ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni

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Uno splendido orso sulla Parigi - Milano

Un racconto di Orsardoi


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Lavoro da vent’anni nelle Ferrovie dello Stato e, ultimamente, il mio incarico è sui vagoni-letto: itinerario, quasi preferito, la Milano-Parigi-Milano.

In effetti, i turni comprendono l’andata-ritorno in tre giorni, poi due di riposo, che passo quasi esclusivamente in sauna per raffreddarmi, un po’, i bollori!

Arrivano delle persone, a volte, che seppur ritirato nel mio stanzino, mi mettono in un tal subbuglio ormonico che, non appena mi piombo in sauna, faccio uno scempio! 

E’ difficile poter combinare qualcosa in treno, anche se a volte mi è capitato… ma devo mantenere un comportamento più che corretto, così, spesso, mi tocca ‘guardare e non toccare’!

La sera del 25, Natale, però…

Alla Gare de Lyon, stavo registrando i passeggeri che ecco, dietro ad un moccioso di dodici-tredici anni e alla truccatissima mamma, vedo svettare un omone che è la fine del mondo: sui due metri, biondo, con la barba incolta e con due spalle da grande sportivo. Insomma, un armadio a quattro ante!!!

Dopo avergli dato una consistente guardata, mi rimetto al lavoro, mentre lui, in coda, continua a bettegare con la moglie: si sente, anche da lontano, la tensione che c’è fra i due… e il figlio, ogni tanto, si gira a zittirli, come se si vergognasse.

Confermo il numero delle loro due cabine e controllo, con la coda dell’occhio, se il ragazzino va da solo nello scompartimento assegnato. No! Madre e figlio in una, nell’altro… lui.

Ma, veramente, son subito fuori a continuare la loro litigata che, a quel che mi pare, ha origini futili.

Dovendo accudire i miei “ospiti”, son costretto a passar più volte dinnanzi alle loro cabine e ogni tanto, come se fosse a causa del ritmico sussultare del treno, mi struscio su di lui.

Finalmente, all’ennesima consistente strusciata, mi guarda, come se, fino a quel momento non m’avesse visto.

Mi scuso, guardandolo direttamente negli occhi e mi perdo in due splendidi laghi blu.

Le lunghe ciglia bionde me li avevano messi in ombra e non m’ero accorto di come fossero belli.

Ma, veramente, è tutto bello.

S’è tolto il maglione, rimanendo con una camiciola a maniche corte, tese sui muscoli possenti delle braccia.

Gli avambracci sono tutti coperti da una peluria liscia, lunga, fulva, mentre dal colletto slacciato sortisce un cespuglio di peli più bruni.

S’è tolto anche le scarpe e, attraverso le mostruose calze color lilla, s’intravedono due splendidi e forti piedi, enormi: porterà un quarantasei, perlomeno!

La moglie, finalmente, mi chiede una camomilla e si ritira, lui resta in corridoio a fumare.

Non l’ha baciata, non l’ha salutata e si è dimenticato del moccioso! Fuma, nervosamente, una sigaretta dopo l’altra.

Fisicamente, io sono sul metrosettanta, di corpo robusto, nero di capelli e d’occhi che tradiscono la mia origine meridionale.

Quando gli passo vicino mi sembra d’essere un nano.

Ma un nano che non tralascia mai di percorrerlo tutto con lo sguardo!

E chi se ne frega se capisce: questo qui è così bello che non me lo lascerai scappare per nulla al mondo.

Cerco d’inventarmi qualcosa per attaccar bottone in un modo un po’ intelligente: finalmente, quando mi son creato una bella frase in francese, mi volto… ma lui è entrato in cabina e ha richiuso!

Porchissima miseria!!! E, adesso?!?

Sono veramente dispiaciuto e mi metto a compilare i moduli, pensando solo a lui.

Sarà passata una mezz’ora che me lo vedo arrivare: vicino al mio sgabuzzo ci sono i due gabinetti e tutti, prima o poi, devono passare di lì!

E’ in canottiera e ha messo i pantaloni allacciando solo la cintura: camminando la patta si discosta e si vede sotto il chiarore della mutande.

Ha i piedi nudi, infilati nei sandali.

E’ uno spettacolo! Mi perdo nel lieve gioco che i pettorali, sottolineati dalla maglietta aderente, fanno e, quando è abbastanza vicino, fingo di scorgerlo solo ora e gli sorrido.

Mi sorride anche lui e io… muoio!

Le labbra si sono schiuse su una chiostra di magnifici denti: come vorrei sentirli azzannare la mia carne!

Naturalmente, lui non s’accorge di nulla e io mi risprofondo negli incartamenti nell’attesa che sortisca dal cesso e cercando una frase d’aggancio. Che non arriva!

Dopo qualche minuto, mi porge un “Bonne nuit!” passando davanti alla guardiola, poi, come pentito, si volta verso di me e, con quella sua meravigliosa (anche quella!) voce, mi flauta se ho del Gran Marnier. “No, purtroppo, ma ora fermo il treno e glielo vado a comprare!” vorrei rispondergli, ma, invece: “ No, purtroppo, ma ho del cognac… se vuole!”

Un po’ deluso, mi lancia il suo “Ok!”Vada pure … glielo porto subito!”

E mentre lo ammiro dietro, lo analizzo: son sicuramente spalle da lanciatore di pesi, quelle!

E anche il sedere sodo e alto mi suggerisce che deve praticare ancora molta attività agonistica.

Quando si chiude la porta alle spalle, prendo dalla mia valigia una bottiglia appena comprata come souvenir: non posso certo sedurlo usando le mini bottigliette di brandy che abbiamo in vendita!

Poi scelgo due bicchieri perfettamente puliti, lascio passare ancora qualche minuto e vado alla carica.

Mi fa entrare, non appena le nocche hanno cominciato a bussare: è steso con le ginocchia piegate in alto nel lettino (che sembra una culla per lui).

Mi sorride (di nuovo!) e io sorrido ancor di più!

Gli dico che avevo notato che era un po’ alterato, che pensavo che magari facendo quattro chiacchiere la rabbia sbolliva e avrebbe potuto prender sonno e che mi ero permesso di portare un bicchiere anche per me, sempre che non gli dessi disturbo e me lo permettesse.

Nuovo sorriso che mi arriva, come un pugno, diritto allo stomaco, poi mi ringrazia.

Va avanti a ringraziarmi per un po’ e io utilizzo questo tempo per guardarmelo tutto.

Ha indosso solo i boxer e la canottiera, così posso dedicarmi ad ispezionarlo tutto e ad ammirarne, oltre alla struttura da vero sportivo, anche quel pelo fitto e color del grano maturo che ne illeggiadrisce ogni forma. Io mi sento ‘calimero’: piccolo e nero!

Per versare il liquore, con il movimento del treno, mi invita a sedermi e lo faccio cercando di mettere almeno una chiappa sul lettino.

Guardandoci negli occhi, come vecchi amici, facciamo un muto e sorridente brindisi.

Sono lì che ancora sorseggio, che lui mi tende il bicchiere, vuoto.

Verso, di nuovo il tintinnare dei bicchieri e giù! Butta giù quel fuoco liquido come fosse gazzosa.

Io finisco il mio bicchiere e lui ha già bevuto il quarto! Che bello se si ubriacasse e si lasciasse fare da me!

Ma, naturalmente, è quanto mai sobrio e continuiamo a parlare sommessamente per non farci sentire dalla moglie.

E’ campione di tiro del peso e del tiro del martello in Francia, è dei dintorni di Parigi, ma la moglie è oriunda italiana e stanno andando da certi parenti di lei.

Poi parte a fare delle considerazioni sulla scemenza delle femmine, che condivido pienamente.

Anche se con la scusa degli scossoni del treno, ogni tanto, gli premo un po’ addosso, lo faccio col fianco e col gomito: due zone per nulla erogene!

Allora, dopo aver versato ancora, mi siedo accanto ai piedi, dove c’è una porzione di letto un po’ più libera e … mi appare!

Da questo punto di visuale, vedo che le gambe che ballonzolano coi movimenti del treno, lasciano libero il boxer che, ondeggiando, mi espone un ben di dio, quale mai avrei pensato potesse esistere.

Un uccello di tutto rispetto dorme appisolato su due palle da tennis. Pelose come il resto.

E’ una visione magica e non riesco a staccare lo sguardo da lì.

Lui se n’accorge e forse per porre fine allo spettacolo, abbassa una gamba e va a mettere il piede proprio contro il mio sedere. Che non sposto.

La conversazione continua, m’alzo per offrire altro cognac e mi risiedo proprio sul piede: lo sposta, ma non di molto.

Io gli poso sopra una mano. Di ghiaccio, come sono io completamente.

Me lo fa notare, poi visto che non stacco la presa, mi mette sopra l’altro piede e mi massaggio l’arto gelido. Una cosa da sballo! Gli salterei subito addosso!

Cosa che non faccio perché m’impietrisco davanti al solito spettacolo che i boxer permettono.

Nel complimentarmi perché lui è così caldo, gli faccio scorrere l’altra mano fino al ginocchio.

E’ un tocco lento e sensuale, il mio e, ben presto ne vedo i frutti. Nel va e vieni del boxer vedo che qualcosa sta prendendo forma.

M’azzardo a far salire la mano sulla coscia e lui ha un brivido.

Ormai, sicuro che non è di freddo, ma di piacere, salgo ancora.

Lui spalanca le gambe e il tessuto si tende sul ventre, mettendo in risalto un bestione infognato.

Lo guardo e, come timido, tendo lentamente la mano verso quel pacco vibrante.

Lascia fare.

Glielo massaggio un po’, sentendolo prender forma e consistenza.

Finora non ho staccato gli occhi dai suoi, ma ora, che lui ha arrovesciato indietro la testa, vado alle mutande gliele tiro verso il basso e appare, nella sua travolgente mostruosità, l’uccello che mai avevo visto: maestoso, roseo e dalla cappella violacea.

Non attendo oltre, mi ci tuffo e benché la mia sia una vera prestazione professionale, non riesco a farne entrare in bocca che un due terzi.

Pone le sue grandi (enormi) mani sulla mia testa non per obbligarmi, ma solamente per seguire i miei movimenti.

Fa fatica a trattenere i mugolii di piacere che la mia lingua gli impartisce, con questa scusa, gli metto una mano sulla bocca perché si ricordi che la moglie è nello scompartimento accanto.

Me la lecca. E mi fa morire di piacere. Lo abbraccio stendendomi su di lui e tento, subito ricambiato, un bacio.

La sua bocca è di fuoco, la sua saliva è lava, la sua lingua è un drago fiammeggiante. Lo stringo forte, perdendomi in lui.

Ho sempre desiderato provare con un uomo: ma questa è la prima volta! E mi piace!” si meraviglia, staccandosi appena dalle mie labbra. Ci rituffiamo l’uno nell’altro.

Comincio a sollevargli la maglietta, seguito da lui che, con mani febbrili, tenta di togliermi la divisa.

Mi alzo e mi spoglio, poi entrambi completamente nudi, ritorno tra le sue braccia, mi accoglie tutto come un madre fa con il suo bambino; gli prendo in bocca un capezzolo e comincio a ciucciare.

Lui rabbrividisce e gorgoglia in gola. Lo mordicchio e il mugolio diventa continuo.

Passo una mano tra i peli morbidi, gli prendo l’altro capezzolo ormai già turgido, e glielo stringo forte. Il mugolio diventa un ansimare continuo: mi riporta, con facilità, a baciarlo …

Baci, lunghi, interminabili, infuocati: avrei voglia di eiaculare …

M’alzo, verso dell’altro cognac e glielo faccio scivolare sulle labbra: cola sul petto rimbalzando sui volumi accentuati della muscolatura dell’addome, gli riempie il vuoto dell’ombelico e scende giù, tra le palle.

Io con la lingua ne seguo il percorso, mi soffermo sull’ombelico e lui arcua la schiena, gli suggo le palle mentre incomincia a rantolare, infine tento di sporgere la lingua fino al suo buchetto.

Dopo un’esitazione (minima, direi!) mi agevola.

Con il naso schiacciato tra le grandi mele turgide, affondo la punta della lingua: il rantolo diventa un vero e proprio muggito, come il tuono che si perde lontano tra le nuvole in una notte burrascosa d’estate.

Pongo la mano a bloccargli la bocca e lo guardo.

I suoi splendidi occhi cerulei sono lucidi, colmi d’eccitazione.

Sta aspettando … allora mi porto una gambona su una spalla e l’altra sull’altra, mi avvicino di punta e comincio, lievemente a spingere, sempre controllandone lo sguardo.

Quando son entrato già con tutto il glande, emette un sospiro profondo e mi si spinge contro.

Vengo risucchiato in un anfratto di burro rovente e non capisco più nulla.

Comincio a cavalcarlo con forza e dimentico la mano che tarpava i gorgoglii della sua gola.

Quando vengo, m’accorgo che lui ha già riempito il suo ventre di bianco seme e che il tuono che si è sentito è uscito dalla sua bocca.

Ci guardiamo impauriti: entrambi temiamo che la moglie possa aver sentito … Ci puliamo velocemente e sommariamente.

Mi rivesto e con fare professionale esco nel corridoio per controllare.

Percorro velocemente il corridoio per vedere se tutto va bene, poi origlio alla porta della cabina della moglie: tutto tace.

Guardo l’orologio e m’accorgo che mancano solo 40 minuti alla dogana!

Rientro velocemente da lui e gli dico che abbiamo ancora pochi minuti.

Lui, sempre nudo e splendidamente arrapante mi sorride, mi attira a sé, mi perfora con la sua lingua vogliosa.

Mi lascio andare tra le sue braccia, ma resto vestito … non vorrei che nella furia di un nuovo amplesso, mi dimenticassi che fra poco ci sono i controlli di frontiera.

Mi accarezza, mi stringe… mi abbassa la cerniera, facendo fuoriuscire la mia virilità eretta e mentre io torno a stuzzicargli un capezzolo, lui ci gioca, me lo mena, introduce un dito sotto per farmi saltellare le palle.

Poi mi trascina in alto e lo porta a pochi centimetri dal suo viso, per guardarlo. “E’ la prima volta che ne vedo uno così da vicino: è proprio bello ed è stato molto bravo! Merita un bacio!”

Non ha finito di parlare che già se l’è infilato tutto in bocca e… lo tiene lì, così! Senza lavorarmelo, senza leccarlo.

Ohi, ohi! Bisogna proprio che gli insegni tutto! Come un abile contorsionista, glielo lascio in bocca e scivolo verso il suo, dove comincio ad utilizzare labbra, lingua e gola per fargli comprendere come gode un uomo.

Capisce subito al volo! E si dà da fare!

Inizialmente non è un granché, ma presto, mooolto presto!, impara.

I miei mugolii s’uniscono ai suoi e la cabina è tutta un’orchestra di fiati! Quando, poi, il piacere diventa parossistico, mi calibro sul suo piacere e riesco a venire contemporaneamente a lui.

Mi stacca dal suo membro e mi porta alle labbra: nel nuovo bacio di fuoco si uniscono i nostri umori!

Forse mai ho ricevuto e dato tanto piacere.

Respiriamo affranti stringendoci e posando ogni tanto piccoli baci sui nasi, sugli occhi, sulle gote.

Vorrei dirgli che lo amo, ma non oso: certo che, quando sprofondo gli occhi nei suoi, mi sembra d’essere in paradiso.

Ma il dovere mi chiama: un ultimo bacio come fosse un addio e torno nello stanzino a finir di compilare tutti gli incartamenti.

Accidenti, non so neppure come si chiama! Controllo il passaporto e mi appunto i suoi dati … non si sa mai!

Dopo la fermata in frontiera, alla partenza del treno non so se provare a bussare … mi toglie lui dall’imbarazzo: apre la porta riempiendone con la sua montagna di nudità tutto il vano, mi attira a sé e mi bacia, lì.

Mi sento come una mangusta attirata e stritolata dal cobra.

Ci ributtiamo sul lettino e ricominciamo con la foga di chi è in astinenza da anni!

Prendendomi una pausa, “Fra poco, a Milano, io devo scendere e sarò sostituito da un collega fino a Roma… Vorrei darti il mio numero di cellulare, così, se per caso hai tempo e ne hai voglia puoi telefonarmi …”

Lo prende, serio, e legge e rilegge il numero … sta pensando.

Vuoi farmi un favore? Telefona tu al mio cellulare e chiedi di me: mi chiamo Pierre.

Il telefono è nella borsa di mia moglie: dovrà svegliarmi per darmelo. Così risponderò a te e ti dirò che okey, torno subito a Parigi e che scenderò a Milano! Lei andrà dai suoi e io vengo con te! Hai detto che hai due giorni di riposo? Preparati a fare un tour de force!”

Poi, soggiunge: “D’accordo?”

D’accordo?!? Sono all’ultimo cielo! Non parlo, lo bacio in modo che sia ulteriore piacere quello che gli fa sentire il mio sì.

Dalla mia postazione, vedo la donna battere con insistenza alla sua porta brandendo il cellulare: è scarmigliata e, forse, un po’ spaventata.

Pierre esce con addosso solo i boxer, prende il cellulare e mi sciorina nell’orecchio la sua balla, mentre mi fissa, ammiccando di lontano.

La moglie va avanti un po’ con le sue lagnanze, ma visto com’è inamovibile il marito, fa rientro nella sua cabina.

Lui va in bagno: fa pipì guardandomi dalla porta socchiusa … lo raggiungo, glielo bacio, poi lo costringo e mi costringo a smettere “Tanto, ora, avremo tanto tempo!”

Quando ho espletato tutti i miei impegni, e dato le consegne a chi mi sostituisce, lascio il treno e, già di lontano, lo vedo aspettarmi appoggiato al pilastro della volta della stazione: sembra Atlante che sostiene il mondo.

Corro da lui. Una corsa in taxi e, finalmente a casa!

Ci strappiamo i vestiti l’un l’altro e cadiamo a terra abbarbicati.

Ci divoriamo, ci lecchiamo, ci baciamo.

Adelmo, il mio gatto, curioso, ci annusa … dobbiamo sapere di sesso.

Di sesso e di sperma!

Ma, per noi, è un sapore afrodisiaco.

Mi solleva e, sempre baciandomi, cerca il bagno ed entriamo, a stento, sotto la doccia.

Non riusciamo quasi a muoverci, intralciati dallo spazio esiguo (quando ho fatto una doccia con altri di spazio ce n’era: ma con lui no!).

Non riusciamo neppure a giocare con i nostri piselli protesi, solo le bocche non si staccano mai.
Ci asciughiamo alla bell’e meglio, mi riprende in braccio, mi porta sul letto e si sprofonda sul mio sesso.

Certo che la sua fame testimonia che è proprio da tanto che avrebbe voluto provare …

Mi stendo bene, le gambe larghe e lo lascio ciucciare.

Ormai è esperto ed il piacere mi offusca.

E succhia, succhia, succhia finché ottiene la sua dose di miele che, poi, memore di quanto avevamo fatto in treno, mi scarica in bocca e a poco a poco lo deglutiamo entrambi.

Si stende appagato contro di me e, finalmente, dormiamo.

Mi sveglio perché ho voglia di mingere: lui dorme come un bambino … un meraviglioso, enorme, gigantesco bambino.

Al mio ritorno capisco che finge di dormire: ha le braccia aperte che vanno da una sponda all’altra del letto, anche le gambe sono divaricate e mostrano il suo pisellone mollo … ma mostrano anche la fessura tra le natiche perché s’è posto, ad arte, un cuscino sotto al sedere!

Ho già capito dove vuole andare a parare!

Ma mi accoccolo sul letto, vicino ai piedi; gliene accarezzo uno, poi comincio a succhiargli un alluce: meravigliosamente grosso (certo più di tanti cazzi che ho succhiato in passato).

Lui, che non se l’aspettava, comincia a godere e intravedo il suo uccello che incomincia a spiccare il volo.

Gli suggo i peli del polpaccio, gli mordicchio la rotula e lecco l’interno della coscia mentre lui ha dato il via al suo concerto di mugolii e di rantoli.

Gli azzanno lo scroto, gonfio e teso: mentre dà un urlo, le sue mani piombano sulla mia testa.

Mi spinge in basso e comincio a leccarlo e succhiarlo sul buco.

Vibra e palpita come un innamorato.

Mi ci perdo dentro un po’ e quando sento che tutto il suo corpo ha raggiunto un alto grado d’ebollizione, gli avvicino il pube, lo punto con la cappella e, senza alcuno sforzo, mi ritrovo in un’alcova di miele caldo e profumato.

Gli assesto qualche colpo a fondo. Lui emette i primi urletti.

Lo monto ritmicamente fino in fondo alle viscere: i suoi urli sono disumani, ma estremamente eccitanti.

Dopo pochi minuti unisco il mio fuoco al suo e gli cado addosso stremato.

Mi lecca la faccia, gli occhi, le orecchie … s’infila anche nelle narici. Mi eccita di nuovo!

Ora abbiamo i falli tesi e in fiamme che si scontrano.

Ci strusciamo, baciandoci … e esplodiamo una laguna di sperma tra i ventri schiacciati.

Mi stringe forte, come se, stritolandomi, potesse far parte di me.

Mi manca il fiato, ma è bello soffrire per lui.

Ci riaddormentiamo: io raccolto e avvolto nelle sue braccia.

All’improvviso siamo destati dal cellulare, mi districo dal suo amplesso e rispondo: subito riconosco la voce della moglie.

Si vede che ha messo in memoria il numero e ora lo cerca.

Faccio cenno a lui di star zitto e rispondo con il mio più forte accento palermitano che la signora deve aver sbagliato numero.

Mentre lei chiude nervosamente la conversazione, mi ributto tra le sue braccia.

Ha capito ed è contrariato… ma non facciamo neppure in tempo a decidere cosa fare che, di nuovo, driin: è lei che riprova. “Mi spiace signora, ma credo che abbia di nuovo sbagliato numero …” ma lei ha già interrotto.

Pierre non è più contrariato: è proprio incavolato, al punto che quando dopo qualche istante il telefono squilla, risponde lui e le dice di non scocciare, che lui ha incontrato l’Amore (proprio quello con l’A maiuscola, mi pare!) e che, quando avrà voglia, la raggiungerà. Ma solo se ne avrà voglia!

Chiude il telefono e trasforma tutta la sua rabbia in un bacio che va a devastare la mia bocca.

E’ questo che mi piace negli uomini: la forza e la violenza di un abbraccio virile mi fanno capire che è un uomo quello che mi ama.

Così, ricambio e lo bacio ovunque… lo lecco tutto dalla punta dei capelli a quella dei piedi e lo sento sciogliersi, vibrare… amarmi.

E mi vuole ancora in lui.

Abbiamo consumato la cena: è il secondo pasto che facciamo e non siamo neppure usciti a prendere una boccata d’aria!

Passiamo il tempo tra baci, carezze, bocchini e… quello che piace tanto a lui! Non smette di ringraziarmi, ogni volta che, emesso tutto il mio seme nelle sue viscere, cado affranto tra le sue braccia.

Così, anche ora, mentre mi prende in braccio e mi porta in camera, so già cosa mi aspetta!

Ma è un piacere così ancestrale e profondo entrare in lui che, solo al pensiero, mi eccito.

Stavolta mi siedo con le gambe giù dal letto: lui capisce subito e mi si siede in grembo, si sposta leggermente per essere sicuro di centrarmi e, mentre si lascia andare, infilzandosi, mi bacia e mi abbraccia.

Stiamo un po’ così: solo il suo sfintere si stringe intorno a me con una forza da farmelo schiattare.

Poi, si solleva leggermente e si lascia cadere ritmicamente: ormai mi sembra che la punta abbia raggiunto lo stomaco!

Su, giù, su, giù, … mentre io glielo meno con foga.

Veniamo insieme, mi rovescia sul letto, schiacciandomi sotto di lui.

Mi sembra di morire sotto uno schiacciasassi: ma è un bel morire!

Ci rotoliamo di nuovo, impiastricciandoci di seme. Ormai anche le lenzuola sono tutte una macchia: ma non ce ne frega niente e dormiamo così.

E’ passata la notte: ormai sono completamente spompato e lui continua a desiderarmi!

Gli chiedo una tregua.

Restiamo a letto, ma solo baci e carezze e il tutto, a dir la verità, è un vero piacere.

Ormai lo conosco tutto, gli ho leccato ogni singolo centimetro di pelle, gli ho succhiato ogni pelo, ho ingoiato ogni sua protuberanza e mi sono infilato in ogni suo buco.

Ho la sensazione che lui sia, tutto, mio.

Glielo dico e … porca miseria!, gli viene in mente che anch’io devo essere suo!

Non vorrai mica infilzarmi con quel coso!” grido, indicando quel bastone intostato che raggiunge i ventotto-trenta centimetri.

Sorride, si alza e lo ammiro mentre va verso la cucina… sotto l’immensa schiena i due meloni sodi ruotano felici.

Non so che fare… non l’ho mai preso, non per scelta, ma proprio perché non ci son mai riuscito… (ricordo un amante che meravigliandosi mi esclamò “ma, che, c’hai l’utero retroverso?”) ed ora che vorrei far felice completamente il mio uomo, mi dispiace non poterlo accontentare.

Ma, proprio, non penso di riuscirci, anche perché un aratro simile potrebbe veramente squartarmi …

Assorto nei miei pensieri, me lo ritrovo lì davanti, mi domina con tutta la sua imponenza: ha le gambe divaricate, il pene ormai barzotto, le mani dietro la schiena e il suo solito sbaragliante sorriso. 

Ha un sorrisetto furbo, come se voglia farmi una sorpresa…, infatti, lentamente, mi mostra quel che nascondeva dietro la schiena: un coltello! Cosa cavolo vuol fare con un coltello? penso temendo il peggio.

Da ragazzo, quando ci sentivamo veramente amici, facevamo il patto di sangue! Lo voglio fare con te, con l’unico uomo che mi ha fatto capire cos’è l’amore! Voglio che il tuo sangue scorra dentro di me, mentre il mio sarà felice d’essere in te!”

Rincuorato, gli sorrido nell’attesa dello svolgimento… avvicina la lama al mio polso, l’appoggia… incide lievemente (mentre chiudo gli occhi) e s’affretta ad incidere il suo polso. Il sangue caldo zampilla e sento il suo inondare il mio braccio.

Fa in modo che le ferite si appoggino e fascia il tutto con un canovaccio che ha preso in cucina. 
La sensazione è piacevole! E’ come se tutto il sangue fluisse nel nostro punto d’unione.

Mi bacia, come se volesse raggiungermi il cuore con la punta della lingua e non capisco se mi fa più piacere il bacio o quella nuova parte sensibile che sta ad un paio di dita sotto il palmo!

Naturalmente c’eccitiamo.

Con la mano libera avvicina i nostri membri, li accarezza, li masturba un po’, poi, sciolto il canovaccio, fa cadere alcune gocce di sangue sul mio glande eccitato.

Lo lecca, con gli occhi socchiusi… quando rialza il viso, un piccolo fiore rosso gli decora il labbro inferiore: sorbisco la goccia e sento il buon sapore dolciastro del sangue.

Gli prendo il braccio e succhio la sua ferita, mentre sento il mio succo vitale affluire alla mia, risucchiato dalle sue labbra avide.

Suggiamo per un po’ per poi perderci nelle labbra dell’altro. Il sapore del sangue e dei nostri umori c’inebria e ben presto, rotolati nuovamente sul letto, ci gettiamo con foga rinnovata nel più lussurioso amplesso.

Di nuovo baci, carezze, morsi e mugolii, sospiri e urli.

E abbracci … forti, violenti come se volesse stritolarmi, al punto che, a volte, mi manca il respiro.

Ma anche queste apnee mi eccitano e mi fanno diventare il pene ancor più duro e paonazzo: sembra che voglia scoppiare… se n’approfitta Pierre che lo accompagna con la mano sulla soglia del suo profondo.

Non ce la faccio più e, in un sol colpo, l’affondo tutto ed inizio la cavalcata più violenta della nostra breve storia.

A lui piace molto ed il concerto di rantoli che emette me lo conferma.

Lo induco a girarsi sul fianco e gli alzo una gamba per poter più agevolmente inserirmi tra i suoi due meloni turgidi.

Apprezza anche questo e il muscolo tondo vibra e s’agita, artigliandomi la base del’asta.

Più di così, sinceramente, non riesco ad entrare, lo sa, ma con le grandi mani mi afferra le natiche e mi tira contro di sé come se fosse possibile che anche il mio pube potesse affacciarsi in quella caverna calda, dove regna il piacere.

Dopo un poco, con un plop, mi espelle fuori e si butta a leccare il mio sesso coperto di liquido prespermatico e dei suoi umori. Sembra impossibile che in così poco tempo questo gigante buono sia riuscito a vincere ogni tabù.

E, via! Passiamo tutto il giorno a divorarci, baciarci, suggerci … una giornata di fuoco, come m’aveva promesso!

Ma il tempo vola… gli ho prenotato telefonicamente un pendolino per Roma che parte quasi contemporaneamente al mio Milano-Parigi, così, quando, dopo l’ennesima doccia, ci vestiamo, lo facciamo insieme, così come insieme prendiamo il taxi: c’è una sottile ombra di tristezza fra noi, non riusciamo a parlare, solo le due mani, che subito si son cercate, si stringono al punto da staccarsi.

Anche sulla scala mobile, ci stringiamo vicini, noncuranti di eventuali sguardi… lo accompagno al suo binario, ci diciamo le ultime parole dolci e, mentre il cielo mi piomba addosso, mi dirigo verso il mio binario con l’umore tipico del cane bastonato.

Ormai, con il pensiero continuamente rivolto a Pierre, ho espletato ogni formalità, tutti i viaggiatori sono nelle loro cabine, ad eccezione della prima, lì il solito cretino in ritardo non è ancora arrivato.

Improvvisamente, il corridoio si riempie della presenza gigantesca di un essere meraviglioso. Pierre è salito, inalberando il suo solito disarmante sorriso che gli fa socchiudere le palpebre sui laghetti blu: viene avanti, sicuro, butta la borsa nello scompartimento e m’abbraccia. “Sorpreso?”

Mentre mi stritola, esalo un “Sì!, come hai fatto?”

So fare anch’io le telefonate e so come comportarmi quando qualcuno m’interessa tanto. Come te!” Si richiude la porta alle spalle e mi bacia.

Non finirà mai di meravigliarmi!

E, mentre lui si tuffa nuovamente sul mio povero, abusato pene, sento che si gonfia di nuovo e, accarezzandogli i riccioli biondi, comincio a fantasticare su questo nuovo viaggio e sui due giorni di riposo che, poi, ci saranno.

E saranno sicuramente l’inizio di una meravigliosa storia avanti e indietro sulla Milano-Parigi!