ORSI ITALIANI MAGAZINE


Chi non si confessa gode solo a metà

Un racconto di Björn (bear87@gmx.com)


Fra Piero, hai un momento? Ho bisogno di parlarti”

Dimmi, figliuolo. Come ti posso aiutare?”

Vedi, padre... Ecco, io ti cercavo perché devo farti una domanda ma… Non so bene come cominciare.”

Non ti fare problemi. Con me puoi aprirti tranquillamente. E’ per via del matrimonio?”

Si tratta di una certa voglia, padre, che non riesco a soddisfare.”

Paolo caro, posso immaginare come le voglie si facciano sempre più pressanti in un giovane uomo come te. All’inizio le carezze ti soddisfano ed è facile farsi prendere la mano… A lungo andare però la mano da sola non basta... Ma non ti devi vergognare. La sessualità è un dono di Dio. Il desiderio fa bollire il sangue… e volare l’uccello.”

Non è una cosa che riguarda solo me. E’ una cosa che è successa tra me e Sara.”

E così c’è di mezzo la tua passera, ehm volevo dire, fidanzata. E’ una cosa assolutamente normale. Avanti, non aver timore. Ho sessanta e passa anni, ne ho sentite di ogni per potermi ancora scandalizzare per un rapporto prematrimoniale.”

Non è questo. Non l’abbiamo ancora fatto io e lei.”

Come sarebbe a dire che non l’avete ancora fatto? La castità può essere ammirevole ma, come in tutte le cose, ci vuole moderazione. Forse Sara è ancora vergine?”

No, non è questo il punto. Non è lei che non vuole. Sara è sempre stata sincera con me e non mi ha mai nascosto che ha avuto altri uomini… Se ci siamo trattenuti è solo perché io non sono riuscito ad andare oltre. Sono io che non ho voluto, o per meglio dire potuto.”

Forse che il tuo uccello non spicca il volo come dovrebbe? Sarebbe strano alla tua età, ma può capitare. Faresti meglio a parlarne con un medico. Del resto, la scienza ha fatto grandi progressi in questo campo. Sapessi quanti vecchietti vengono da me a confessarsi e mi raccontano che da quando prendono certe pastiglie il vero problema non è più l’uccello ma il cervello... quello delle mogli che non gliela danno. E pensare che poi queste vengono a piangere da me perché il marito s’è fatto l’amante. Ma se non si possono fare la moglie, ‘sti poveri mariti una topa da qualche parte prima o poi la trovano. Beh, io li assolvo tutti. Perché qui il peccato non sta nell’uomo che ha voglia, ma nella donna che imbroglia.”

Il mio non è un problema di erezione.”

Allora, di grazia, parla! Anche perché non posso restare qui con te tutto il giorno.”

L’altra sera io e Sara siamo stati insieme. Ci siamo baciati e mentre ci accarezzavamo la sua mano è scesa lì sotto. Io non ero eccitato e ho capito che la cosa la feriva. Ha chiesto se non mi stesse piacendo e se non avevo voglia di fare l’amore con lei. Non volevo mentirle e allora ho continuato a baciarla per farla stare meglio.”

A baciarla dove? Come posso aiutarti se non mi spieghi bene…”

In bocca, sul collo…”

Non ci siamo… questo ragazzo ha ancora molto da imparare… ma come fai a soddisfare una donna sul collo?!”

Poi sono passato più giù.”

Sui capezzoli??”

Più giù, padre. Nella sua… vagina. La sentivo ansimare e contorcersi e ancora lui non si alzava. Poi è successo l’imprevisto.”

Non dirmi che te l’ha preso in bocca…”

No… Ha tirato fuori un pisello di plastica.”

Un dildo??”

Sì, esatto. E mi ha chiesto se potessi dargli un bacio. Io non me la sono sentita di dirle di no ancora e l’ho accontentata. Ho chiuso gli occhi e ho appoggiato le labbra sulla punta. Poi, mi sono fatto coraggio e l’ho messo tutto in bocca, andando su e giù lungo l’asta. Ed è lì che la musica è cambiata, perché, confesso, mi piaceva da matti avere questo cazzo in bocca.”

Bah…Un po’ freddo e insapore per essere definito un cazzo. Ma va be’, andiamo avanti.”

Mentre continuavo a succhiarlo, Sara aveva bagnato le sue dita e le passava sul mio buchetto. Sentivo che si dilatava piano piano per accoglierne prima una e poi due. A quel punto, mi ha preso il dildo dalla bocca e mi ha penetrato con quello. Ho goduto tantissimo, padre. E chiedo perdono a Dio perché ho peccato.”

Direi che non è il caso. Piuttosto sia lode al Signore che ti ha fatto aprire gli occhi… e anche qualcos’altro, figliuolo. Più che di un peccato, si è trattato di una benedizione. Puoi stare tranquillo, Paolo. Ordinaria amministrazione, credimi.”

Però c’è un dubbio che non riesco a togliermi dalla testa. Vedi, padre. Tu mi conosci da quando ero giovanissimo. Se oso chiederti questo, è solo perché in tutti questi anni ti ho sempre visto più come un amico che come un prete. Ti stimo da sempre per la dedizione che ci metti in quello che fai e non vorrei mai mancarti di rispetto. Però non posso più nasconderti una cosa: mi sono sempre sentito attratto da te.”

E’ inaudito.”

Ricordi quella volta che siamo andati in montagna? Ci siamo fermati in autogrill per pisciare. Ho ancora in testa l’immagine di te che tiri su il saio di fronte all’orinatoio… Ero così eccitato che non sono riuscito a farne nemmeno una goccia.”

E’ vergognoso.”

Scusami, padre. Ma non posso più tacere. Negli ultimi tempi mi chiedo come sia la tua vita da quando ti sei chiuso qui in cima al monte, in compagnia di qualche confratello, senza nemmeno poter vedere una donna. Immagino che la voglia venga anche a voi e che in qualche maniera vi dobbiate sfogare. L’hai detto anche tu che a lungo andare la mano non è più sufficiente. Ma come fate?”

E’ incredibile”

Ho pensato che avremmo potuto aiutarci a vicenda. Io ho davvero bisogno di capire se mi piace così tanto farlo con un maschio e tu salveresti Sara da un matrimonio infelice… Per non parlare del fatto che, magari, una certa soddisfazione la potresti avere anche tu. Perché tanto stupore? Non hai detto di essere abituato a sentirne di tutti i colori?? Che cosa avrei dovuto fare? Restare con questo dubbio? Non dirti niente?”

Sono attonito, esterrefatto, senza parole…”

Lo sapevo... avrei dovuto tacere come ho fatto per tutti questi anni.”

No, figliuolo… Ma sono sbalordito perché avresti dovuto… dirmelo prima!! E poi il Signore dice: chiedete e vi sarà dato. Io, che sono un suo umilissimo servitore, non posso esimermi dal darti ciò di cui hai tanto bisogno.”

Ho sempre avuto un debole per i frati. Me li figuro come degli orsetti con il saio e i sandali, ed è così che mi immagino il padre di questa storia, un daddy con pochi capelli bianchi in testa, occhiali da vista con una sottile montatura di metallo, un pizzetto folto con i baffi colore grigio e un saio di colore marrone scuro che scende sul suo corpo voluminoso ma non grasso; dal tessuto dell’abito si intravedono le rotondità del petto e della pancia compressa dalla cintola di corda bianca; sotto il saio un paio di sandali in cuoio colore nero. Mi sono sempre chiesto che cosa indossino i frati sotto l’abito… Alcuni portano pantaloni e camicia, ma altri a quanto pare no. E per quanto riguarda le mutande? Anche Paolo, il ragazzo poco più che ventenne del racconto, se l’è sempre chiesto…

Ed è a questo che pensa mentre, dopo essersi confidato con Fra Piero, lo segue verso il suo alloggio privato all’interno dell’eremo.

La cella del frate era in realtà una casa a sé stante; l’eremo era costituito da più unità abitative in modo da poter conferire ad ogni confratello isolamento non solo dal mondo esterno ma anche dagli altri eremiti. Una volta dentro, Fra Piero si sedette sulla sedia e Paolo si inginocchiò di fronte a lui sull’inginocchiatoio. “Figliuolo, se vuoi l’assoluzione, devi tirare ‘sto cordone” disse il padre e sollevò il saio.

Indossava un paio di slip bianchi, di quei modelli un po’ datati, alti in vita e con l’apertura laterale. Gli occhi di Paolo fissavano la mano del frate che accarezzava il rigonfiamento che stava sotto il tessuto di cotone. Sotto i baffi il frate accennò ad un sorriso di soddisfazione nel leggere negli occhi del ragazzo tutto quel desiderio rimasto latente negli anni. Paolo non poté resistere all’invito e restando in ginocchio gli si avvicinò. Il frate scostò la mano per lasciare giocare il ragazzo.

“Vorrei sentirlo in bocca” disse Paolo e il frate si infilò nell’apertura delle mutande e ne fece uscire un uccello di generosissime proporzioni. La cappella, che era già completamente uscita dal prepuzio, era piuttosto scura di colore ed era particolarmente larga in circonferenza.

“Puoi tirarlo con la tua bocca se ti fa piacere”, disse il frate. Paolo si avvicinò con il capo all’uccello, che già cominciava a bagnarsi, e dopo un attimo di esitazione lo infilò tutto in bocca. Mentre assaporava delicatamente quella cappella, massaggiava con una mano lo scroto del frate attraverso il tessuto delle mutande e fra Piero osservava dall’alto compiaciuto. Se all’inizio si era mostrato titubante, Paolo cominciò a prendere il ritmo giusto salendo e scendendo con la bocca tutta la lunga asta ormai completamente alzata. Fra Piero aveva chiuso gli occhi e passava continuamente la sua lingua lungo il contorno della bocca mordendosi le labbra mentre sentiva la punta del suo pisellone toccare la gola di Paolo. Concentrato nel dare ascolto a tutte quelle sensazioni di piacere dei sensi che il suo voto di castità non gli consentiva di soddisfare con una certa frequenza, cominciò a stringersi con i polpastrelli e i pollici i capezzoli, che parevano voler forare il tessuto del saio. Così mentre Paolo gli massaggiava l’uccello, il frate compiva piccole masturbazioni attraverso la trama del tessuto a quelle punte, che dopo anni di stimolazioni erano diventate grosse ed estremamente sensibili.

Paolo alzò gli occhi quando lo sentì ansimare con particolare foga. Si era appoggiato completamente allo schienale e tirando indietro il capo, lo scuoteva da una parte all’altra, mentre implorava Paolo di continuare. Quest’ultimo cominciò a stimolare il frenulo battendo dei colpetti con la punta della lingua mentre teneva con la mano a mo’ di conchiglia quelle grosse palle che parevano scoppiare da sotto le mutande. Dai bordi dello slip ormai dilatati si intravedevano ciocche di folto pelo scuro. Paolo si staccò dall’uccello del prete per affondare il naso in quella selva e annusare a pieni polmoni.

“Se adesso con le dita massaggi più forte sotto le mie palle ti faccio assaggiare il mio succo” disse il frate. Paolo spostò le punte dell’indice e del medio sull’estremità più bassa dello scroto, in prossimità dell’ano e cominciò a premere delicatamente roteando i polpastrelli. Il frate gli disse: “Quando ti dico che vengo prendimi in bocca e tira verso l’alto le palle con la mano”. Paolo continuò a massaggiare in quella maniera il perineo del frate facendo scorrere la lingua lungo l’asta del pisello. Il frate stringeva forte i capezzoloni facendoli ruotare fino a spremerli quando, dimenandosi furiosamente, gridò:

“Sto per venire, ecco!”. Paolo agguantò con la bocca la cappella del frate tenendogli sollevati i testicoli pulsanti nelle sue mani. Fiotti di sborra calda cominciarono a zampillare mentre Paolo si sforzava di tenere tutta quella roba buona in bocca. Fintantoché veniva, il frate gridava dal piacere e guardava quasi incredulo la testa china del ragazzo, che pareva non voler lasciar cadere neanche una goccia del suo seme. Terminata la sborrata, lo tirò verso di sé facendolo sedere in braccio e avvicinò la bocca alla sua. La lingua del frate si fece strada nel cavo orale di Paolo mentre quest’ultimo si eccitava al contatto ruvido dei baffi del frate con la sua pelle. Rimasero a limonare per diversi minuti assaporando fino all’ultimo il gusto di sborra che andava via via attenuandosi.

Qualche giorno più tardi, al confessionale di Fra Piero, si presentò un’altra sua vecchia conoscenza. Si trattava di Luigi, un uomo sulla quarantina, sposato, che conosceva ormai da qualche anno il frate e lo aveva scelto come suo padre spirituale raccontandogli di volta in volta i suoi pensieri impuri, i più dei quali rimanevano insoddisfatti, e dell’autoerotismo con cui arricchiva la sua di per sé sterile vita coniugale.

Padre, mi perdoni perché ho peccato… un grosso, grosso peccato!”

Dimmi, figliuolo, quante dita ti sei infilato stavolta?”

Niente dita. Era il vibratore di mia moglie. L’ho trovato nel cassetto della sua biancheria e non ho resistito. E’ entrato tutto d’un fiato e ho goduto, padre.”

Se hai goduto bene, allora di cosa ti penti?”

Perché con mia moglie mi sento in difetto…”

Allora, parlarne con lei. Dovresti rendere partecipe anche lei dei tuoi giochi. Ricordati che hai dei doveri coniugali da rispettare.”

Ha ragione, padre. Lei è proprio saggio.”

Suvvia, figliuolo. Solo un po’ di esperienza… teorica, naturalmente.”

Il fatto è, padre, che adesso mi chiedo come possa essere avere dentro un bel… ehm, pezzo di carne. E’ un pensiero che mi tormenta costantemente. A lavoro, vedo tanti bei ragazzi entrare in hotel. Coppiette che chiedono una camera per trombare. Poi quando arrivano coppie di uomini non esito ad accompagnarli in camera personalmente, nella speranza che magari mi chiedano se voglio partecipare. Va a finire che uno di questi giorni, invece delle chiavi, finisco per lasciargli l’uccello.”

Figliuolo, ti capisco perfettamente… Chi mai può avere più voglia di un digiunatore come me? Adesso però va sul banco e prega. Prega affinché il Signore ti mostri la via, e vedrai che anche stavolta non sarai lasciato solo. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”

Fra Piero chiuse lo sportellino del confessionale. Sentì l’uomo alzarsi lentamente dall’inginocchiatoio e allontanarsi. Di lì a poco qualcun’altro si inginocchiò, dicendo con voce familiare: “Padre, ho peccato”. Il frate, sorpreso, riaprì lo sportello di scatto e rispose:

Paolo, caro. Che succede?”

Sapevo che ci saresti stato tu. Ho bisogno di parlarti.”

Figliuolo, ma io non posso lasciare il confessionale adesso per mostrarti… la cappella.”

In realtà, padre, non sono qui per la tua... ehm cappella. Ho bisogno del tuo aiuto… spirituale.”

Figliuolo caro, sempre qui per aiutarti… spiritualmente e non solo.”

Ti ricordi, padre, l’ultima volta che ci siamo visti… Ti parlai di una mia particolare voglia.”

Voglia di masch… ehm… manzo!”

Tu me l’hai fatto mangiare il… manzo, ma ora ho bisogno di sapere com’è montarlo.”

Figliuolo, io lo do ma non lo prendo…”

Certo, padre, non mi sarei mai permesso. Ma magari ho pensato che tu, con tutte le confessioni degli uomini che ascolti potevi indicarmi un fedele che attende… una benedizione, diciamo.”

Figliuolo, mi stai chiedendo troppo.”

Ma dai, padre. Vedo tanti uomini che fanno la fila al tuo confessionale. Ti sarà pur capitato qualcuno che ha voglia di prendere un po’ di … manzo.”

Beh… L’uomo che era qui prima di te, ad esempio, un onesto padre di famiglia… persona timorata di Dio…”

Il tipo coi baffi? Spiegati meglio, padre.”

Si chiama Luigi, povero uomo, non ce la fa più dalla voglia.”

Si è alzato con un pacco gonfio da scoppiare, in effetti. Mi ha fissato con un’occhiata famelica quando si è voltato per tornare al banco.”

Non aspetta altro che uno come te. Dagli un po’ del tuo… manzo e vedrai che chi aiuta gli altri aiuta se stesso.”

Sarà fatto, padre!”

Prima di andare via, aspettami però… Ho un paio di cosette da spiegarti nella mia cella.”

L’uomo che Fra Piero propone a Paolo deve il nome e l’aspetto alla mia ultima fissa in termini di attori porno. Nel figurarmelo infatti ho preso come modello Luigi Tripodi, un attore che ho visto in alcuni film italiani usciti tra la fine degli anni 70 e gli inizi degli 80, come La Voglia, Caldo Profumo di Vergine, Le Porno Investigatrici. Probabilmente non così famoso, ha lavorato tuttavia assieme un grande del mestiere come Mark Shanon. Sulla quarantina, alto e magro ma con un po’ di pacia, porta un paio di baffi folti e ha un favoloso petto pieno di pelo scuro punteggiato di rosa da due bellissimi capezzoli sporgenti. La sua particolarità è il suo avere tutte le carte in regola per osare, ma un viso tenero da onesto padre di famiglia. Ricordo una scena da Voglia di Sesso (1981) in cui Tripodi recita la parte di un fattorino che consegna un pacco a casa di una donna; lei lo invita spudoratamente ad approfittare del suo corpo e lui, inizialmente timido, indietreggia spiazzato, finché la donna non gli salta addosso e finisce col prendergli l’uccello in bocca fino a farlo venire. Ecco, il Luigi della mia storia è così: timido ma pieno di voglia, non è il tipo che va a caccia o che cerca le situazioni di sua iniziativa, ma se ci capita dentro non riesce a resistere e si fa trasportare molto volentieri.

Arrivati nella cella, Fra Piero inizia a raccontare.

"Dal passato di Luigi potrei prendere ad esempio un episodio alquanto singolare accaduto molto tempo prima. Era in campeggio al mare con la moglie. Si era svegliato troppo presto: le prime notti su quel materasso scomodo erano state dei veri e propri tormenti. Dopo aver passato a girarsi e rigirarsi sul letto, aveva gettato la spugna e si era alzato. Anche se fuori il sole non era ancora sorto, aveva pensato di uscire a fare due passi in spiaggia. Si infilò il costume, un paio di slip, e si guardò allo specchio. Si era sempre piaciuto molto, soprattutto d’estate quando era abbronzato. Aveva una carnagione piuttosto insolita per uno del Nord e aveva sempre immaginato con un certo piacere di avere lontane origini meridionali nel suo sangue, a lui però sconosciute. Gli bastava qualche giornata di sole per poter recuperare il colore bruno che voleva e, anche d’inverno, conservava una colorazione olivastra molto sensuale, che saltava all’occhio soprattutto quando era nudo con addosso un paio di mutande bianche. Aveva dei capelli folti e neri, leggermente ondulati. Due sopracciglia ben pronunciate sovrastavano occhi castani che alla luce diretta del sole si tingevano di verde.

Non molto tempo prima si era fatto crescere i baffi, che spuntavano massicci dal suo viso, coprendo la forma superiore del labbro, e che lasciava in modo naturale, senza particolari regolazioni. Gliel’aveva proposto la moglie quand’erano ancora fidanzati, e da quella volta che la leccò sfregando il pube con quella folta peluria, le piacquero talmente tanto da assicurarsi che non li avrebbe più tagliati, nemmeno per il giorno del matrimonio. E in realtà piacevano molto anche ad altre persone, uomini inclusi, tanto che quando camminava per strada non poteva non imbarazzarsi dal numero di occhiate inequivocabili che gli lanciavano. Quei baffi, che saltavano agli occhi facendo immaginare una spiccata virilità, non deludevano affatto nemmeno chi aveva la fortuna di vedere il resto del suo corpo. Ora, infatti, mentre si dava una rapida sistematina ai capelli, non poteva non apprezzare quel pelo scuro e riccio che copriva il suo petto, lasciando intravvedere solo i due capezzoli, per poi diradarsi sulla pancia leggermente arrotondata. Si diede una sistemata al pisello mettendolo in posizione verticale dentro lo slip (sì, aveva proprio un bel pacco), dal cui orlo spuntavano due cosce robuste coperte da un peletto morbido che proseguiva fino alle caviglie; i piedi, numero 45, erano magri e affusolati con qualche ciuffetto solo sulle dita. Sentendo che la moglie ancora non si era svegliata, uscì dal camper del tutto inosservato lasciando la porta appena socchiusa e si diresse verso la pineta.

Ancora non si vedeva nessuno per le stradine del campeggio. Prima di giungere in spiaggia decise di percorrere un tratto di strada che si intrufolava tra gli alberi per cercare un posticino dove fare pipì. Mentre era fermo dietro un albero con l’uccello in mano, dei rumori catturarono la sua attenzione. Erano delle voci indistinte ma non si trattava di una conversazione. Era più un sibilo, che si trasformò a poco a poco in un respiro affannato, intervallato di tanto in tanto da grida soffocate. Cercò di individuare la zona di provenienza mentre rinfoderava l’uccello, e vi si avvicinò con cautela. Gli arbusti si facevano più fitti e non si riusciva a vedere nulla, quindi circondò l’area fino quando trovò un pertugio dal quale si sporse per osservare di nascosto.

Erano una coppia di uomini sulla cinquantina: quello piegato in avanti si teneva appoggiato al tronco di un albero mentre l’altro in piedi dietro di lui lo teneva su con il tronco di Priapo. Luigi restò immobile a guardare lo spettacolo dei due che trombavano. L’uomo in piedi aveva una folta barba nera con qualche striatura di grigio che copriva tutto il viso, il corpo era piuttosto glabro e aveva un gran pancione. L’uccello, che ogni tanto faceva uscire dal culo per poi ricacciare dentro a mo’ di affondo, era grosso e lungo; a giudicare dai gemiti di godimento dell’altro, era sicuramente appetitoso e lo sapeva maneggiare molto bene. Luigi, quasi senza rendersene conto, aveva già abbassato lo slip per farsi una sega. Mentre il suo uccello si ingrossava velocemente, il tipo con la barba si voltò e si accorse di essere osservato; si fermò di scatto e fece per staccarsi dal compagno, il quale si girò a sua volta e allungò le mani per tirarsi su il costume, ma, dopo una prima esitazione, continuò a scopare in santa pace come se nulla fosse.

La mano di Luigi riprese la sua attività con una foga maggiore; mentre sentiva i gemiti del barba che stava per godere, cominciò con l’altra mano a stimolarsi i capezzoli, prima l’uno e poi l’altro, tirandoli con forza verso l’alto. Il barba gli fece cenno con la mano di avvicinarsi. Luigi rispose prontamente all’appello e l’uomo chinò il capo sul suo petto: si mise prima a leccare, poi a mordicchiare e infine a masturbare con le dita quei capezzoli induriti e ingrossati. Il cazzo di Luigi svettava verso l’alto spuntando da un cespuglio di pelo nero: un bel pisello venoso con una cappella larga e appuntita. L’uomo piegato lo chiamò dinnanzi a sé e gli prese l’uccello in bocca. Prima si gustò la cappella mentre con la mano percorreva l’asta dall’alto verso il basso; poi giocherellò con la punta della lingua passando il frenulo e il bordo del glande; infine tutto in bocca scendendo poco per volta verso il pelo, mentre teneva la base del pisello tra pollice e indice tirando la pelle del prepuzio verso il basso. Luigi lo fissava dall’alto estasiato da quella leccata da maestro e di tanto in tanto veniva ricambiato furtivamente con lo sguardo dall’uomo che lo stava spompinando.

Quest’ultimo, che lo stava prendendo in culo e in bocca da un po’ di tempo ormai, venne copiosamente ai piedi di Luigi urlando di piacere, seguito dal barba, che uscito dal culo gli sborrava sulla schiena ansimando e alzando il capo al cielo. Luigi allora bagnò le dita della mano e se ne infilò un paio nel culo, esplodendo con veemenza anche lui sulla faccia del tizio piegato. Una volta che i tre si furono ripigliati, andarono a fare insieme un bagno al mare per sciacquarsi e lì si congedarono. Luigi avrebbe incontrato ancora i due uomini nel campeggio prima della fine della vacanza senza però potersi più deliziare della loro compagnia: li avrebbe visti casualmente in giro per la spiaggia, ciascuno per conto proprio, con le rispettive mogli e figli appresso.

Il sole ormai era sorto e gli ultimi sprazzi rosa dell’alba stavano via via dando spazio ad un azzurro terso. Luigi, tornato alla roulotte, trovò la moglie in bikini che faceva colazione e che si chiedeva dove si fosse cacciato. Lo aspettava con il tubetto di crema solare in mano mentre si preparava per la spiaggia. Il marito cominciò con il massaggiarle di crema la schiena mentre lei riassettava il tavolo. Ne approfittò per baciarla sul collo, strofinando i baffi lungo l’arco che va da dietro le orecchie alla scapola. La moglie mise da parte qualsiasi sospetto maligno e inclinò la testa nell’altro senso rispetto a lui chiudendo gli occhi e appoggiando il culo sul suo pacco: si eccitò sentendo che stava diventando grosso. Luigi la voltò e la mise a sedere sul tavolo. Le abbassò le mutandine e si inginocchiò: davanti a lui la fica rasata si spalancava goduriosa al divaricare delle cosce. Cominciò con la punta della lingua a solleticare la clitoride.

Sentiva che si stava inturgidendo e allora strofinò i baffi su quella punta. Un mare di sensazioni piacevoli attraversò il corpo della moglie facendola sussultare. Alzandosi, Luigi tirò fuori dal costume l’arnese prendendolo per l’asta con una mano e appoggiando la cappella completamente scoperta sull’apertura umida. La moglie appoggiò una delle gambe sopra alla sua spalla per facilitare la penetrazione. Passò in su e in giù la punta del pisello per testarne l’apertura fino a quando lo sprofondò tutto in un colpo facendola sussultare di piacere un’altra volta. Dopo qualche spinta si fermò, lasciando che fosse lei a muoversi e a stabilire il ritmo fino a quando la sentì godere. Allora uscì dal suo corpo e la voltò chinandola sul tavolo. La bagnò di saliva e la penetrò nel buchetto. La moglie gridava sempre più forte di spinta in spinta fino a quando Luigi non venne dentro al suo culo. Fu per lui l’apice dell’appagamento e pensò di aver corretto in questa maniera il torto fattole quella mattina in pineta, con la promessa di soddisfare la sua voglia esclusivamente con lei."

Quando Paolo lascia la cella di Fra Piero e va a sedersi a fianco di Luigi, quest’ultimo è perso nei ricordi di quella mattina in pineta e rivede come in un fotogramma l’espressione di godimento sulla faccia dell’uomo che veniva penetrato. In tutti quegli anni trascorsi, ha cercato di dimenticare, di concentrarsi nella sua vita coniugale, di togliersi dalla testa certe fantasie – sforzi durissimi che stanno per andare in fumo in un batter d’occhio per colpa di Fra Piero. Paolo si siede sul banco e resta ad osservarlo mentre guarda fisso in un punto davanti a sé. Dev’essere completamente assorto nella preghiera, pensa lui. Ma Luigi, con la coda dell’occhio, si è accorto della sua presenza e nota che lo sta fissando. Cerca di resistergli ma alla fine si volta. A quel punto, Paolo rompe il ghiaccio e gli parla della missione per cui è stato inviato. “Ma non sono stato mandato da Dio,” dice guardandolo fisso negli occhi, e aggiunge: “bensì da Fra Piero.” A sentire quel nome, Luigi capisce immediatamente che quel sant’uomo ha compiuto un altro dei suoi miracoli.

L’ultima ora del turno sembrava non passare mai. Luigi continuava a controllare ossessivamente l’orologio della hall. Non ce la faceva più di restare al bancone del ricevimento e aspettava con un po’ di ansia l’arrivo del portiere di notte per il cambio. Paolo era appena arrivato. Come da sue indicazioni, si era presentato nella hall facendo finta di essere uno di quei uomini d’affari che frequentano abitualmente gli hotel per lavoro e che di norma pernottando da soli. Luigi aveva preso i suoi dati e gli aveva dato la chiave della camera.

Quando gli disse che per ogni esigenza sarebbe stato a sua completa disposizione, si sorprese del fatto che per la prima volta in tutti quegli anni intendeva veramente mantenere quella promessa.

Arrivato il notturno, Luigi recitò la parte di chi non vede l’ora di staccare. Fra otto ore sarebbe dovuto essere ancora di servizio per sostituire una collega e la direzione aveva acconsentito a lasciargli una stanza per la notte, in modo da non dover togliere ore di riposo facendo avanti e indietro per tornare a casa. Dunque prese le chiavi della camera che avrebbe usato per “riposare” e si avviò verso l’ascensore di servizio. Nel salire verso il piano si immaginava l’effetto che poteva aver scatenato su Paolo la sorpresa che gli aveva fatto trovare: l’eccitazione si faceva già sentire dentro le mutande. Arrivato alla camera, passò la tessera nel lettore e aprì la porta.

Varcata la soglia, trovò Paolo seduto sul letto semi nudo. Aveva un fisico asciutto e glabro. Gli occhi di Luigi passarono sul petto ben delineato con due piccoli capezzoli, sul torace magro e si fermarono sulle mutande, un paio di slip bianchi in cotone bielastico. La sorpresa evidentemente doveva aver colpito nel segno, a giudicare dalla protuberanza che tirava il tessuto e voleva fare capolino dal bordo. Luigi esordì chiedendo: “Ma dov’è il nostro Pandaro?”. Un sorriso gli si stampò sulla faccia mentre fissava negli occhi Paolo, il quale guardò verso la stanza da bagno, da dove uscì Fra Piero. Luigi fu stregato da quella visione. Il frate era in mutande e mostrava un corpo robusto spettacolare, ricoperto di pelo grigio: il petto era sodo e ben delineato e dal pelo sbucavano due magnifici capezzoli grossi e rosa, proprio da mordere; la pancia grossa ma non molliccia era anch’essa pelosa e sovrastava un pacco che si mostrava ancora quieto ma di tutto rispetto. In tutto quel tempo che lo conosceva lo aveva visto solo e unicamente in saio e ora quella meraviglia di uomo stava lì davanti a lui in mutande. E che mutande! Erano degli slip bianchi con apertura: aveva sempre sognato di mettere le mani in quel tipo di indumento per fare uscire il pisello dalla fessura. Approfittò per chiedere divertito:

Padre, ma che vestito ti sei messo oggi?”

Quello che passa il convento, figliuolo!” rispose Fra Piero, e andò a sedersi sul letto con Paolo.

Luigi cominciò a spogliarsi, mentre Fra Piero e Paolo si misero molto poco teneramente a limonare. Prima si tolse le scarpe, poi la giacca e la cravatta. Paolo, che seguiva lo spogliarello con la coda dell’occhio, si staccò dalla bocca del frate per ammirare il corpo di Luigi, che a poco a poco scopriva una dotazione da favola. Dalla camicia si scorgeva l’intimo: una canottiera bianca a spalle larghe, le cui costine si intravvedevano dal bianco della camicia. Luigi cominciò a slacciare il bottone sul collo e poi via via gli altri, lasciando uscire sempre di più quel magnifico pelo nero e riccio che sgorgava da tutti gli orli della canotta. Nel togliersi definitivamente la camicia, il colore scuro della pelle veniva esaltato alla perfezione dal bianco dell’intimo. Stava per togliersi la canottiera, ma Paolo lo bloccò chiedendogli di togliere prima i pantaloni: voleva vederlo con addosso solo la biancheria intima. Dunque, si slacciò la cintura, abbassò la zip della patta e sfilò i pantaloni. Luigi in mutande era da urlo: a coordinare la canottiera c’erano un paio di boxer larghi con apertura. Luigi si sedette per sfilare le calze nere e si rialzò davanti ad un Paolo completamente estasiato.

Lo sguardo di Paolo era un continuo movimento da una parte all’altra del corpo di Luigi, che si mostrava solo in parte attraverso la biancheria e che sollecitava ancora di più la sua fantasia: il baffo folto sporgente, il pelo scuro traboccante dai bordi della canotta e da sotto le ascelle, le punte dei capezzoli che segnavano vistosamente il cotone, la curva del pisello che ancora guardava verso il basso ma che faceva gonfiare il tessuto non elasticizzato dei boxer. Alzò le mani verso Luigi e le posò sulla canottiera: scorse con le dita il tessuto morbido lungo il petto fermandosi a quelle protuberanze in prossimità dei capezzoli. Le punte delle dita cominciarono a passare con insistenza attorno alle areole per poi premere sulla punta: Luigi chiuse gli occhi sospirando pesantemente e Paolo prese con le dita il tessuto della canottiera sopra il capezzoli tirando verso l’alto. Continuò questo gioco fino a che l’uccello di Luigi fece capolino dall’apertura dei boxer; a quel punto, chinò il capo e lo baciò.

Fra Piero in mutande osservava il suo discepolo mettere in pratica gli insegnamenti che gli aveva dato nella sua cella. Era molto soddisfatto dell’allievo, che pareva avere tutte le carte in regola per superare il maestro. Mentre guardava come la bocca di Paolo si allargava per far entrare tutta la cappella ingrossata di Luigi, cominciò a titillarsi i capezzoloni rosa già induriti. La faccia di Luigi, che ad occhi chiusi si godeva le mani di Paolo sui suoi capezzoli e la lingua che correva lungo tutta la sua asta, lo faceva sembrare in una dimensione di totale piacere.

Fra Piero si alzò e si mise in piedi dietro a Luigi: slacciò il bottoncino che chiudeva l’elastico dei boxer per sfilarglieli senza interrompere il lavoro di bocca di Paolo. Il frate osservò quale goduria di culo aveva quell’uomo: le chiappe rotondeggianti erano quasi nere per via di tutto quel pelo che le ricoprivano e che si faceva particolarmente folto nel mezzo. Appoggiò il pacco pulsante a quelle natiche sode e lo strofinò per massaggiarsi il pisello ormai bazzotto. Luigi con la mano si avvicinò al corpo del padre: prima accarezzò il petto peloso, poi diede una strizzatina a quei capezzoloni invitanti lungamente lavorati a mano negli anni, per finire con la mano dentro le sue mutande: afferrò il pisello e lo posizionò in verticale. La cappella del padre era umida e non aspettava altro di essere scoperta completamente. Luigi ritrasse la mano e se la portò al naso: un odore leggermente acre lo fece andare via di testa. Staccò Paolo dal suo pisello, si girò verso il frate e gli sfilò finalmente le mutande: la virilità di Piero si mostrò in tutto il suo turgore. Luigi si precipitò a pomparlo come non aveva mai fatto in vita sua, assaporando ogni goccia del liquido che cominciava a uscire dalla cappella.

Paolo, sbalordito da tanta avidità, non stette con le mani in mano. Si chinò verso il culo peloso di Luigi e cominciò ad accarezzarlo. Si inoltrò un po’ per volta nella selva che copriva il canale tra le chiappe, cercando di guadagnare terreno per poter arrivare a scorgere il buchetto che tanto agognava. Una volta aperto il passaggio, ci calò la lingua. Cominciò ad ammorbidire quel passaggio e a mano a mano che spingeva con la lingua sentiva le pareti dilatarsi. Allora passò alle dita e si sorprese con quale facilità una, due, tre, quattro dita venissero risucchiate al suo interno. Luigi oramai si sentiva pronto per essere definitivamente preso e disse che non stava più nelle palle… “Nella pelle”, lo corresse Fra Piero. Si voltò per togliere lo slip a Paolo: il suo uccello si era eretto perfettamente e senza alcuna stimolazione, alla faccia della sua fidanzata. Era un pisellone lungo, che Luigi guardò con ammirazione e anche con una certa apprensione.

Mi farà male?” chiese intimorito.

Ti farà bene dopo” lo rassicurò Fra Piero sorridendogli e stendendosi sul letto dalla parte inversa con i piedi alla testiera. Dopodiché fece accomodare Luigi sopra di lui mettendolo a pecora nel senso opposto. I due cominciarono a baciarsi i reciproci gioielli in un succulento 69, mentre Paolo srotolava sul suo pisello un Pasante King Size. Luigi era talmente inebriato dalla pompa che gli stava facendo il padre che quasi non si accorse quando Paolo varcò la soglia del suo buchetto con la cappella. Il ragazzo sentì irrigidirsi l’ano e non osò andare oltre. Allora si inclinò sulla schiena di Luigi per raggiungere con le mani i suoi capezzoli. La stimolazione estremante piacevole lo rilassò facendolo aprire completamente al punto tale che con un colpo secco spostò il culo indietro facendo entrare tutto il pisellone di Paolo. Fu un istante intenso: il dolore venne soffocato dal piacere e Luigi sentì per un attimo la testa esplodere. Poi, come per magia, il canale anale si abituò a quel corpo e fu puro godimento.

Mentre Paolo montava Luigi in un crescendo di respiri affannosi dell’uno e di gemiti lussuriosi dell’altro, Fra Piero uscì dal letto per sistemarsi dietro al ragazzo. Cominciò ad accarezzarlo davanti, mentre osservava il bordo del preservativo avvicinarsi sempre più all’entrata del culo di Luigi senza però entrare. Con la mano destra prese la base del pisello di Paolo tra pollice e indice tenendo sospese con le altre dita le grosse palle penzolanti. Gli piaceva avere in mano la pulsione di quell’uccello mentre faceva dentro e fuori. Con l’altra mano, invece, lo accarezzava sul didietro e ne testava la dilatazione. Si chinò e cominciò a baciare quel culetto liscio, mordicchiando le chiappe. Passò poi a leccargli l’ano, degustando il sughetto di umori che cominciava a trasudare. Paolo era pronto a provare il piacere di dare e ricevere contemporaneamente. Trovò un preservativo sul comodino e ci infilò il suo uccello tozzo e venoso. Bagnò con un po’ di saliva il lattice e appoggiò la cappella incappucciata sul foro di Paolo. Entrò con molta delicatezza nel suo corpo bollente; non fu difficile spingersi all’interno. I tre trovarono subito una perfetta sincronia di movimenti: ora era Fra Piero a dare la spinta che poi si riverberava sul corpo di Luigi attraverso quello di Paolo. Quest’ultimo ormai era sull’orlo della morte. Da dietro aveva la sensazione di piacere mista a dolore del pisello largo del frate che gli perforava l’ano e da davanti il suo pisello veniva continuamente sollecitato a venire dalle pareti strette del culo di Luigi. A un certo punto non seppe più come trattenersi e si lasciò andare nel culo di Luigi riempendo il preservativo fino a farlo quasi scoppiare.

Paolo si staccò dai tre, che rimasero a guardare la quantità di sborra che penzolava dal goldone mezzo sfilato mentre l’uccello si afflosciava. Dopo un attimo di tregua, i due che si dovevano ancora saziare ripresero a giocare. Luigi si girò a pancia in su e Piero mise sotto la schiena un paio di cuscini per avere l’accesso posteriore a portata di uccello. Prima di entrare, il frate si stese su quel petto meraviglioso, tirando i peli con le mani e intrufolando il naso fin sotto le ascelle per annusarne l’odore di maschio sudato misto ad una lontana fragranza legnosa – probabilmente un ricordo sbiadito della doccia mattutina. Piero si sdraiò su di lui strusciando il pisello contro il suo e avvicinando il petto al volto di Luigi perché giocasse un po’ con i capezzoli. Ahhhh che goduria sentire alternare la lingua morbida al baffo ruvido. Avrebbe potuto godere benissimo anche così ma voleva prima dargli un assaggio del suo membro. Si sfilò il preservativo che aveva usato con Paolo per metterne uno nuovo.

Luigi si sorprese di quanto non fosse facile prendere quell’arnese, che aveva una cappella più larga da far passare, ma una volta dentro cominciò a divincolarsi dal piacere. Ormai il frate non voleva trattenere più nulla e comincio a muoversi il più velocemente possibile, sotto le urla libidinose dell’uomo che stava montando. Gli prese i capezzoli e li tirò con forza fino a farlo gridare di smettere. Allora allentò la presa per poi riprendere a stringere.

Ancora un colpo, un altro, un altro ancora. Luigi non ce la fece più e cominciò a sborrare a mo’ di fontana. Il padre continuò ancora un po’ a divertirsi con il suo culo fino a quando uscì rapidamente sfilandosi il preservativo e inondando di sborra il petto di Luigi, che tirava fuori la lingua per prendere i fiotti più potenti. Esaurito il serbatoio, Fra Piero, ansimante, rimase per un lungo attimo a guardare il suo uomo mentre si spalmava per bene quella crema densa sul petto villoso.

Dopo la doccia, Fra Piero si rivestì. Luigi e Paolo stesi nudi sul letto non poterono non notare l’effetto straniante di vedere il frate in jeans e in maglione. Quest’ultimo, prima di uscire, non mancò di ricordare ai due fedeli di tornare presto a confessarsi al cospetto della sua cappella.

I due rimasti dormirono insieme quella notte. Alle prime luci dell’alba, Paolo lasciò l’hotel attraverso un’uscita secondaria riservata allo staff, prima che cominciasse l’andirivieni dei dipendenti che preparavano le colazioni. Luigi invece rimase ancora un po’ disteso a ripensare a tutto ciò che aveva vissuto quella notte. Poi, alle sette, si presentò al ricevimento puntuale.

Concluderei così la storia. Non ho molto altro da aggiungere anche perché se non ci si è arrapati finora inutile sperare in queste ultime righe. Rimane però aperta la questione che riguarda Paolo e il matrimonio con Sara. Si sposerà come da programma oppure abbraccerà in pieno la conversione verso i suoi veri gusti sessuali cambiando vita? Chi può dirlo… ma credo che Paolo non sarebbe in grado di tirarsi indietro da solo dal matrimonio. Del resto, la vita coniugale è fatta anche di scappatelle e sono certo che quella di Paolo non farebbe eccezione.

Malgrado ciò, mi piace sperare nella sua fidanzata, il cui intuito l’ha già messa nella buona strada, e immaginare che sarà lei a mollarlo presto.