ORSI ITALIANI MAGAZINE




ATTENZIONE / NOTICE

Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni

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Dieci in squadra

Un racconto di Orsardo


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Lo scorso anno, quando ancora con metodicità e periodicità inviava costanti racconti, Alexandros202 ne aveva scritto uno su ”Cablatura a fibre ottiche”.
Chi ha seguito i suoi racconti e si è dilettato come me per l’arguzia delle sue annotazioni, per la solarità dei contesti, per la profondità psicologica dei suoi protagonisti, si è dispiaciuto, proprio come succede a me, che altri interessi (sessuali, di cuore, di lavoro?) siano entrati nella sua vita e lo abbiano distratto da un compito che era un piacere per tutti.

Anche questo scritto era bello come tutti i suoi e raccontava di un incontro vissuto con un operaio diciottenne che, appunto, stava posando i cavi nella strada davanti alla sua casa.

Da qualche tempo stanno lavorando nella mia zona per questo tipo di impianti. Subito ho pensato a lui e alla sua storia: ho controllato anche se il tipo morfologico degli operai fosse lo stesso.

Manco per niente: da lui erano tutti vecchiotti e panzuti ad eccezione di uno, il prescelto. Diciotto anni, fisico da sballo, occhi blu, biondo.

Qui, invece, ci sono una decina di bergamaschi, ben piazzati anche se rivestiti da orribili tute color arancio con strisce orizzontali fosforescenti.

Li comanda un giovane alto, biondo con pizzo e con uno sguardo profondo.

Mi sono soffermato spesso, in questi giorni, a rimirarmelo: difficilmente si vede un ragazzo bello come questo!

Benché ingoffito dalla tuta orribile, ne sortisce splendente per le spalle muscolose e ampie che potrebbero fare invidia a qualsiasi culturista; muovendo le braccia nel lavoro fa guizzare muscoli che riempiono, tendendolo, il tessuto delle ampie maniche o, se si china per sollevare con facilità un peso, i pantaloni si tendono facendo rilevare il bordo degli slip che avvolgono un sedere tondo, forte, muscoloso. Ripeto, una meraviglia.

Ostenta anche una vera lucida, lucida: probabilmente è sposato da poco e questa brilla ancora, nuova e gialla.

Anche gli altri sono veramente dei gran bei figlioli: ci sono due fratelli, molto simili. Lavorano sempre in coppia, aiutandosi l’un l’altro, al punto che se non si somigliassero tanto si potrebbe pensare ad una coppia d’amanti.

Un altro è castano, alto quasi come il capo, mani grandi, braccia forti, gambe muscolose: guardandolo, il pensiero corre ad Ercole.

Poi ce n’è uno che sembra basso rispetto agli altri, ma è sul metro e settanta, capelli rasati, baffi lunghi alla “Gengis Khan”, è molto ben fatto e caloroso: anche se piove ha sempre la maglietta a maniche corte che scoprono braccia abituate al lavoro che spereresti possano cingerti, accarezzarti.

Un altro, anche lui col pizzo, biondo, i lunghi capelli trattenuti a coda, il petto ricoperto da un pelo corto e fitto; ha occhi profondi e curiosi: quando ti guarda, sembra che ti spoglino.

Un altro è moro, baffi e barbetta disegnata: è quello che mi piace meno, ha profonde occhiaie e gli occhi cerchiati di blu. O non sta troppo bene o si fa troppe seghe! Con lui, in coppia, c’è un moro, forte come un torello: è sempre allegro e lo prende in giro, gli dà spintoni, cerca di farlo sorridere. L’altro si schermisce e finge di colpirlo, ma in fondo si vede che son proprio amici!

C’è anche un ragazzino, o, meglio, tutti lo trattano come se lo fosse, anche se avrà un trent’anni, solo che ha un faccino angelico, quasi senza barba, due occhioni azzurri sempre meravigliati… è un po’ la mascotte e ci giocano un po’ tutti.

C’è un altro biondo che, sebbene sia meridionale, è ben inserito nel gruppo. Si capisce che viene dal sud perché spesso si fa ripetere le frasi in dialetto che gli altri si scambiano.

Infine, l’ultimo: è addetto alla scavatrice, è un marocchino sui quarant’anni, sempre serio, forse perché per lui gli ordini che il capo impartisce sono proprio in una lingua sconosciuta: se già è difficile l’italiano, ora deve capire il bergamasco, quindi, con la scusa di non sentire a causa del rumore che lui stesso produce, si fa ripetere ogni cosa.

Oggi, finalmente, hanno cominciato a lavorare sul marciapiede sotto casa mia, così passo un sacco di tempo alla finestra, fingendo d’interessarmi ai lavori, ma guardando un po’ tutti gli operai e, in particolare, sbavando per il capo.

Ruspe, scavatrici, martelli pneumatici, frese, picconi e mazze sono entrate in azione: fanno solchi, asportano asfalto e pavimentazione stradale, scavano facendo trincee e posano enormi e lunghissimi tubi di color verde-erba.

Nel veder spostare e maneggiare con tanta destrezza e maestria questi lunghi serpenti ti vien di pensare che quelle mani sapienti saprebbero (e potrebbero!) maneggiare ben altri serpenti!

Anche se il frastuono è incessante e insopportabile, per me è diventato quasi una musica di cui gli orchestrali sono loro e il maestro è Rinaldo, il caposquadra.

Ogni tanto esco e mi fermo a scambiare qualche parola, m’interesso del loro lavoro e mi meraviglio come riescano a fare sforzi così grandi, come siano esperti nello scavare, come muovano con tanta leggerezza frese e scavatrici.

Rinaldo, poi, è veramente un mago: usa le attrezzature con una tal bravura che sembra muova forchetta e cucchiaio, piuttosto che benne e scavatori. E’ uno spettacolo: si vede che ama questo lavoro come poche volte ho visto fare. Salta, piroetta, si muove con leggerezza spostando il suo gran corpo come un balerino della Scala.

Infondendomi coraggio, l’ho invitato al bar: è cordiale, aperto, gentile. Il gigante delle favole!

Consumato l’aperitivo bisogna tornare al lavoro, ma insiste perché vuole ricambiare … è una piccola vittoria, che mi fa felice! Quando?, non lo sa… ma sì, va bene stasera! Ma finiscono presto, alle cinque …

“Sai cosa facciamo, vieni a prenderlo da me e, domani, ricambierai al bar!” tento, sperando in un sì che, dopo una piccola pausa, mi arriva. “Devo avvertire mia moglie, ma non ci sono problemi: oggi sono venuto giù in moto perché devo fare delle compere, così gli altri possono tornare da soli.”  L’impresa appaltatrice è di un paesino vicino a Bergamo e vengono tutti insieme con il pulmino della ditta.

Le ore passano lentamente, il frastuono impera e mi tiene attento ai lavori. Ad un certo punto mentre spio il guizzare leggiadro dei suoi muscoli, Rinaldo alza gli occhi, mi vede e si scioglie in un sorriso bellissimo. Seppure mi senta come scoperto a spiarlo, quel sorriso mi fa un gran piacere.

Ho preparato tutto per l’incontro: la musica di sottofondo, diverse bottiglie di alcolici, il secchiello col ghiaccio, le tartine preparate con le mie mani … e le cinque, che non arrivano mai!

Finalmente, squilla il campanello: quando apro la porta, lui sta togliendosi la tuta sul pianerottolo “per non sporcare!”

Lo faccio entrare, finisce di uscire dall’involucro arancione, è in jeans e maglietta: i due capi seguono, gonfiandosi, le linee splendide del suo corpo. Si è tolto anche gli scarponi: gli offro le pantofole. Mi guarda, grato.

E’ un po’ imbarazzato, intimidito… non sa come muoversi in mezzo a mobili antichi, quadri e statue… cerco di metterlo a suo agio, bevo lo stesso aperitivo da lui scelto e assaggio una tartina come la sua, m’interesso del suo paese, poi di sua moglie. Deve comprarle un borsa, perché domani è il suo compleanno, ma non sa dove andare, cosa scegliere… “Se vuoi, t’accompagno io!” “Ma no! Non vorrai andare in giro con uno tutto sporco come me!”

Io con uno come te andrei in capo al mondo, penso rispondendo: “A me, non me ne frega… ma, se vuoi, puoi farti una doccia e, poi, andiamo.”  Sta per acconsentire, ma si tocca la maglia in un punto in cui c’è una grande macchia di grasso “No, no! son sporco!”

Mi alzo e gli porto una camicia, tra le più grandi che ho. Accarezza lievemente con le dita il tessuto, se l’appoggia davanti per vedere se gli sta. La camicia di lino è color blu intenso e fa risaltare l’abbronzatura della pelle e il color del grano dei capelli. “Me la presti?” “Se ti piace, te la regalo!”

“No, no! Se vuoi prestarmela… poi te la faccio lavare e te la…” Ma lo sospingo con dolcezza verso il bagno: ubbidisce. Mentre comincia a spogliarsi, apro l’acqua della vasca e le lente volute di vapore cominciano ad avvolgerlo.

Gli porto gli asciugamani: lui è lì, con solo gli slip, in piedi che guarda la vasca riempirsi. Così ho la possibilità di guardarmelo tutto: la pelle color della luna diventa improvvisamente ambrata sugli avambracci e sul collo per il suo lungo sostare all’aria aperta. I muscoli di braccia, gambe e petto sono adornati da una peluria giallo-oro. Il tutto è una meraviglia!

Vado di là per riprendermi e per non saltargli addosso.

Poi torno con un vaso di sali odorosi di fiori: non lo guardo per non dover ricorrere io ai sali, ma a quelli per rianimarsi!

Mentre esco di nuovo, con la coda dell’occhio, vedo che si sta immergendo nella vasca.

Son fuori e tutto il mio cervello va alla ricerca di un’altra scusa per rientrare. Niente… non so più a che santo votarmi... Deve esistere, invece, un santo protettore dei gay arrapati: driiin, suona il suo telefonino, glielo porto e mentre risponde alla moglie, mi siedo sul bordo della vasca e me lo guardo. Risponde a monosillabi, le assicura che è in un negozio e che è per questo che lei non sente rumori… (quando un uomo mente per me, mi fa sempre piacere!)

E’ imbarazzato dalla mia presenza, gli faccio cenno se vuole che me ne vada. Fa cenno di no e velocemente finisce, con un “bacetto-bacetto”, la telefonata.

Gli tolgo il cellulare, ma non mi muovo. Lo faccio parlare, mentre continua a insaponarsi. Cercando di ripescare tutta la mia naturalezza, poso il telefono e gli insapono con la spugna la schiena: ci so fare, lo so!

Lui socchiude gli occhi come un gatto, io passo sotto le ascelle, sui pettorali, sul collo … gli passo una mano dietro come per farlo alzare. E si alza! Mano e spugna cominciano a danzare sul suo corpo. Arrivo ai glutei, alle cosce, provo a farlo girare e si volta in tutta la sua perfetta nudità: gli occhi sono rigorosamente chiusi, come se, non vedendo, non ci fosse neppure lui, qui, sotto le mie esperte carezze.

Risalgo le cosce, vado al ventre senza sfiorare il gran membro, floscio e appoggiato su una morbida sacca rivestita di peli biondi. Dopo il ventre l’addome, i pettorali e, lì, insisto sui capezzoli che, presto, si ergono rosei. Dò un’occhiata giù: mi pare che anche da “quelle” parti ci siano movimenti. Allora scendo: di nuovo l’addome, il ventre e, finalmente, il sesso. Appena glielo tocco, si ritrae un po’, ma rimane nella stessa posizione, lascia fare. E, io, faccio!

Ben presto, come succede quando s’immette l’elio in una mongolfiera, tra le mani mi si gonfia un meraviglioso e gigantesco uccello che mi fa sognare di volare nei paradisi del sesso!

Insisto.

E lui, fermo, gli occhi rigorosamente chiusi, sospira.

Gli tolgo il sapone e me lo guardo… una dimensione notevole e una forma perfetta! Il prepuzio è scivolato intorno al glande teso, color della prugna: mi eccita… non resisto e comincio a umettarlo con la lingua, a baciarlo, a leccarlo…

Lui sospira rumorosamente, con gli occhi sempre chiusi e le braccia, inerti, lungo il corpo.

Risalgo, saettandolo con la lingua, all’ombelico, poi seguo il sentierino biondo dei peli e arrivo ai pettorali, ai capezzoli.

Si contorce, ma non si ritrae.

Glieli mordicchio, grugnisce rimanendo in offerta alla mia bocca e ai miei denti.

Inserisco la punta della lingua nell’ascella: subito alza il braccio e io affondo naso e bocca tra i peli: ha un buon odore di maschio e di sudore.

Lo mordo, sempre un po’ più forte, mentre lui cerca di divincolarsi, mi prende la testa e la avvicina al suo viso. Un piccolo bacio a fior di labbra è preludio ad un altro ben più sensuale e profondo. Le lingue impazziscono in una danza di fuoco. Ci stringiamo fin quasi a farsi male. Le mani accarezzano i nostri corpi, le gambe si strusciano, il mio sesso, seppure ancora imprigionato dai pantaloni, urta contro il suo.

E, lui, ha gli occhi ancora chiusi.

Torno al suo pene: gocce di liquido gli decorano la punta. Le succhio, prima di ricominciare a percorrere tutta l’asta con labbra di fuoco. Questa volta sento che mi guarda, mentre mi accarezza i capelli, mentre mi palpa i muscoli, mentre mi fa cadere i calzoni e inizia a masturbarmi. I suoi rantoli sono una piacevolissima musica! A volte s’attenuano, a volte s’intensificano.

Quando, improvviso come il colpo della grancassa, nel silenzio esplode: urla ed emette lunghi getti di caldissimo nettare. Poi mi stringe, mi stringe… e “Cosa mi hai fatto fare!” mi rimprovera.

Prende l’asciugamano, ma vede la mia eccitazione, allora si siede sul bordo della vasca, mi fa sedere sulla sua coscia e, con dolcezza, come se io fossi un bambino, inizia lentamente a masturbarmi.

Cerco la sua bocca e, mentre di nuovo le lingue impazziscono, gli vengo in mano. La guarda, curioso, poi la sciacqua nell’acqua, si asciuga, si veste.

E’ come se non fosse successo nulla, parla di dove dobbiamo andare, del regalo da prendere… io son lì, come uno pirla, che lo seguo cogli occhi, seduto e nudo.

La camicia gli sta veramente bene: son molti gli occhi che si girano a guardarlo! Son molti e alcuni sguardi sono di uomini! Mi fa piacere camminare con lui e sentire l’invidia degli altri!

Stamane mi sono alzato presto, per vederlo arrivare: è lui che guida. Appena parcheggiato, scende e comincia subito a dar ordini. Ma sente che lo spio, si gira, mi elargisce il suo più bel sorriso e mi grida “Le è piaciuta!” E’ contento, in fondo la scelta della borsa l’ho fatta io!

Ricomincia il frastuono, forse anche più forte. Dopo un paio d’ore, proprio quando mi sembra di cominciare ad abituarmi, si fa silenzio: una pioggia fitta, costante, a tratti torrenziale li ha costretti a ripararsi alla meno peggio sotto cornicioni e balconi. Sono tutti bagnati, intirizziti… mi fanno pena. Chiamo forte Rinaldo e gli dico di venire tutti su. Non vorrebbe, ma gli altri lo costringono ad accettare… Dieci meravigliosi stalloni tutti in casa mia! Che meraviglia …

A mano a mano che entrano si presentano, lasciano nell’ingresso le grosse scarpe sporche e cercano di non sporcare.

Dico a tutti di togliersi le tute, mentre accendo il camino. Poi, distribuisco asciugamani e preparo caffè e the che tutti beviamo insieme. Senza le tute, posso ammirarli bene: anche il marocchino, che mi sembrava il meno bello, ha degli occhi splendidi, neri e profondi, un sorriso malandrino e un pacco così!

Ma il pacco più grande, veramente proprio fuori norma, ce l’ha Mario, quello alto, con le occhiaie.

E, fortunatamente, proprio lui si versa addosso il caffè!

Non demordo dal fatto che se li deve togliere, in modo che glieli lavi io, i pantaloni. Anche i compagni insistono: forse son tutti un po’ curiosi di vederglielo e, quando finalmente rimane in slip, mostruosamente deformati, tutti rimangono in silenzio.

Solo Gianni, il torello che fa sempre coppia con lui, comincia a stuzzicarlo, a fare allusioni, a scherzare… io sono ammutolito, non so cosa sperare e, quando Gianni per fargli uno scherzo, gli abbassa le mutande, tutti gli occhi sono puntati lì, a invidiare quella lunga proboscide rosea.

Mentre, incavolato si riveste, Mario gli lancia parolacce, poi mi chiede se può andare in bagno: glielo mostro mentre metto i pantaloni in lavatrice.

Sono curioso, e anche un po’ troia, così attraverso il buco della serratura lo spio e vedo che si sta masturbando: entro e glielo prendo in bocca subito, o meglio faccio quel che posso, viste le dimensioni!

Lui spinge in avanti il pube, accettandomi. Non è un gran pompino, ma gode e io m’affretto ad andar di là, dagli ospiti.

Stanno parlando del tempo schifoso e di come faranno a continuare, poi, con il terreno che sembra una palude.

Lancio l’idea che, finché piove, possono rimanere qui: faccio una spaghettata e stiamo tutti insieme.

Sebbene Rinaldo non voglia perché non mi devo disturbare, comincio a preparare, mentre loro spaparanzati un po’ ovunque accendono il tv.

Angelo, il ragazzino, si offre d’aiutarmi in cucina… quando “incidentalmente” lo tocco sulla patta, lui diventa rosso e mi pare abbia un inizio d’eccitazione.

Glielo tocco: è quasi duro. Chiusa la porta, gli abbasso i pantaloni e inizio a portarlo all’ultimo cielo, come mi sussurra lui: quando sta per venire, insiste nel versare tutto il suo nettare nel sugo di pomodorini freschi che sto preparando. Forse è la sua vendetta per tutte le angherie che gli han sempre fatto tutti!

Vado in soggiorno per offrire un buon vinello nell’attesa del pasto: Mario tiene attorno ai fianchi un asciugamano, nessuno lo prende più in giro, tutti seguono ridacchiando il programma televisivo.

Ma non c’è due senza tre! continuo a pensare, mentre me li passo in rassegna per vedere a chi potrei fare il servizietto… Non so proprio chi scegliere, né cosa inventare! 

Ma volere è potere!

“Devo scendere in cantina a prendere dell’altro vino: c’è qualcuno che vuole aiutarmi?” Rinaldo fa per alzarsi, ma Giorgio, il mio Ercole, è già in piedi accanto a me… sento lo sguardo di Rinaldo seguirci… che volesse ancora?

L’ascensore è piccolo e sento il suo odore… gli sorrido, cercando un possibile approccio… “Rinaldo m’ha detto che l’hai fatto godere …“ mi dice prendendomi la mano e appoggiandola sulla sua eccitazione.

Gli scendo la zip e libero la sua virilità: non è molto grosso, ma è pulito, roseo, voglioso.

Mentre m’abbasso per accoglierlo in bocca, Giorgio preme il bottone dell’ultimo piano e mentre inizio il mio “sali e scendi”, lui continua a fare andare l’ascensore dal settimo al piano terra e viceversa.

Esplode, rantolando, in un getto buono, dolce e amaro allo stesso tempo.

Entrando con la cassetta di vino, Rinaldo mi aiuta, ma mi guarda in fondo agli occhi: sa che cosa ho fatto. Si vede che è pentito della confidenza all’amico… forse è geloso…

In cucina, allontana Angelo, mi sbatte contro la parete e mi bacia. “Domani sera, mi fermo da te!” E’ un ordine, quasi una promessa di punizione.

M’illumino del mio più bel sorriso e “A tavola!” grido per raccoglierli tutti intorno agli spaghetti fumanti.

Mi schermisco per i complimenti generali, aggiungendo che se è così buona lo si deve all’aggiunta segreta che ha fatto Angelo: è un vero maestro in cucina.

Tutti vogliono sapere, ma lui si rinserra nelle spalle, con le gote rosse.

E’ stato un vero piacere averli qui: ora che tra le nuvole sparuti raggi di sole occhieggiano, sono tutti giù in strada, impantanati nel fango a smoccolare. Ogni tanto qualcuno alza lo sguardo, mi invia un sorriso, mi strizza l’occhio, mi fa un cenno di saluto. Che squadra meravigliosa e che splendido capo!

Selam, il marocchino, mi urla “Mio maglione in casa tua!”  Lo cerco e faccio per gettarglielo dalla finestra, ma non c’è più: dev’essere venuto su a prenderlo.

O a darmelo? Che Rinaldo l’abbia detto a tutti?

Entra sicuro in casa, fa qualche passo massaggiandosi il basso ventre mentre mi perfora con il suo sguardo di carbone.

Al mio sorriso, si abbassa i pantaloni, scoprendo uno strano uccello, violaceo, lungo, nerboruto, coperto di grosse vene e tutto piegato a destra.

Mentre dò inizio al lavoro di bocca, lui mi arpiona il sedere, mi palpa tra le natiche, m’inserisce un dito… ma non voglio, se devo farlo sarà con Rinaldo. Tiro fuori tutta la mia arte e lo faccio velocemente venire. Se ne va senza una parola, non molto contento.

E, quattro! Me ne mancano solo cinque e poi ho fatto l’en plein!

Ma non succede più niente … sono proprio sfortunato! Domani sera, però, c’è Rinaldo e con lui mi rifarò.

Stamattina è ancora coperto, fa quasi freddo: in strada i lavori continuano, anche se ne manca uno: uno dei fratelli non è presente, l’altro mi dice che ha dovuto andare per delle faccende burocratiche.

“Ma sta bene! Certo! Sì, grazie! Un caffè lo prendo volentieri …” Finge d’andare al bar, non si fa vedere dagli altri e vien su.

Gli son grato perché non voglio che Rinaldo si faccia una cattiva idea di me: in fondo, quello che ho fatto è stato per accontentarli: io sono tutto e solo per lui, per il mio gigante biondo!

Quando se ne va, Alberto mi ringrazia: è l’unico che l’ha fatto, per gli altri tutto era dovuto.

Mi lascio andare e gli chiedo se Rinaldo aveva detto qualcosa e, lui, con un po’ di reticenza, racconta che qualcuno l’aveva preso in giro perché era salito da me e lui aveva sbottato che, però, s’era divertito tanto!

Per questo, un po’ tutti avevano detto di voler provare… anche se, e lui lo sapeva bene!, alcuni non erano nuovi, l’avevano già fatto!

“Chi?” m’affretto a chiedere. “A volte, tornando, ci fermiamo ad una certa piazzola dell’autostrada e qualcuno sta un po’ troppo nei bagni. Allora abbiamo capito che lì c’è movimento e, a turno, qualcuno si va a far fare.”

“Anche tu?”

“Una volta sola: io e mio fratello insieme!”

“E chi, degli altri?”

“Rinaldo, mai! Per questo s’è vantato di te! Invece Mario ci va spesso e anche Uberto e Ado.”

Uberto è quello colla coda di cavallo e Ado è il suo amico moro.

“Me li mandi su, con una scusa?

Quando suonano, hanno già la faccia maliziosa, sanno bene cosa sono venuti a fare …

Il lettone ci accoglie, nudi, tutti e tre e diamo inizio a una veloce, ma succulenta, schermaglia. Si vede che a loro la cosa piace, si toccano anche fra di loro … Sono abituati a giocar con i loro uccelli!

Quando vengono, quasi contemporaneamente, mi spalmano addosso, con le forti dita, il loro seme! Se ne vanno allegri … ma, chi mi manca, ora?

Penso sotto lo scroscio della doccia. Il fratello che non c’è e me lo farò domani … ora tocca a Salvatore, il napoletano, e a Giacomo, quello coi capelli rasati.

Sto pensando a chi chiamar su, quando suona il campanello: è Alberto con il fratello: “Ha già finito l’impegno e ho pensato di venire a trovarti …”

Entrano e mentre Alberto si accomoda in poltrona proprio davanti a noi, cominciamo a far l’amore. E’ come se l’eccitazione aumentasse sotto lo sguardo eccitato del fratello: è un tornado, è anche più caldo dell’altro … quando me lo prende in bocca, vedo Alberto che si masturba con foga. Alla fine, veniamo insieme tutti e tre!

Avvertito da Alberto, Giacomo, dai capelli rasati, suona alla porta. Ormai non c’è bisogno di doppisensi, sappiamo sia io sia lui che cosa dobbiamo fare. Se lo tira fuori, è grosso ma con il prepuzio che non scende. Per lui è un po’ doloroso, ma ha voglia e ben presto si soddisfa. Andando, soggiunge “Che, ti devo mandare anche Paolo?” Non rispondo, ma sa che è un sì.

Mi faccio un’altra doccia, quest’ultimo incontro è stato arido, vuoto… Infilandomi l’accappatoio, mi accorgo che Paolo è già entrato: ha suonato e, non avendo risposta, è venuto a cercarmi. Si spoglia anche lui, mi fa scivolare l’accappatoio ai piedi, si avventa su un capezzolo, mentre contro il ventre preme, voglioso, il suo sesso.

Si china a prendermelo tra le labbra. Lo spingo sul letto e anch’io l’imbocco… Quando mi guarda, la malizia e il piacere si miscelano in dolcissimi e voluttuosi sguardi. Baci, carezze, coccole si susseguono. Come mi piacerebbe che Rinaldo fosse bravo come lui …

Con Paolo le cose si protraggono. E’ bravo e gli piace molto far l’amore. Ma, improvvisamente, si sente un fischio lungo, prolungato … Paolo guarda l’ora: deve scappare, è tardi … impugna l’uccello, lo agita velocemente e mi spruzza in viso tutta la sua voglia.

Sotto la doccia, per la terza volta, faccio il bilancio di queste due giornate … non male, non male! Una squadra di dieci, col capo!

Ma, al capo, devo fargliela pagare e, fra poco, quando sarà qui, voglio insegnargli che non si deve sputtanar la gente, anche se è stato così bello esser sputtanato!

Fra poco fingerò d’essere arrabbiato; fingerò di non voler fare l’amore con lui … e, poi … poi, mi donerò tutto a lui, al mio gigante biondo e bello e caldo e …


ORSI ITALIANI