ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Ottobre 2009



HOPPER - PRENDERGAST IN ITALIA - TORCELLO -  MAGUY MARIN - AGRIPPINA - MING,  I segreti della Citta' Proibita - PALLADIO E/A VENEZIA   


Si e' inaugurata in gran pompa, un'attesissima mostra di opere di Edward Hopper, il 13 ottobre a Palazzo Reale, a Milano, dove rimarra' aperta sino al 31 gennaio 2010, per poi spostarsi a Roma, alla Fondazione Roma, Museo, dal 16 febbraio al 13 giugno 2010, da dove ripartira' per l'ultima tappa: la Fondazione Ermitage di Lausanne, dal 25 giugno al 17 ottobre 2010.
Sara' bene, comunque specificare che le sbandierate 160 opere esposte comprendono, com'e' ovvio, disegni, acquerelli, incisioni ed alcune tele; di quelle piu' note, pochissime, per quanto siano presenti opere meno conosciute, ma di grande importanza, si rischia, diversamente, di creare un'aspettativa, giustificata dal lasso di tempo di circa trent'anni, che ci separa dall'esposizione milanese del PAC, dedicata agli esordi dell'artista, preziosa e lodevole ma, rimasta isolata. L'allestimento e' discretamente giocato sui toni dell'azzurro e del beige chiaro, intonati alle tele, grandi foto, introducono, e concludono il viaggio nel mondo di questo interprete degli Stati Uniti.
Si hanno sei sezioni e quattro sottosezioni, talvolta un poco pretestuose e che provocano qualche confusione cronologica; veroe' che gli autoritratti sono tutti all'inizio, siccome sono del primo periodo; ma in altri casi questo tipo di classificazione rischia di stridere non poco.
Certo, e' interessante vedere come cogliesse a modo suo l'anima parigina, con un segno gia' abbastanza riconoscibile,  ed assolutamente sganciato dagli eventi artistici che lo circondavano durante i due soggiorni (1906-7 e 1909-10) a parte echi di surrealismo ed espressionismo, molto personalmente filtrati ( Soir bleu, 1914 Whitney Museum N.Y.).
Il corpus di disegni presenti i mostra e' piuttosto importante ma risulta, talvolta, frustrante vedere il lavoro preparatorio di GAS o NIGHTHAWKS, ma non quello definitivo, in altri casi, come DAWN IN PENNSYLVANIA , 1942 (Terra Foundation) o MORNING SUN, 1952 (Columbus Museum) si ha il raffronto fra disegno ed opera finita, anzi, accanto a quest'ultima tela si puo' sfogliare virtualmente il Record Book esposto a lato.
Peraltro, trattandosi di un pittore notissimo e molto amato, la cui opera e' conosciutissima, pubblicatissima, riprodotta, utilizzata spessissimo per copertine di testi di autori americani, ma anche al centro di affettuosi ed ironici d'apre's in stile cartoon come SITTING DUCKS di Michael Benard, va da se' che il pubblico tendera' ad affollare la mostra, per cui e' meglio ribadire che le opere piu' note non ci sono, ma se ne possono vedere altre altrettanto importanti, ma meno note come: FIGURES IN AUTOMOBILE...1922 (Whitney), oppure CARS AND ROCKS 1927 (Whitney).
Occasione importante e' offerta dalla bella scelta di acqueforti tra cui spiccano NIGHT SHADOWS, e NIGHT IN THE PARK entrambe del 1921 e del Whitney Museum, che sembrano  nell'insieme e nella ricerca formale approfondire le atmosfere meditative e concentrative in cui cala le persone rappresentate. I luoghi di spettacolo sono sempre cosi' grandi, le figure si perdono nel vuoto di queste enormi sale teatrali e cinematografiche a rischio agorafobia; oppure sono sole, in attesa che qualcosa accada, che si inizi lo spettacolo, siccome il sipario e'  ancora chiuso, che la sala si animi, siccome non c'e' nessun altro; si tratta, probabilmente di persone che vanno a teatro da sole.
La solitudine e', apparentemente, frequente, sono momenti della giornata in cui nessun altro e' presente. E' sola, comunque anche la soubrette che danza seminuda (GIRLIE SHOW, 1941, Collezione Fayez Sarofim), bellissima nella sua spinta dinamica mentre i musicisti, sotto, non le badano proprio!
Ma e' solo e concentrato, probabilmente, anche ognuno di coloro che la guardano, accesi di desiderio per lei! E' sola e concentrata anche la ragazza che prende il sole, di prima, in tete a tete con l'astro che entra nella sua stanza, come Zeus in quella di Danae.
Le citta' sono colte in ore e momenti non affollati, in un silenzio sospeso e di attesa di un qualche accadimento.
Pensose sono le automobili, i ponti, i natanti, le case, le strade, le stazioni. E' stato testimone di una societa', di modi e comportamenti, fondamentale per la storia del '900, cosi' anche per l'architettura, l'urbanistica, il paesaggio americani.
SKIRA ha pubblicato un sontuoso catalogo ricco di saggi interessanti, ma poverissimo per cio' che concerne le schede delle opere.

emilio campanella


PRENDERGAST IN ITALIA, cosi' s'intitola la mostra curata da Nancy Mowll Mathews ed Elisabeth Kennedy, con opere provenienti dal Williams College Museum of Art oltre che dai quattro angoli degli Stati Uniti, inaugurata il nove ottobre scorso alla Fondazione Guggenheim di Venezia, ed aperta sino al tre gennaio 2010.
Pittore americano molto vicino ad una sensibilita' bozzettistica minimale  non lontana da una visione 'naive' , ma ben consapevole di cio' che si esperimentava in Europa in quegli anni; ha una felice capacita' compositiva ed una gioiosa tavolozza cromatica che, unite ad una sensibilita' per cogliere le atmosfere oltre ad una dote spiccata per la composizione dell'inquadratura, ha la sua vena migliore nelle visioni dall'alto e nei 'movimenti di massa' .
L'ottima mano nel disegno denota la notevole qualita' artigianale che puo' avvicinarlo a certi esempi compositivi e cromatici dei maggiori esponenti dell' UKIYO-E, quindi vicino ad una certa estetica manga.
Meno felici gli esiti del secondo viaggio italiano degli anni dieci del novecento, mentre il primo era nel 1897 - 1898, in cui il segno si fa troppo marcato, e la scelta cromatica, piu' avara.
Non e' stato pubblicato un catalogo, ma un volume piuttosto esaustivo, pubblicato da Merrel.

emilio campanella

                                                
TORCELLO, Alle origini di Venezia, tra oriente ed occidente, al Museo Diocesano di Venezia,sino al 10 gennaio 2010, e' la mostra allestita in occasione del primo millennio della Basilica di S. Maria  Assunta di Torcello, monumento coevo e dell'importanza di quelli ravennati.
Un percorso agile e prezioso, data l'importanza dei reperti e delle opere esposte, cercando di creare un contesto attorno all'isola ed ai suoi insediamenti, luogo di straordinaria bellezza e suggestione,aldila' dell'importanza storico-artistica.
Attraverso un centinaio scarso di pezzi si e' cercato di comporre un mosaico, e' il caso di dirlo dato il contesto, per completare le tessere mancanti, appunto, di un luogo di cultura quasi perduto nel tempo e nello spazio, e di riallacciare i fili che lo che lo collegano a quella che e' la citta' di Venezia come la conosciamo oggi, alle sue origini piu' antiche.
Molti sono i musei europei prestatori;  le opere provengono da Parigi come da Vienna, da Berlino come da Se'vres, da Atene, da Spalato, Salonicco, Monaco di Baviera, dai Musei Vaticani, da Ravenna, Firenze, Pisa, Pistoia, Fiesole, Udine, Gorizia,  Grado, Treviso, Caorle,  Milano, e da molti dei musei e delle chiese locali.
Di altissimo livello, cio' ch'e' esposto: materiali lapidei, icone, oggetti d'arte applicata fra i piu' raffinati e dei materiali piu' ricercati e preziosi, basti citare un gruppo di coperte per codici in argento dorato con pietre dure incastonate e figure in smalti policromi cloisonne's, mille volte viste ma di cui mai ci si stancherebbe, data l'eccellenza dell'esecuzione.
Accurato il catalogo edito da Marsilio. Con l'occasione consiglio una visita al museo che consta di opere pittoriche ( Palma il Giovane e Lorenzo Lotto, per fare due nomi) ed oggetti sacri di notevole qualita' artistica.

emilio campanella


Giovedi otto ottobre, il Teatro Comunale di Ferrara ha inaugurato la sua lunga, sfaccettata, stimolante stagione dedicata alla danza, con un omaggio a quella ch'e' stata la coreografa di punta della Nouvelle Danse francese degli anni ' 80.
Lo spettacolo e' MAY B (1981) , piéce creata in omaggio a Samuel Beckett, se non ricordo male, per i suoi ottanta anni.
Si tratta di una coreografia inequivocabilmente di quegli anni, ma altrettanto, ancora straordinaria ed emozionante per la carica dinamica, per lo scavo psicologico, per l'intensita' dolente di certe atmosfere.
Costruita attorno ad un progetto musicale raffinatissimo in cui Schubert la fa da padrone,ma anche certe 'musicacce' da fete foraine animate da balli baracconi e volgarotti che preludono ad una provocatoria masturbazione collettiva dolentissima.
Ma di piu' Gavin Bryars ed il suo 'barbone' cantore che accompagna il finale con i ritorni del gruppo, i vuoti, il dolore delle assenze, le attese frustrate, fino alla solitudine dell'ultimo rimasto che pronuncera' le battute di chiusura di Fin de partie. Buio. 
Due giorni dopo e' stata la volta di TURBA (2008) penultimo lavoro della coreografa, che, un'ulteriore volta nella sua carriera, compie una svolta nel suo lavoro, presentando uno spettacolo dalla costruzione rigorosa pur nell'apparenza sciatta- che getta nel cestino della carta straccia ogni belluria coreografica -  affidandosi ad una recitazione volutamente non tanto neutra, quanto proprio 'buttata via' dei suoi interpreti, di testi lucreziani del DE RERUM NATURA, e costruendo in settanta minuti, una sequenza di scene che lentamente nascono, crescono, si espandono, per poi ritrarsi e lentamente evaporare, sfarsi, divenire trasparenti e sparire, ma si puo' pensare a dei muschi, a delle spugne che respirano e raddensano l'atmosfera.
Viene utilizzato un'arsenale di materiali, costumi, ciaffi da trovarobato d'antan, con una raffinatissima sciatteria, appunto.
C'e' una natura finta, il Teatro del Teatro nel Teatro,... ma dov'e' la danza? qualcuno si chiede!, si, ma prima rispondiamo ad un'altra domanda capitale: cos'e' la danza?
Definito questo, potremo, poi, costruire un discorso piu' sensato. Dire che il pubblico e' rimasto perplesso, e' poco. Si e' trovato di fronte a qualche cosa di inaspettato, una 'cosa' difficilmente definibile, poiche' come si sa, se non si mettono etichette, e' finita!
Certo molti non conoscevano il lavoro della Marin e si sono trovati fra due lavori separati da quasi trent'anni, senza conoscere BABEL, BABEL (1982), o EDEN (1986), per citare due titoli, od il memorabile lavoro sul repertorio con il Ballet de Lyon (CENDRILLON, 1985 e COPPELIA, 1993), e neppure lo straordinario WATERZOOI (1993) gia' piu' vicino a queste ultime scelte espressive.
Chi abbia un'ampia esperienza di spettatore puo' orientarsi piu' agevolmente, e' ovvio, e il pubblico dei grandi festival, e penso al pubblico della Biennale Teatro veneziana, che un poco conosco, ad esempio, avrebbe recepito ben piu' in profondita' la proposta di uno spettacolo che resta nella memoria, ed il cui scavo scende molto in fondo.

emilio campanella

Dopo ventisei anni da quando, e dove la vidi per la prima volta - che emozione - un' Agrippina di G.F. Haendel al Teatro Malibran di Venezia, che qui aveva debuttato nel 1709, ed ancora il teatro si chiamava S.G. Crisostomo.
Acchiappata per la coda all'ultima rappresentazione del 18 ottobre scorso, quindi quasi esattamente trecento anni dopo la prima rappresentazione del 26 dicembre di quell'anno.
Opera giovanile di tutto rispetto, costruita sul notevole libretto di Vincenzo Grimani: un testo drammaturgicamente solido, abile pretesto per mettere in risalto i personaggi e le qualita' dei cantanti.
L'odierna edizione, si avvaleva di un allestimento dello IUAV, dalle scene di triste bruttezza, di costumi da trovarobato e con pretese di eleganza, ma senza scegliere veramente fra ciaffi dichiarati, ed anche orgogliosamente sontuosi, od un'eleganza povera ma vera...
Sulla regia e' meglio evitare di dilungarsi, data l'incertezza e l'incapacita' di decidere per una lettura ironica, peraltro legittima.
Questo provocava delle esitazioni gestuali negli interpreti, a parte la protagonista Ann Hallenberg: un' Agrippina, rigorosamente in abiti viola (!), autorevole vocalmente, e di notevole, regale presenza scenica, cosi' come insinuante nei propri intrighi, ed il magnifico Ottone di Xavier Sabata, contraltista dal timbro di notevole qualita', oltreche' scenicamente avvincente.
Veronica Cangemi, bellissima Poppea, sempre in turchese, fascinosa, ma afflitta da qualche venialissima raucedine, cosi' come il Claudio simpaticamente baraccone di Lorenzo Regazzo, sicuramente dovute, nei due casi, al clima degli ultimi giorni.
Memorabile il Nerone di Florin Cesar Ouatu, sopranista dalle agilita' da capogiro. Buona la prova di Pallante (Ugo Guagliardo) e quella di Narciso (Milena Storti  anche nel ruolo di Giunone).
Corretto come sempre Roberto Abbondanza (Lesbo), visto in ben altri ruoli: un comprimario di lusso!
Buona la prova del direttore Fabio Biondi, anche se dalla mano non leggerissima, e quella degli orchestrali del Teatro La Fenice, che hanno fatto il possibile per seguirlo al meglio.

emilio campanella

A Treviso, alla Casa dei Cararesi, dal 24 ottobre, e sino al  9 maggio 2010, si potra' visitare: MING, I segreti della Citta' Proibita, Matteo Ricci alla corte dei Ming; terza tappa delle quattro che comporranno la serie di esposizioni biennali dedicate alla civilta' cinese, da LA NASCITA DEL CELESTE IMPERO (2005/6) a GENGIS KHAN (2007/8).
Questa, presentata con grande precisione e grandissimo amore, dal suo curatore, Adriano Madaro, che presiede all'intero progetto, si incentra essenzialmente sui 276 anni della supremazia di questa dinastia.
Nome cosi' evocativo nella mia infanzia, il quale stava a definire una coppia di vasi, in realta' IMARI meta' ottocento in casa della nonna.
Da allora ho cominciato a subire il fascino dell'estremo oriente, anni dopo, anche a conoscerne le culture.
Bisogna premettere che l'argomento preso in esame in questa occasione, sembra svolto con ancora maggior cura, oltreche' scegliendo oggetti tanto preziosi, quanto di grandissima bellezza, per dare un'idea della vita di corte dell'epoca; ogni scelta sembra veramente molto ponderata, e particolarmente oculata. Il titolo e' abile ed accattivante, ma non illude con vane fumisterie, come in altri casi di luccicanze soltanto esteriori.
Sembra essere, questo terzo capitolo, ancora superiore ai pur ottimi due precedenti.
L'allestimento, accurato come sempre, risente un po' dell'intervento di FABRICA, nel senso migliore, tanto nella galleria di ritratti riprodotti, che fanno da introduzione, come nell'invenzione di un gioco multimediale, atto ad interessare i bambini, e lasciare liberi, un poco, i genitori, di visitare la mostra con maggiore tranquillita'.
Si incontrano, poi, due cammelli, a simboleggiare la via sacra verso l'aldila', animali introdotti in questa iconografia, con l'allargarsi dei confini dell'impero.
Sono esposte preziosissime corone, ed oggetti di uso quotidiano, ma solo in oro e giada ( bianca, la piu' preziosa!), poiche' il Figlio del Cielo non poteva toccare materiali impuri, ma soltanto sacri come questi.
Siamo ormai abituati a vedere esposti qui, oggetti preziosissimi, che la Fondazione Cassamarca, con i buoni auspici del curatore, ovviamente, riesce ad ottenere in prestito per le sue esposizioni, per periodi molto lunghi.
Oreficerie raffinatissime  che provengono tanto dalle sepolture principesche, come dalla Citta' Proibita, quindi oggetti funerari, ma anche di uso quotidiano.
Sono esposti pezzi notevolissimi di Bianco Cina, come di Celadon, che inizia in quest'epoca la sua 'marcia trionfale' che incontrera', secoli dopo un successo senza precedenti, nel mondo intero.
Ci sono due rari esempi di 'cloisonne'' ( due incensieri, uno da tavolo, e l'altro, da ambiente) coevo, che viene conosciuto in quel periodo e sul quale si fanno varie ipotesi relativamente alla provenienza di questa tecnica.
Sono esposti magnifici vasi bianchi e blu, fra cui uno 'da pruno', legato  al rito dell' Anno Nuovo, posto ai piedi del sarcofago dell imperatore Wanli.
Si arriva poi ad una galleria di rotoli dipinti su seta, ed alcuni anche ricamati.
Si hanno esempi di ritrattistica, e si giunge all'antica capitale: Nanchino, di cui si possono ammirare magnifici frammenti di decorazione architettonica, tanto in materiali lapidei, che in terracotta policroma.
Per l'occasione e' stato realizzato un modello della Citta' Proibita, in legno di paulonia, di grande utilita' per rendersi conto dell'organizzazione degli spazi nel mondo imperiale.
Una scelta di magnifici bronzi da' prova della diffusione del buddismo filtrato dal gusto Ming. Alcune vesti molto ben conservate, testimoniano dell'abbigliamento dei dignitari, come dell'imperatore e della consorte, mentre, precedentemente, una ventina di statuette in terracotta, di quello delle persone di servizio.
A conclusione si giunge alla figura di Matteo Ricci, ed alla sua importanza come ponte fra due culture.
Le edizioni Sigillum hanno pubblicato il terzo, magnifico, catalogo della collana edita per questa manifestazione.
Nel 2011, la conclusione del viaggio. MANCIU', l'ultimo impero

PALLADIO

Fra le molte ed importanti mostre ancora in corso a Venezia, solo di una, ancora, non avevo parlato, si tratta di PALLADIO E/A VENEZIA, al Museo Correr, sino al 10 Gennaio 2010, poiche' quando era stata inaugurata, in una calda mattina di luglio, avevo si, avuto la sempre grande emozione di vedere da vicino libri e stampe antiche, che venivano sballati in quel momento, ma solo un'idea vaga, per quanto molto positiva, e confermata ora, dell'esposizione.
Avevo integrato le impressioni con la consultazione dell'agile catalogo edito dalla Fondazione Musei Civici Veneziani, e che consiglio, a chi sia interessato, di prendere con se, per coadiuvare la visita, data la sua maneggevolezza.
Insomma, a quattro mesi esatti dall'apertura (4 Luglio), attraversando una Piazza S. Marco lucida di pioggia e di pozzanghere dell'alta marea, ho varcato la soglia del museo e sono salito al piano dove sono ospitate le sei sale che compongono il percorso dove ho ritrovato 'conoscenze che incontro' ogni volta che esco: se mi volto verso destra, S. Giorgio Maggiore e la Chiesa delle Zitelle, vicino a casa, quest'ultima solo attribuita, e voltandomi nell'altra direzione, l'elegantissima mole del Redentore, la cui visione ideale e', come si sa, dalle Zattere, 'al di là del ponte', poiche' progettata per essere vista da quella distanza.
Le teche sono ricche di volumi di testi di architettura, ed opere coeve al protagonista della manifestazione, di incisioni che riproducono architetture, progetti di edifici e studi a questi riferiti, che si tratti di opere realizzate, attribuite, a collaborazioni, ed anche progetti rimasti soltanto a quello stadio.
La maggior parte di ciò che e' esposto proviene dallo stesso Museo Correr, come dalla Biblioteca Nazionale Marciana.


ORSI ITALIANI