettere versi animaleschi di goduria, mentre io non potevo che mugolare come la più troia delle checche. Il mio sfintere era completamente in fiamme a causa delle spinte di papà, che sembrava intenzionato a rompermi il culo come avrebbe fatto con una puttana da due soldi.

Il cazzo dello zio in gola spingeva allo stesso modo, provocandomi conati ma anche una voglia sempre maggiore di prenderlo più a fondo.

«Ora scambiatevi di posto, troie!» ordino papà e tutti e due obbedimmo. Zio Gigi si mise a novanta gradi accogliendo il pisellone di papà nel culo ed il mio in bocca. Se ne staccò solo per un attimo, per esprimere la goduria di quel momento così osceno e godurioso.

«Mmmm, sì, è proprio quello che volevo…» gemette mentre mi masturbava e prendeva in culo il cazzo di papà. «…Una bella orgia di cazzoni in famiglia!»

«Sei la solita troiona, Gigè, col tuo buco largo e bagnato!» muggì papà fottendo il culo peloso di suo fratello ma guardando negli occhi me, che intanto avevo ripreso a farmelo succhiare dallo zio.

Anche se il corpo ingombrante di zio Gigi ci impediva di avvicinarci, sia io che papà tirammo fuori le lingue e simulammo a distanza un lungo bacio voluttuoso come quelli che ci eravamo scambiati in precedenza.

La scopata continuò per un tempo che non avrei saputo misurare, finché non ci ritrovammo tutti e tre sul lettone: papà e lo zio Gigi erano l’uno accanto all’altro con le bocche aperte pronte ad accogliere il mio sperma che stava per schizzare fuori dopo una serie innumerevole di porcate a tre.

Quando sopraggiunse l’orgasmo tirai fuori tutto il mio seme, dritto sulle loro lingue affamate di nettare, e neanche una goccia andò sprecata.

Papà si assicurò inoltre che anche io l’assaggiassi, coinvolgendomi in un ennesimo e appassionato bacio a tre.

Fu poi la volta di zio Gigi, che volle offrire tutta la sua sborra al fratello come ringraziamento per aver reso possibile quell’incontro proibito: io acconsentii, a patto che lo zio schizzasse sul mio buchino affinché papà leccasse tutto da lì.

Il mio porco genitore ne fu molto felice e così mi feci sborrare sul culo dallo zio, poi papà mi leccò tutto con tale avidità da farmi temere un’irritazione a causa della sua barba ispida nonostante fosse impiastricciata di sperma caldo.

Alla fine ne assaggiai anche io un po’, con la scusa di ripulirgli la faccia.

Quando toccò a papà godere del massimo piacere, io e lo zio eravamo entrambi desiderosi di gustare il suo seme direttamente dalla fonte e così ci inginocchiammo ai suoi piedi, con le lingue unite, per accoglierlo tutto senza il minimo spreco e per dividerlo equamente nelle nostre bocche.

Papà prese a masturbarsi come il porco che aveva abbondantemente dimostrato di essere, succhiandosi il dito medio per poi portarlo ai capezzoli durissimi e ruggendo come una bestia mentre stimolava il suo cazzo ormai così duro e pulsante che sembrava volesse esplodere.

Io e lo zio, in trepidante attesa di quell’esplosione, facevamo vorticare le nostre lingue ed emettevamo versi lascivi per eccitarlo, sapendo quanto apprezzava che fossimo le sue due troiette.

Zio Gigi si occupava anche di stringergli avidamente le grosse palle, mentre io accarezzavo voluttuosamente le grosse natiche pelose.

«Mmmm dai, dacci la sborra…» gemette lo zio.
«Vogliamo la tua sborra, papà, facci vedere come schizzi» mugolai io.

Presto papà emise un ruggito animalesco e il suo membro schizzò in tutta la sua potenza una meravigliosa quantità di sborra bianchissima che io e zio Gigi prendemmo dritta in bocca, recuperando qualche altro schizzo extra l’uno dalla faccia dell’altro. Alla fine anche papà si unì a noi e le nostre tre lingue furono un’unica cosa, fondendosi in un’estasi di carne addolcita dal sapore divino dello sperma.

Eravamo tutti e tre stanchi e sudatissimi, così restammo nel lettone tutta la notte senza neanche andare a lavarci, del resto non una singola traccia di sborra era visibile su di noi né sulle lenzuola: avevamo fatto piazza pulita! Trascorremmo insieme le ultime ore di quella notte assurda e fantastica, non senza occasionali toccatine o addirittura altri giochini sessuali, ma nulla avrebbe mai retto il confronto con quanto era successo poco prima…

… Finché, molto tempo dopo, non accadde qualcosa di ancora più incredibile.

CONTINUA (?)

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