ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Lasagne "a modo mio"

Un racconto di kikiM


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Era strano tornare a stare là, in quella casa, dopo 15 anni.

Non che non ci avessi più messo piedi dai miei 20 anni, da quando partii per andare all’università. Ma senza il consueto (per me) via vai dei miei e le mie sorelle, c’era una calma innaturale.

Come dicevo, negli anni di studio rientravo ogni tanto a casa per i periodi di vacanza o feste comandate, il ritorno non era solo mio: anche Tania e Isa tornavano per festeggiare tutti insieme. 

La casa si trovava un po’ in periferia, costruita in un’area di lottizzazione che – con lungimiranza – aveva messo ragionevoli limiti all’edificazione. Era un quartiere residenziale di case da 1 o 2 piani massimo e tutte con un certo spazio attorno, in modo che - nonostante i possibili aumenti di volume realizzati dai vari proprietari, la zona non si era trasformata in un “alveare” con la lotta continua tra vicini su confini e distanze.

Ciò favorì le conoscenze tra persone, il riunirsi in un comitato e la naturalezza dei gesti di aiuto. Antonella che aveva il più bel orto offriva volentieri a mamma insalata e fagiolini nel momento del boom di produzione.

Giovanni era il punto di riferimento per i piccoli lavori di manutenzione; anche papà ci provava però quasi sempre chiedeva il suo aiuto. E per controparte buona parte delle risorse comprate da papà nei suoi impeti da artigiano, venivano regalati a Giovanni, che li sfruttava al massimo e non voleva mai nulla. 

Poi c’era l’oratorio (chiamato così solo perché spazio per comunità ma senza parrocchia annessa) che da che ricordi era sempre stato gestito da Camilla e Carlo. Si, come i principi inglesi. E noi ragazzi abbiamo sempre sospettato che quei 2 avessero (forse per influenza “reale”) una tresca clandestina.

I tempi cambiano e ciò che era perfetto, dopo anni non è più così azzeccato. 

Dopo l’università, la fortuna di aver trovato lavoro e varie case in affitto, 5 anni fa riuscii a prendere casa in paese, non lontanissimo dal centro: 55 mq ristrutturati a nuovo con posto auto ed era la mia tana. Ho anche convissuto con Elia per un annetto, ma per lui alla fine ero solo un appoggio per quando non era in volo (faceva lo steward). Credo che mamma lo avesse intuito, però la cosa tra noi finì e non ci fu necessità di presentarlo.

Quindi, se avevo casa in centro, come feci a ritrovarmi alla casa madre? Semplice, i miei non volevano più stare in periferia. Anche se il clima del vicinato era rimasto buono e partecipe, con l’avanzare dell’età (verso i 70) i lavoretti di manutenzione pesavano e loro volevano andarsene. Per me fu un mezzo shock, così proposi uno scambio casa. 

In una riunione famigliare, i miei chiarirono le cose a tutti e 3 noi sorelle e fratello e decisero di sistemare subito le cose pro futuro. Se noi ci fossimo messi a discutere per l’eredità/successione sarebbe stato il loro più grande dispiacere. Così mi trovai proprietario della casa.

Il vicinato era un po’ triste che i miei se ne andassero e durante il trasloco ha dato anche una mano. Come sempre Giovanni era l’uomo chiave, letteralmente. L’attrezzo giusto era nel suo laboratorio. Quando non riuscivamo ad allentare una vite, papà disse “Qui dobbiamo aspettare Giovanni…” e io mi proposi “Vado a chiamarlo, così sistemiamo!”. Ma papà rispose “ma dove vai, la mattina è in ufficio al lavoro”

Rimasi un attimo interdetto “Giovanni…in ufficio?” dissi.

Fin da piccolo ho visto Giovanni come il tutto fare, più giovane della media degli altri vicini (ora sarà sulla 50ina) e vista la sua iperattività, mai avrei pensato ad un lavoro di scrivania per lui.  “Si” disse “ha sempre fatto l’avvocato… Ma dove vivi? Non lo vedi uscire presto in giacca e cravatta??”

Io risposi “Papà, sono 15 anni che non vivo più in questa via… oramai ho perso gli usi e costumi locali!!!”.

Entrambi facemmo una risata e poi lui disse “…aspetta… dai che si è mossa! Riusciamo a smontare anche questa e finiamo senza bisogno di Giovanni”

Dopo il loro trasloco, feci qualche lavoretto alla casa e così rinfrescai tutto per farla utile a me. Fortunatamente, papà era sempre lì attorno durante i lavori a supervisionare e con lui qualche vicino. Tanto che anche finito me lo trovavo quasi tutti i giorni la attorno al mio ritorno a casa. Spesso con mamma.

Lui non riusciva a lasciare del tutto la casa. Lei idem, ma con la scusa della insalata di Antonella veniva a vedere come mi ero sistemato. Dopo lunghe trattative, ho ottenuto che mi dovessero avvertire e non capitarmi quando gli pareva.

Così ripristinai la mia privacy, e potei rischiare di ospitare qualche ometto!

L’ospitata più inaspettata, fu quando misi le mensole e cavalletti in garage. Al contrario di mio padre, non provai nemmeno a far da solo e chiesi subito aiuto a Giovanni.

Era assai cambiato da quando abitavo lì. Da giovane single, ora era uno scapolone. Il fisico era ancora atletico, ma grosso e robusto. La panza c’era ed era abbondante: ma anziché flaccida e burrosa, era tesa e muscolosa.

Anche se il cambiamento (a me) più strano fu incontrarlo la mattina vestito di tutto punto pronto per il Tribunale. 

Mentre lo aspettavo in garage, facevo scorrere sul telefono le pagine di grindr e romeo e iniziai la conversazione con un orsetto. Giovanni arrivò, e per non farmi trovare impreparato, ignorai i vari messaggi che arrivavano e lavorammo insieme.

Un paio d’ore ed il lavoro fu “a regola d’arte” (non per merito mio).

Come sempre non volle nulla, neanche per il materiale di consumo tipo tasselli, che io ingenuamente non comprai. Lo “minacciai” che però non avrebbe varcato il cancello della proprietà senza avergli offerto una birra o altro. Accettò con una risata ed entrammo a casa.

Lo feci accomodare e andai in cucina. Al ritorno, mentre mi sedevo il suono del messaggio grindr arrivò. Tirai fuori il telefono e vidi 4/5 messaggi. Ignorai tutto e chiacchierai con Giovanni. Gli raccontai dei miei studi e alla fine confessai che non avrei mai immaginato che lui fosse avvocato. 

“Per me sei stato sempre il fusto tutto fare!” dissi “il mio punto di riferimento per i lavoretti”

“Eh eh” fece lui “se i miei non mi avessero spinto a tutti i costi a fare le scuole, forse non lo sarei. Potrei essere un meccanico o falegname chissà… però ora che sono entrato al posto di mio padre come socio nello studio, faccio come mi pare” e bevve un sorso di birra.

“Preferisco star qui ad aiutare la comunità, che gli avvoltoi che girano in tribunale…”

Pur a volume basso, il cellulare cicalò di nuovo un messaggio grindr. Senza il casino degli attrezzi come in garage, si sentì bene. Non facendoci caso, volevo evitare la possibilità di farlo sentire un intruso.

 “Sei richiesto” disse Giovanni 

“bah… non è nulla di rilevante” dissi io “possono aspettare ancora un po’. Mi devo ancora abituare all’idea di te col vestito buono ahaha. ”. E infilai il telefono in tasca per nasconderlo. “Sono contento di sapere che il vero Giovanni è quello che ho sempre conosciuto.”

“Si, o almeno la parte in cui sto meglio. Non abiuro quello che ho imparato all’università. Anzi… ”

“Però” feci con fare autorevole alzandomi dopo un secondo “c’è una cosa che non può aspettare, è la minzione! Ne conviene egregio giudice?”

Giovanni rispose “sono solo un avvocato, ma accolgo la sua tesi… Corri!! ehehehehe”

In bagno, mentre toglievo il peso liquido dalla vescica, arrivarono altre notifiche e controllai il telefono. I primi messaggi grindr erano dell’orsetto che, dopo la mia non risposta tempestiva, da offeso sfogò la sua inutile rabbia. Gli altri erano di quel momento: “Ciao” e poi “Come va? Stai meglio, adesso?”

“…adesso ?!?” pensai subito “Ma chi è questo? Mai visto prima…” Nel profilo non c’era la distanza e la foto – pur bella di lui sul molo al tramonto – era un po’ troppo scura per poterlo riconoscere. Però era massiccio.

Terminata la minzione (ahaha) e lavate le mani gli scrissi “ciao, ci conosciamo?” e uscii dal bagno col telefono in mano. Tornando in soggiorno, anche Giovanni stava armeggiando col cellulare e sentii un messaggino. Prima di sedermi di nuovo al tavolo, guardai il messaggio: era il tipo che rispondeva.

“Sì” e di seguito la foto… Era Giovanni!!!

Alzai subito lo sguardo e vidi Giovanni guardarmi con un sorriso sardonico stampato sulla faccia. 

“Sei stato un po’ in bagno. Hai fatto chat zozze col tipo che ti scriveva mentre stavamo montando le mensole?” disse

“No.” Risposi “ Erano solo messaggi che mi mandavano a quel paese perché non pendevo dalle sue labbra.” E aggiunsi subito “Ma non ti ho visto in giro in questo tempo” indicando lo schermo del telefono.

“Io sì!” disse Giovanni “Ma non mi sono fatto avanti per che non ti conoscevo. O meglio… l’idea principale era come il ragazzo che ho visto crescere, e non ho mai provato a contattarti”

“Ma come è possibile che tu mi vedevi e io no… non penso di averti bloccato. Sei un bell' orso” e  queste ultime parole uscirono con un filo di voce, come imbarazzato di averle dette.

 “ahah grazie” disse Giovanni “ora che siamo a carte scoperte, però, spero non ci siamo imbarazzi. Voglio dire, da parte mia nulla cambia: siamo vicini e amici.”

“beh…si….” Ancora leggermente shockato, ma cercando di mettere tutto su un piano pratico “Dai facciamo così, stasera a cena stai qui e parliamo liberamente del rispettivo capitolo grindr. Faccio lasagne, ti va?”

“Oh si, le lasagne non si rifiutano MAI!” disse Giovanni già con l’acquolina in bocca

“Ok. Ci vorrà un po’. Devo assemblarle” gli dissi dirigendomi verso la cucina “ forse vuoi fare una doccia, mentre preparo?” e mi volsi verso lui.

Un altro colpo allo stomaco mi prese. Era già a petto nudo e stava sbottonando i pantaloni. I grossi pettorali e la pancia da muscle bear erano coperti da soffice pelo scuro. Anche le braccia, fino a metà bicipiti era attorniati da quel ben di dio.

Non so bene cosa mi abbia trattenuto nell’andare a poggiare le mani sul suo torso. La mia bocca obbedì alla parte razionale gli disse “io dicevo se vuoi tornare a casa e vi vediamo più tardi… Ma se vuoi farla qui da me, ok. Però non posso venire a farla con te. Ho le lasagne da fare!!”

Giovanni, con uno sguardo furbetto ma indeciso tra due scelte di pari interesse disse “ah… va bene”. Riabbottonò i pantaloni però non prese la t-shirt. Venne verso di me mezzo nudo e canticchiò “allora ti do una mano in cucina e così facciamo prima, e nel tempo di cottura, andiamo in doccia”.

Dicendo questo, mise le sue grandi mani sulle mie spalle e baciò la fronte. 

Mise le mie mani sulla pancia e appoggiai la fronte al suo petto, con il suo vello che solleticava il dorso naso. Con un altro sforzo, gli confessai “Guarda… rimettiti la maglietta. Non fraintendere, ma se rimani così” (e scorsi la mano dal fianco all’ascella) “ti salterei addosso subito e mooooolto volentieri…. E rimarresti senza lasagne!”

“Oddio, no!” e si allontanò ridendo. “voglio il doppio piacere!”

Così si rimise la maglietta e iniziammo a stratificare: lui pasta, io besciamella e ragù. Una bella spolverata di grana padano e via in forno.

Mentre impostavo timer, Giuseppe leccava un po’ le pentole e nel suo momento di distrazione, rimasi io a petto nudo. 

“Non abbiamo un altro impegno?” gli chiesi io. Lui, col cucchiaio del ragù in mano disse “oh, si… vero”

Posò la pentola, ma il cucchiaio lo passò sul mio capezzolo. In un secondo fece sparire t-shirt e pantaloni e fu contro di me.

Leccò il capezzolo fino a pulirlo dal ragù poi la sua grande mano la sentii sulla schiena. Ci stringemmo e con la lingua appena fuori, gli leccai le labbra.

Sentendo il mio cazzo che si gonfiava nelle mutande, feci un balzo per avvinghiarmi a Giovanni e fargli sentire quanto ero duro contro la sua pancia. Lui capì le mie intenzioni e sorresse il mio peso. Con le mani impegnate a tenermi, l’unico modo per aver più di me, era usare la bocca. La mia e la sua erano un tutt’uno e le io succhiavo avido la sua lingua.

Mi portò sul tavolo, e disse “Stenditi”. Lo feci e Giovanni fece il giro per mettersi in maniera che io potessi leccargli le palle. Stava per togliersi l’ultimo lembo di tessuto che lo copriva, ma lo fermai. “Lascia fare a me” dissi. 

Accettò e alzò le braccia mettendo le mani dietro la nuca per godersi lo spettacolo. La mia bocca, mordicchiava i coglioni attraverso la tela e una mano massaggiava l’asta ancora nascosta nelle mutande. L’altra giocava con l’elastico: dentro e fuori le mutande, saliva fino dove poteva e scendeva sulla pancia facendo leggermente presa con le unghie. 

Giovanni stava diventando impaziente, non voleva più sentire restrizioni. Gli abbassai tutto e lasciai il cazzo turgido svettare su di me.

Un filo di precum scendeva dalla punta. Si abbassò un po’ per massaggiarmi li petto e giocare col capezzolo. Io potei leccare la sua colonna dura dalla base. 

Stante la sua fisicità da muscle bear non volle schiacciarmi così si levò e fece di nuovo il giro della tavola con le mutande ad altezza ginocchia. Mi tolse scarpe, calze infine e pantaloni con boxer con un sol movimento. 

Semi scapellato, anche il mio pene era bagnato di precum. Si abbassò su di lui ne fece un sol boccone. Pensavo che lavorasse di forza, ma invece era di lingua: non spingeva a tutti i costi giù la pelle de prepuzio, ma ne godeva del movimento di scappellamento, prendendolo con la lingua e le labbra .

Per me non era abbastanza. Lo volevo contro di me, aggrapparmi al suo fisico e godere del suo corpo attaccato al mio. Dopo un po’ di (ottimo) lavoro a mio servizio mi tirai su dal piano del tavolo e accarezzandogli la testa gli dissi “Gio, dai andiamo in un posto più comodo.” 

Si tirò su, e automaticamente gli presi il mano il suo notevole arnese. “Va bene” disse “dove mi porti?” 

“In camera…” risposi.

Gli presi la mano e gli feci strada. Neanche il tempo di iniziare – fortunatamente – che il timer del forno suonò. “Azz…” commentai “le lasagne sono pronte. Vado a spegnere il forno. Tu non scappare!”

“Dove vuoi che vada, nudo come un verme” disse Giovanni “… e poi voglio anche le lasagne!!”

Volai in cucina, spensi tutto e lasciai lì. Al ritorno, nel corridoio trovai le sue mutande che l’ultima volta avevo visto a metà gamba, e Giovanni era sistemato sul bordo del letto e se lo menava pigramente con la presa rovesciata.

“Posso far io?” chiesi mentre mi sedevo a cavalcioni su di lui. Senza dir nulla, tolse la sua mano e lasciò campo libero alla mia.

Si allungò un po’ indietro, impuntando le braccia sul materasso per restare comunque in posizione eretta. Gli massaggiavo tutto il suo fronte. Io partii con due dita dall’inguine, salii sul fianco e da lì la mia mano si aprì per toccare il più possibile della sua peluria. Scorsi la pancia, in mezzo al petto fino al collo, dove Giovanni cercò di agguantare la mia mano con la bocca per ciucciare le dita.

Fui rapido e non riuscì, così che potei tornare a tastate il suo torace. Col il gioco e il continuo movimento di masturbazione, il suo cazzo era di marmo. Anch’io tornai alla piena eccitazione dopo la digressione del forno.

Giovanni, si lasciò scivolare sul letto e io sopra di lui. Unii le mie mani alle sue e limonando rotolavamo avanti e indietro sul letto. Io volevo sentire il suo peso sopra di me e lo tenevo stretto. Idem lui. 

“Ti voglio dentro” pigolò in un sospiro di piacere. Non volendo altro che la sua gioia, presi la coscia e la alzai per iniziare a lavorare il buco.

Ma avevo bisogno di lubrificante e stavolta gli concessi di leccare abbondantemente le mie dita. Mentre gli titillavo l’ano, Giovanni mi baciava e leccava il collo fino su alle orecchie. Il mio capo appoggiato al suo e seguivo i suoi movimenti.

Dopo un po’ disse ancora “Ti voglio dentro” e si sciolse dall’abbraccio passionale per mettersi a pancia in giu. Staccandomi dal suo corpo accaldato per prendere condom e lubrificante dal comodino, sentii una leggera brezza attorno a me e capii quanto stavo sudando per il sesso.

Anche Giovanni lo era e prima di scoparlo gli passai la lingua sulla schiena assaggiando la sua pelle lievemente salata. Sparsi molto gel tra le chiappe, per riprendere il massaggio anale ma coinvolgendo anche la schiena, e scendendo fino a solleticare le palle.

Dopo di che lo penetrai e mi adagiai sulla sua ampia schiena. Prima di iniziarmi a muovere dentro di lui, si giro a cercare la mia bocca e disse “sì…scopami… però non venire… voglio vedere che schizzi, ok?” 

“D’accordo” risposi e cercai di mordergli il collo mentre lo trombavo. Le massicce chiappe mi accoglievano e mi davo da fare per ricambiare l’ospitalità.

Lo sentii gemere di goduria quando io, appoggiato con le braccia tese sulla schiena, diedi una serie di piccoli affondi. Giovanni si mosse e le sue gambe si attorcigliarono attorno le mie per non lasciarmi andare.

Quasi dimentico della promessa, fui al culmine. Mi ritirai in tempo e ansante mi alzai col cazzo infuocato ma non ancora del tutto pago di piacere.

Giovanni si girò verso di me, schiena al materasso. Il pisellone ancora barzotto, ma non capii se fosse venuto o no. Mi fece segno di avvicinarmi a lui e dal lato del letto fui col mio uccello ad altezza della sua faccia. Tolse il preservativo e lo succhiò per un attimo e disse sorpreso “ma non sei venuto!”

“No…” gli dissi “ c’è mancato poco. Ti avevo fatto una promessa….”

“Bene, allora mettiti qui che ti faccio venire” disse indicando il lato del letto accanto a sé e la direzione dove dovevo sborrare: l’importante era mirare il suo cazzo. Tutto il resto era goduria.

Iniziò a menarlo e mi chinai sulla sua bocca per baciarlo. Le sue manone si davano il cambio e il tocco era perfetto. L’estasi arrivò e lasciai fluire tutto il mio seme sul suo corpo. Ricordo solo che allungai la mano per sostenere la nuca così che potesse vedere i miei 6/7 getti.

Guardai dove avevo spruzzato: andai oltre il basso ventre e il cazzo con gli schizzi che erano fino a metà coscia. Giovanni prese la mia mano nella sua bagnata da me e cominciò a segarsi.

“Ma non sei già venuto?” chiesi anche io a lui. 

Mi rispose “Sì… ma scarico sempre in 2 manches”

Mi accoccolai a fianco a lui. La mia mano seguiva i suoi movimenti su e giù per il cazzo. Avevo la faccia nell’incavo tra la sua spalla e la testa, e gli leccavo il collo schiacciando il naso contro la sua pelle e provando anche a morderlo.

Il respiro di Giovanni si faceva man mano, più profondo e rumoroso. Col braccio a contatto col suo ventre per continuare il movimento verso l’orgasmo, percepivo la pancia che si contraeva… mancava poco e sarebbe venuto ancora.

Un grugnito ursino e sentii un fiotto caldo scendere tra le mie dita ancora nella presa sull’uccello di Giovanni, seguito da solo un altro più modesto. 

Si girò fronte a me e entrambi messi sul fianco, ci abbracciammo. Le mani piene di sborra giocarono le une sul corpo dell’altro, mescolando i fluidi, accarezzando e tenendoci stretti, nel torpore dopo lo sport da camera che è il sesso fatto senza fretta.

Fui io il primo a parlare “Quale vincitore della seconda manche, abbiamo un premio” e Giovanni mi guardò  leggermente perplesso.

“Le lasagne!!” risposi e il suo volto si illuminò. “Vero! Me ne ero scordato” e girandosi, dandomi un buffetto sulla pancia, continuò “dai, andiamo così… su!!” ed era già in piedi.

“Ma… quando dici “così”, intendi nudi o impiastricciati di sperma?”

“così come siamo adesso. La doccia la facciamo dopo… no?” disse Giovanni

“ti concedo il nudo, ma una lavata è necessaria, prima che cristallizzi”

“Vaaa beeene” rispose ubbidiente e sarcastico.

Con la doccia fatta in condivisione, tornammo in cucina nudi e mosci per mangiare. La lasagna si era intiepidita e, riposando, era diventata ottima. O forse lo era perché avevamo speso tante energie.

Sazi e soddisfatti, gli dissi “Ti va se ci mettiamo sul divano?... e posso sedermi di nuovo sopra di te?”

“si certo” mi disse contento “ma due manches le reggo, il terzo tempo, no!”

“tranquillo… nemmeno io ahahah” gli dissi “ti voglio solo cacciare la lingua in bocca…


p.s. chi sa rispondere sul perché non vedevo Giovanni sul radar di Grindr?? 😉


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale;

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