ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Settembre - Ottobre 2015


LEGGENDO IN PESCHERIA - TIZIANO E VERONESE, I RITRATTI DI DANIELE BARBARO - NELLE STANZE DI FULVIO BIANCONI - IMAGO MUNDI - FOTOGRAFIA AL FEMMINILE - EMILY YOUNG, CONVERSAZIONI DI PIETRA - CASORATI, UN PREQUEL - L'ARMONIA DEL VERO - IL SERRAGLIO DELLE MERAVIGLIE - UNA BREVE MANIFESTAZIONE -  BELLISSIME IN VETRINA - UN INDIANO A VENEZIA - EGITTO BOLOGNESE - BRUEGEL - I MOSTRI ALL'ANGOLO DEL CANALE - EL GRECO IN ITALIA - FATTORI * SPECIALE 72a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA: ASPETTANDO LA MOSTRA - WINTER ON FIRE - FRANCOFONIA - EQUALS - THE DANISH GIRL - THE ENDLESS RIVER - RABIN, THE LAST DAY - SANGUE DEL MIO SANGUE - 11 MINUTI- REMEMBER - PER AMOR VOSTRO - VENEZIA72 VINCITORI E VINTI, PREMIATI E NO 
Dal 30 Agosto era stata programmata una manifestazione organizzata da vari gruppi attenti ai diritti umani, a quelli civili, al rispetto delle differenze, un po' da tutta Italia, l'UAAR di Venezia, Libera di Venezia, Agedo Triveneto, e moltissimi che fanno capo all'Arcigay, in risposta agli atteggiamenti di chiusura del sindaco di Venezia.

Doveva tenersi il 5 Settembre in Campo S.Margherita a Venezia, ma a causa del maltempo, si e' svolta sotto la loggia della Pescheria di Rialto, luogo anche questo, spesso, teatro di manifestazioni politiche e culturali di notevole rilievo, non ultimi certi stimolanti "controcarnevali".

Pioveva a catinelle, ma poi il sole ha fatto capolino, illuminando di luci arcobaleno...segno degli dei propizi?

il canale, le case, le persone, ed allora via tutti i fotografare le fugaci immagini cangianti, compresi poliziotti, vigili, presenti in buon numero e tranquilli, data la pacifica occasione d'incontro e confronto... non eravamo moltissimi, ma un buon numero, alcuni "vestiti" da pirati, altri con "bellicosi" elmi costituiti da scolapasta, i vecchi come me, tranquilli ed all'ascolto dei piccoli libri messi all'indice dall'ineffabile Sindaco Luigi Brugnaro, quindi, fra lettura e confronto, pacata discussione ed ironia, dati i testi icriminati, di grande poesia.

Ma si sa quanto la poesia possa essere eversiva ed invisa al potere! Ora, appuntamento in occasione della mostra fotografica di Gianni Berengo Gardin (MOSTRI A VENEZIA), che si terra'/non terra' a PalazZo Ducale, sempre a Venezia.


emilio campanella

Con la consueta elegante semplicita', ed esauriente, sintetica professionalita', Luca Massimo Barbero, direttore dell'Istituto di Storia dell'Arte della Fondazione Cini ha presentato, il  18 Settembre, le nuove proposte espositive della Galleria di Palazzo Cini a Venezia.

Giusto due giorni prima, nella stessa sede, era stato presentato e definito il DORSODURO MUSEUM MILE, il miglio dei  musei di Dorsoduro, siccome questo e' il nome del Sestiere ove sono ubicate le Gallerie dell'Accademia, Palazzo Cini, la Collezione Guggenheim di Palazzo Venier dei Leoni, e la Punta della Dogana.

Una collaborazione fra le quattro istituzioni ed un percorso stimolante per appassionati e turisti. A Palazzo Cini, dal 19 Settembre, e sino al 15 Novembre, in occasione del cinquecentenario della nascita di Daniele Barbaro, letterato, filosofo, scienziato, umanista, vengono esposti due ritratti, uno giovanile, di Tiziano, che lo colse sulla trentina, di tre quarti, l'espressione introspettiva dello studioso (1545 c.a),dal Museo del Prado, l'altro, in età avanzata(1560-61), di Paolo Veronese, dal Rijksmuseum di Amsterdam, in abito ecclesiastico (fu Patriarca di Aquileia dal 1550). I due ritratti sono esposti per la prima volta insieme.

Al centro della sala, volumi e pubblicazioni legate ai suoi studi, come I DIECI LIBRI DELL'ARCHITETTURA COMMENTATI E TRADUTTI DA MONSIGNOR BARBARO ELETTO PATRIARCA DI AQUILEGGIA edito da Francesco Marcolini nel 1556 con i "sottilissimi e vaghi disegni" del Palladio.

Nelle sale "attorno", una squisita scelta di disegni settecenteschi, a far da cornice al CAPRICCIO ARCHITETTONICO CON PORTICO di Francesco Guardi, del 1760, dal Museo Jacquemart Andre' di Parigi. Uno scambio di "cortesie", siccome il DOPPIO RITRATTO CON AMICI di Pontormo, della Galleria, e' in prestito in quel museo, in occasione della mostra: FLORENCE, PORTRAITS 'A LA COUR DES MÈDICIS.

I disegni veneti settecenteschi esposti, sono della Fondazione Giorgio Cini. Una stanza e' dedicata ai Tiepolo: Giambattista e Giandomenico. Gli altri nomi sono: Guardi, Canaletto, Zais, Bison, Dorigny, Pellegrini, Piazzetta, Piranesi, Diziani, Pittoni, Della Rosa, ed un'accurata scelta di caricature di Antonio Maria Zanetti il vecchio, godibilissime. Il motivo e' anche una prossima pubblicazione della Fondazione, dedicata all'artista. Torno indietro, a Giandomenico Tiepolo ed alla sua METAMORFOSI DI ATTEONE, mm 154 per 142; penna, inchiostro bruno e acquerello, carta bianca.

Un assoluto capolavoro: la faretra abbandonata in primo piano, il cacciatore spinto indietro dall'impeto del suo cane, che gia' non lo riconosce più... Atteone ha ormai la testa di cervo (e non lo sa!) su un corpo ancora umano, come certe divinità egizie o del vicino oriente. Il suo sguardo ancora affettuoso ed incredulo, le braccia a tentar di a trattenere il cane amatissimo, pronto a sbranarlo.

La dinamica e le linee diagonali delle due figure, sono straordinarie. Anche questi magnifici disegni, si potranno visitare sino al 15 Novembre prossimo.              

Nella stessa data, 18 Settembre, non è stata presentata alla stampa, non è stata inaugurata, e non sarà aperta al pubblico, la mostra: MOSTRI A VENEZIA, le grandi navi fotografate da Gianni Berengo Gardin a Palazzo Ducale, che avrebbe dovuto essere possibile visitare sino al 14 Dicembre prossimo.

Si è deciso di bloccare la manifestazione prevista da tempo, e già rifiutata due anni or sono, quando le fotografie, peraltro, ormai notissime e pubblicatissime, furono esposte a Milano grazie al FAI.


emilio campanella


All'Isola di S. Giorgio Maggiore di Venezia, LE STANZE DEL VETRO, propongono, sino al 10 Gennaio 2016 : FULVIO BIANCONI ALLA VENINI, un percorso storico curato da Marino Barovier.

Padovano di nascita, Bianconi influenzo' fortemente il design degli anni cinquanta e da quegli anni, ancora sino ad oggi, con linee create, dinamici ed arditi accostamenti di forme e colori; la mostra, con il solito rigore scientifico segue un percorso cronologico e stilistico dalla fine degli anni quaranta, agli anni sessanta del novecento.

Si inizia con i FAZZOLETTI degli anni '49-50, invenzione rielaborata da Bianconi con Paolo Venini, anche ricordando lontanissime ascendenze romane, per una forma ancora oggi realizzata, nota e di grande successo.

Di seguito LE QUATTRO STAGIONI, FLACONI PORTAPROFUMO PER Gi.Vi.Emme, creati fra il 1946 ed il 1947; forme che i più "grandi" ricorderanno di aver visto da bimbi! Sono del 1950 le sirene ed i nudi.

Sempre del 1950 i vasi a MACCHIE, a FIORI nel 1951. Fra il 1950 ed il 1956 FASCE ORIZZONTALI E VERTICALI.

Le tecniche sono molteplici, altrettante le applicazioni e le invenzioni: a tessere, a "pezze", scozzesi, a canne ritorte, a canne incrociate, a forme geometriche composte, e poi forati e con i buchi, seguendo parallelamente l'evoluzione dell'arte coeva, sentendone ed interpretandone l'atmosfera e le ricerche.

Tecniche ad incalmo, decorazioni a spicchi, merletti, pietredure. Ci sono poi le figurine della Commedia dell'Arte, la serie Tiepoli del 1952, in vetro lattimo, ed una serie amplissima di accessori creati per l'Ottava Triennale di Milano (1947).

Di seguito Animali fantastici, Mori, Musicanti, Costumi regionali, Costumi d'epoca, Mesi, Figurine a tessere, Figurine a murrine, Figurine Africane, Figurine a filigrana, Grotteschi, Animali... tutto un mondo, presente nell'ormai tradizionale, ponderoso catalogo edito da Skira.


emilio campanella

Alla Fondazione Cini, sull'Isola di S.Giorgio Maggiore a Venezia, sino al 1 Novembre, la curiosa, sterminata, ambiziosa, simpaticamente maniacale, ma decisamente stimolante proposta della Luciano Benetton Collection, dal sottotitolo: MAP OF NEW ART.

Si tratta di opere di soli 10 cm per 12, di 6.930 artisti di quaranta paesi, dislocati nei cinque continenti.

Ovviamente l'impresa e' in progress e se all'inizio si e' presi da un certo scoramento, al trovarsi di fronte i pannelli-griglia-scaffale che ospitano le opere, poi, e la curiosita', e la ripetitivita' compulsivo maniacale che risiede piu' o meno in ognuno, ha il sopravvento , si comincia ad osservare con maggiore attenzione e si viene, come risucchiati in questi piccoli mondi che possono essere anche audiovisivi minimi, diorami tridimensionali, miniature pittoriche, talvolta, molto tradizionali, e tutto un universo artistico in miniatura proposto in pochi, pur se non pochissimi metri quadrati.

Si ripercorrono un po' tutte le tendenze artistiche recenti ed anche non recentissime; i materiali sono eterogenei, e le provocazioni non mancano.

Cio' che colpisce e sconcerta e' quanto queste "mises en abìme", possano coinvolgere, e quanta forza possano sprigionare lavori di cosi' esigua dimensione; peraltro, il rapporto con chi guarda, essendo fisicamente molto ravvicinato, per ovvie ragioni, immediatamente si reinstaurano delle proporzioni di distanza quali sarebbero differenti, ma non lontane per coinvolgimento, se ci si trovasse di fronte a misure più usuali.

Va da se' che non si riesce a vedere tutto, e che lo sguardo scorre da un lavoro all'altro, ma poi si torna indietro, si rivede, si scopre quello che era sfuggito facendo molta attenzione a non saltare nulla, a non rischiare di mancare alcuna emozione ed occasione di riflessione.

Certo sono piccoli mondi, ribadisco, anche piccolissimi, ma rimandano a ben altro, quindi l'operazione, per quanto apparentemente solipsistica, non e' del tutto vana, mantenendo si, un equilibrio incerto, ma anche una sua capacita' di stimolo.


emilio campanella

Si chiama SGUARDO DI DONNA, da Diane Arbus a Letizia Battaglia, LA PASSIONE E IL CORAGGIO, la nuova mostra fotografica, ovviamante, dell'attuale stagione della Casa dei Tre Oci di Venezia, che riparte con rinnovate organizzazioni, altri staff, diversi intenti, trasformato più o meno tutto.

La cura e' di Francesca Alfano Miglietti, e sara' aperta al pubblico sino all'8 Dicembre prossimo.

Antonio Marras ha ambientato scenograficamente l'esposizione in vario modo, anche con installazioni, che seppur non nuove costituiscono, talvolta, una creazione di atmosfere circostanti che contrastano positivamente con le immagini, talvolta creano un dialogo, talaltra una gradevole alternativa alla freddezza di certi allestimenti asettici.

In mostra le opere di venticinque donne, le loro personalita', le loro scelte.

Sono tanti nomi noti, alcuni notissimi, un gruppo di opere per ognuna, dislocate sui tre piani del palazzo.

Ci sono le inquietudini di Diane Arbus, e non solo, le provocazioni puntute e puntuali di Yoko Ono, le introspezioni di Sophie Calle, le immagini di Shirin Neshat, artista veramente poliedrica e coraggiosa.

I nomi sono molti (Martina Bacigalupo, Yael Bartana, Letizia Battaglia, Margaret Bourke-White, Lisetta Carmi, Tacita Dean, Lucinda Devlin, Donna Ferrato, Giorgia Fiorio, Nan Goldin, Rori Horn, Zanele  Muholi, Catherine Opie, Bettina Rheims, Tracey Ross, Martha Rosier, Chiara Samugheo, Alessandra Sanguinetti, Sam Taylor-Johnson, Donata Wenders, Yelena Yemchuk), forse troppi, o non abbastanza, non so, per poter dare un quadro esaustivo, così come le tematiche scelte, importanti ed in linea con il tema proposto, ma anche qui, come dire, sono solo accenni, si vorrebbe vedere maggiormente, ma occorrerebbe una personale per ogni autrice... forse, non so, una proposta simile meriterebbe differenti occasioni successive... resta come un certo senso d'insoddisfazione di fondo.

emilio campanella


La bella esposizione: CALL & RESPONSE di Emily Young, ancora sino al 22 Novembre, evento collaterale della LVI Mostra Internazionale d'Arte, La Biennale di Venezia, nel Chiostro della Chiesa della Madonna dell'Orto.

Passata la torrida estate, ora si ragiona meglio, e conviene verificare che cosa si sia lasciato indietro, in attesa di poter avere una visione piu' chiara delle cose.

Nella mia ideale agenda era rimasta questa visita, ultima, legata alle manifestazioni dislocate in citta' dal Maggio scorso.

Sul campo, a lato della facciata gotica, davanti all'ingresso del chiostro, una grande testa alata(?) indica la mostra, meglio di ogni altra pubblicita'.

Entrando, un discreto striscione sul sovraporta. Sotto gli archi, le teste ad una buona distanza l'una dall'altra, in modo che le nostre conversazioni con loro... le "domande e risposte" possano essere sufficientemente private e intime.

Di contrasto con la rigorosa solarita' del luogo, il rosso caldo dei mattoni ed il bianco della pietra d'Istria, gli archi a tutto sesto, il blu del cielo, i marmi preziosi e dai colori screziati, le forme sbozzate che faticano a farsi strada nel minerale: nasi forti, occhi chiusi di anime inquiete, spirituali sguardi spinti lontano, parole ancora mute, ma pronte al dialogo con chi guarda.

Allo scoperto, al centro, un'altra grande testa dall'espressione torva. Fra le persone in visita, qualcuno faceva il nome di Vangi...io invece penso ad un ascendente piu' lontano, piuttosto che collega: Adolfo Wildt, ma anche, e perche' no, Medardo Rosso, senza escludere Brancusi, e poi andando indietro, molto indietro, la statuaria rinascimentale ed anche classica... tutto si ritrova in espressioni artistiche importanti quali questa.

E tutto e' filtrato da una personalita' forte, da una progettualitaa' sicura nel suo percorso.

Grande responsabilità ha la scelta della qualita' e delle sfumature cromatiche dei marmi, veri ispiratori dell'espressione delle figure... Effettivante danno l'impressione di essere interlocutorie e non poco provocatorie, anche. Non si resta indifferenti di fronte a loro.


emilio campanella


Venerdi 25 Settembre, a Padova, presso i Musei Civici agli Eremitani, e' stata presentata la nuova ed interessantissima mostra temporanea, dal titolo: IL GIOVANE CASORATI Padova, Napoli, Verona , che rimarra' aperta al pubblico sino al 10 Gennaio Prossimo.

Scientificamente molto accurata, allestita, purtroppo, al solito, con pessime luci, costituisce, comunque un'occasione molto interessante e ghiotta e per affacciarsi sull'ambiente artistico del tempo, e merito della Curatrica Virginia Baradel, cui vanno i complimenti per la presentazione lucida, sintetica ed esauriente, e come tenendosi un passo indietro riconoscendo il grande aiuto degli studiosi che l'hanno affiancata in questo lavoro, sicuramente emozionante, di ricerca e scoperta, il fatto che ci si trovi, dalla prima sala, in medias res.

Eccoci, dunque all' "UR-CASORATI" studente di Giurisprudenza, Dottore in Padova, cui urgeva dentro il sacro fuoco dell'arte.

Peregrinando con la famiglia, da una citta' all'altra, avendo un padre militare di carriera, colse le atmosfere che lo circondavano, ed inizio' a studiare pittura con Giovanni Vianello.

Di suo c'e' una bella scelta di opere nelle prime sale della mostra, come di Mario Cavaglieri e di Cesare Laurenzi, che con due presenze boccioniane e numerose di Ugo Valeri, Antonio Grinzato e Giuliano Tommasi compongono l'insieme formato dalle personalita' di spicco dell'ambiente artistico locale.

Di seguito le opere del dedicatario della manifestazione, iniziando con prove orientative che gia' danno idea di un'attenzione al mondo circostante ed ad un cogliere le atmosfere, curare le ambientazioni che diverranno sue precipue, nello studio della figura, le simbologie, e specialmente la straordinaria qualita' d'interprete delle inquietudini esistenziali.

Gia' questi giovanili ritratti, e poi i disegni, qui in un corpus veramente importante, che attraversano e filtrano suggestioni del divisionismo, del simbolismo, dello jugendstil.

Tutto decantato dalla sensibilita' e dal carattere forte quale appare nell'Autoritratto del 1904-1905 (pastello su carta) che ce lo mostra quasi come un simpatico ragazzaccio.

Un simpatico ragazzaccio che si guardava molto intorno, esperimentava e cominciava a dare prove importanti che venivano riconosciute ed apprezzate.

Ci sono, infatti, ritratti gia' notevoli e gruppi di figure dallo scavo psicologico profondo, che preludono alle prove mature che verranno di li' a poco.

Cito solo il trittico: DEI DOMESTICI SEGRETI CUSTODI di una invidiabile collezione privata, con la cornice unica originale, di questo sorprendente piemontese (Novara 1883/Torino 1963) fortunatamente vissuto molto a lungo.                                


emilio campanella


Piazzola sul Brenta e' una piccola localita' a pochi chilometri da Padova, nota agli appassionati per un MERCATINO DELL'ANTIQUARIATO che si svolge l'ultima domenica di ogni mese e che attira folle di collezionisti e curiosi.

Piu' importante il fatto che sia sede di una sontuosa villa di impianto palladiano: VILLA CONTARINI, dalla lunga storia ed ora valorizzata nei suoi quattro piani restaurati e con l'adiacente grande parco. Fino al 30 Novembre ospita la mostra: L'ARMONIA DEL VERO, Vita e paesaggio fra terre e acque, 1842-1932, per la cura di Luisa Turchi. Il catalogo e' pubblicato da Allemandi.

Confesso come non sia assolutamente facile dare un giudizio equilibrato su una mostra come questa, che gia' si propone come, diciamo, ricognizione sulla pittura veneta di genere, che presenta opere provenienti unicamente da collezioni private, esposta con una certa casualita' nelle pur belle sale del primo piano; con una illuminazione scriteriata, e senza una vera divisione fra temi o tempi, oppure stili.

Visitata in una soleggiata mattinata di venerdi, quando il "piazzale delle carrozze" antistante la villa (al quale la cittadina deve il suo nome) e' ingombro dell'allegro disordine nelle bancarelle del mercato settimanale, mentre le chiacchiere del bar e della pasticceria, s'incrociano, cosi' come gli sguardi, i sorrisi, le occhiate intralice che si vedono anche nelle tele della mostra e che portano anche le firme prestigiose di Fragiacomo e Favretto.

Molta attenzione viene data alla moda "settecentista" ed alle sue stucchevolezze, interpretate da Dal Molin, Milesi, Emma Ciardi, Bressanin. Non mancano due bei Caffi, ed alcuni Quarena dalla inconfondibile nitida qualita'.

Da questo si comprendera' come il titolo della mostra sia pretestuoso, e disatteso, o, come ci dicevano a scuola, si sia andati fuori tema, per quanto ampio questo si fosse deciso di mantenerlo, appunto, e volendo, onnicomprensivo.

Ma non siamo, per fortuna, in presenza di una "mostra enciclopedica", ma neppure, purtroppo, di una esposizione scientificamente precisa.

Oltre alcuni paesaggi crepuscolari particolarmente commoventi di Fragiacomo e Guglielmo Ciardi, tengo a ricordare la tela di Napoleone Nani, non a caso scelta come immagine pubblicitaria della manifestazione e copertina del catalogo: PASSEGGIATA SUL LAGO, per l'equilibrio generale, le luci, i riflessi, la figura pensosa della giovane signora con il suo parasole chiaro della stessa tonalità della piccola vela, anch'essa solitaria, al centro dello specchio d'acqua, in cui si riflettono le case, gli alberi, i monti.

Trattandosi quasi certamente del lago di Garda, potrebbe essere una romantica signora tedesca, ma anche inglese, e perché no, cecovianamente malinconica e forse moscovita...                              


emilio campanella


IL SERRAGLIO DELLE MERAVIGLIE, Il mosaico romano di Lod alla Fondazione Giorgio Cini.                                     

Così e' stato tradotto il titolo della unica, anche perche' incentrata su un pezzo unico, mostra: A MENAGERIE OF WONDERS, che ha come protagonista un mosaico romano tardo antico ritrovato in Israele e visitabile all'Isola di S. Giorgio Maggiore a Venezia, sino al 10 Gennaio 2016.

Rinvenuto nel 1996 a Lod, città a pochi chilometri da Gerusalemme e Tel Aviv, ed i cui scavi sono proseguiti nel 2009 e nel 2014, proviene da una domus datata fra la fine del III e l'inizio del IV sec. dopo Cristo.

Unica tappa italiana di un tour internazionale che ha toccato New York (Metropolitan Museum of Art), Parigi (Louvre), Berlino (Altes Museum) Waddesdon Manor (Regno Unito), Pietroburgo (Ermitage), e che si concludera' a Miami (U.S.A.), dove sara' dall' 11 Febbraio al 15 Marzo 2016, nel contesto della mostra: PATRICIA AND PHILIP FROST ART MUSEUM IN THE FLORIDA INTERNATIONAL UNIVERSITY, questo capolavoro d'arte musiva dagli smaglianti colori, tornera' nel suo paese dove nel 2017 e' prevista l'apertura del Lod Mosaic Archaeological Center che lo accogliera' e dove verra' ricollocato nella sua sede originaria: nel triclinium, e dove tutti i magnifici animali rappresentati si ritroveranno a casa, insieme con quelli che sono rimasti ad attenderli, raccontando le avventure, i paesi attraversati e riposandosi dalle fatiche di un lungo viaggio.

La Fondazione Cini, con i suoi curatori ha scelto un salone del Convitto, lo ha posto al centro, sotto luci morbide ed efficaci, e lo ha attorniato di pannelli informativi riguardanti l'arte musiva, il luogo e l'importanza dell'edificio di cui fa parte, ma non solo: si possono vedere anche tre grandi frammenti della base sottostante la pavimentazione decorata che riportano quella ch'e' una vera e propria sinopia, ma anche l'impronta di un piede, di un sandalo, di una mano di chi ha lavorato molti secoli fa, alla realizzazione di quest'opera.

Sulla terza parete una mostra fotografica tematica proveniente dalla Fototeca Cini, ed a conclusione due video: IL MOSAICO PAVIMENTALE NELL'AREA MEDITERRANEA:ALCUNI CONFRONTI e IL MOSAICO PAVIMENTALE NELL'AREA ALTO-ADRIATICA: UN VIAGGIO VIRTUALE.

Lo splendore del grande pavimento realizzato anche con tessere di paste vitree e lamine auree e' di una varieta', di una qualita' compositiva e di una fantasia grandissime, pur essendo affrontati temi iconografici tipici dell'epoca e presenti in molti lavori coevi, come precedenti e successivi.

Colpisce l'eleganza delle sfumature cromatiche delle cornici, delle divisioni fra un riquadro e l'altro, come in un grande tappeto.Interessante notare come ogni animale rappresentato sia credibile: leoni, tigri, elefanti, prova che gli artisti li conoscevano, non come in casi, soprattutto piu' tardi, in cui le rappresentazioni sono, il piu' delle volte, di fantasia.

La pavimentazione che abbiamo sotto gli occhil'altra divisa in tre sezioni: una centrale. ottagonale, una laterale, divisa in esagoni, e la terza, all'estremo opposto con uno straordinario repertorio ittico di grandissima fantasia in mezzo al quale navigano due navicelle disabitate.

Ultima notazione riguarda il modo di rappresentare gli animali, anche in situazioni drammatiche tipiche, come di aggressioni mortali, con sangue sparso, ma sguardi quasi comici o come di gioco. Non mancano ceste di pesci, una chioccia con i pulcini, conigli, delfini, pavoni... la cui presenza è sempre motivata da precise simbologie.


emilio campanella


Soltanto dal 10 Ottobre al Primo Novembre, la citta' di Este sara' attraversata da fremiti di contemporaneita' classica, inquieta ed anche giocosa. S'intitola IMPATTO 2.0, art design environnement, RIUSO, ECONOMIA, AMBIENTE, DALL'ARTE DEL '900 AL CONTEMPORANEO e ruota intorno al recupero, al riuso, al riciclo dei materiali, attivita' di cui si occupa l'azienda S.E.S.A acronimo per Societa' Estense, Servizi Ambientali, che da vent'anni svolge un ruolo determinante in diversi comuni della zona.

In questo caso propone e sponsorizza mostre e creazioni specifiche per l'occasione. Sul piazzale dell'ex Deposito Corriere SITA, nella sala dell'ex Pescheria Vecchia, nell'ex Chiesa di S.Rocco, ed al primo piano del Museo Archeologico Nazionale Atestino. Qui, POETICHE DELL'OGGETTO con opere che vanno da Arman a Cèsar, da Yoko Ono a Schifano, da Deschamps a Spoerri, fra gli altri, ambientati con molto gusto ed intelligenza fra i reperti di questo importantissimo museo.

A S.Rocco, giovani artisti locali tutti molto interessanti esposti in un magnifico luogo dagli spazi e dalle proporzioni perfette. Sono rimasto colpito da S-CONCORDIA, 2014, di Vittoria Lapolla, divano realizzato con le corde d'attracco della nave Concordia; Thomas Scalco ha posato su un altare un piccolo gioiello di sfera multicolore realizzata con i cotissi (scarti di vetro muranese).

Da ultimo l'interessantissimo lavoro visivo e sonoro di Riccardo Casagrande, musicista ed artista figurativo che ha costruito una spiritosa ed anche suggestiva macchina sonora costituita da mestoli, bacili, bacinelle in cui l'acqua versata man mano da una caraffa, scorre, sgocciola, passa, muove, sbilancia e scende creando effetti musicali d'ispirazione orientale.

L'opera e' illuminata con attenzione ed i riflessi dell'acciaio, dei suoi movimenti, corrispondono a suoni suggestivi. Un po' dalle parti di Tinguely e Nicky de Saint
Phalle, ma anche del musical STOMP, e' un lavoro che cattura, affascina, diverte ed ammalia.

Nella Sala del'ex Pescheria Vecchia le opere erano ancora in fase di montaggio, e le spiegazioni degli artisti non bastano a poter dare un giudizio, bisognerebbe tornare per poterlo fare . La manifestazione e' curata da Lisa Celeghin ed Ilaria Magni.


emilio campanella


In Settembre, durante la Mostra del Cinema di Venezia, scopersi, su di una strada principale del Lido, una bella Galleria d'Arte: MANNI ART GALLERY, al n. 97 di via Sandro Gallo, come dire, fra una fermata e l'altra dell'autobus.

Una sera, prima di una proiezione mi presi una mezz'ora di tempo , entrai e mi trovai faccia a faccia con le bellissime giovani donne che da lontano, dalle loro vetrine, mi avevano attratto con la soro sensuale, seduttiva presenza.

Sono rimasto ulteriormente colpito dal materiale delle sculture, che sono in terrecotte policrome, ed oltre a questo, dalla malinconia dietro la grande bellezza dei corpi e dei volti.

Artista nato a Milano nel 1966, qui compi' i suoi studi fra Liceo Artistico ed Accademia di Belle Arti di Brera, diplomandosi in scultura nel 1988.

Gia' presente al Lido di Venezia in occasione della XII edizione di OPEN (2008), rassegna di sculture open air nell'atmosfera autunnale delle strade dell'isola, in concomitanza con la kermesse cinematografica.

In questo caso, in un bello spazio che gioca fra interno ed esterno, affollato di queste figure di differenti dimensioni, illuminate con molta attenzione, in un allestimanto che riesce ad esporne molte, abilmente, senza dare l'impressione dell'affollamento, dell'affastellamento.

Ognuna di queste ragazze, di queste giovani signore abita il suo spazio, l'aria che la circonda come se fosse sola.

Sono sedute in poltrona, su un puf, nervose e pronte ad alzarsi, in piedi, stanti, ma giusto prima del passo, nell'atto di camminare, oppure morbidamente abbandonate, seduttivamente dandosi e negandosi al tempo stesso, sguardi, labbra intriganti ed anche, forse, un po' pericolose... forse, ma molto introspettive, c'e' sempre qualcosa, anche molto, dietro questi atteggiamenti, dietro queste apparenze.


emilio campanella


V. S. GAITONDE, PITTURA COME PROCESSO, PITTURA COME VITA, questa la nuova mostra della Collezione Guggenheim di Venezia, sino al 10 Gennaio prossimo.

Rappresenta la prima apertura all'arte contemporanea indiana, e proviene dal Museo Solomon R. Guggenheim di New York dove e' rimasta dall'Ottobre 2014 al Febbraio 2015.

Prima dell'apertura veneziana, al Teatrino di Palazzo Grassi, e' stato possibile vedere un illuminante documentario di Sunil Kaldate: V.S.GAITONDE del, 1995 utile per avere un'idea della personalitae' e della ricerca formale di un artista pressochè sconosciuto in occidente.

Nato a Nagpur nel 1924 e morto a Nuova Delhi nel 2001, Vasudeo Santu Gaitonde, e' considerato il più importante pittore modernista dell'India.

Artista schivo, introspettivo e spirituale, legato al Buddismo Zen, insoddisfatto del suo lavoro, smise di dipingere nel 1994.

Questa stessa insoddisfazione, sintomo di un rigore e di un radicalismo intransigente, lo porto' a distruggere opere che non riteneva di valore sufficiente ed all'altezza delle sue esigenze di ricerca formale.

Soprattutto nei primi lavori, sono evidenti le influenze di artisti europei come Kandinski, Klee, Malevic, basi della sua personale ricerca dell'astrazione, e la mostra ne conta un gran numero, in modo da chiarire il piu' possibile il percorso spirituale artistico formale di tutta una vita.

Negli anni Quaranta del Novecento era all'Accademia di Bombay (Mumbay), e dopo questo la fascinazione dell'Astrattismo, una strada percorsa dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. Sono state ritrovate molte foto del 1965, che lo ritraggono, intento al suo lavoro,  al Chelsea Hotel, quando fu invitato per un soggiorno di studio a New York grazie ad una borsa di studio.

Le immagini sono di Bruce Frisch. In quell'occasione sfogo' la sua grande passione per il cinema, visionando anche diverse pellicole al giorno. Sempre alla ricerca dell'espressivita' non oggettiva, dell'equilibrio formale e delle sospensioni cromatiche perfette, riteneva, concetto molto profondo, e diffuso in molte culture, che l'oper‡ d'arte gia' esistente, dovesse "solo"essere trovata, questo il compito e la capacita' dell'artista: quello della ricerca, dello scavo, della concentrazione al ritrovamento di una sorta di concetto che sarebbe fiorito in pittura.


emilio campanella


EGITTO, splendore millenario, La Collezione di Leiden a Bologna                                          

Dietro un titolo banalotto si nascone, e neanche troppo, data la mole dell'evento, e soprattutto il numero dei reperti esposti, la mostra bolognese ospitata dal Civico Museo Archeologico, che vanta una delle più importanti collezioni egizie del nostro paese.

Collezione nata in ritardo in confronto alle altre, maggiori e precedenti, in un periodo in cui l'archeologia era un'avventura non lontanissima da certe prodezze alla Indiana Jones, che per certi versi puo' ricordare il padovano Giovanni Belzoni, il geniale avventuriero padovano; quando la lotta per accaparrarsi gli oggetti di epoca faraonica era veramente senza quartiere, e neanche troppo diplomatica, nonostante i ruoli ufficiali di personalita' quali Drovetti e Salt...

A Bologna dunque, sino al 17 Luglio 2016, l'occasione veramente unica di vedere riunite collezioni e corredi smembrati molti e molti decenni fa ed entrati a far parte delle collezioni di Leiden (Museo Nazionale di Antichita' ), Torino (Museo Egizio), Firenze (Museo Archeologico), Bologna, appunto.

Siccome l'importantissimo museo olandese attraversa un periodo di ristrutturazione molto ampio, la direzione ha proposto ai colleghi italiani una collaborazione fra le due antiche istituzioni (e pare che si tratti dell'inizio di una sinergia, come si usa dire, destinata a durare nel tempo e produrre differenti manifestazioni) creando un'esposizione scientificamente accuratissima e numericamente densissima di pezzi (circa 500) attorno al fondamentale sito di Saqqara dal periodo predinastico all'epoca tarda.

Le sette sezioni che costituiscono il percorso espositivo hanno una divisione cronologica e tematica al tempo stesso, strettamente intrecciate ed atte a mantenere attenta l'attenzione del visitatore piu' sensibile, come di quello meno esperto nella materia; mettendo a disposizione vari livelli di fruizione, quale può essere anche soltanto la bellezza degli oggetti, (ma ce ne sono anche di molto belli, ed al tempo stesso misteriosi) tanto da stimolare la curiosita' di conoscerne l'uso, la destinazione, l'epoca, la storia, ed ecco l'interesse  acceso. L'agilita' delle schede e dei pannelli informativi, aiutera' naturalmente a compiere una visita piu' approfondita.

L'allestimento e' discreto, le luci accurate. Skira ha pubblicato un catalogo veramente faraonico (anche nel prezzo), ma iconograficamente sontuoso, ricco di saggi molto chiari e specialistici al contempo , di immagini di grande qualita'.

Citazione doverosa ed uno dei grandissimi meriti della manifestazione, l'aver riunito le parti della tomba di Horemheb (generale in capo dell'esercito sotto Tutankhamon ed ultimo faraone della XVIII dinastia), presenti nelle collezioni di Leiden, Bologna e Firenze.

La materia e' affrontata sotto diversi aspetti che coinvolgono lo stato nella sua visione di politica interna e di rapporti con le culture vicine, la vita ultraterrena e tutte le manifestazioni ad essa legate, la Necropoli di Saqqara, la sua importanza nel Nuovo regno, l'epoca tolemaica  e romana.


emilio campanella

BRUEGEL, Capolavori dell'arte fiamminga.                         

A Bologna, Palazzo Albergati sino al 28 Febbraio 2016. Nelle piccole, intime sale del palazzo, una mostra che prende per mano i suoi visitatori, esposizione quasi essenzialmente di opere provenienti da collezioni private europee e d'oltre oceano, a parte due o tre, fra cui I SETTE PECCATI CAPITALI di H. Bosch, olio su tavola del 1500-1515, nella linea fantasiosa delle efferatezze, da Ginevra (Geneva Fine Art Foundation), nella prima sala, non lontano dalla LAMENTAZIONE di Pieter Coecke van Aelst e aiuti, del 1540-1550 c.a sorprendente per la morbidezza dei gesti, l'abbandono del Cristo morto dal braccio allungato ed sostenuto, la mano come un fiore che sta appassendo, ma anche la quasi leonardesca MADONNA DELLE CILIEGIE di Joos van Cleve.

L'esposizione e', comunque,  incentrata sulla famiglia Breugel e sulle loro scelte stilistiche che hanno influenzato fortemente il secolo. Molti quadri sono piccoli, per committenze private, piu' facilmente e frequentemente di soggetto profano.

Il percorso e' punteggiato di opere grafiche, non numerosisime, ma determinanti per chiarificare le innovazioni formali e tematiche che le botteghe portavano avanti. In questo senso l'esposizione e' intima, proprio perche' tutto e' da guardare da vicino ed a lungo, per la ricchezza e la precisione dei particolari, che sono le cifre riconoscibili della pittura fiamminga, quella pittura nordica che guardava all'Italia la quale a sua volta s'ispirava per i paesaggi a quella, come Ë ben evidente nella pittura veneta.

La profonda differenza e' che a nord l'umanita' e' immersa nel paesaggio ch'e' protagonista dei dipinti mentre in quella italiana la figura umana e' fulcro dell'attenzione.

Paesaggi piccoli ed accurati, da vedere da vicino, prendendosi tutto il tempo, lasciandosi colpire dai contrasti di colori caldi e freddi. La profondita' di campo come nella CITTA'COSTIERA CON PONTE AD ARCO di Jan Bruegel il giovane e Lucas van Valckenborch ( 1590-1595); non mancano surreali realtà, sogni, incubi, anche in Pieter Bruegel il vecchio ( e aiuti ), nella RESURREZIONE del 1563 c.a. Belle navi dalle vele gonfie, incise e dipinte, per la gioia di clienti piu' o meno abbienti che potevano sognare avventure, solo guardando una parete di casa... navi di mercanti, molto spesso delle famiglie dei pittori che decisero un altro destino per la loro vita, e si fecero testimoni del mondo che li circondava, altri divennero ambasciatori, portando la pittura nelle grandi sedi diplomatiche e nelle corti.

Ma noi restiamo qui fra le allegorie abitate da fiori ed animali, fra i trionfi floreali, in mezzo alle feste popolari vivaci e coloratissime, ricche di un bozzetismo preciso e molto spesso impietoso. Al secondo piano, un'ampia sezione dedicata ai miti. In questo ambito, sorprendente l'ALLEGORIA DELL'UDITO di Jan Bruegel il giovane, 1645-1650 c.a (Diana Krueger, Ginevra); di seguito una galleria di trionfanti nature morte floreali, prima di concludere con le feste popolari: LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA di Pieter Bruegel il giovane, del 1616, i sei episodi delle NOZZE CONTADINE di Merten van Cleve, 1558-1560 c.a, DANZA NUZIALE ALL'APERTO di Pieter Bruegel il giovane del 1610 c.a, sempre suo il RITORNO DALLA FIERA, 1619-1636 c.a


emilio campanella


Sono genovese, abito a Venezia da trentadue anni, alla Giudecca da ventisei, l'edificio porge sulla riva del canale; ai lati del portone, in alto, come sempre, nell'edilizia locale, per dare aria, due finestre, a volte sono ovali, rotonde, queste sono grandi rettangolari.

Io porgo sull'altro lato, verso la laguna. Molti anni fa scesi e quando mi trovai nel portone non vidi il cielo, le nubi, la nebbia, no, vidi un palazzone ch'era evidentemente stato costruito nottetempo, come nel secondo Faust.

Mi sbagliavo, infatti era una GRANDE NAVE che stava passando  facendoci tremare come se fossimo di gelatina. Certo ne avevamo visto di tutti i colori, con le petroliere che per anni ci sfilavano sotto il naso, ora percorrono il Canale dei Petroli, e le vedo quando sono in spiaggia agli Alberoni.

Ci furono anni in cui le navi da guerra erano alla fonda per giorni al centro del Bacino di S. Marco.

Era l 'inizio di Dicembre di oltre dieci anni or sono, una mattina di nebbia molto fitta, una GRANDE NAVE, invece di puntare verso  il Lido, si diresse contro l'Hotel Danieli (che ha sede in un pregevole edifico medioevale ).

Ci si accorse appena in tempo, e l'enorme natante virò di bordo. Un amico che lavorava nell'albergo mi disse che avevano temuto il peggio, e che la nave enorme li sovrastava e procedeva inesorabilmente verso la riva.

Questo racconto mi fece tornare alla mente le sequenze finali del geniale THE CAMERAMAN di Buster Keaton, ma la conclusione sarebbe stata ben piu' tragica.

Questa lunga premessa, per introdurre l'evento, ed e' proprio il caso di dirlo, che si e' prodotto giovedi 22 Ottobre, poco dopo mezzogiorno, al Caffe' Florian, e non a caso, data la sua tradizione civile.

E' stata presentata una mostra fotografica osteggiata, e per cio' stesso, di conseguenza, grandemente pubblicizzata.

Agili e pregnanti interventi del Presidente onorario del FAI, sotto la cui egida si svolge la manifestazione, Giulia Maria Crespi, Roberto Koch, Presidente della Fondazione Forma per la Fotografia, che ha gestione della produzione e dell'archivio di Gianni Berengo Gardin, Alessandra Mauro, curatrice della mostra, lo stesso Gianni Berengo Gardin, il Presidente del FAI, Andrea Carandini, ed il Sottosegretario di Stato, del Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo: Ilaria Borletti Buitoni.

In molti, stipati ed entusiasti, in una saletta; fuori, sventolio di bandiere NO GRANDI NAVI... chi era fuori lo era solo per mancanza di spazio. Come tutti sanno il titolo dell'esposizione è: MOSTRI A VENEZIA, rifiutata lo scorso anno da un'amministrazone comissariata, venne esposta a Milano, a Villa Necchi Campiglio, poi venne deciso di ospitarla a Palazzo Ducale, a Venezia, dal 19 Settembre al 14 Dicembre, ma un veto del sindaco la blocco', per cui si rese disponibile lo spazio dell'ex Negozio Olivetti progettato da Carlo Scarpa, gestito dal FAI, e veramente poco lontano dalla sede negata!

Ventisette scatti in un espressivo bianco e nero( quacuno di meno in confronto alla prima esposizione) la riflessione di un fotografo che ama molto la sua citta' e la vede violentata in ogni modo, e qui nota come l'inquinamento sia visivo, come questi enormi natanti sovrastino gli edifici, siano pi˘ lunghi di interi quartieri... chiudano la visuale di canali anche ampi. Si potranno vedere sino al 6 Gennaio.

L'allestimento di Alessandro Scandurra e' discreto ed attento a coniugare le immagini con gli spazi, con le storiche macchine per scrivere. Contrasto ha pubblicato l'agile, accurato ed accessibile catalogo che ha molte immagini, e qualcuna in piu' di quelle esposte, insieme con interventi di Andrea Carandini, Maria Camilla Bianchi d'Alberigo, Vittorio Gregotti, ed una conversazione con Gianni Berengo Gardin, di Alessandra Mammi'.

Pare che ufficiosamente, dal personale dei Musei Civici Veneziani, che, peraltro, aveva lavorato per mesi a questo progetto,  siano arrivate molte testimonianze di incoraggiamento, di simpatia, di augurio. Io stesso ho incontrato volti noti durante la mia visita.


emilio campanella


Metamorfosi di un genio. Dalla periferia, ma neanche troppo, della Repubblica Veneta, da Candia, Dominikos Theotokopoulos giunse a Venezia, per poi proseguire alla volta di Roma.

La raffinata e coltissima esposizione curata dallo specialista Lionello Puppi risulta essere una propaggine puntuale e discreta, ma non meno importante in seguito all'anno trascorso, quarto centenario dalla morte del pittore, ed in cui le manifestazioni si sono moltiplicate in molte città.

A Treviso, alla Casa dei Carraresi, sino al 10 Aprile 2016, si puo' essere edotti, ed e' proprio il caso di dirlo, sull'inizio del percorso trionfale di un artista di grande successo, quanto controverso.

Le non molte opere del "candiotto", presenti sul territorio italiano, sono praticamente tutte presenti, dall'Altarolo della Galleria Estense di Modena, al Polittico della Pinacoteca Nazionale di Ferrara; insieme a queste, altre dalla Grecia, come da Venezia, insieme con maestri bizantini coevi. 

Arrivato a Venezia inizio' a guardarsi intorno, ed erano anni d'oro per la pittura veneta: Tiziano, Bassano, Tintoretto, soprattutto, che lo colpi' profondamente, ed e' interessantissima l'ULTIMA CENA del 1568-1570 dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna in cui i modi della tradizione originaria assumono un movimento ed una composizione debitrice evidentemente dello stile tintorettiano, un momento di passaggio di grandissimo interesse per una tavola di piccolo formato (42,5 x 51 cm.) dalla composizione e dalla dinamica sorprendenti.

I raffronti sono anche con Tiziano presente con il giovanile SAN GIOVANNI BATTISTA dell'Accademia di Venezia, e soprattutto SAN FRANCESCO CHE RICEVE LE STIMMATE dal Museo Regionale "Agostino Pepoli" di Trapani del 1540, raffrontato alla tela omonima del 1570-1571 del Greco, impianto molto simile, colori poco contrastati grande carica emotiva nell'atmosfera densa.

Del periodo centro italiano e di quello romano sono presenti alcuni notevoli ritratti, debitori fortemente dello stile veneto, e di grande qualità.

Molti confronti, anche con Parmigianino, Federico Zuccari, Marcello Venusti, ed intanto pian piano la sua maniera cosi' precipua ed inconfondibile si fa strada osteggiata, discussa, studiata, amata, e che molto ha influenzato anche l'arte contemporanea.

Questo nelle due ultime provocatorie ed interessantissime sale. Nella penultima, dopo una serie di crocifissi, due studi di Francis Bacon sullo stesso tema, e nell'ultima i due magnifici bozzetti da Palazzo Barberini a Roma, del 1600/1605: ADORAZIONE DEI PASTORI e BATTESIMO DI CRISTO, accanto al cartone picassiano delle DEMOISELLES D'AVIGNON, del 1958. Picasso affermo' di essere stato profondamente colpito da El Greco, e di essersi ispirato alle forme delle sue figure, per questa sua opera capitale. Si conclude in questo modo il coerente  e stimolante percorso intorno ai dieci anni scarsi di Dominikos Theotokopoulos in quell' Italia, che lo influenzo' fortemente, dove non torno', ma dalla quale conservo' il nome composto con l'articolo EL in spagnolo e l'aggettivo GRECO in italiano, non a caso.

Agile ed esauriente per seguire la mostra, il catalogo edito da Skira.


emilio campanella


Il sottotitolo a commento della bella mostra aperta a Palazzo Zabarella di Padova, sino al 28 Marzo 2016, potrebbe essere: della coerenza espositiva.

La Fondazione Bano, sotto la cui egida, l'esposizione nasce, persegue da diversi anni, affidandosi a curatori di vaglia, un progetto intorno alla pittura italiana dell'ottocento.

In un momento in cui si moltiplicano esposizioni preconfezionate, qui si ha la garanzia della serietà scientifica; mentre ci sono mostre sull'Impressionismo, quasi in ogni angolo del paese, mettendo sotto quell'etichetta artisti di ogni corrente, buttati nel calderone solo perche' coevi, a Padova si va "controcorrente", si ripensa uno dei maggiori esponenti della pittura di macchia.

Alla presentazione si e' parlato della mostra fiorentina del 1987, mentre si e' ignorata quella sterminata, veronese del 1999.

Presumibili disaccordi curatoriali. Io ne ricordo un'altra, interessantissima e rara, a Lugano, a Villa Malpensata, nel 2003, ampia e di sola grafica. Fattori aveva una mano notevole anche in questa tecnica e Padova gli dedica una saletta, piccola, ma abitata da dieci acqueforti, una forma espressiva che gli era molto congeniale e per la quale ebbe grandi riconoscimenti a Parigi, in uno dei suoi pochissimi viaggi fuori dal proprio ambiente. Sono nove di ambientazione rurale ed una con un soldato solitario.

Diviso in sette agili e coerenti sezioni che seguono parallelamente criterio tanto cronologico, quanto tematico, il percorso espositivo  ci da' l'idea di come Fattori cogliesse il mondo che lo circondava creando immagini dipinte di chi gli stava vicino, amici e parenti, del mondo rurale, tanto degli animali come delle persone, in paesaggi forti e caratterizzati come personaggi e cori dei suoi quadri. Insieme, la guerra, i soldati, e talvolta l'incrociarsi dei temi ai tempi delle Guerre d'Indipendenza.

La perplessita' dei militari francesi accampati alle Cascine (SOLDATI FRANCESI ALLE CASCINE, 1859, collezione privata), ma anche quella dei fiorentini, e della gente che cerca di continuare la propria vita. Gli animali, i buoi, le fasi del raccolto, i cavalli selvaggi (TRE CAVALLI BRADI IN PASTURA, MANDRIE AL PASCOLO, 1872 c.a Collezione privata, CRINIERE AL VENTO, dello stesso anno, sempre di collezione privata, sulla riva del mare, CAVALLI AL PASCOLO, ancora del 1872, dell'Istituto Matteucci di Viareggio, e qui il mare è più lontano...), ma anche gli uomini "selvaggi", i Butteri, intenti al loro lavoro con le bestie come ne LA MARCA DEI PULEDRI del 1887( Collezione privata) e LA MENA IN MAREMMA, 1890 circa, ancora Istituto Matteuzzi, o ritratti: RITRATTO DI BUTTERO, 1882-1885, collezione privata.

Ed inframmezzati ai lavori dei campi, le mandrie, le marine, la pace della campagna, le erbaiole, le passeggiate solitarie, gli eserciti in movimento, le battaglie i poveri corpi abbandonati nella polvere, fino alla conclusione ed al nuovo stato che molto deluse il pittore, come tanti altri.

La mostra si chiude con un'opera emblematicamente disperata intitolata: E ORA? del 1903, da una collezione privata biellese, in cui un contadino si china a guardare il suo povero cavallo stramazzato al suolo, morto per eta' e per fatica. Indispensabile strumento, il bel catalogo edito da Marsilio,irrinunciabile una visita a questa mostra che vale un viaggio a Padova in cui ci sono altre stimolanti occasioni espositive in questo momento, oltre all'importanza della città stessa.


emilio campanella


Questo il titolo di un'affollatissima serata tenutasi il 1 Settembre alla Sala Darsena del Lido di Venezia in cui la 72a Mostra internazionale d'Arte Cinematografica, ha avuto la sua preinaugurazione "en famille", prima che le luci internazionali si accendano sulla rassegna ufficiale.

La sala esaurita, l'organizzata distribuzione degli inviti grazie anche alla collaborazione di tre testate giornalistiche locali,  per l'interesse del programma che prevedeva l'esecuzione dal vivo della ricostruita partitura del musicista Angelo Francesco Lavagnino, scritta a commento del lavoro di Orson Welles, intorno al MERCANTE DI VENEZIA, ed eseguita dal vivo dall'Orchesta Classica di Alessandria diretta Roberto Granata.

Di seguito i trentacinque minuti ricostruiti, anche questi,  con lavoro certosino di ricerca ed, il più possibilmente fedele ricostituzione, grazie al Cinemazero di Pordenone (Cineteca del Friuli Venezia Giulia) Cineteca di Bologna, Filmmuseum Munchen, presentato dai protagonisti dell' "archeologico" ritrovamento di questo lavoro non terminato del 1969, e sempre avventurosamente portato avanti dal grande regista.

Girato in luoghi noti, ma anche più segreti della città, con un occhio, ovviamente, speciale ed una tavolozza cromatica sapiente, un'ambientazione genialmente artigianale ed un montaggio abilmente suggestivo, da quel che e' dato comprendere, che non e' poco.

Uno Shylock profondamente umano e dolente, pur nel suo rancore e desiderio di riscatto. Essendo previsto come televisivo, l'approccio e' parzialmente documentaristico, ed "artigianale", punto di vista che aggiunge suggestione ed interesse.

A seguire OTELLO del 1951, copia ritrovata dell'edizione del film, programmata per Venezia, e poi ritirata dal regista per problemi tecnici. Venne rimaneggiata dallo stesso autore in un'edizione inglese come OTHELLO e presentata a Cannes nel 1952, dove vinse la Palma d'Oro.

Questa versione destinata al festival del Lido, arriva finalmente, ed in occasione del centenario della nascita di Welles, con un doppiaggio italiano supervisionato dallo stesso regista e tre minuti in pi˘, grazie alla Cineteca Nazionale.

E' un'occasione coi fiocchi per godere ancora una volta di un capolavoro assoluto girato con la maestria che conosciamo, in un bianco e nero di grande suggestione, in cui le architetture incombono sui personaggi, l'ascendenza formalista evidente, il montaggio sintetico e nervoso, e le voci straordinarie di Gino Cervi, Paolo Stoppa, Rina Morelli...


emilio campanella


WINTER ON FIRE di Evgeny Afineevsky VENEZIA 72 Fuori Concorso                    

Pensavamo tutti di aver sbagliato qualcosa, in coda alla Sala Perla del Casino', si sa i primi giorni, nonostante si venga da anni, si ha qualche dubbio, anche se l'organizzazione sempre migliore ha piu' o meno la medesima struttura... poi abbiamo capito: si tratta di un documentario, peraltro molto importante sulla rivoluzione ukraina del 2013/2014, ma eravamo veramente quattro gatti!

Seguendo i tre mesi di proteste sempre piu' estese, di scontri con le forze dell'ordine, sempre piu' sanguinose, con molte vittime, un numero altissimo di feriti, dispersi, sino alla cacciata dell'inviso presidente rifugiatosi fra le braccia dello zar russo, ed il ritorno della precedente, imprigionata e perseguitata presidente.

Una cronaca lucidissima e costruita con attenzione al montaggio, seguendo i tempi delle giornate di scontro, inframmezzata da interviste con i protagonisti di quei giorni, dalla Piazza Maidan, agli altri luoghi caldi della citta di Kiev, la partecipazione, i soccorsi, le vittime fra i soccorritori disarmati, soprattutto.

Il corpo disciolto di una polizia assassina che massacrava con manganelli metallici, che lanciava lacrimogeni e peggio, comincio' con lo sparare proiettili di gomma, poi viti e bulloni, e di seguito proiettili veri, i mercenari assassini. La costruzione del film ha una progressione narrativa ed un ritmo estremamente efficace... ed e' tutto VERO!

Una voce diretta ci racconta, un coro di voci testimonia la tragedia di un popolo che si solleva e le repressioni che subisce.

Noi leggiamo le notizie sui giornali, seguiamo trasmissioni, ma siamo lontani...molto lontani, queste sono voci forti che urlano dolore e disperazione, raccontano fatti in prima persona, e' tutto molto diverso... cio' che fortemente colpisce e' la trasversalita' interetnica, interreligiosa, ed a tutti i livelli sociali che ha coinvolto i cittadini uniti a dire no...


emilio campanella


FRANCOFONIA di Alexander Sokurov in concorso per VENEZIA72                        

I lunghi, dettagliatissimi titoli di testa con la voce fuori campo del regista che riceve telefonate.

Alexander Sokurov nella sua stanza studio, rivede immagini del film che ha appena terminato di girare.

Comunica con un capitano a bordo della sua portacontainer che trasporta opere d'arte (!!!) su un mare tempestoso MOLTO, MOLTO, MOLTO preoccupante.

 La comunicazione e' difficile. Intanto cominciamo a vedere le frammenti del girato, qualche ciak in campo, si parla del Louvre, di Parigi, della capitale francese sotto l'occupazione, fra materiali di repertorio, finti documentari, ambientazioni, evocazioni, invenzioni, supposizioni, farneticazioni... una Marianna, anche troppo presente scandisce le sue tre parole.

Un Napoleone I ingombrante si propone e ripropone indefinitamente... intanto vediamo gli incontri fra il gerarca nazista che si occupa dell'arte in Francia, in quel frangente, ed il direttore del Louvre, poi direttore dei Musei di Francia, anche per il governo di Pètain.

Intorno a questo luogo ruota tutto il film: la sua storia, la sua importanza, il fatto che sia nato anche per conservare opere trafugate e razziate durante muscolari campagne militari. Il regista, nel suo monologo interiore ad alta voce  riflette, ragiona; scorrono immagini di ritratti, statue, quadri famosissimi, intanto su quella nave i containers sono sempre pi˘ in pericolo.

Nel 1940, le opere più importanti del museo erano state trasferite altrove, in castelli in provincia, per salvarle, e con successo!

Se questo fosse stato fatto per l'Ermitage durante l'assedio di Leningrado, ci sarebbero stati meno danni, e Sokurov torna ad occuparsi del protagonista di ARCA RUSSA del 2002, ma osserva come il rispetto, anche intermittente, per l'arte nell'Europa dell'ovest, non sia assolutamente esistito per quella dell'est, mentre scorrono terribili materiali di repertorio relativi all'assedio .

Torniamo a Parigi: il Grand Louvre, la piramide, alcuni dei "divi" del museo, le sale archeologiche... l'arte assira, i reperti monumentali dei palazzi e delle capitali, i tori alati con i volti dei sovrani... la scena è silenziosa, alcune persone sono ferme e guardano ammirate gli antichissimi colossi; la voce tace, tutti pensiamo che se questi reperti sono qui è perché sono stati strappati al loro paese, ma sono qui, e sono salvi... dobbiamo tutti fare il massimo per conservare la memoria del nostro passato, le vestigia di civilta' che ancora ci parlano, e che sono la storia di tutti indistintamente...

All'inizio Sokurov aveva interrogato i padri nobili della sua cultura, ormai definitivamente silenziosi... film sfaccettato, ricchissimo di spunti, osservazioni, riflessioni, dubbi, domande, montato con sapiente ed apparente disordine, in realta', sorvegliatissimo ed abile nel calcolare gli effetti dialettici del discorso svolto, tutto in 87 minuti di documentatio-non documentario, film narrativo e no.


emilio campanella


EQUALS di Drake Doremus, in concorso per VENEZIA72                  

Un bel monumento alla noia, non c'e' che dire!

Per fortuna della durata di soli(sic), 101 minuti.

In un futuro postatomico, postarchitettonico, postculturale, postquellochevolete, il regista ci racconta una storia di amore contrastato, ai tempi dell'insensibilità programmata.

Ripensate ai migliori romanzi di fantascienza sulle societa' iperavanzate, forse, da Orwell, a Bradbury al bellissimo NON LASCIARMI di Ishiguro: ecco, sapete gia' tutto.

Avete gia' visto, letto, riletto, rivisto questa vicenda in cui Kristen Stewart e Nicholas Hoult inespressivi come pochi, e non solo per ragioni drammaturgiche sono i novelli Adamo ed Eva, Romeo e Giulietta, Troilo e Cressida, Leonce e Lena, Piramo e Tisbe in uno studio di design, o qualcosa di simile.


emilio campanella

THE DANISH GIRL di Tom Hooper, in concorso per VENEZIA72                                  

Una vera storia, anche molto importante, con ottimi attori, bella ambientazione anche un po' finta, una corretta colonna sonora, insomma del "Cinèma de papa" di buon livello, un elegante mèlo, peraltro per un tema forte annegato nel tatto per non urtare alcuna sensibilita'.

Certo una bella sforbiciata non starebbe male, e se da centoventi minuti si riducesse a cento, potrebbe guadagnarne, forse... anche perche' le ragazze passano mezzore a "fare vestitini".

Interessante che Grace, la moglie di Lili, dipinga un po' come Tamara de Lempicka, e Einer/Lili in un classico stile nordico conservatore.

Finale larmoyant in puro genere LEAN/FIGLIA DI RYAN.

Perdibilissimo, anzi no, da consigliare a chi detesta le trans, ma sara' difficile da convincere ad andare a vedere un simile film che pure e' adatto per i palati delicati.


emilio campanella

THE ENDLESS RIVER di Oliver Hermanus, in concorso per VENEZIA72                                      

Il regista lo definisce thriller, e lo e', ma e' anche molto piu' di questo, data la precisione dell'ambientazione, del contesto sociale, dei caratteri dei protagonisti, inseriti in una societa' molto violenta.

Percy (Clayton Evertson) esce dopo quattro anni di carcere, e la moglie Tiny (Crystal-Donna Roberts) lo accoglie con amore e trepidazione, siccome e' un delinquentello di mezza tacca che ricomincia subito a rifrequentare pessime compagnie.

Gilles (Nicolas Duvauchelle) e' un francese perso in questa lembo di SudAfrica, in questa cittaduzza (quella del titolo) dove tutti si conoscono e le tensioni razziali serpeggiano, la delinquenza impera e la polizia, anche quella dal volto umano del Capitano Groenenweld (Darren Kelfkens) spesso ha difficolta' a comprendere, mediare, pur conoscendo benissimo le dinamiche della malavita.

Infatti il delitto in cui la famiglia di Gilles viene barbaramente sterminata, viene definito con una connotazione precisa.

Gilles e Tiny si conoscevano gia', siccome piu' di una volta, lui era stato cliente del ristorante in cui lei e' cameriera.

Una sera in cui lei ha un momento di sconforto dopo uno scontro con Percy ubriaco nel bar con i suoi"amici", Gilles le da' un passaggio e le loro due solitudini si avvicinano.

Lui e' un uomo pieno di rabbia, e non solo a causa della tragedia, gia' non era in rapporti facili con la moglie Anne( Katia Lekarski)ed anche tendenzialmente violento, non diversissimo dagli altri...

Siccome vive in albergo dalla notte del delitto, i compagni di giochi di Percy gli propongono una rapina nella casa abbandonata.

Percy, investito da un'auto quella notte muore dissanguato.

Ora i vedovi sono due, un'altro delitto irrisolto,i due funerali si celebrano quasi contemporaneamente, siccome tutto si svolge, apparentemente, in un breve numero di giorni.

Gilles e' solo, Tiny attorniata dalla comunita' nera e sostenuta dalla madre Mona( l'intensa Denise Newman).Gilles cerca Tiny e le propone una fuga dal loro dolore... e qui il film finisce, nel senso di buon film. I

l terzo capitolo che doveva essere il piu' importante: TYNI, e' invece il più fragile ed irrisolto (i precedenti erano: PERCY e GILLES).

La vicenda arranca per un buon terzo, episodi, ambienti che convincono poco, un nodo drammatico, almeno uno, logicamente collegato alle vicende precedenti, ma che non viene veramente affrontato.

Si arriva poi ad un finale piu' o meno aperto che si e' meritato qualche sonoro fischio, anche motivato, alla prima proiezione per la stampa. MA CHE PECCATO!!!

Eppure i numeri ci sono: un ottimo ritmo per i due terzi, come dicevo, una buona sceneggiatura, attori bravissimi, una vicenda forte, ambientata con molta precisione, e poi? Il regista non ha saputo terminare...


emilio campanella


RABIN, THE LAST DAY di Amos Gitai, in concorso per VENEZIA 72.

Il regista torna sull'uccisione del leader laburista, avvenuta nei primi giorni di novembre di vent'anni fa.

Con la sua morte s'interrompeva un faticoso processo di pace che sembrava a buon punto, andava in frantumi un sogno sintetizzato dallo slogan: DUE POPOLI, DUE STATI.

In 153 minuti, tanti si, ma non troppi, riflettendo, Gitai affronta l'argomento da varie angolature e con differenti tecniche cinematografiche.

La ricostruzione, i filmati di repertorio, le interviste. Ricrea l'atmosfera della Commissione d'Inchiesta che si e' occupata dei difetti della sicurezza che hanno permesso all'attentatore, di compiere il suo delitto.

Molte riprese storiche di manifestazioni dei due partiti in contrasto, in un'atmosfera molto surriscaldata e violenta in quelle della destra, ovviamente.

Le fortissime tensioni alla Knesset e volti e nomi che spesso ancora ricorrono nelle cronache di politica internazionale.

I telegiornali, i visi di allora, ma anche una conferenza stampa della polizia, ricostruita con la consueta forza, e la dinamica degli scontri dell'esercito con i coloni nelle terre occupate... tutti materiali abilmente montati ed apparentemente mescolati, che invece, compongono un mosaico preciso e lucido, nel tentativo di comprendere i veleni che serpeggiavano, le correnti ideologiche, i fanatismi, soprattutto!

Quest'ultimo punto e' quello su cui l'analisi del regista si fa molto precisa, per scandagliare sentimenti e rancori, quelli provocati dal pacifismo di un uomo che cercava un accordo con i Palestinesi, cosa che la destra non voleva, gli ultraortodossi non volevano, e soprattutto i coloni non volevano.

A distanza di vent'anni ancora ci domandiamo: se Yitzhak Rabin non fosse stato assassinato, veramente il processo di pace avrebbe continuato nel suo percorso? Non lo sapremo mai, certo quell'episodio ha fortemente determinato la politica interna ed internazionale d'Israele, da allora ad oggi!


emilio campanella


SANGUE DEL MIO SANGUE di Marco Bellocchio, in concorso per VENEZIA 72                   

Ho visto il film qualche ora fa ed appena terminato non sapevo realmente che cosa ne pensassi, pur essendone rimasto molto colpito, poi man mano, i materiali depositati sul fondo, calmatesi le acque, la percezione si è fatta più chiara, e gli "oggetti " adagiati sul fondale sabbioso, maggiormente visibili e nitida la loro visione.

Aldila' delle metafore da mare alto Adriatico, confesso che dopo la perplessita' iniziale, questo film tripartito, apparentemente slegato, ma invece sfaccettato, pieno di specularita', rifrazioni, trasparenze mi ha molto profondamente colpito per le corde profonde che tocca.

Si torna alla saga di Bobbio in cui molti famigliari attori ed attori amici sono coinvolti.

Una fosca vicenda secentesca di possessione diabolica e segregazione estrema di una povera ragazza... una suora, si direbbe di si (anche se l'episodio del taglio dei capelli per cercare il marchio di Satana, mi ha lasciato, dapprima, dubbioso), siccome il processo per la presunta stregoneria, si svolge nel chiuso del convento di S.Caterina, od in luoghi solitari, per la prova dell'acqua, ad esempio.

Amore e morte, amore e possessione, siamo a temi gia' molto frequentati dal regista.

Ci sono due sorelle nubili, un po' antenate delle zie (Alba Rohrwacher e Federica Fracassi), un soldataccio fascinoso e violento, ovviamente (Pier Giorgio Bellocchio), e vederli in tre nel lettone risulta molto divertente... non manca un feroce inquisitore (Fausto Russo Alesi); i nomi ritornano, le evocazioni e le identificazioni sono il perno della vicenda.

Come all'inizio si sente bussare violentemente al portone del convento  ma siamo come previsto, all'epoca attuale, il complesso e' un'ex prigione abbandonata ed in rovina.

Un rappresentante dell'amministrazione pubblica accompagna un eventuale compratore russo... il guardiano nicchia, reticente, non si sbilancia.

Ai piani superiori dorme il Conte Basta (impagabili sempre, i nomi dei personaggi di Bellocchio), verremo a sapere che e' soprannominato il vampiro, infatti ne ha le abitudini, e se va dal dentista di fiducia (Toni Bertorelli), e' per curare un canino che il medico gli consiglia di salvare, e non di estirpare come vorrebbe.

L'ironia con cui e' costruito il personaggio e lo spirito sornione con cui lo interpreta Roberto Herlitzka, e' uno dei meriti del film, che non ne ha pochi, ma sono meriti anche molto sottotraccia, svelati e negati.

Il collaboratore factotum del Conte scopre che il funzionario (Pier Giorgio Bellocchio) e' un truffatore, ed in un incontro divertentissimo lo incastra e lo liquida con una "manciata di banconote". 

Più o meno tutti i personaggi principali della vicenda antica tornano, ma non in ruoli necessariamente corrispondenti... come in un sogno fatto dal vampiro che intanto muove le fila della sua societa' segreta dell'immobilismo, con quell'aria da gruppetto di congiurati di stampo verdiano.

Da un secolo all'altro, la barbarie continua, con motivazioni diverse ed attualizzate volgarita'.

Ancora bussano al portone del convento, ed e' l'arrivo del Cardinale Federigo Mai, siccome la povera reclusa e' giunta allo stremo dopo una vita di stenti.

Alla sua morte dopo essersi comunicata, il muro viene abbattuto, negli occhi del cardinale lei appare giovane, bellissima, nuda ed incede libera lasciando la stanza, mentre il prelato è stramazzato al suolo, proprio come il Conte Basta, morto, colpito da un raggio di sole( vampiro classico e rètro) inseguendo un sogno di bellezza muliebre.

Quanto divertimento, quanto gioco, peraltro serissimo, in questo mescolare abilmente e scaltramente le carte.


emilio campanella


11 MINUTI di Jerzy Skolimowski, in concorso per VENEZIA72                           

I numeri, in questo film, hanno una particolare importanza: per raccontare gli undici minuti durante i quali le vicende contemporanee dei personaggi scelti, si svolgono, ne occorrono ottantuno.

 Io che sono perfido dico che settanta sono di troppo. Da qui si evince come non abbia assolutamente amato il film, pur ben strutturato, fotografato, diretto, montato, interpretato, ma... PERFETTAMANTE INUTILE E VECCHIO!

Tutte queste storie concatenate dagli incontri casuali sono strutturate in maniera molto prevedibile e gia' un po' vecchiotta.

Se poi si voleva fare un racconto morale, e non lo è, c'è stato un altro polacco che si e' speso per almeno dieci film, piu' altri tre, e briciole preziose di film separati, per studiare i caratteri, i rapporti fra le persone, il senso morale, anche difficile da cogliere delle vicende filmate.

Non e' proprio il caso che lo citi, siccome tutti avranno compreso a chi stia facendo riferimento.

Invece qui le cose sembrano casuali, pur non essendolo, ed il regista demiurgo tiene i fili dei suoi burattini: una coppia di sposi recentissimi ha gia' rapporti molto conflittuali e lei ha un appuntamento previsto prima del sacro "si".

Un uomo firma al comissariato siccome e' in libertà vigilata, una ragazza ha distrutto l'appartamente dell'ex amante che la raggiunge in un parco e le lascia definitivamente il grande, affettuosissimo pastore tedesco, un corriere strafatto di cocaina cerca di fare le sue consegne, fra un coito e l'altro con le clienti.

Un'ambulanza, operatori e medico, cercano di raggiungere una famiglia con molti problemi, un ragazzo lascia un drammatico messaggio per la madre, sul computer, un'attrice porno discute il girato del film con il proprio amante... le storie vengono portate avanti con montaggio alternato.

Il marito gelosissimo, con un occhio pesto per questo motivo, in smoking, ma senza cravatta segue la moglie nell'hotel dove ha l'appuntamento ed arrivato furtivamente al piano, si aggira come un animale fiutando, fino a sfondare la porta e trovare il regista noioso, fascinoso ed insidioso, con la moglie svenuta fra le braccia.

L'uomo in liberta' vigilata vende hot dogs ad un simpatico gruppo di suore (Nel vecchio DEEP END, gli hot dogs avevano un ruolo centrale). Una ragazza lo apostrofa rabbiosamente chiamandolo professore e gli sputa in faccia... ogni tanto qualcuno sembra notare qualcosa in cielo.

Il ragazzo tenta una rapie'a ad un Banco di Pegni, ma non c'è nessuno, ed il responsabile si e' gia' impiccato nel retro...su un fiume un signore disegna a china, dal ponte un uomo si lancia nell'acqua, ma per un film, uno schizzo macchiera' il foglio, il ragazzo fa notare il punto nero pensando che si trartti di cio' che ha visto in cielo.una coppia vede il girato di un film porno di cui lei e' protagonista.

Una colomba bianca entra violentemente in casa. I minuti passano, la situazione, le situazioni si evolvono, tutti si ritrovano casualmente raggruppati in un luogo, o vi convergono.

Qui il regista demiurgo ha operato le sue scelte, che potevano anche essere altre, cambiando il senso del film, o forse dandogliene uno.

Ho molto pensato a certe tavole firmate da Walter Molino per la DOMENICA DEL CORRIERE, la rubrica s'intitolava: QUANDO IL DESTINO E' PAZZO, ma ho anche pensato a certe mirabolanti, estreme, eccessive, esilaranti, macchinose situazioni dei cartoni animati di Vil coyote.


emilio campanella

REMEMBER di Atom Egoyan, in concorso per VENEZIA72.                                

Zev (Christopher Plummer) e' un uomo anziano ancora ben portante, ma vive in casa di riposo a causa della demenza senile da cui e' affetto. Da pochi giorni e' rimasto vedovo ed ha difficolta' a capacitarsene.

Gli e' vicino un sopravvisuto da Auschwitz come lui,Max ( l grintoso Martin Landau) fisicamente molto compromesso, non deambulante, ma ancora molto lucido; si sono ritrovati, dopo molti anni, in quel luogo.

Il progetto di Max e' quello di mandare Zec alla ricerca del loro aguzzino, allo scopo di ucciderlo. Ci sono quattro uomini che si nascondono dietro un nome fittizio (Rudy Kurlander), uno di loro e' quello responsabile della loro tragedia, oltre che di migliaia di altre.

Durante una celebrazione in memoria della moglie, Zev si dichiara stanco, si ritira, e nottetempo partira'. Il viaggio e' organizzato nei minimi dettagli: un taxi lo attende, il treno e' prenotato, all'arrivo qualcuno lo accoglie per accompagnarlo in albergo.

Lui deve solo seguire le istruzioni scritte in una lettera che legge e rilegge per non commettere errori. Oltre a questo, Max gli telefona regolarmente per seguirlo, ascoltare i resoconti delle ricerche, consigliargli le successive mosse. Un uomo quasi novantenne "on the road" attraverso gli Stati Uniti, e fino al Canada.

Naturalmente grande preoccupazione per la scomparsa, ma, altrettanto grandi difficoltà nel rintracciarlo, siccome usa contanti, praticamente sempre, compra cose raramente, ha un tracciato prestabilito, e si muove molto velocemente, per un uomo della sua età, per cui l'inseguimento del figlio, angosciato, sembra vano, arrivando dove il padre gia' non c'e' più, e' ormai altrove.

Peraltro Max usa le tecniche di ricerca e di indagne del Centro Wiesenthal: efficaci, rapide, di grande discrezione. Zev arriva a casa del primo Rudy Kurlander (Bruno Ganz in un cameo di lusso), lo mette alle strette puntandogli la pistola che si e' appena comperato, ma questi gli dimostra di non essere quello che lui cerca dato che, per quanto nostalgico, non era mai stato in un campo di concentramento, era, invece, in Africa con Rommel.

Anche il secondo, morente, in Canada, per quanto fosse ad  Auschwitz, non era certo un aguzzino, essendo omosessuale: quando mostra il numero sul braccio, Zev scoppia in singhiozzi scusandosi ed abbracciandolo. Tornato negli Stati uniti arriva in un luogo desolato, sulla soglia di una casetta solitaria, abitata solo da un pastore tedesco furioso.

Aspetta una giornata intera, quando poi arriva la polizia. Il poliziotto alla guida dell'auto e' il figlio dell'uomo che Zev cerca, e che e' morto alcuni mesi prima. Cortesie, conversazioni e bevute insieme visitando un vero museo del Nazismo, con ogni tipo di cimelio. Neanche il defunto, pero', era mai stato in campo di concentramento, siccome era troppo giovane e faceva il cuoco nell'esercito.

Messo alle strette, Zev ammette di essere ebreo. L'altro, neonazista nell'animo, considerando una profanazione, la sua presenza in casa del padre, gli aizza il cane che stramazza a terra con un guaito. Il poliziotto non fa a tempo ad impugnare la pistola, che due colpi a bruciapelo lo fermano definitivamente. Max viene avvertito, ma il percorso continua, fino ad una linda casetta nei boschi, fatta di tronchi d'albero come nelle favole.

Ci siamo, si pensa! Si, ci siamo, questa è la casa, questo e' l'uomo... forse... Zev entrera' in quella casa come amico dell'anziano padre della donna che gli apre, come precedentemente; quando quello scendera' a pian terreno i due uomini avranno un confronto a quattr'occhi, in giardino, poi la situazione precipitera' mentre il figlio di Zev e' finalmente riuscito a raggiungerlo... la chiusa della vicenda e' imprevedibile e raccontarla rovinerebbe l'effetto.

Un film pressoche' perfetto, dalla tenuta ritmica ineccepibile, recitato magnificamente; per Plummer qualcuno ha parlato di Coppa Volpi, ed io sarei d'accordissimo, ma poi le giurie, si sa... L'interpretazione del protagonista, sottile, e per sottrazione, e' in totale accordo con l'equilibrio del film, con la sua tenuta narrativa. Sostenuto da un'ottima sceneggiatura, ha due importanti presenze di bambini, volute e motivate a livello narrativo. L'ambientazione è puntuale, certi esterni ed alcuni interni fanno giustamente pensare ad Hopper, anche le luci di scena sono sempre acccuratissime! Assolutamente da non perdere quando uscira' nel 2016.


emilio campanella


PER AMOR VOSTRO di Giuseppe M. Gaudino, in concorso per VENEZIA72                         

Anna (Valeria Golino), e' una miracolata, ma prima di questo, una martire, fin dall'infanzia, siccome, su imposizione dei genitori si accollo' la responsabilita' di un furto di preziosi, scontando quattro anni di riformatorio a Nisida, per risparmiare al fratello dieci anni di carcere.

Anna miracolata, capro espiatorio, inconsapevole e complice, ignara e responsabile delle malefatte deglia altri, trasparente metafora di Napoli e dell'Italia tutta.

Ha sposato un piccolo delinquente che apparentemente si occupa di fuochi d'artificio, ma in realta' opera recupero crediti per gli usurai... e sappiamo tutti benissimo quali siano i metodi!

Anna inizia a lavorare come "gobbista", la persona che scrive grandi cartelli con le battute per gli attori, per piccole produzioni... un buon lavoro, ma intanto intorno a lei tutto precipita, i soldi non bastano mai, con tre figli giovanissimi ed esigenti... come sempre.

Bene, questo l'argomento, in buona parte, a parte gli sviluppi anche molto drammatici. Ma cio' che conta e' che si guarda troppo spesso l'ora, che l'alternanza di colore e bianco e nero sembra casuale, che le sequenze oniriche sono troppe e troppo frequenti, che l'affastellamento barocco dei materiali fa un po' perdere il senso, anche importante, del film.

Ci sono troppe inquadrature sovraesposte, troppe sgranature, troppa macchina a mano, non molta e' vero, ma di troppo!

Gli attori sono tutti bravi e credibili (Adriano Giannini, Massimiliano Gallo, Salvatore Cantalupo, fra gli altri), ma non hanno la responsabilita' della povera Valeria Golino, pur brava ed intensa, ma alle prese con una vicenda che, così com'e' presentata, risulta difficile per rendere credibile, un personaggio pur interessante.

Troppi fellinismi, si pensa piu' di una volta a Cabiria, e non credo sia casuale, ma il film risulta pretenzioso e scombiccherato, peccato...


emilio campanella


Ormai tutti sanno quali siano stati i premi distribuiti dalle varie giurie di VENEZIA72, per cui queste sono solo alcune osservazioni e riflessioni attorno alle aspettative, come spesso, deluse, le sorprese non/sorprese, le prevedibiita' e le imprevedibilita'.

Per certi versi spiazzanti alcuni verdetti, per altre oculati, come la coppa Volpi (per L'HERMINE di Christian Vincent, premiato anche come sceneggiatore)  ad un grandissimo attore come Fabrice Luchini, assente perchè occupato su un set nel nord della Francia, ma presente in effigie grazie ad un video divertentissimo e simpaticamente ruffiano, trasmesso giusto prima della consegna del premio in Sala Grande.

Molto contento per Valeria Golino, al colmo della felicita' al ritiro del premio, si e' allargata e profusa in ringraziamenti per in un film in cui ha creduto molto ed in cui ha cercato di dare il meglio di se stessa nonostante i grandi limiti del film stesso (PER AMOR VOSTRO di Giuseppe M. Gaudino).

Salto a pie' pari tutti gli altri, maggiori e minori ed osservo come il poco utile e per nulla influente QUEER LION sia andato allo spento THE DANISH GIRL di cui ho parlato malissimo giorni fa, ed il LEONE D'ORO all'esordiente Lorenzo Vigas per DESDE ALLA' (Da lontano) di produzione venezuelano/messicana.

Non aveva distributore in Italia, chissa' se qualcuno, ora ch'e' stato premiato, lo acquistera'? C'e' da presumere di si, siccome e' un film fortemente omofobico, ed adattissimo a confermare le nostre platee nel loro odio antiomosessuale.

Armando, odontotecnico anaffettivo (il notevole Alfredo Castro, volto noto del cinema sudamericano, anche in Italia come protagonista di film di Pedro Larrain, TONY MANERO, POST MORTEM), paga i minorenni per guadarli seminudi e masturbarsi senza toccarli.

Uno di questi, un piccolo delinquente come tanti nelle strade violente di Caracas, lo deruba, lo picchia, e questo fa scattare un rapporto morboso, un po' al gatto ed il topo in cui i ruoli non sono definiti, ma in cui il denaro ha quello predominante.

Siccome Armando, uomo solo e senza amici, che vede raramente la sorella, il padre, da lontano ed odiandolo per un passato che possiamo ben immaginare, molto pesante, accetta che il ragazzo lo uccida per lui, salvo poi - dopo che questo gli si e' dato completamente - facendo un madornale errore di cui non puo' valutare l'entita', denunciarlo per punirlo, non certo di un assassinio, ma di amarlo.

GRAZIE alla giuria, per averci regalato la legittimazione dell'odio omosessuale sotto forma di patologia di rapporti solo negativi, morbosi, mortiferi, fra uomini, ma noi lo sappiano, l'omoaffettivita' e' una cosa molto diversa, e sarebbe bene che se ne rendessero conto anche loro!


emilio campanella