ORSI ITALIANI MAGAZINE
ATTENZIONE / NOTICE
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Attento al gorilla!
Un racconto di Ferdinardo Neri
Bob
non vede l'ora di partire per godersi la sua settimana di vacanza a
casa, in Nebraska: ha proprio bisogno di staccare un po', prima
dell'ultima tornata di esami. Dovrebbero esserci piu' vacanze e meno
lezioni.
L'autobus partira' tra poco ed al bar della stazione Bob
sta scambiando le ultime chiacchiere con Andrew. Non e' che badi molto
a quello che dice il suo compagno e, forse proprio perche' lo vede
distratto, Andrew butta li':
- Io so chi e' il maniaco.
Bob sorride, sa benissimo che Andrew sta scherzando. Non gli sembra
tanto un argomento su cui scherzare, il maniaco ha violentato,
seviziato ed ucciso tre ragazzi della loro eta' negli ultimi due mesi,
ma Andrew non e' capace di prendere nulla sul serio.
- Ah si'? E chi sarebbe?
Andrew si guarda intorno, poi si china sul tavolo e sussurra, come se
davvero stesse rivelando un segreto scottante:
- Il gorilla!
Bob scuote la testa. Il gorilla e' il soprannome che Andrew ed alcuni
altri danno a Jason, un loro compagno molto robusto e piuttosto peloso.
Non lo dicono ad alta voce e soprattutto non lo dicono a lui, perche'
Jason ha un buon carattere, ma ha anche una forza micidiale e non
sarebbe saggio fargli montare la mosca al naso. A Bob Jason piace,
parecchio, anche se non e' bello. Piace fisicamente, perche' Bob ha un
debole per gli uomini forti e pelosi, e piace anche umanamente, perche'
ne apprezza la riservatezza e la disponibilita'. Non e' uno che cerca
di essere continuamente al centro dell'attenzione, come Andrew, ma e'
sempre pronto a dare una mano.
Bob pero' non ha
nessuna intenzione di far capire i suoi gusti ad altri e meno che mai
ad una malalingua come Andrew, per cui decide di stare al gioco.
- Ma non mi dire!? Allora possiamo denunciarlo, cosi' ci becchiamo la ricompensa.
La ricompensa c'e' ed e' davvero consistente. L'ha messa il padre del
secondo ragazzo ucciso, un pezzo grosso della finanza.
- Non ho prove, ma di certo e' lui. Pensaci un po': uno che non ha
molti soldi, che e' all'universita' perche' ha ricevuto una piccola
borsa di studio, che si mantiene agli studi facendo il guardiano
notturno nel college dove i suoi compagni se la spassano… secondo me
uno cosi' ha accumulato tanto di quell'odio nei confronti degli altri…
e ad un certo punto decide di vendicarsi uccidendo i suoi compagni
ricchi.
Bob scuote la testa e lancia
un'occhiata all'orologio appeso alla parete. Pensava fosse piu' tardi,
ma c'e' ancora tempo, il suo autobus parte tra mezz'ora.
- Non ha mica ammazzato noi, i morti sono tutti di altri college.
- Si', non vuole farsi scoprire, ma prima o poi ammazzera' anche nel nostro college.
Andrew si china di nuovo in avanti:
- Uno di noi sara' assalito, violentato e barbaramente assassinato,
come dicono alla televisione, dal gorilla.
Per un
attimo Bob ha la visione di Jason che lo assale. Non e' un'immagine
spaventosa, perche' non riesce proprio ad immaginare Jason nel ruolo
del maniaco. Essere assalito da Jason, a Bob non spiacerebbe proprio:
comunque Jason non avrebbe nessun bisogno di ricorrere alla forza, Bob
ci starebbe subito.
Andrew guarda il proprio orologio, un Rolex d'oro.
- Va bene, e' ora che vada.
Si alzano entrambi.
- A che ora parte il tuo autobus, Andrew?
- Tra dieci minuti, alle 22.45.
Bob sussulta e guarda di nuovo alla parete. Sono appena le 22.20. Meno
male, il suo autobus e' alle 22.30. In quel momento gli viene il
dubbio: segnava la stessa ora anche prima. Controlla il proprio
orologio: sono le 22.35. Quello del bar e' guasto! Magari e' una
settimana che segna le 22.20!
- Merda, l'autobus!
Bob afferra la sacca e si lancia in una corsa folle, ma quando arriva
alla pensilina, il suo autobus e' gia' partito.
Andrew sta arrivando. Bob gli si avvicina, sconsolato. Andrew ghigna e
Bob gli spaccherebbe volentieri la faccia.
- E' gia' partito? Non avevi controllato l'ora?
- Quel cazzo di orologio del bar e' guasto. Ed adesso? Non ci sono piu' autobus fino a domani mattina!
- Neanche cambiando?
- No, neppure cambiando! Merda!
- Vorra' dire che passerai la notte al college, solo soletto con il gorilla: che occasione per lui.
Andrew sghignazza.
- Piantala, stronzo!
Bob e' nero. Ha perso l'autobus da coglione, per sentire le quattro
cazzate di Andrew. Ed ora deve tornare davvero al college e dormire li'
ancora una notte. Una settimana di vacanza che si riduce di un giorno.
Sbuffa.
Andrew sale sull'autobus.
- Buona notte, Bob! Attento al gorilla!
Bob lo guarda, torvo.
- Buon viaggio. Spero che questo pullman si schianti contro un TIR.
Una signora che sta salendo lancia uno sguardo indignato a Bob, che
intanto si allontana. Ci vuole una mezz'ora per arrivare al college.
Potrebbe prendere un autobus urbano, ma non ne ha voglia: camminare gli
fara' smaltire un po' la rabbia, tanto la sacca e' leggera.
Mentre esce dalla stazione, tira fuori il cellulare ed avvisa i suoi.
Poi, mugugnando contro la propria dabbenaggine e contro Andrew, si
dirige verso il college.
La cittadina, un centro
universitario, e' deserta. La settimana di vacanza e' incominciata,
quasi tutti gli studenti sono gia' partiti in mattinata, gli altri sono
alla stazione e stanno aspettando gli autobus notturni. Al college ci
sara' davvero solo Jason.
Bob cammina, perso
nei propri pensieri. Non nota l'uomo, seduto al posto di guida in
un'auto parcheggiata su un lato della strada. Ma l'uomo lo segue con lo
sguardo e quando Bob svolta in un'altra via, mette in moto e gira allo
stesso incrocio. Accosta e si ferma prima di raggiungere Bob.
L'operazione si ripete due volte, senza che Bob si accorga di nulla.
Arrivato alla porta del dormitorio del college, Bob suona. Gli apre
Jason.
- Bob, che fai qui? Non dovevi partire?
Bob entra, senza sapere che l'auto si e' fermata ad un centinaio di metri dall'ingresso, con i fari spenti.
- Non me ne parlare, Jason. Sono una testa di cazzo. Ho guardato
l'orologio del bar alla stazione e non ho realizzato che era fermo.
Cosi' ho perso l'autobus.
Jason non ride di lui.
- Mi spiace, Bob. Non ce n'e' un altro fino a domani?
- No, pazienza, dormiro' qui.
- Peccato, sprechi una giornata per il viaggio.
Bob annuisce e poi pensa che Jason non va a casa, deve rimanere a fare
il custode anche adesso che sono tutti via. Jason vede la sua famiglia
una volta l'anno, ma non si lamenta.
- Vado a dormire, Jason. Domani l'autobus parte presto, alle sette. E quello non voglio proprio perderlo.
- Vuoi che ti svegli?
- Grazie, Jason, sei un amico, ma non e' necessario. Non ho il sonno
cosi' duro da non sentire la sveglia. Imposto il cellulare ed e' fatta.
Jason sorride. Ha un bel sorriso, franco.
- Sogni d'oro, Bob. Nessuno disturbera' il tuo riposo, questa notte: sei l'unico ospite.
- Sogni d'oro anche a te.
Per un momento Bob si dice che potrebbe fermarsi con Jason,
chiacchierare un po' con lui, magari potrebbe anche succedere qualche
cosa... Ma Bob non osa, non ha mai avuto rapporti, non e' il tipo che
si fa avanti, non conosce i gusti di Jason. E poi e' tardi, ora di
mettersi a dormire, domani deve alzarsi alle sei.
Sale al primo piano, dove sono le camere.
E' irreale il silenzio che regna nel dormitorio. Le porte delle stanze
tutte chiuse, nessuna luce se non quella del corridoio, che ha acceso
Bob, nessun rumore, nessuna voce. Irreale ed un po' inquietante.
Bob accende la luce nella propria camera ed esce a spegnere quella del
corridoio. Prima di rientrare, guarda dalla finestra, che da' sulla
strada. La via e' deserta, c'e' una macchina ferma non molto lontano,
sotto un albero. Strano, Bob non l'ha notata arrivando, avrebbe dovuto
passarci proprio accanto. Non si puo' vedere se c'e' qualcuno
nell'auto, la luce del lampione non arriva fino la'. Nella via ci sono
solo due edifici universitari, che in questi giorni sono deserti: non
c'e' nessuna finestra illuminata. Chi puo' essere arrivato?
Bob e' inquieto, non sa neppure lui perche'. I discorsi di Andrew,
quella testa di cazzo! E doppia testa di cazzo lui che e' stato a
sentirlo e cosi' ha perso l'autobus!
Rientra in
camera, si spoglia ed imposta il cellulare perche' la sveglia suoni
alle sei. Spegne la luce, ma prima di coricarsi decide di fare un salto
in bagno.
Dalle finestre del corridoio entra abbastanza luce, non
occorre accendere. Bob svuota la vescica e rientra. Tornando guarda
ancora dalla finestra. La strada e' deserta, ma l'auto e' sempre la'.
Perche' non dovrebbe essere la'? Se l'hanno parcheggiata, ci rimarra'
finche' il proprietario non la riprendera'.
Bob rientra in camera
e si mette a dormire. L'inquietudine si dissolve e rapidamente
sprofonda nel sonno: ha vent'anni, non fa fatica ad addormentarsi.
Eppure il suo sonno non e' tranquillo, perche' dopo un po' si sveglia.
Ha l'impressione di aver sentito un rumore. Rimane un attimo in
ascolto, ma tutto tace, il silenzio e' tanto completo, che sembra di
poterlo sentire.
Di nuovo un rumore.
Bob sussulta, questa volta non si e' sbagliato. E' come se qualcuno avesse aperto una porta.
- Sei tu, Jason?
Nessuna risposta. Bob si alza. E' buio nella stanza, ma Bob non accende
la luce. Quei discorsi cretini di Andrew lo hanno agitato, adesso si
immagina chissa' che cosa. Sara' Jason che gira, quello e' davvero
capace di fare un giro di controllo, invece di dormire, e' uno che
prende sul serio tutto, lo studio, il lavoro, la vita.
Ma se e' Jason, perche' non risponde?
Bob fa due passi verso la porta. Si ferma, poi avanza ancora ed
appoggia l'orecchio, rimanendo in ascolto. Niente, silenzio assoluto.
Bob mette la mano sulla maniglia. Apre. Il cuore sta correndo. Pensa al
maniaco. Stronzate! Esce nel corridoio. Nessuno. Che cosa si aspettava?
Il maniaco? Jason con un coltello in mano, pronto a stuprarlo e
seviziarlo, prima di ucciderlo?
Bob e' ancora agitato. Accende la luce nel corridoio. No, non c'e' davvero nessuno.
Adesso pero' nota una cosa: la porta della stanza di Matt e Gary e'
socchiusa. Gli era parso che le porte fossero tutte chiuse. Matt e Gary
sono partiti tutti e due in mattinata, no? Matt si', certamente. Gary
andava prima a Princetown, magari ha perso anche lui l'autobus o ha
cambiato idea ed e' tornato a dormire nel college. Ecco tutto. Ha fatto
piano per non disturbare, ma Bob lo ha sentito.
Bob fa per spegnere la luce, ma e' ancora dubbioso. Fa un passo verso
la porta della camera di Gary, poi si ferma. E' agitato. Quello stronzo
di Andrew con i suoi discorsi sul maniaco!
Bob si dice che e' proprio un coglione, ma a questo punto, se non controlla, non dormira' tranquillo.
Respira a fondo ed arriva fin sulla soglia. Spalanca la porta, in modo
che la luce nel corridoio illumini l'interno. Nessuno. Allora, come mai
la porta e' aperta?
Accende la luce ed entra.
Tutto avviene in un attimo: il coltello preme sulla sua gola ed una
mano gli tappa la bocca. Il cuore si ferma ed una sensazione di gelo
avvolge Bob. Un terrore cieco lo invade, se gli fosse possibile, Bob
griderebbe, ignorando la voce che gli sussurra:
- Non cercare di urlare, perche' ti ammazzo subito.
Bob vorrebbe che fosse uno scherzo di Andrew, ma sa che non lo e'.
L'uomo che gli punta un coltello alla gola e' davvero il maniaco. Bob
cerca di divincolarsi, ma la lama non gli lascia molto spazio per
resistere.
- Se ti agiti, ti ammazzo.
Nella mente di Bob esplodono le frasi sentite alla televisione, i
commenti dei compagni. Conosce l'orrore delle sevizie subite dalle
vittime dal maniaco. Meglio sarebbe davvero morire subito, ma l'istinto
di sopravvivenza e' piu' forte di tutto. L'uomo lo trascina fino al
letto e lo forza a stendersi a pancia in giu', senza staccare neppure
per un attimo il coltello dalla sua gola. Poi si siede su di lui e gli
infila in bocca qualche cosa, si direbbe una palla da tennis.
Ora che un bavaglio gli blocca completamente la bocca, Bob sente una
nuova ondata di puro terrore investirlo. Nonostante il coltello puntato
alla gola, si dibatte, ma ormai e' tardi, l'uomo gli sta gia' passando
le manette ai polsi. Bob si rende conto di essere perduto.
Si agita disperatamente, cerca di alzarsi, ma l'uomo preme con il proprio corpo su di lui.
- E' inutile che ti agiti, piccolo. Sei arrivato a destinazione.
Poi l'uomo si stacca ed esce nel corridoio. Va a spegnere la luce. Bob
si alza e corre verso la porta, ma l'uomo lo intercetta mentre esce nel
corridoio. Due pugni allo stomaco mettono fine ad ogni velleita' di
fuga. Bob si piega in due e l'uomo lo prende per i capelli e lo
trascina nella stanza. Chiude la porta.
L'uomo lo sbatte sul letto, preme con una mano sulla sua schiena. Poi
Bob sente la punta del coltello sfiorargli la pelle, scendere lungo la
colonna vertebrale dal collo al culo.
“Orrendamente seviziati”. La frase, sentita in qualche commento
televisivo, rimbomba nelle orecchie di Bob. No! Non e' possibile. Bob
vorrebbe dibattersi, ma la punta del coltello lo paralizza. Deve
liberarsi, deve liberarsi in qualche modo.
La
punta del coltello e' arrivata agli slip, l'unico indumento che Bob
indossa. La punta si infila sotto la stoffa, poi si solleva a
lacerarla. Bob cerca di sfuggire alla presa del suo assassino, ma non
e' possibile. L'uomo ha messo le mani sui suoi fianchi e gli sfila
l'indumento strappato. Poi si china su di lui. Bob puo' sentire il suo
respiro.
- Hai un bel culo, piccolo. Un bel culo
e tra poco gusterai un bel cazzo. Questo buchetto - e l'uomo accarezza
con la mano l'apertura segreta - sta per aprirsi ad accogliere un
signor cazzo.
Bob non vuole questa violenza,
anche se ha spesso desiderato di conoscere il corpo di un uomo. Ma e'
soprattutto il terrore di cio' che seguira' a sconvolgerlo.
“Orrendamente seviziati”. No, non e' possibile, no! Deve liberarsi,
deve!
Bob ha le lacrime agli occhi. Non vuole morire, non vuole. Non questa fine orribile.
Il coltello dell'uomo gli accarezza il culo, scatenando nuove ondate di terrore.
Bob chiude gli occhi, come se potesse cosi' cancellare la realta'.
E poi c'e' un rumore forte, la porta spalancata con violenza. Bob
solleva la testa. Jason e' sulla soglia. Jason si getta in avanti. Il
peso che schiaccia Bob si moltiplica, la lotta avviene sul suo corpo.
Il cuore di Bob e' impazzito. L'uomo ha un coltello, sa usarlo, ha gia'
ucciso, ma Jason e' forte, e' un toro, purche' riesca ad avere la
meglio. Ci sono rumori di colpi, gemiti, grugniti. Poi il peso che lo
opprimeva scompare. Bob si solleva e si gira. Jason sta colpendo
l'uomo, che e' gia' in ginocchio, ma ancora stringe l'arma. C'e' un
rumore di ossa che si rompono quando Jason sferra un pugno sul naso
dell'uomo. Il coltello cade a terra. Jason se ne impadronisce. Poi
colpisce ancora l'uomo, che crolla al suolo.
Bob
si e' messo a sedere sul letto, sta piangendo, ma non se ne accorge.
Jason fruga nelle tasche dell'uomo, che geme, incapace di sollevarsi.
Ne tira fuori la chiave della manette.
- Voltati, Bob.
Bob obbedisce e Jason gli libera le mani, poi gli toglie il bavaglio.
Bob sputa fuori la palla che lo soffocava, guarda Jason ed il suo
pianto diventa convulso. Jason lo attira a se' e lo abbraccia, senza
perdere di vista l'uomo che boccheggia, steso a terra. La stretta calma
l'angoscia di Bob.
- Dobbiamo chiamare subito la polizia. Hai il cellulare, Bob?
Bob annuisce. Cerca di calmarsi. Respira a fondo, si stacca da Jason ed
esce nel corridoio. Raggiunge la propria camera e prende il telefonino,
ma non se la sente di telefonare. Torna da Jason e gli porge il
cellulare. Jason si e' seduto sull'uomo, che si sta riprendendo. Bob
rabbrividisce.
Jason telefona alla polizia.
Spiega che il maniaco ha assalito uno degli studenti del Providence
College e che lo hanno catturato.
- Vai tu ad aprire la porta, Bob? Te la senti?
Bob annuisce. Preferirebbe non farlo, non se la sente di stare lontano
da Jason, ma certamente non possono lasciare l'uomo da solo e rimanere
con lui sarebbe ancora peggio.
- Magari mettiti i pantaloni. Cosi' sei troppo sexy.
Jason sorride. Bob cerca di ricambiare il sorriso, poi esce, passa
nella sua camera per infilarsi i pantaloni e scende, barcollando. Gia'
sente la sirena della polizia, del tutto inutile nelle strade deserte,
ma catturare il maniaco e' davvero un colpo grosso: non vogliono
lasciarselo scappare.
Sono due auto, una terza
arriva poco dopo. Con voce ancora malferma Bob spiega l'accaduto,
mentre accompagna gli agenti da Jason, che sta bloccando le braccia
dell'uomo e lo tiene schiacciato a terra con il suo peso.
Quando gli agenti prendono il maniaco e lo ammanettano, Bob si stringe
a Jason e riprende a singhiozzare, ma ora Jason ha le mani libere, puo'
abbracciarlo, accarezzarlo, calmarne l'agitazione. Jason lo accompagna
in camera, Bob si mette una maglia e le scarpe e poi scendono. Anche
Jason finisce di vestirsi e salgono su un'auto della polizia.
Alla centrale di polizia rimangono un'ora. Bob e' piu' calmo, ora.
Parla un po' con il medico, ma non ha subito violenza, non ha ferite,
e' ancora sotto shock, ma preferisce non prendere niente. Il dottore
gli chiede se vuole passare la notte in ospedale, sotto osservazione,
ma Bob non vuole separarsi da Jason. Si sente tranquillo solo dove c'e'
lui. Il medico gli da' comunque due pastiglie di un tranquillante, se
dovesse essere preso da una crisi di panico.
Il
prigioniero si rifiuta di rispondere alle domande, ma dev'essere
davvero il maniaco. L'esame del DNA lo confermera', ma il suo
equipaggiamento, dal bavaglio al coltello, lascia ben pochi dubbi.
Jason spiega che si e' accorto che le luci nel corridoio erano accese,
perche' illuminavano il giardino di fronte al college. Si e' stupito,
perche' era passata almeno un'ora dal ritorno di Bob, che era andato
subito a dormire. Ha pensato che potesse essere Bob che si era alzato
per andare in bagno, ma ha preferito fare un giro di controllo. Nel
corridoio del piano di sotto una finestra era stata forzata. A questo
punto Jason si e' preoccupato ed e' salito rapidamente al piano di
sopra, temendo che qualcuno potesse essere entrato. Non ha pensato
subito al maniaco. Il corridoio non era piu' illuminato, ma ha visto la
luce filtrare sotto la porta di una stanza che doveva essere vuota ed
ha avuto la conferma che c'era qualche cosa di anomalo.
Quando la polizia congeda Bob e Jason, il commissario stringe la mano a Jason e gli dice:
- Complimenti, ragazzo. E' di giovani come te che ha bisogno questo
paese. E ti sei proprio meritato la ricompensa.
Jason sussulta, evidentemente non ci aveva pensato. Bob e' felice che
sia proprio Jason ad incassare quei soldi. Potra' smetterla di lavorare
per mantenersi agli studi.
Poi il commissario aggiunge:
- Cercate di riposare. Ai giornalisti non daremo il nome del college,
ma domani tutta l'America sapra' benissimo chi siete ed avrete la
stampa nazionale alle calcagna. Non so se riuscirai a tenerla a bada
come hai fatto con il maniaco, Jason!
La polizia
li riaccompagna al college. La stanza dove e' avvenuta la lotta e'
sigillata, ma il resto del college e' a loro disposizione.
- Te la senti di dormire in camera tua, Bob? Forse e' meglio se rimani da me, c'e' un letto matrimoniale.
Bob non ce la farebbe a rimanere da solo al piano di sopra. Non questa notte.
- Grazie, Jason. Sopra, proprio non me la sento.
Jason sorride e lo abbraccia. E' un abbraccio molto dolce, fraterno, ma Bob si sente ugualmente turbato.
L'appartamento del custode ha solo una stanza con un angolo cottura ed il bagno.
- Una doccia ed a nanna. E' quasi l'una.
Bob annuisce.
- Si', ho proprio bisogno di una doccia. Voglio togliermi di dosso l'odore di quello…
- Incomincia tu, allora.
Bob si spoglia in fretta, un po' imbarazzato dalla presenza di Jason.
E' abituato a spogliarsi davanti agli altri, dopo le attivita'
sportive, ma non di fronte a Jason: lui faceva solo rugby, ma ha
mollato, perche' il lavoro non gli lasciava piu' il tempo. Ora potra'
riprendere.
Bob si lava, prende l'asciugamano e ritorna nella stanza.
- Fatto.
Jason si e' gia' spogliato e si dirige verso il bagno. Bob ha la
visione di un corpo massiccio, alquanto peloso, di un grosso uccello
che si protende in avanti da una lussureggiante selva di peli. Bob si
sente la gola secca. Si mette ad asciugarsi, cercando di pensare ad
altro. Un'erezione in questo momento sarebbe alquanto imbarazzante.
Jason torna pochi minuti dopo. E' tutto bagnato.
- Ehi, manigoldo, quello e' l'unico asciugamano che ho. Hai finito?
Bob ride, per nascondere il suo nervosismo. Vedere Jason nudo lo turba.
- No, non te lo do, devi venirlo a prendere.
Jason sorride e dice:
- Ah si'? Puoi stare tranquillo che me lo prendo.
Jason si avvicina, Bob si mette l'asciugamano dietro la schiena. Jason
e' di fronte a lui, si sporge in avanti per prendere l'asciugamano, ma
Bob lo alza con le due mani. Jason e' piu' basso di Bob, deve mettersi
in punta di piedi per afferrare un lembo del tessuto. I loro corpi si
sfiorano e Bob sente che lo stomaco gli si contrae. Abbassa le mani e
nuovamente nasconde l'asciugamano dietro di se', ma Jason lo blocca con
le braccia e si impadronisce del trofeo.
- Infame, rubare un asciugamano ad un povero studente-lavoratore.
Jason sorride, mentre le sue braccia si ritirano, ma anche lui e' un
po' impacciato. I loro visi sono vicini. Si guardano negli occhi. Bob
china un po' la testa, vorrebbe baciare Jason, ma non osa.
E' Jason a prendere l'iniziativa, a poggiargli le mani sulle guance, a
guardarlo fisso negli occhi e, quando Bob infine gli sorride, a
baciarlo sulla bocca. Bob ricambia il bacio. Ha baciato qualche
ragazza, ma mai un maschio. Ed e' tutta un'altra cosa, non e' un
obbligo da assolvere per dimostrare a se stesso ed agli altri di essere
davvero un uomo, e' piacere, piacere puro, debordante, violento.
Jason schiude le labbra e la sua lingua sfiora le labbra di Bob, si
infila nella bocca, che si apre. Le braccia di Jason scendono a
stringere il corpo di Bob, a farlo aderire al proprio. Ora sono uno
contro l'altro, si baciano, si stringono, si accarezzano.
Le mani di Jason scorrono lungo la schiena di Bob, l'accarezzano,
sfiorano appena il culo, un po' timorose, scendono lungo le cosce.
Le loro bocche si staccano. Jason mormora:
- Mi sei sempre piaciuto un casino, Bob.
E Jason arrossisce. E' strano vedere il rossore su quel viso largo e
dai tratti robusti, ricoperto da una fitta barba scura: e' il viso di
un uomo, forte e conscio della sua forza.
Bob e' sopraffatto dalla vergogna. Riesce a mormorare:
- Anche tu, Jason.
Si baciano ancora. Bob e' incerto, non e' mai andato oltre un bacio. Sente il bisogno di dirlo:
- Jason… e'… non l'ho mai fatto prima.
E poi si rende conto che Jason non gli ha mica detto che vuole fare
qualche cosa, si sono soltanto baciati. Vero e' che sono tutti e due
nudi, stretti l'uno contro l'altro, con l'uccello in tiro, che sembrano
due satiri. Difficile che adesso si dicano buona notte e si mettano a
dormire come due bambini.
Jason sorride, un
sorriso dolcissimo, il sorriso dell'uomo esperto che sa guidare un
principiante lungo un percorso irto di difficolta'. Poi dice:
- Neanch'io, Bob.
Bob rimane di sale, ma poi, mentre Jason lo bacia di nuovo, si dice che
e' contento, che e' meglio cosi', vuole essere il primo uomo di Jason,
come Jason sara' il suo primo uomo. E vagamente si dice che vorrebbe
anche essere l'ultimo uomo di Jason, perche' gli piacerebbe che loro
due potessero rimanere insieme per tutta la vita. Sta correndo un po'
troppo, gioca con la fantasia, lo sa, ma sognare fa bene.
Jason scivola in ginocchio davanti a lui, gli appoggia le mani sul culo
e contempla l'attrezzo di Bob, rigido ed impaziente. Jason alza gli
occhi su Bob, gli sorride e dice:
- C'e' sempre una prima volta.
Ed accoglie in bocca l'arma. Bob sussulta. C'e' sempre una prima volta,
ma la sensazione e' violentissima, lo stordisce. Le labbra di Jason, la
sua lingua sulla cappella, Jason che succhia, sara' la prima volta,
come no, della parola di Jason Bob non dubita, non puo' fare confronti,
ma se questa e' la prima volta, che cosa sara' in grado di fare Jason
quando avra' preso la mano?
Bob passa la mano
tra i capelli di Jason. Sono tagliati molto corti, come la barba,
solleticano i polpastrelli di Bob. Ma dal suo ventre sale un piacere,
che prima sussurra, poi parla ad alta voce e lo assorda. Bob chiude gli
occhi, abbandonandosi a quella musica che gli riempie le orecchie, che
risuona in ogni fibra del suo corpo, che si rinnova in infinite
variazioni di uno stesso tema. La bocca di Jason e' uno strumento
divino, che risveglia ogni armonia nascosta nel corpo di Bob,
facendogli elevare al cielo un inno di gioia. Ed infine il piacere si
scioglie in un grido.
- Jason, mio Dio, Jason!
Non ha fatto in tempo ad avvisarlo. Jason non si e' ritratto, ha
bevuto. Continua a leccargli l'uccello con la lingua.
- Jason! Scusa, non ho fatto in tempo…
Bob si vergogna. Di non essere riuscito ad avvisare Jason, di essere venuto in fretta.
Jason rimane in ginocchio davanti a lui. Gli sorride.
- Non e' cattivo il gusto. Non l'avevo mai assaggiato. Quello di un altro, intendo, il mio si'.
Jason sorride. Poi si alza e bacia ancora Bob sulla bocca. Gli afferra il culo con le mani e lo stringe.
- Bob…
Esita e di nuovo arrossisce.
Bob crede di capire e sussurra:
- Tutto quello che vuoi, Jason.
Jason lo guarda negli occhi e sorride.
- Stenditi sul letto.
Bob si mette a pancia in giu' sul lenzuolo e divarica le gambe.
Bob ha un po' di paura, anche se le mani che gli accarezzano la schiena
sono delicate. Jason si stende su di lui, gli sbaciucchia un po' il
collo e la schiena, poi li mordicchia. Bob pensa che e' bello sentire
il peso del corpo di Jason sul suo.
Jason
adesso si sposta, le sue mani sono sul culo di Bob, la sua bocca
riprende a lavorare a quell'altezza, piccoli baci e morsi, piu' decisi
ora, con evidente soddisfazione di entrambi. Bob geme, ma e' bello
sentire quei denti che gli martoriano la carne.
Jason fa colare un po' di saliva lungo il solco, poi la sparge con un
dito. Incomincia a premere contro l'apertura, che oppone resistenza, ma
dopo un po' cede ed accoglie il dito. Bob si tende, poi si rilassa.
Jason ripete l'operazione e questa volta Bob si sente meno teso, gli
sembra che sia piu' facile. Jason stuzzica ancora un po' il buchetto,
affonda i denti nel culo di Bob, poi lo accarezza con una bella
linguata. Adesso la sua lingua scorre lungo il solco, indugia sul
buchetto, lubrifica ancora.
Infine Jason si stende su Bob e gli sussurra:
- Se ti faccio male, dimmelo.
Bob sente la pressione contro la sua carne. E' bello avvertirla. La
pressione aumenta lentamente. Bob si tende. Jason gli accarezza il capo
e gli mormora:
- Tutto bene?
- Si', tutto bene.
E' vero. C'e' il dolore, anche, ma e' poco piu' di un fastidio ed e'
cosi' bello sentire l'uccello vigoroso di Jason che si fa strada con
una lentezza infinita dentro di lui. Ogni tanto l'ospite si ferma,
timoroso di disturbare, poi riprende confidenza ed avanza nuovamente e
tutto il corpo di Bob freme di piacere.
Ora Jason
e' arrivato al fondo. Le sue mani giocano un po' con i capelli di Bob,
le sue labbra gli baciano la nuca, poi Jason incomincia a lavorare il
terreno. Prima si muove piano, poi il ritmo accelera ed i colpi
diventano piu' forti. Bob avverte il dolore, ma anche un piacere nuovo,
che nasce da dentro e si irradia dal suo culo. Chiude gli occhi,
mormora un “Si'!” di cui si vergogna e geme, mentre una mano di Jason
gli accarezza la testa, una carezza rude.
Ora
Jason procede con energia ed a Bob sembra che quei colpi lo squassino,
ma e' cosi' piacevole sentirli dentro, un po' doloroso, ma bellissimo.
Vorrebbe che Jason non smettesse mai, ma Jason ha vent'anni e
l'eccitazione e' troppo forte.
Jason emette un
suono strozzato ed il suo seme si sparge dentro Bob. Poi le sue braccia
stringono il corpo dell'amico e la sua bocca morde leggermente la nuca.
- Com'e' stato, Bob? Ti ho fatto male?
- Poco, ma e' stato bellissimo, bellissimo. Rimani dentro di me, Jason, e' cosi' bello sentirlo dentro.
Bob ha pensato che e' bello avere il cazzo di Jason in culo, ma non osa
dirlo con queste parole, che in un'altra occasione userebbe senza
difficolta', come tutti. Ma non ora, gli sembra che ci sia uno scarto
tra la dolcezza della sua prima volta e quei termini, si vergognerebbe.
Jason gli passa un braccio sotto e si volta di lato. Ora sono tutti e
due stesi su un fianco, i loro corpi uniti.
- Che bello, Bob, non pensavo che potesse succedere.
- Neanch'io, non avrei mai osato dirti che mi piacevi.
- Non ti avrei certo detto di no.
E la bocca di Jason si posa ancora sul collo di Bob, mentre una mano
impudente scivola in basso ed avvolge l'uccello, che sta rialzando la
testa. Il contatto con quella mano accelera un'evoluzione gia' in atto
e l'arma si mette in posizione di tiro.
Jason ridacchia:
- Un cazzo davvero sfrontato, ad alzare la testa in questo modo.
E' bello sentire Jason dire “cazzo”. Bob sorride e risponde a tono:
- Sfrontato? E la tua mano, che cosa fa, quella, invece di stare al suo posto?
Che cosa fa la mano, e' chiarissimo: accarezza con dolcezza l'uccello,
da' una grattatina alle palle, poi risale per stuzzicare, sfregare,
avvolgere. Una mano davvero sfacciata. E non c'e' solo la mano, perche'
anche dentro il culo di Bob stanno avvenendo delle cose: la pressione
aumenta, c'e' qualche cosa che dilata le viscere di Bob.
- Al suo posto? Mi sembra che sia al suo posto. O vorresti che fosse da
un'altra parte? Adesso magari mi dirai che vorresti che anche il mio
cazzo fosse da un'altra parte.
Bob non si
sognerebbe mai di pensare una cosa del genere, tanto meno di dirla. Il
cazzo di Jason e' al posto giusto, al massimo potrebbe stare nella sua
bocca, invece che nel suo culo, ma per questo c'e' tempo, la notte e'
ancora lunga.
Jason incomincia a muovere il culo,
spingendo in avanti e poi arretrando, mentre la sua mano prosegue con
il lavoro avviato. Jason e' molto serio nel lavoro, lo sanno tutti, e
Bob chiude gli occhi, abbandonandosi continuamente alle sensazioni che
gli trasmettono la mano ed il cazzo di Jason. Non saprebbe dire quale
piacere e' piu' forte, quale sensazione sia piu' intensa. Lascia che il
vortice lo risucchi verso il fondo, mentre la realta' scompare e tutto
il suo corpo si dissolve in puro godimento.
Questa volta vengono quasi insieme: Bob un attimo prima, spargendo il
seme nella mano di Jason; Jason subito dopo, ancora una volta dentro il
culo di Bob.
Prima di abbandonarsi al sonno, stretti uno all'altro, Bob e Jason sperimentano alcune varianti.
Quando
la sveglia suona, Bob si alza a malincuore e rischia di perdere di
nuovo l'autobus, perche' non riesce a staccarsi da Jason. Parte
mugugnando: non vede l'ora che la settimana di vacanza finisca, per
tornare al college. Dovrebbero esserci piu' lezioni e meno
vacanze.
Ferdinando Neri
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