ORSI ITALIANI MAGAZINE
Diario di una recluta (il viaggio - parte seconda)
Un racconto di Ste
La stazione centrale di Napoli con cadenza mensile si animava di tanti giovanotti che, pur parlando accenti diversi, erano tutti piu' o meno pronti a servire la Patria. Nella stagione calda si scendeva da quei convogli arroventati dal sole con le T-shirt incollate alla pelle, con le goccioline di sudore che rigavano le tempie e volentieri si contravveniva alle rigide norme di buon comportamento denudandosi il petto e mostrando a qualche attempato signore, che frequentava la stazione in cerca di carne fresca, quanto bendiddio andava sprecato, rinchiuso nelle caserme.
Quell'inverno, noi gente del Nord, arrivammo in un luogo nel quale la primavera sembrava gia' essere cominciata. Sul binario vicino agli uffici di smistamento un gruppo di militari in mimetica stava incolonnando i ragazzi che scendevano dal treno. In testa alla colonna, un graduato aveva collocato un tavolino al quale si era seduto scribacchiando qualcosa.
Io fui distratto immediatamente da quelle figure che collaboravano con il graduato e, mani dietro il sedere, impartivano incomprensibili ordini alle reclute. Mi guardavo attorno per vedere se riuscissi a scorgere il maglione verde di Gianni, ma non vi riuscii. Dopo avere sostato qualche secondo davanti a quel figuro, come le anime dannate davanti a Minosse, i ragazzi andavano di corsa verso l'uscita, sorvegliata da un altro militare. Il Maresciallo che ci accolse non era piu' vecchio di me, poteva avere al massimo ventisette o ventotto anni. Quando le sue belle mani affusolate aprirono la cartolina precetto che gli consegnai, mi guardo' con due occhi castani annoiati e fece una smorfia con l'angolo della bocca che sembrava proprio un sorriso misto di compatimento e tenerezza.
Il volto ossuto, leggermente arrossato, gli zigomi sporgenti e la stupida (il berretto con la visiera) calato sulla fronte, impartivano al giovane un aspetto marziale e duro, piu' maturo della sua eta'. Aveva un bel torace, due bei pettorali che si intravedevano dal colletto aperto della giacchetta e una vita stretta che esaltava il sedere rotondo. Il cinturone poggiava sui fianchi e definiva un eccitante addome piatto. Le gambe erano sensualmente fasciate dalla mimetica infilata negli anfibi ed era quasi possibile leggere in quelle pieghe l'agilita' dei suoi muscoli scattanti.
Fece cenno di raggiungere gli altri e con un po, di delusione mi diressi verso l'uscita. Accanto alla porta, un maschione con la pelle di bronzo e due avambracci irsuti incrociati sul petto attendeva di farsi mangiare con gli occhi. Indossava un baschetto nero, due occhialini scuri e portava capelli rasati e pizzetto nero. Era su per giu' della mia taglia e mi provoco' immediatamente un inizio di erezione, tanto che passandogli accanto mi diedi una sistematina esagerando volutamente le dimensioni del mio arnese di scasso. Se ne stava in piedi con le gambe divaricate e dal gonfiore del suo pube, la seconda...no, la prima cosa che mi attrasse, sembrava che lo offrisse a chiunque fosse audacemente disposto a rischiare. Non aveva che da ordinare. Ero nell'esercito e dovevo obbedire. Avrei obbedito a tutto, anche a farmi sbattere davanti agli altri su quel tavolino traballante.
Mi segui' con lo sguardo, squadrandomi per diversi secondi, poi ruppe il suo marmoreo silenzio.
-Ehi tu!- Mi voltai d'istinto e vidi che mi fissava. Tornai sui miei passi e mi avvicinai a qualche metro da lui.
-Tu giochi a rugby?- Mi chiese con una voce per la quale stavo gia' abbassando i pantaloni.
-Signor si!-
Si tolse gli occhiali come se volesse farsi riconoscere, ma io non riconobbi il suo bel volto, con quelle belle labbra carnose incorniciate dal pizzetto. No, non aspettatevi un colpo di scena, non era il toscano ne' altri con i quali ebbi l'occasione di giocare, almeno fino a quando non riusci' a convincermi.
-In che squadra sei?-
-Nel M.-V. Giochi anche tu a rugby?-
-Si, abbiamo due squadre in Caserma e tu giocherai nella mia squadra, sei precettato!! Dammi il nome!!- Prese nota del mio nome e.. .ma perche' anticiparvi le cose? Abbiate pazienza!!!
Con questa novita' assolutamente straordinaria che gia' mi rincuoro' non poco, salii sul vecchio torpedone verde scuro. L'autista era un bruttissimo ragazzo di pelo rosso, con una mascella prominente e un naso che potrei definire 'importante'. Il suo fisico, visto dalla mia prospettiva, era quello di un toro da monta. Le spalle erano larghe, piu' grandi della giacca nella quale erano costrette. Sotto l'ascella erano evidenti i segni di ripetuti strappi e ripetuti rattoppi e quando quelle braccia da culturista giravano il volante del pullman, quella schiena vasta come la steppa russa si muoveva e si contorceva in maniera spasmodica e le cuciture emettevano un lamento. Guidava tenendo le gambe divaricate e ogni tanto si dava una grattata all'inguine, come se gli slip tirassero il pelo che coronava il suo attrezzo. L'anfibio da para', usurato e ammorbidito dal suo piede numero 47 si muoveva con destrezza dal pedale del freno a quello dell'acceleratore ed ero piu' che certo che tutta quella bella muscolatura, di cui immaginavo fossero ricche le sue gambe, si muovesse con affascinante disinvoltura sotto quei pantaloni mimetici.
Il torello rosso si diverti' a guidare come in un circuito automobilistico, frenando ed accelerando in continuazione, prendendo le curve a tutta velocita' quasi a volersi divertire incutendoci paura. Quell'idiota, piu' bravo a fottere che a guidare (ma stiamo anticipando anche adesso) guardava compiaciuto nello specchio retrovisore gli occhi sbarrati dei piu' giovani e se ne vantava con il suo degno compare seduto sul primo sedile con la gamba penzoloni sul bracciolo.
Sballottati a destra e sinistra per una trentina di chilometri arrivammo finalmente alla caserma di C.
L'autobus sosto' per qualche minuto sull'entrata carraia e noi fummo oggetto qualche risatina e qualche sberleffo, come se i nostri detrattori fossero in una situazione migliore della nostra.
Il tour lungo i vialetti della caserma fu veloce e spericolato, come era nelle abitudini del rosso decelebrato che guidava. Lo spettacolo non era dei piu' edificanti. Lunghi capannoni arrugginiti con i tetti in amianto e con gli accessi murati, palazzine scrostate e disabitate, selciati sconnessi sui quali plotoni di reclute faticavano a marciare. La palazzina comando dall'aspetto severo e ampolloso era l'unica che potesse dirsi abitata, il resto erano vetrate di cartone, scalinate sbrecciate e facciate stinte. La caserma stava lentamente smobilitando e di li a qualche mese sarebbe rimasta una piccola guarnigione di congedanti, usciti i quali, sarebbe stata chiusa.
Il torpedone freno' molto bruscamente al centro della spianata antistante il salone delle adunanze, in rovina da anni.
-Avanti brutti stronzi!!! Tirate giu' il culo da qui. MUOVERSIIIIII!!!!!!!-
All'urlo animalesco del Maresciallo istruttore, l'autobus si animo' come un alveare sballottato e in un minuto netto riverso' sul piazzale il branco di pecoroni che lo affollava.
Il Maresciallo istruttore appariva come il maschio dominante che era. Aveva appuntate sul petto un gran numero di medaglie guadagnate nelle missioni che i signori delle guerre in giro per il mondo si inventano per avere l'illusione di essere vivi e di valere qualcosa piu' degli altri. Il suo fisico rispecchiava in tutto questa cazzuta mascolinita' che rappresentava. Non aveva piu' di trent'anni e pur cosi' giovane, o forse proprio per questo, aveva una cieca fiducia nel proprio lavoro. Era alto, magro, apparentemente un anonimo qualunque, ma mi basto' vederlo nudo qualche sera dopo per restare a bocca aperta. Era un corpo composto da pelle e muscoli. A vedersi dovevano avere la consistenza del marmo. Le braccia, gli addominali, il petto erano perfettamente definiti e perfettamente proporzionati. Con la promessa di assaggiare il suo corpo sarei andato sulla Luna, mi sarei gettato in una vasca di serpenti.
-Guarda che branco di imbranati!!!! Caporale!!!! Cazzo!!!! Falli allineare!!!!-
-Allora.- Comincio' placidamente lo svogliato graduato di truppa. Il Maresciallo bisbiglio' qualcosa all'orecchio del Caporale e questi cambio' completamente atteggiamento.
-BRUTTI FINOCCHI DEL CAZZO DA ADESSO SIETE SOLDATI E COMINCERETE A COMPORTARVI DA SOLDATI E' CHIARO?!!-
Osservo' con sguardo torvo la marmaglia che aveva di fronte.
-Non ho sentito la risposta Caporale!!- Disse il Maresciallo.
-AVETE CAPITO QUELLO CHE HO DETTO, RAZZA DI STRONZI?-
Qualche timido 'si signore' comincio' a riecheggiare fra il plotone.
-SI SIGNORE UN CAZZO!!!! SI DICE SIGNORSI'!!- Vocio' il Caporale.
-Forza Caporale, fai mettere in riga questi stronzi!!!-
-IN RIGA!!!!! AVANTI!!!!- Il povero Caporale urlo' come un forsennato per almeno dieci minuti durante i quali cercammo di organizzare un implotonamento decente.
Ci incamminammo verso il magazzino di Compagnia dove in una saletta umida e malsana ammassammo gli zaini e le borse con i nostri effetti personali. Un piantone venne messo a guardia del locale e a piccoli gruppi ci fecero entrare in uno stanzino adiacente al magazzino e li un Sergente ci fece spogliare completamente.
-Spogliatevi brutti froci!!!!!- Ci guardammo allibiti.
-MUOVERSI (bestemmia) !!!!!!!- Ci spogliammo con la velocita' del fulmine e diventammo oggetto dello scherno dei soldati che ci fischiavano come se stessero assistendo ad uno strip-tease. Il Sergente rideva compiaciuto dell'umiliazione che ci stava infliggendo, ma qualcuno di noi trovo' questo spettacolo piu' interessante ed eccitante che umiliante.
-Muoviti bisonte!!!!- Mi sprono' il Sergente dandomi una pacca sul sedere.
-Signorsi'!!!- Risposi con convinzione.
-Bene, impari in fretta. Vorra' dire che andremo d'accordo!!!-
Il magazzino vero e proprio somigliava alla corsia di un supermercato. Entrai in una sorta di girone infernale con soldati scalmanati che vociavano e ridevano. Mi misero in mano un carrello di metallo ordinandomi di passare tra due banconi di indumenti, anfibi e quant'altro. Dietro la fila di tavolini che delimitava questa sorta di corsia, i soldati chiedevano taglie e numeri di scarpe, deridevano la nostra nudita' e ammiravano in maniera molto mascolina ed innocua quella piu' notevole. Il percorso andava fatto velocemente a piedi scalzi su di un freddo pavimento di cemento sbrecciato sul quale le ruote sgangherate dei carrelli si bloccavano. Dalle griglie del pavimento usciva un puzzo di fogna ed acqua marcia rivoltante.
Questa fu la prima prova che si dovette superare. Uno alla volta dovevamo percorrere i venti metri di corridoio cercando di raccattare quanti piu' indumenti possibile. I soldati ci chiedevano urlando le informazioni che ci riguardavano, quindi lanciavano in aria gli indumenti e noi dovevamo recuperarli facendoli cadere all'interno dei carrelli. Le punizioni per chi sbagliava sarebbero state volutamente ed esageratamente umilianti. Riuscii abbastanza bene a destreggiarmi fra insulti, apprezzamenti osceni e asperita' del suolo; in questo la mia esperienza di giocatore abituato ai campi difficili, scatti e contromosse mi aiuto' parecchio, riscossi anche qualche incitamento, soprattutto da alcuni uomini in abiti civili che lavoravano con i militari e che dalla loro parte facevano il meglio che potevano per superare in sadismo i loro colleghi in mimetica. Ma verso la fine del percorso due soldati, due autentici figli di puttana, come lanciatori di baseball mi scagliarono gli anfibi addosso colpendomi al petto e ai genitali. Il colpo al petto non lo avvertii nemmeno, quello ai genitali mi fece piu' male e caddi ai loro piedi premendomi con forza il pube e digrignando i denti per il dolore. Naturalmente finsi, finsi spudoratamente per averli tutti attorno a me. Il Sergente si avvicino' e con la punta degli anfibi scosto' le mie mani dalla 'zona delle operazioni' e commentando lo stato dei fatti disse: -Non e' niente soldato, riuscirai ancora a montarti le ragazzine!!!- Recitando la mia parte mi sollevai con cautela, quando questo, prendendomi per il collo, mi costrinse ad inginocchiarmi nuovamente davanti a lui.
-Hai lasciato cadere gli anfibi, stronzo!!! Adesso c'e' la punizione!!!- Quattro o cinque militari e due civili accorsero attorno a me.
Io restai in ginocchio, seduto sui talloni, davanti a quei maschi impazienti di infliggermi la punizione prevista. Mi fecero alzare e mi portarono dietro uno scaffale dove si ergeva uno dei pilastri di cemento armato del capannone. Mi fecero appoggiare di schiena al pilastro e mi legarono i polsi sopra la testa.
-Cosa volete farmi? No, non serve legarmi. Che volete fare?- Chiesi piagnucolando.
-Stai zitto rana!!- E con una corda fatta passare dietro alla base del pilastro, mi legarono le caviglie. Le mie gambe erano divaricate e reggevano a mala pena il mio corpo che era fortemente incurvato all'indietro. Il mio randello penzolava liberamente e si stava velocemente indurendo, eccitato dalla situazione. Uno dei due civili, un grassone pelato dall'aria furbetta, con una bella testa rotonda e due mammelle gonfie e flosce mi si avvicino' con un tubetto di crema anonimo.
-Con questa vaselina ti ungiamo il buco del culo, cosi' ti scopiamo meglio.- Ero tentato di mettermi a ridere. Non si trattava di vaselina, ma di dentifricio. Tentai con qualche strattone di liberarmi dalle corde che mi legavano. Fino a quel momento pensai che si trattasse di un gioco o di uno scherzo o di un modo per spaventare le reclute. Nulla da fare. Le corde erano ben legate e gli uomini che avevo di fronte sembravano seriamente intenzionati a torturarmi.
-Allora a chi tocca?- Chiese il civile porgendo il tubetto di dentifricio. I due soldati che mi avevano legato si guardarono in faccia un po, sgomenti, poi fecero un passo indietro.
Il Sergente richiamo' i suoi quattro ragazzi:
-Noi torniamo a distribuire la roba.-
-Allora faccio io!!- Disse con risolutezza. E mi fisso' lungamente negli occhi con un sogghigno e svitando il tubetto di dentifricio. Restammo soli.
-Lasciami andare.- Gli chiesi mentre dalle urla che provenivano da dietro gli scaffali si capiva che era ricominciato il gioco con i commilitoni.
-Ti conviene essere gentile con me, se vuoi che ti lasci andare.-
Il suo ricatto mi eccitava da morire e quando comincio' ad allungare la sua mano verso il mio corpo, io mi sentii completamente nelle sue mani e la mia verga sempre piu' rigida anelava il contatto delle sue mani viscide. Mi afferro' il cazzo soppesandolo nella mano.
-Hai proprio un bel pisello, e mi piacciono i ragazzoni come te.- Cosi' dicendo me lo scappello' con delicatezza e mentre si gustava le mie espressioni di piacere, allungo' una mano verso i miei capezzoli turgidi, solleticandomeli con le dita.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto, l'ho capito subito che ti piacciono i cazzi. Ogni tanto potremmo farci un po, di compagnia, che ne dici?-
-Sei bravo a riconoscere i froci, complimenti.- Risposi con la voce rotta dall'orgasmo che stavo rapidamente raggiungendo.
-Ho fatto molta esperienza qui dentro. Ne ho trovati tanti di bei ragazzi come te, disponibili.-
-Ne hai trovato uno in piu' allora. Si, mi piacerebbe farti un po' di compagnia, mi piacciono i panzarotti come te.-
-E cosi'? Ti piace cosi'?- Chiese dopo essersi avvicinato ed avermi leccando ripetutamente con la sua lingua decisa il capezzolo sinistro. La sua mano calda e morbida mi segava l'uccello con molta abilita'.
Credetti di impazzire quando con la sua mano accelero' i movimenti della sega che mi stava facendo e quando si inginocchio' per spompinarmi il respiro mi si fermo' per un attimo.
-Continua, ti prego.. .continua.- Lo supplicai mentre avvertivo la forza della sua lingua sul mio frenulo ed il calore della sua bocca attorno alla cappella. I miei lombi cominciarono a pompare e le sue mani esperte afferravano con forza le mie natiche accompagnandole con forza durante la contrazione dei muscoli. Dovetti mordermi le labbra per non urlare di piacere e quando percepii il suo risucchio mi impegnai maggiormente per venirgli in bocca.
-Dai, sborrami addosso!!- E rimaneva a bocca aperta strusciandosi il mio pisello sulla dura barbaccia del mento che da due giorni non si radeva. Gli sborrai in faccia tantissima crema e quando anche l'ultima goccia venne ripulita dalla sua lingua, egli si rialzo', mi bacio' lungamente e profondamente con la lingua ancora imbrattata del mio seme. Poi mi guardo' e disse:
-Si nu bravo guaglione!! Scopiamo qualche volta?-
-Quando vuoi!! Ehi, ma non mi liberi?- Vidi che se ne stava andando.
-Quasi mi stavo dimenticando!!!- E torno' sui suoi passi, svito' il tappo del tubetto e ne fece fuoriuscire una noce abbondante di dentifricio.
-No! Che fai?-Chiesi incredulo.
-La punizione, te ne sei scordato?- Mi afferro' nuovamente la canna e comincio' a spalmarmi sulla cappella quella crema fredda e densa. Me la passo' sulla pelle arrotolata del prepuzio, ne lascio' una punta sui capezzoli e poi si puli' le mani sul mio petto e sulle cosce.
-Divertiti tesoro!!-
-No, ti prego mi brucia tutto, non andartene!!- Ma lui sparve dietro le mie spalle ed io cominciai ad avvertire la terribile irritazione del dentifricio sul mio corpo. Improvvisamente mi tappo' la bocca con una T-shirt militare legata dietro la nuca e mi abbandono' al mio destino. Dalla sensazione di freddo cominciai a provare molto caldo e un pizzicore terribile che mi faceva lacrimare. Mentre le urla e le incitazioni verso gli altri commilitoni sottoposti al rito della vestizione si facevano sempre meno entusiastiche, man mano che il tempo passava io compresi di essere stato l'unico ad essere stato punito in questo modo. Il bruciore era insopportabile, avevo la sensazione di avere immerso la cappella nell'olio bollente. Ce l'avevo duro e mi sembrava che questo lenisse un po' il bruciore che provavo. Avvertivo un prurito terribile sui capezzoli ed ero impossibilitato a grattarmeli. Non avevo mai subito una tortura tanto atroce, cercavo di muovermi per allentare le corde e invece riuscii solo a lacerarmi le spalle e le gambe contro la ruvida superficie del pilastro a cui ero legato. Credo di essere rimasto legato in quella posizione per almeno un' ora, con il dentifricio che mi torturava il cazzo, i polpacci devastati dai crampi che mi prendevano per la postura (ero sulla punta dei piedi) e le lacrime di dolore che mi sgorgavano dagli occhi.
Finalmente qualcuno dei soldati fece capolino da dietro lo scaffale, mi vide ancora legato e si affretto' a sciogliermi. Ero sudato, avevo la schiena a brandelli e lasciai sul muro qualche macchia di sangue. Il soldato mi trovo' in un lago di piscio nel quale caddi non appena venni liberato. Speravo che il piscio potesse lenire il bruciore, ma con il cazzo in tiro e scappellato riuscii solo a spruzzare davanti a me.
-Che cazzo fai ancora qui?- Mi chiese liberandomi. Caddi a terra e cercai di ripulirmi dal dentifricio. Mi accorsi che non avvertivo nulla. Il dentifricio si era seccato sui miei tessuti ormai violacei.
-Ti prego aiutami. Sto bruciando!!!-
-Vieni, riesci a camminare?- Mi aiuto' a sollevarmi e mi accompagno' in un vecchio cesso annesso al magazzino. Mi butto' sotto una doccia di acqua fredda dove riuscii a ripulirmi.
-Grazie, ti ringrazio!!!-
-Io non so nulla, noi non ci siamo mai visti, ricordalo!!!- E se ne ando' lasciandomi un asciugamano e indicandomi il carrello con i vestiti.
-Rivestiti e raggiungi la IIIa compagnia!!- Ero esausto. Quando giunsi in camerata era ormai tardo pomeriggio e occupai l'unica branda rimasta libera. La pausa rancio passo' e quando i miei commilitoni rientrarono negli alloggi mi trovarono gia' la.
Mi guardarono come se fossi giunto da Marte.
-Ma dove eri sparito?- Mi chiese un certo Maurizio che divenne da allora un carissimo amico.
-Sono stato punito.- E gli raccontai tutto.
-Allora signorine!!!- Il Maresciallo entro' accompagnato da alcuni nonni. -Per questa sera non potrete andare in libera uscita, quindi non provateci nemmeno a presentarvi al portone!! Andatevene a dormire finche' potete perche' domani inizieremo l'addestramento. BUONA NOTTE!!!-
-Sempre che ci riescano a dormire.- Sghignazzarono fra di loro i nonni.
(continua)