VENTO DELL'ORSA MAGGIORE

Racconto lungo di fantascienza e disegno di Piero Trevisan

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C'era un detto che riguardava il popolo dì Gomur, la grande città dei Gomurrei, che diceva che in quella grande città gli uomini erano più femmine delle donne. Pareva in effetti che non ci fosse un solo maschio che avesse l 'ano vergine, a partire dai tredici anni in su.

Senz'altro, i Gomurrei avevano un'anatomia che giustificava, in certo modo, le loro abitudini. Erano generalmente di corporatura solida, dalle gambe grosse e muscolose, le cosce come morbidi e carnosi prosciutti, il torace ampio e armonioso con i pettorali sporgenti, sodi e abbondanti, il corpo glabro e formoso, dalla pelle bianco-ramata i lineamenti generalmente Durissimi e delicati, geneticamente selezionati per decine e decine di generazioni

Ouella razza bellissima, in cui era mescolato sangue africano con ceppi mediorientali, aveva ereditato dai suoi antenati neri la caratteristica di avere glutei poderosi , sodi e pesanti. ma perfetti, atti ad invogliare alla loro penetrazione, cosa che i maschi gomurrei lasciavano fare volentieri a chiunque lo desiderasse, e anzi incoraggiando a farlo. Gli stranieri che penetravano nelle bianche mura di Gomur, finivano sempre per penetrare attraverso altre porte ancora più ospitali, in particolar modo porte maschili. Lo sport preferito dai maschi gomurrei sembrava essere quello di contendersi l'interesse degli stranieri, mercanti, visitatori ambasciatori, persino vagabondi e fuorilegge in fuga, seducendoli e cercando di distoglierli dall'amore per le donne. le quali, nella città di Gomur, sembravano molto meno interessate a tali avventure.

Capitava sovente che un convinto amatore di donne giungesse nella città e scoprisse che la bellezza di quegli uomini dai corpi così formosi e rotondeggianti lo riempisse dì piacere molto di più di qualsiasi donna del suo paese d'origine, al quale tornava magnificando le arti erotiche dei giovani amasi imberbi e ricciuti e dei distinti padri di famiglia dalle curatissime barbe biondo-castane.

Gomur la Splendida, la Solitaria, con i suoi dodici milioni di abitanti, era l'unica grande città rimasta sulla Terra dopo l'esplodere dell'era glaciale, l'unico centro di cultura e potere sopravvissuto alla fine della grande civiltà tecnologica, quando l'umanità era precipitata di nuovo nella barbarie, con la caduta della cometa Boin sulla Terra. Posta in quello che un tempo era stato il deserto fra la mitica Arabia Felìx e l'antichissima Mesopotamia, e che ora era una temperata pianura verdissima, godeva di una prosperità e di una bellezza che erano divenute mitologia nel mondo intero.

Il suo giovane Re, Marruk il Grande, nell'anno 3112 ab Urbe condita, ricevette notizie preoccupanti provenienti dall' Estremo Nord, da oltre le boscose ed innevate montagne della antica Turchia

I messaggeri arrivarono trafelati nel palazzo in una notte senza luna, provenienti dai luoghi dove si svolgevano i commerci più lontani di Gomur, nel freddo Nord, dove popoli imbarbariti si stavano spostando in cerca di terre più calde e fertili. Si gettarono trafelati ai piedi del trono, stremati dalla fatica di aver dovuto viaggiare a tappe forzate. &laqno;Il popolo dei Kernan, condotto da Rhuan il Terribile, si dirige verso di noi; una schiera di chissà quante decine di migliaia dì guerrieri, seguiti dalle loro famiglie. Sono ferocissimi , selvaggi, alti e pallidi come fantasmi, coperti di pelli e armature di scaglie di acciaio azzurro e con elmi cornuti in testa, ornati da teste di drago: il loro aspetto é terrificante, come di giganti demoniaci appena usciti dall 'Oltretomba. Vengono dall' antica terra d'Europa, dove un tempo sorgevano le grandi città, orgoglio del mondo antico e perduto e dove ora si stendono solo le desolate tundre ai confini dei ghiacciai del Nord. I Kernan hanno saputo della nostra Città, della sua prosperità, e vogliono conquistarla con la forza!»

Il Re, ascoltate queste parole, rimase in silenzio, meditando come prepararsi alla possibile invasione. Da tanti secoli i Gomurrei non facevano più guerre, non avevano mai dovuto difendersi da alcun invasore.

Era bello, il Re Marruk. Ancora molto giovane, era uno splendido esemplare della sua razza: alto e imponente, quasi gigantesco, e altrettanto massiccio, portava una corta e ricciuta barba rosso scuro, un caschetto di ricciuti capelli bronzei, e aveva un volto dalla bellezza quasi irreale, frutto delle trimillenarie selezioni genetiche della dinastia reale gomurrea. Ma erano i suoi occhi che causavano un incanto irresistibile in chiunque li guardasse: chiari occhi giallo nocciola, grandi e quasi infantili, che guardavano sempre molto lontano, dove nessuno sperava di vedere qualcosa dì comprensibile ai mortali.

Le leggende dicevano che non poteva essere esistito un uomo più bello, forte ed intelligente di Marruk nella sua epoca e in tutte le precedenti. Ma il Gran Re dei Gomurrei non era geloso del suo potere immenso, non amava la prepotenza e la violenza. Voleva regnare in pace, e l'idea di dover combattere una guerra, sia pure per difendere il suo regno, non gli garbava per niente.

Il Gran Visir, che aveva ascoltato i messaggeri stando accanto al trono, vedendo che il suo signore non proferiva parola, si permise di commentare la notizia con disprezzo. &laqno;Quei selvaggi, come osano anche solo pensare di poter sfidare il Centro del Mondo, loro che sono solo una mandria di pezzenti vagabondi? Le nostre difese li respingeranno, li distruggeranno. Non sarà neanche necessario sacrificare dei soldati contro di loro. Basterà usare i segreti dell'Antica Scienza per dare loro una lezione definitiva. Il Sole del Drago con un solo colpo riuscirà a liberarci per sempre di loro e a dare una lezione a tutti i popoli della Terra». &laqno;No!» urlò il Re. indignato &laqno;Il Sole del Drago è un'arma indegna di qualsiasi popolo civile. i nostri archivi conservano ancora le registrazioni degli orrori causati da esso, quando l'antico e violento popolo degli Usam, nell'Estremo Occidente, lo usò contro due città dell'impero di Nyppon. Per quanto selvaggi possano essere i Kernan, essi non meritano le fiamme nucleari. Dobbiamo trovare qualcos'altro, qualcosa che ci permetta dì risparmiare le loro vite.»

Il Gran Visir Dim Rishun rimase sbalordito e indignato, e quasi sì strappò la lunga e bellissima barba composta di tante piccole trecce bianche. Si limitò poi invece a gettare a terra i suoi pesanti orecchini di giada e cristallo di rocca.

&laqno;Mio signore! O noi o loro! il nostro popolo è troppo molle ed indolente per combattere, i nostri uomini pensano solo a far l'amore, non certo la guerra. Come pensare di poterli respingere con le sole forze del nostro quasi inesistente esercito?»

Il Re però continuava a meditare senza ascoltare Dim Rishun; un idea continuava ad agitarsi nella sua mente, senza trovare una chiara definizione. Al la fine disse: &laqno;Gran Visir, tu vuoi che ricorra alla Scienza Antica per fermare questi nostri nemici, e io ti dico che consulterò tutta la sapienza della Terra per trovare una soluzione e un alternativa alla tua sete di distruzione, così poco gomurrea. Annuncia che mi rinchiuderò per nove giorni e per nove notti nella sala di controllo della Grande Memoria di Gomur, dove setaccerò il sapere dei millenni, fino a trovare l'indicazione giusta. Se dopo questo periodo non sarò riuscito a trovare niente, riunirai il Gran Consiglio e deciderà esso che cosa fare.»

Così Marruk scese quella notte stessa nei sotterranei del palazzo, nelle grandi catacombe che sì stendevano sotto la Città, e laggiù consultò il grande computer che conservava tutto il sapere del passato, tutta la storia conosciuta del pianeta.

Un pensiero martellava la sua mente acuta, una frase detta dal suo Visir: che gli uomini di Gomur erano buoni solo a far l 'amore, non certo la guerra.

Così Marruk consultò gli archivi e le cronache dell'Epoca delle Grandi Guerre, nell'oscuro e violento secolo XX dell 'Era Cristiana. Cercò informazioni sulle strategie, i massacri, le tattiche diplomatiche, le obiezioni di coscienza, la psicologia di massa, aiutato in questo da una squadra di storici. Gli unici altri esseri umani che lo videro in quei nove giorni e nove notti, furono i servi che scendevano nella sala di controllo, per portargli da mangiare o per rifargli il giaciglio. Alla fine del periodo stabilito, il Gran Re riemerse alla luce del sole, e riunì il Gran Consiglio per esporre il suo progetto.

&laqno;Ai tempi delle Grandi Guerre,» esordì il sovrano di fronte all'assemblea di barbone bianche e grigie e di auguste signore. &laqno;ci fu chi fece circolare un detto, una sorta di comandamento, nella speranza dì educare alla pace i popoli del tempo, invano. Essa diceva "fate l'amore, non fate la guerra . Si sperava che il 'libero sfogarsi degli istinti erotici potesse calmare l'aggressività umana, e si era convinti che fosse la frustrazione di tali desideri a incattivire gli animi, al punto di trasformare il bisogno d'amore e gioia in espressione dì odio e violenza.

Si può dire che solo noi Gomurrei siamo riusciti a realizzare questo comandamento, poiché il nostro popolo è così pacifico non solo per l'alto grado di benessere che ha raggiunto, ma anche per la grande libertà sessuale che lo ha sempre caratterizzato. Perciò continueremo a seguire questa massima. anche in questa crisi , per quanto pericolosa essa sia.» i membri del Gran Consiglio già mormoravano fra di loro, perplessi ed un po' indignati: cosa c'entrava 1 'erotismo con la politica?

A lungo il Re parlò loro delle antiche dottrine della non-violenza di Gandhi, della disobbedienza civile come arma rivoluzionaria, del Taoismo cinese, secondo cui il debole può prevalere sul forte, proprio sfruttando la propria debolezza per ritorcere la forza contro se stessa.

il suo proposito, in pratica, si rivelò chiaro solo alla fine del suo lungo discorso: i Gomurrei potevano vincere i Kernan arrendendosi completamente a loro, sottomettendosi inizialmente a loro, e usando tutte le loro energie per sedurli e compiacerli, cercando di soddisfare ogni loro desiderio o dì suscitarne in loro dì nuovi, che non avevano mai pensato di poter avere.

Come i Greci, involontariamente, avevano vinto con la loro cultura i Romani, che li avevano conquistati, così i Gomurrei dovevano affascinare le orde selvagge dei Kernan usando tutto il loro splendore, mettendo a disposizione il loro potere e la loro ricchezza per renderli simili a loro, integrarli completamente nella loro società, rendendoli ugualmente pacifici ed imbelli, facendo loro capire che potevano soddisfare ogni necessità e ottenere ogni piacere dalla vita senza dover ricorrere alla violenza ma solo usando la ragione e la calma. Solo quando i Kernan fossero stati felicemente adagiati nel piacere e nell'abbondanza assieme ai Gomurrei, poteva essere preservata la pace.

Il Gran Consiglio pensò che il Re fosse impazzito, e ci fu chi propose segretamente di destituirlo, causa infermità mentale. Comunque, la regale proposta ebbe l'effetto immediato di un gran parapiglia fra Consiglieri pacifisti e bombardisti, che si protrasse per parecchi giorni . E fu un grande guaio, perché fino a quando il Gran Consiglio non prendeva una decisione e approvava il Re, questi non poteva portare avanti il suo progetto.

Nel mentre, le notizie della minaccia d'invasione si propagarono nella città, ed il popolo andò anch'esso in subbuglio, anche se le autorità cercarono di coprire tutto con il segreto dì stato. Come succede sempre in questi casi ogni sorta di strane dicerie si diffusero per le vie dì Gomur e più erano strampalate e più si diffondevano rapidamente. Nelle taverne e nei locali notturni si raccontavano storie orribili sul conto dei Kernan. La diceria più diffusa era che fossero cannibali, e che se fossero arrivati a Gomur avrebbero violentato tutte le donne, per fecondarle con il loro seme, e poi avrebbero violentato anche tutti gli uomini, ma poiché erano inutili alla riproduzione, lì avrebbero divorati ad uno ad uno, dopo averli arrostiti.

&laqno;Dobbiamo imparare a rimanere incinti!» gridavano gli osti gomurrei, grassi e dalle enormi cosce, come prosciutti di maiale. immaginando già dì sentire gli affilati spiedi dei Kernan che li infilzavano per gli enormi deretani, prima di venir messi a cuocere come porchette sulle braci delle loro stesse taverne.

&laqno;Potremmo chiedere ai nostri genetisti . . . .» ipotizzavano gli impauriti popolani. &laqno;Teoricamente, si sa che la gravidanza maschile è una cosa possibile, con qualche piccolo intervento. »

Mentre la città era in subbuglio, Marruk continuava deciso a portare avanti il suo progetto. Andando contro le leggi del suo regno, non aspettò la decisione dei Consiglieri e mandò subito un agente segreto verso l'orda nomade. Era un agente specialissimo, una delle maggiori realizzazioni del la scienza gomurrea. Arktron, l'Orso Magenta, un perfezionatissimo robot-guerriero a forma di orso, ma con l'intelligenza di un essere umano. Il suo manto di fibra biosintetica autorigenerantesi era di color magenta, dai riflessi rosa e cremisi, gli occhi erano come due monete d'argento brillanti nella notte; aveva i colori di Gomur, i colori della passione e della serenità.

Il Re, tenendogli la testa fra le braccia, gliela accarezzava e gli diceva cosa avrebbe dovuto fare.

&laqno;Bestiolina mia preferita, cerca la schiera dei Kernan ed il loro Re, Rhuan il Terribile, nel lontano Nord-Ovest, parlargli delle meraviglie dì Gomur e fagli capire che esse possono essere sue per sempre, senza bisogno di combattere. Seducilo, affascinalo, riempi la sua mente barbarica di miti favolosi, fagli capire che può abbandonare per sempre il suo vecchio sistema dì vita.

Io non conosco la mentalità e le tradizioni di quel popolo, ma so che è un popolo che ha sempre subito il freddo. Parla loro del sole, del calore, dell'amore di Gomur, e forse riuscirai a piegare la dura tempra guerriera del loro popolo.» Ricevuti gli ordini, Arktron partì nella notte, galoppando con la sua enorme massa sintetica, mosso da un'energia autonoma e quasi inesauribile. Corse per tre giorni e tre notti senza interruzione, per boschi , paludi e praterie deserti fino a giungere alle Montagne del Cedro, dove pareva fossero accampate le schiere dei Kernan. Erano montagne boscose, non molto alte, poste vicino al mare, in un paese che un tempo si chiamava Libano.

Li trovò in una valle percorsa da un fiume, in un enorme accampamento sparso, uno dei tanti dei Kernan, ma era quello della tribù reale, a cui apparteneva Rhuan, e che guidava una schiera di più di trecentomila guerrieri con il seguito delle loro famiglie. Con i suoi occhi telescopici, li osservò di giorno e di notte da dietro gli alberi, cambiando il colore del suo manto per mimetizzarsi.

Erano una razza alta, muscolosa, villosa, dalla pelle bianchissima e con facce rubiconde. Gli uomini portavano delle lunghe e folte barbe rosso fiammante, e trecce ancora più lunghe. Vestiti dì pelli e di strane braghe a scacchi colorati, i guerrieri portavano maschere dorate ed elmi cornuti che contribuivano a renderli ancora più spaventevoli più che parlare, urlavano in una lingua sgraziata e gutturale. dura e spaventosa come loro, e lanciavano spesso risate sguaiate che parevano provenire dalla bocca di un esercito di orchi affamati . Ma Arktron non era programmato per lasciarsi impressionare.

Fra i molti poteri che gli erano stati dati, c'era quello di leggere nel pensiero degli uomini, perlomeno a una certa distanza. Nella notte, si acquattò vicino alle loro tende, e ascoltò i loro pensieri e guardò nei loro sogni.

Ci volle un po' di tempo perché imparasse a capire molte cose, perché i loro pensieri erano formulati in una lingua molto diversa da quella gomurrea, e ci volle un po' di tempo perché i suoi computer interni imparassero il significato delle parole formulate con il pensiero.

Ben presto però, dopo pochi giorni , Arktron aveva potuto scoprire che i kernan adoravano una Dea Celeste, che consideravano la loro antenata e la Creatrice del mondo, e che identificavano con la costellazione dell'Orsa Maggiore. La Dea si chiamava Aìs Rhaite, che voleva dire "Sacra Orsa" e infatti aveva l'aspetto dì un'Orsa nera con il manto trapunto di stelle bianche. Per questo, i Kernan credevano che gli orsi fossero i Suoi messaggeri. il Re era elettivo, e portava infatti il titolo di Cacciatore d'Orsi, il titolo più alto che poteva essere dato ad un uomo fra i Kernan. Più che dal desiderio di conquista, i Kernan erano stati spinti al Sud da una serie d'inverni particolarmente freddi, e credevano che fosse la loro Dea Orsa a guidarli. Arktron mandò un messaggio radio al Re di Gomur, con un dettagliato rapporto su ciò che aveva imparato sui Kernan. il Re lesse il rapporto e progettò subito un piano per Arktron. La notte seguente, i pallidi guerrieri del Nord impallidirono ancora di più alla terrificante visione che si profilò alla luce dei fuochi, al limitare degli accampamenti o sotto la luce della luna, nelle radure dei boschi di cedro. Due brillanti occhi di fuoco azzurro e argenteo li osservavano in continuazione dal buio, mentre una misteriosa figura, dai colori del tramonto, correva tra gli alberi, ruggendo paurosamente Qualche coraggioso aveva osato inseguirla per un tratto. ma il misterioso essere, che sembrava essere un orso. correva più veloce di un cavallo nonostante la sua enorme massa, maggiore dì quella di qualsiasi grande orso del Nord.

&laqno;E il Grande Messaggero della Dea,» dicevano le sacerdotesse indovine consultando le ceneri dei fuochi &laqno;ci è stato mandato per guidarci, ma solo il nostro Re può catturarlo, perché è a lui che l'Orso deve parlare.»

Rhuan chiese alle sacerdotesse cosa dovesse fare per prendere la misteriosa belva, e queste risposero che doveva solo mettersi in attesa fuori dell'accampamento la notte successiva con il suo cavallo, e attendere di poterlo catturare. Nemmeno le indovine erano consapevoli che l'idea era stata suggerita loro dal la stessa mente elettronica di Arktron.

Il Re era un uomo coraggioso, non poteva essere altrimenti, se aveva condotto il suo popolo attraverso migliaia di chilometri, ma anche lui, come tutti quelli del suo popolo, conosceva il terrore degli spiriti, la paura irrazionale dei misteri della notte e del mondo degli Dei e dei defunti. Con fatica, riuscì a vincere questa paura, sì appostò all'esterno dell'accampamento, seduto accanto ad un fuoco con il suo cavallo. osservando la barriera di alberi di fronte a se. Un esercito di orsi comuni sarebbe stato per lui preferibile all'affrontare quell'essere col manto di un colore innaturale, il colore di un fiore pregiato, nato dalla passione e dall'amore, e con gli occhi come due fiamme di ghiaccio.

Come previsto, il Messaggero venne, ed il Re ne vide lo sguardo fosforescente che lo osservava fra gli alberi. Rhuan montò a cavallo, ma l'animale, alla vista del mostro, sì spaventò e disarcionò il suo cavaliere, fuggendo. Rhuan si rialzò da terra, sentendo la sua paura mutare in rabbia feroce per l'umiliazione subita. Lanciò il suo terribile urlo di battaglia e sì mise a correre con in mano il lazo che avrebbe dovuto servirgli a catturare l'Orso Magenta. Questi si volse in fuga fra gli alberi, ed il Re, ora senza più alcun timore, lo inseguì, a sua volta inseguito dai suoi generali, che urlavano anch'essi , tenendo in alto delle torce accese. L'Orso Magenta non corse velocemente, per poter dare al Re la possibilità di catturarlo, e - per dargli soddisfazione - non si fece catturare subito, ma giocò con il suo Cacciatore, rallentando e poi accelerando quando stava per raggiungerlo. Alla fine sì lasciò prendere al collo col lazo, fece finta di lottare per liberarsi, ma subito dopo sì calmò e solo allora parlò con voce umana al grande Cacciatore d'Orsi.

Il Re Rhuan sentì un brivido gelido corrergli per la schiena, nell'udire quella voce vibrante, metallica, nè umana, nè animale, che gli parlava nella sua lingua.

&laqno;O Re dei Kernan, Supremo Cacciatore di Orsi , io sono Arktron, l'Orso Magenta, e se tu mi concederai la libertà, ti condurrò nel regno più bello e ricco del mondo, e farò in modo che il suo popolo si arrenda senza riserve ai tuoi guerrieri . Tu possiederai Gomur completamente, sarà tua e dei tuoi discendenti per sempre, ma tu in cambio non dovrai infierire su di essa né su alcuno dei suoi abitanti, che saranno tutti tuoi schiavi. Io ti farò conoscere bellezze e piaceri che non hai mai conosciuto, ti farò fare conquiste che non puoi immaginare.»

&laqno;Se e quando tu avrai mantenuto la tua promessa, io manterrò la mia. Conducimi sulla strada di Gomur, e quando vedrò la Città delle Meraviglie di fronte a me, con le porte spalancate ed il popolo ed il suo Gran Re inginocchiati al mio cospetto, disarmati ed indifesi, per compiere atto di sottomissione, allora io manterrò la mia promessa, e non infierirò su nessun Gomurreo, a patto che siano sempre pronti a soddisfare ogni desiderio mio e dei miei guerrieri.» Rhuan non chiese come potesse Arktron realizzare questo miracolo. Gli Dei avevano le loro vie, che non erano quelle dei mortali. E in più, non pensò neanche un istante che si trattasse di un'astuta trappola. il Re era così convinto della sua vittoria, del suo essere superiore a ogni forza umana, poiché era il prediletto della Sacra Orsa, che non poteva neanche sospettare che quello non fosse il giusto coronamento del la sua gloria.

Arktron, sorrise dentro di sé - se una macchina può sorridere - alla primitiva ingenuità del barbaro Rhuan, e mandò un altro messaggio al Gran Re di Gomur.

Una volta saputo che il piano sembrava essere riuscito, Marruk preparò il suo popolo al grandioso evento. Il giorno dopo, si presentò al balcone del suo palazzo: una gigantesca torre, o piramide tronca, a gradini costituiti da portici dalle grandi colonne, e rivestita di marmo bianco e cristallo verde, e parlò ai Gomurrei, in parte riuniti nella piazza, mentre molti altri, rimasti nelle case e nei posti di lavoro, lo ascoltarono attraverso la olovisione tridimensionale a reti unificate.

&laqno;Cittadini di Gomur,» esordì &laqno;stiamo per vivere una emozionante ma pericolosa avventura che, se sapremo affrontare nel modo giusto, sono sicuro che vivacizzerà la nostra forse troppo tranquilla esistenza, e ci aprirà orizzonti nuovi. Ora vi spiegherò cosa dovremo fare. .

A lungo parlò il Re, mentre accanto il Gran Visir, a mani giunte e sudando freddo, continuava a mormorare: &laqno;Siamo rovinati! Siamo spacciati! Ora sarà il caos! il caos!» Quello che disse provocò reazioni contrastanti, ma la maggior parte del popolo fu con lui, e cominciò a prepararsi il Gran Consiglio, che continuava ad accapigliarsi da molti giorni: era stato scavalcato, e in pratica il Re ora agiva da solo.

Nelle taverne le dicerie continuavano a circolare, e l'agitazione era ugualmente intensa, ma di un tono diverso. Impazienti ed eccitati, gli avventori, nobili signori e popolani non sembravano più capaci di stare seduti sulle sedie intrecciando le loro grosse gambone l'una con l'altra e sfregandosele voluttuosamente, al pensiero del la prossima invasione.

&laqno;Pare che ce l'abbiano veramente enorme. . .» dicevano molti e quando sono eccitati ce l'hanno così duro che, sbattuto su di una roccia, farebbe scintille. Un solo orgasmo non li può soddisfare, e devono avere almeno tre rapporti sessuali al giorno, altrimenti diventano cattivissimi e violenti .»

&laqno;Allora sarà facile per noi tenerli buoni. Loro sono dei duri, ma noi siamo così morbidi che possiamo attutire dolcemente ogni durezza.»

Ci volle poco per i maschi gomurrei per sentirsi subito innamorati . Un esercito di maschioni duri, forti, brutali, dei veri arieti che avrebbero sfondato con i loro colpi d'acciaio le tenere porte dei Gomurrei... era troppo bello per essere vero. Gli osti gomurrei , romanticoni inguaribili, non temevano più di venire arrostiti allo spiedo, ma guardavano sospirando la luna, sognando dì divenire gli schiavi personali di Rhuan, che nelle loro fantasie doveva essere il maschio più travolgente che potesse esistere.

Il Gran Re Marruk, per la sua proposta, cominciò a riscuotere un enorme successo. Qualcuno, volendo essere più reale del Re, propose di non aspettare l'invasore e dì corrergli incontro per sottomettersi direttamente a lui

Una luna dopo, la schiera dei Kernan giunse alle porte di Gomur. Nella grande, verdissima pianura, la grande città apparve come un mare di meraviglie ai barbari; le torri argentee e adamantine, le cupole di ceramiche rosa e verdi , le mura d'acciaio azzurro e le piramidi di marmo li spaventarono nella loro magnificenza, ma quando videro le strane porte ovali che si aprivano nelle mura esterne, e che sembravano invitarli ad entrare, sentirono solo il desiderio dì conquista.

Dalle porte videro però uscire una gran massa di gente in processione, a piedi, ma vestite come a festa, alti dignitari e gente del popolo, con il Re in testa. Rhuan lasciò che fossero i Gomurrei ad avvicinarsi , mentre accanto al suo cavallo, seduto per terra, stava l'Orso Magenta, che ammoniva il Re barbaro a mantenere la sua promessa.

Quando i due Re furono l'uno di fronte all'altro, Rhuan a cavallo, altero e orgoglioso, nella sua armatura di bronzo e cuoio, e Marruk a piedi, vestito di una tunica color porpora, tendendo la sua corona al conquistatore, il mondo sembrò fermarsi per un attimo.

Marruk s'inginocchiò di fronte a Rhuan, e accanto il tremante Visir fece lo stesso, e così tutti i nobili e i popolani, e Rhuan sentì un gran tuffo al cuore per la meraviglia e il senso dì trionfo, e solo in quel momento sì accorse della grande bellezza del giovane Re, ne osservò le forme possenti che trasparivano da sotto la tunica purpurea, possenti come le sue. e senti un improvviso desiderio per lui , come non gli era mai successo dì provarlo per un uomo.

Arktron, leggendo nella mente di Rhuan, gli sussurrò: &laqno;Possiedilo, lascia andare il tuo desiderio, poiché è la volontà della Dea.»

Rhuan smontò da cavallo, e preso dall'esaltazione del possesso, mise lo stivale sulla schiena e sul collo di Marruk, e li senti morbidi più di ogni cosa che avesse mai toccato, e gli parve di sentire il calore del suo corpo attraverso la suola.

&laqno;Dimmi che sei mio, tu, tutto il tuo popolo e tutta la tua terra!» tuonò.

&laqno;Io sono tuo!» mormorò Marruk con voce tremante. Allora Rhuan alzò il braccio destro e rivolto ai suoi guerrieri disse: &laqno;Venite avanti e prendete come schiavi tutti coloro che vi piaceranno dì più!»

Rhuan afferrò Marruk e con la sua forza spaventosa se lo caricò in spalla come un sacco dì patate, per portarlo dalla sua guardia, per farlo incatenare, e poter entrare con lui in città, incatenato dietro al suo cavallo.

Il primo dei guerrieri a farsi avanti e fare la sua scelta fu Rhudaun il Nero, cugino del Re e primo fra i suoi generali. Rhudaun era un gigante che spiccava fra i guerrieri kernan non solo per la statura, ma anche per la sua folta barba nera anziché rossa.

Egli sì guardò attorno e vide per primo il vecchio e grasso Dim Pishun, dalla lunga barba bianca e dal volto rosso-rame, con lo sguardo da bambino spaurito, che guardava con terrore il gigante che sì faceva avanti con occhi avidi, eccitato dalla paura del Gran Visir.

&laqno;Chi sei, vecchio, che sei ornato da anelli e orecchini più di tutti gli altri qui attorno, e persino del tuo ex-Re?» &laqno;So.. sono il Gran Visir di questa città, il nobile Dim Rishun.» disse, cercando dì darsi un tono.

Rhudaun accarezzò la barba del vecchio così perfettamente candida, e la senti morbida come seta, poi osservò le forme abbondanti e ancora ben sode del vecchio che trasparivano da sotto la toga dì seta rossa. Gli mise una mano sul petto e gli palpò il petto.

&laqno;Ma hai delle tette più grosse e sode di quelle di una donna! Ho deciso, sarai mio!»

Il Gran Visir cadde svenuto all'idea dello spaventoso stupro che avrebbe presto subito da quel gigante, il quale si mise a ridere e prese per sé qualche altro schiavo, scelto questa volta fra i giovani nobili.

Quando i guerrieri si furono spartiti tutti i nobili della città, uomini e donne, entrarono in marcia per le porte della città e il popolo lì accolse gettando fiori ai loro piedi, come se fossero dei liberatori e non degli schiavizzatori. Rhuan si sedette sul trono dì Gomur e fece incatenare Marruk alla sua destra, nudo, con una catena d'oro alla caviglia. Quella notte giacque con tutte le mogli dell'ex-Re, ma dopo volle possedere anche lui, mentre, in una delle sale accanto, Rhudaun montò il vecchio Visir, il quale scoprì che l'invasore barbaro, se assecondato, poteva dimostrarsi più dolce e gentile del previsto. Rhudaun era ammirato dal fatto che un uomo così anziano potesse mantenere dei glutei così perfetti e lisci, quasi scolpiti, e si rammaricava che le sue mogli ed i suoi schiavi kernan, più giovani, non avessero culi altrettanto belli.

&laqno;Noi Gomurrei sappiamo come rimaner giovani fino a tarda età e come mantenere perfetti i nostri corpi. Se tu gentilmente mi permetterai dì servirti, i medici dì Gomur ti permetteranno di prolungare la tua giovinezza fino alla fine della vita e io, se non è presunzione, t'insegnerò a trarre piacere al massimo dal tuo corpo.»

E dolcemente gli prese il grosso pene in bocca, usando delle tecniche di manipolazione con la lingua che solo i Gomurrei conoscono, usando delle sostanze eccitanti da spalmare sui glande, che aumentavano enormemente il piacere.

Quella notte Rhudaun dimenticò tutti, donne e uomini, per stare solo con il Visir, il quale dimenticò la sua paura, e che gli insegnò molte cose su Gomur e su come vi si faceva l'amore. Il barbaro era instancabile nel pretendere, il vecchio lo era nell'offrirsi.

Il giorno dopo, Rhudaun voleva diventare un Gomurreo a tutti gli effetti, e voleva che lo diventassero anche tutti gli altri Kernan.

Marruk, da parte sua, sopportava l'umiliazione più grande, perché il suo padrone lo teneva nudo e incatenato al trono di giorno, ma dì notte lo faceva dormire sempre più spesso nel suo letto. In pratica, né di giorno né di notte, a differenza dei suoi sudditi, aveva la possibilità di portare dei vestiti. Non potendo fare del moto, perché l'unica ginnastica che poteva fare era quella nel letto, era anche ingrassato, ma la cosa non sembrava dispiacere minimamente a Rhuan. Infatti, per i Kernan, popolo abituato a soffrire la fame, la grassezza era simbolo di benessere e ricchezza, quindi di bellezza, e gli schiavi più grassi, maschi e femmine, erano i più apprezzati.

Il popolo dei Kernan si lasciò andare al delirio, nei giorni seguenti all'invasione: ovunque c'erano nuove meraviglie tutte per loro, ovunque c'erano corpi giovanili e formosi che si offrivano a loro senza battere ciglio, e quasi pretendevano che gli invasori si prendessero ancora più libertà di quelle che avevano la forza di prendersi. I Kernan conobbero i piaceri di nuove droghe e di nuove illusioni, come la olotelepsicovisione che trasformava in miraggi tridimensionali tutte le più audaci fantasie: se uno non si sentiva di partecipare alle fatiche di un'orgia gomurrea, poteva immaginarla e vederla come se fosse reale.

Sconvolti e storditi da piaceri inimmaginabili, i Kernan fecero presto a dimenticare la loro vita precedente, le loro tradizioni e la loro concezione guerriera e spartana della vita.

Rhuan invece, in quanto nuovo Re della città, non era sempre così disponibile ai piaceri, ma quando calava la notte non vedeva l'ora di avere Marruk sotto di sé, di possederlo con ferocia. Penetrando il grande corpo del giovane Re spodestato, riaffermava il suo dominio assoluto, riviveva l'emozione quasi insostenibile della più grande conquista della sua vita. Nessuno poteva dargli più piacere dì quel corpo prodigioso, erculeo, di quel volto perfetto, di quegli occhi incantevoli che esprimevano una sottomissione totale. E alla fine Rhuan non poté più dormire se non aveva accanto a sé Marruk, né andare da nessuna parte senza il suo schiavo prediletto. Cominciò a liberarlo dalla catena d'oro, ma lo costrinse ad andare in giro ancora nudo, per il gusto dì vederlo così.

Dieci anni dopo, i Kernan si erano ormai assimilati ai Gomurrei, ed erano così presi dai piaceri della vita gomurrea che lasciavano il governo della città, troppo complesso per la loro povera e semplice istruzione, ai loro schiavi. Marruk era diventato il viceré di Rhuan, grazie all'intercessione di Rhudaun, il quale, quando non passava il suo tempo a far l'amore con Dim Rishun e tutti gli altri grassoni della città, cercava di convincere il Re e tutto il popolo a dimenticare di essere dei Kernan. Lui, il grande guerriero dalla barba nera, dì armi e guerra non voleva sentire più parlare. L'unica guerra che lo divertiva, era quella a letto.

Marruk si occupava di tutto quello che riguardava il governo e le leggi, mentre Rhuan passava il tempo a inculturarsi e ad elevare la propria istruzione, studiando le arti e le scienze gomurree.

&laqno;Ho conquistato il mondo a cavallo, ma non posso tenerlo a cavallo!» diceva sovente, quando i Kernan più tradizionalisti lo rimproveravano di essere diventato troppo gomurreo. In quei giorni arrivarono degli emissari dal lontano Oriente, portavano notizie di un regno lontano sulle montagne, fra grandi laghi, che un tempo si chiamava Tibet, dove un popolo guerriero simile ai Kernan, stava aumentando pericolosamente la sua potenza. Pareva che questa nazione lontana allevasse una stirpe di schiavi, misteriosi uomini scimmieschi coperti di pelo rosso, dotati di forza e statura straordinarie, con i quali aveva costituito un esercito selvaggio e ferocissimo.

Marruk parlò con gli emissari, poi andò a parlare a Rhuan, per parlargli della sua intenzione di mandare nel Tibet come spia il robot Cyan, la Tigre Azzurra.

Lo trovò sdraiato sul divano del soggiorno di madreperla, che stava ascoltando musiche tratte dalle opere di Urshan, massimo compositore della storia di Gomur, in particolare la sua opera " E la mia porta si aprì per te", dedicata al suo grande amore, il grande Orso d'Oro della terra di Gurtan.

&laqno;Uff politica, sempre politica!» sbuffò Rhuan il Terribile limandosi l'unghia dell'alluce. In dieci anni era ingrassato: quando era giunto a Gomur pesava solo un quintale, esteso in una statura dì un metro e novanta, ora ne pesava centocinquanta, ma l'esercizio ginnico e le tecniche bioconservative della scienza gomurrea l'avevano mantenuto giovane e dai muscoli possenti. Non un filo grigio si vedeva nella barba rosso carota, che ora era intrecciata in mille piccole trecce secondo il costume gomurreo.

&laqno;Occupatene tu, sangue di tutti gli Dei!» sbottò con aria annoiata, tormentando il suo orecchino dì lapislazzuli e platino &laqno;Oggi sono occupatissimo con faccende molto più importanti. Devo scegliere quale profumo usare per le prossime cerimonie votive in onore dell'Orsa Maggiore. Per il pelo di Aìs Rhaite! Non vorrai che faccia brutta figura con il popolo usando un profumo di bassa qualità in pubblico?» Marruk non insistette e lo lasciò ai suoi trastulli, e da quel giorno ebbe la definitiva certezza di aver trionfato nella sua strana guerra, che gli storici ricordarono poi riome la Guerra dell'Orsa Maggiore.

Fin troppo, aveva vinto.

 

PIERO TREVISAN

 

Se avete gradito questo racconto di fantascienza di Piero Trevisan potrete leggere un altro suo racconto, "Il Lago della Fiamma", a pagina 205 del n° 16 di Gennaio '97 della rivista di fantascienza "Futuro europa" (Perseo Libri - Bologna - Tel : 051/300575).