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Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto
omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni
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contents: it's intended for persons over 18
Il
guardiano dei cessi
Un
racconto di Orsardoi
I
racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non
sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale
praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.
The stories published in this section may contain descriptions of
unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice
Safe Sex by using condoms.
Molti
anni fa, mi trovavo ad Avellino in visita a lontani parenti: un viaggio
impostomi dai miei genitori per mantenere buoni rapporti con la
famiglia. Una pizza incredibile!
Erano tutti un po’ vecchiotti, un po’ bigotti, molto noiosi: dopo tre giorni non ne potevo più!
Ho sempre avuto una fervida immaginazione, così m’inventai un alibi: ad Atripalda, un paese vicino, abitava un mio compagno di militare, ho finto d’averlo chiamato e che lui mi aveva invitato a casa sua per l’indomani! Evviva, avevo tutta una giornata libera!
Così, già alle nove del mattino mi sono ritrovato a passeggiare per il centro; la città non era un granché, perlomeno allora: dopo non ci sono più tornato e non so che sviluppi possano esserci stati. Vi erano molte strade alberate ed era piacevole passare dalle zone assolate (sebbene si fosse in maggio, faceva già molto caldo!) a quelle ombreggiate.
Seduti ai tavolini dei bar c’erano molti
ragazzi che sostavano pigri.
Seguivano con occhi socchiusi ogni mio
movimento: il forestiero è sempre meta di molte curiosità! Poi tornavano
a stiracchiarsi, indolenti, non appena passato.
Erano quasi tutti dei bei ragazzi, ma nei loro occhi non ho intravisto alcuna fiammella d’interesse: o sapevano nascondere bene le loro voglie nascoste, o, ad Avellino, non c’era un omosex! Perlomeno a quei tempi!
In fondo non m’importava: la cosa più importante era avere una giornata tutta mia, libero di non far nulla, di non dover rispondere educatamente, di non dover essere gentile e affettuoso con mummie che non conoscevo e che non m’importava di conoscere!
Un gelato al pistacchio e alla fragola
premiò la mia voglia di coccole, così mi son seduto a leccarlo su una
panchina di un piccolo giardino pubblico.
Gli alberi e i cespugli erano rigogliosi, intorno a me c’era una sinfonia di colori che fiori opulenti offrivano ai raggi del sole. Gli uccellini svolazzavano tra i rami, rincorrendosi con il loro cinguettio. Ah, che bello stare qui!
Finito tutto il gelato, ho cercato un cestino per i rifiuti: era un po’ più in là, accanto ad una casetta, tutta coperta di rampicante, con la scritta “gabinetti”.
Davanti, su una sedia un po’ sgangherata,
era seduto un uomo intento a giocare con una bimbetta sui tre anni.
Era proprio un bel ragazzo sulla
quarantina, bello robusto e con una pancetta tonda che tendeva la
maglietta e con riccioli neri che fuoriuscivano dalla scollatura, così
come i pantaloni bianchi fasciavano un turgido culetto tondo.
Aveva il viso abbronzato di chi sta sempre all’aperto, due occhi verdi-muschio e una criniera di capelli corvini, come nerissimi erano i peli che gli coprivano gli avambracci.
Per ammirarmelo un po’, mi son seduto su un’altra panchina vicina ai cessi, lui mi ha mandato uno sguardo fugace, continuando a giocare con la piccola.
Dopo un quarto d’ora in cui non era
successo niente, se non qualche rara sbirciata del tipo verso di me, ho
deciso di andare a far pipì.
Nel passargli accanto, finalmente mi ha
sorriso, salutando.
Abbagliato da un battaglione di denti
bianchissimi che si sono offerti al mio sguardo, ho risposto gentilmente
al suo saluto e l’ho guardato bene, da vicino.
Bellissimo! Il più bel guardiano di cessi della mia vita!
“Dotto’, gli serve la carta?” s’affrettò a chiedermi sottovoce, io lo ringraziai, scuotendo la testa e sorridendo… ma dovevo fare solo pipì!
Che scemo! Avrei potuto accettare, così, magari m’avrebbe seguito per darmela… mi trovai a pensare sognando.
La visione così ravvicinata dell’uomo,
però, aveva fatto mezzo intostare il mio membro e, ora, facevo fatica a
mingere.
Così passai qualche minuto, fermo, con lo sguardo fisso alle piastrelle, che dovevano esser state bianche della parete ad aspettare.
All’altezza del viso, c’era qualche scritta oscena che inutilmente era stata più volte pulita. Era, però senza riferimenti o inviti ai gay … e, mentre stavo pensando che questa Avellino doveva proprio esser santa, sentii l’uomo che diceva alla bambina di star buona, che papà faceva pipì e tornava subito.
Ma… forse… allora ci sta?… mi assalì una ridda di dubbi e speranze… d’altronde, con tutto il tempo che aveva, proprio adesso che c’ero dentro io, gli scappava la pipì?
Entrato, si piazzò ad un orinatoio di distanza da me, stando un po’ discosto dalla tazza e srotolando fuori dai pantaloni un membro molle e lungo.
Se lo accarezzò un paio di volte e quando questo cominciò a prender forma, rimase lì, fermo, guardandomi di sottecchi. Dopo poco, accertatosi che io lo stavo spiando, si girò verso di me e, di nuovo, mi fece il suo meraviglioso sorriso.
Era un invito? O era solo un esibizionista?
Ero colmo di paure, non sapevo che fare,
fintantoché mi sono accorto che stava spostandosi un po’ in avanti per
vedere anche il mio.
Scacciando
ogni indugio, mi sono avvicinato, appena gliel’ho preso in mano è
diventato perfettamente duro.
Me lo ha preso in mano anche lui, facendo schizzare la mia erezione fino alle stelle.
Un fiume di pensieri continuava a vorticare nel mio cervello, avevo paura che la bambina entrasse nel locale, cercavo di decidere cosa fare… repentinamente, lui mi s’inginocchiò dinnanzi, lo ingoiò tutto e si mise a pomparmi.
Era tutto così strano e pericoloso che giunsi subito all’orgasmo: lui non si perdette neppure una goccia del mio seme. Era stato bellissimo e volevo ricambiare, ma lui scuotendo la testa, disse “Andiamo di là!”
Così ci sedemmo a parlare, all’ombra del pergolato con la bambina che giocava un po’ con entrambi.
Volle sapere tutto di me: e perché fossi lì, chi erano i miei parenti (fece anche finta di accettare la mia bugia che vivevano a Benevento e che era per quello che non li conosceva), quanti giorni mi fermavo, se sarei tornato a trovarlo… e tutta una serie di domande che andavano a quietare la sua fame d’informazioni, tipica di chi lavora in un luogo dove, di solito, la gente non si ferma a parlare.
Tonino era sposato da otto anni: questa era la sua seconda, il primo figlio era con la madre. Era felice della sua vita, ma tutti quei cazzi, che gli passavano accanto, lo eccitavano e gli sarebbe piaciuto farseli, come s’era abituato a fare durante la leva.
Ma qui, tutti lo conoscevano e non osava far niente. Con me, che avevo scritto in fronte che ero forestiero, aveva osato e gli sarebbe piaciuto osare ancora…
“Anche a me piacerebbe…” dissi sinceramente.
“Davvero?! Ma a Milano chissà quanti ne hai!”
“Ma non belli come te!” Era contento, grato del complimento, così, ancora mi sorrise con quel suo modo puro e accattivante: era veramente un uomo meraviglioso.
“Aspetta, provo a fa ‘na telefonata ….”
Si alzò, inserì il gettone e non staccando lo sguardo dal mio, parlò con la moglie, le disse che se poteva sostituirlo per un po’, lui avrebbe dovuto andare dal meccanico per mettere a posto il motorino…
Alla fine confermò che andava benissimo se fosse venuta verso l’una e mezzo. Agganciando, di nuovo si aprì in uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
“Se
vai
in quella trattoria là, puoi vedere quando arriva e, poi, ce ne
andiamo!” mi disse indicandomi un tendone che faceva ombra ad alcuni
tavolini, al di là della strada.
Questa
volta il sorriso glielo feci io e gli strinsi felice la mano:
facendo in modo che la bimbetta fosse distratta, mi cinse le spalle,
mi strinse forte una coscia, mi posò un dito sulle labbra che io mi
affrettai a baciare.
Non avevo la più pallida idea di dove volesse andare, ma certamente cominciavo ad aver la certezza che mi aspettava un meraviglioso pomeriggio!
Dal tavolino dove mi ero accomodato, potevo vedere tutti i giardini e… lui. Giocava con la bambina e, ogni tanto, mi guardava … e mi inviava un sorriso. Era la mezza: ancora un’ora di agonia!
Tutto
ciò che l’oste mi portò era insapore e inodore: non mi interessava
assolutamente mangiare. Dalla mia postazione non volevo perdermi neppure
un movimento, un sorriso.
Certo che non doveva essere un lavoro pesante: nell’arco di un’ora era entrato un vecchietto soltanto nei gabinetti. Meglio, così non mi tradisce! mi sono accorto di pensare.
Qualche minuto dopo arrivò in bici la
moglie: una bella donna, ormai disfatta, che portava sul sellino il
figlioletto.
Aveva un vestitino leggero che metteva in
evidenza l’opulenza delle forme, era tutta scarmigliata e un paio di
rughe dure rilevavano il suo carattere completamente diverso da quello
di Tonino: tanto lui era allegro e solare, quanto lei doveva essere
piagnona e lunatica.
Ma la cosa importante era che era arrivata e che gli dava il cambio.
Dopo aver giocato un po’ con entrambi i figli, finalmente montò sul motorino per sparire dietro l’angolo. Urca, come faccio, adesso?!?
Pagai velocemente e mi misi all’inseguimento, ma, dietro l’angolo, ecco di nuovo il grande sorriso, la mano tesa, come se ci si incontrasse per caso, e un invito a far quattro passi.
Mentre temevo che il programma fosse tutto
lì, raggiungemmo un altro incrocio, girammo, mi fece montare dietro e
partì a tutta velocità.
Dopo un quarto d’ora in cui mi tenevo
stretto stretto a lui per non cadere, si fermò vicino ad un casolare, in
piena campagna.
Cigolarono i cardini da troppo tempo non usati, entrammo, portando con noi la moto. Era tutto vuoto: soltanto in un angolo un mucchio di fieno.
La luce, entrando dalle sconnessure del tetto, sciabolava sui nostri corpi subito amalgamati in un bacio lungo, voglioso, estenuante.
Mentre strappavamo l’un l’altro i vestiti, le bocche non si staccavano e ci bevevamo l’un l’altro come fa l’assetato che ha finalmente raggiunto un pozzo nell’oasi.
Finalmente, completamente nudi, ci guardammo fasciati dalle strisce di luce, frementi di voglia, golosi dei nostri corpi.
Un nuovo bacio, lungo, estenuante… poi
Tonino si lasciò cadere sulla paglia.
Un raggio d’oro gli illuminava la pancia e la luminescenza, che si spandeva attorno, illuminava i peli del petto con riflessi di blu-viola, creava ombre che modellavano i muscoli, illanguidiva i pettorali un po' pesanti dalle punte rosacee, riverberava anche, oltre il promontorio del ventre, sul pene eretto che sembrava avere il colore del pomodoro maturo.
Era uno spettacolo veramente da ammirare!
Anche le gambone, lasciate abbandonate un po’ divaricate, erano maestose di muscoli pesanti e di peluria nera e lasciavano intravedere, lassù all’attaccatura, un boschetto di peli che nascondeva il ricettacolo del piacere fra due tondi meloni.
Mi lasciai cadere su di lui: bocca sulla bocca, petto sul petto, ventre sul ventre. Le gambe si attorcigliavano alle gambe, le mani ispezionavano tutta la pelle, le lingue si cercavano… eravamo diventati un essere solo, uniti nel nostro piacere.
Carezze, coccole, succhioti ai capezzoli, piccoli baci: continuammo così per un periodo infinito, come se avessimo davanti tutto il tempo delle nostre vite.
Mezz’ora, un’ora forse, un minuto dopo,
accarezzandogli le possenti natiche, mi sentii risucchiare in un baratro
di calore, di vibrante palpitazione: scesi, percorrendone tutto il corpo
con la lingua, finché giunsi al piccolo e roseo muscoletto.
Al primo tocco della lingua sembrò impazzire, si richiuse e si dilatò con frenesia, vibrò, divenne rosso, mi assorbì. Aveva così voglia che sentii la lingua risucchiata.
La ritrassi e cominciai a lavorare con
diligenza il buco, mentre Tonino mugolava, si contorceva, si apriva
completamente in offerta.
Le
sue gambe vagavano nell’aria: le raccolsi e le appoggiai alle mie
spalle, mentre appoggiavo la punta della mia voglia al suo sfintere.
Senza la più piccola resistenza, fui tutto dentro di lui, come se fossi entrato in un babà tolto in quel momento dal forno.
Cominciai a penetrarlo, stropicciadogli i
capezzoli e il mio piacere doveva essere pari al suo, poiché entrambi,
muggendo, cominciammo una folle corsa al piacere che scaturì in un urlo
che scosse le pareti della casetta.
Sprofondando esausto su di lui, trovai il suo piacere incollarci i ventri.
Completamente fermi, sentivamo il nostro respiro pesante e i cuori battere all’unisono. Ci addormentammo così.
All’improvviso desto, Tonino s’accorse del
tempo passato e che ormai era molto tardi per lui.
Odorosi dello sperma appiccicaticcio che ci rimaneva addosso, ci vestimmo di corsa e volammo, sullo scooter, verso la città.
Mi lasciò all’angolo e lo vidi che, gesticolando, cercava scuse con la moglie. Lei se ne andò infuriata, lasciandolo con i due rampolli.
Dopo un quarto d’ora, come passeggiando
nei giardini, mi avvicinai ai gabinetti.
Fece finta di nulla, non mi salutò… ma mi seguì e davanti ai pisciatoi mi diede quello che fu il più bel bacio in assoluto, poi mi sussurrò che aveva avuto problemi e che gli dispiaceva, ma che era meglio non vedersi più!
Quando uscii dai cessi, giocava con i figli a palla, sbagliando il tiro me la fece arrivare addosso. Gliela resi, mentre lui mi sussurrava “Addio, amore!”
Gli ultimi giorni di permanenza dai
parenti furono stressanti e penosi, non vedevo l’ora di andarmene, di
allontanarmi da Tonino!
Il giorno della partenza riuscii, con una scusa, a farmi accompagnare da un mio cugino a fare un giro in città: quando costeggiammo i giardini, lui era là, giocava con la bambina, sembrava contento… aveva sconvolto la mia vita, ma continuava felice la sua di guardiano di cessi.