ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Novembre 2018


FILI D'ARTE, FILI AD ARTE - CANOVA/GEORGE WASHINGTON
Fino al Primo maggio 2019, a Palazzo Zaguri, in Campo San Maurizio a Venezia, la nuova mostra organizzata da Venice Exibition.

Il titolo: Da Kandinsky a Botero, dice tutto e niente, infatti quando iniziai a vedere i manifesti in citta', temevo che fosse la solita montra in cui in una scatola, vengono buttate alla rinfusa, un po' di belle cose.

Contattato l'ufficio stampa, mi sono reso conto che il punto di vista e' molto differente, infatti si tratta di un'ampia scelta di arazzi che riproducono opere d'arte famose. Il sottotitolo della mostra aiuta: Tutti in un filo, e maggiormente, l'indicazione del bel catalogo edito da Skira, L'Arazzeria Scassa e l'arte del '900.

Si tratta, dunque, di una esposizione di arte applicata che si snoda per i tre piani del palazzo del XIV sec. il quale ha avuto varie vicissitudini: scuola, ufficio amministrativo ed altro.

Dopo un restauro durato due anni, e' stato aperto al pubblico lo scorso anno, con la discutibile mostra: Venice Secrets. Un ex cursus sulla Venezia delinquenziale, patibolare, torturata ed impiccata, arsa sul rogo e mutilata variamente, dalla Giustizia e dai suoi esperti aguzzini.

Una visione storica anche molto limitativa che schiacciava particolarmente sul pedale dell'orrore; senza aggiungere novita' per la curiosa morbosita' dei visitatori.

Omettendo, fra l'altro, importanti episodi come le disavventure di Paolo veronese con il Tribunale del Sant'Uffizio di Venezia, a proposito dell'Ultima Cena accusata di eresia, ed il cui titolo venne poi tramutato in Cena in casa di Levi (Venezia, Gallerie dell'Accademia).

Molto piu' interessante l'occasione espositiva attuale, in cui i curatori: Donatella Avanzo, Massimo Bilotta, Gabriella Cincotti, scelgono e propongono  magnifici arazzi della Manifattura Scassa di Asti. Il museo astigiano, annesso alla fabbrica, ubicato negli ambienti di un antico convento, e' chiuso da diciotto mesi, dopo il decesso di Ugo Scassa, il creatore di un sogno artistico fatto con fili colorati e telai. iniziatosi fra la fine degli anni cinquanta e gli anni sessanta.

L'idea, nata dalla curatrice Donatella Avanzo, entusiasta e coinvolgente protagonista della seconda presentazione alla stampa (il 31 ottobre), prende le mosse dal sogno di Ugo Scassa, di poter esporre i propri arazzi a Venezia. C'era stata una prima presentazione, il 29 ottobre, ma dato il tempo proibitivo (l'alta marea era perdurata per sedici ore arrivando agli ufficiali 156 cm. sul medio mare, con i gravissimi danni ai mosaici pavimentali della Basilica di S.Marco) avevo preferito non intervenire.

Nella serata, la seconda ondata di marea aveva rovinato due arazzi (Miro'), ancora arrotolati e posati sul pavimento, in attesa di essere appesi, e che sono stati spediti di gran carriera al restauro. Una seconda disavventura di questa organizzazione, dopo il guaio dello scheletro antico caduto nel Canal Grande, lo scorso anno, e legato alla mostra storica di cui sopra.

Sono incidenti che si producono, ma questa reiterata sfortuna, non fa che aumentare la mia simpatia per questa lodevole iniziativa. Le trenta sale che compongono il percorso espositivo, si raggiungono dopo aver salito una bellissima, lunghissima, ripida scala (in seguito, tutto e'in discesa!) ed hanno un andamento tematico, ovvero sono, in linea di massima, dedicate ad un artista, talvolta ad un argomento, ed insieme agli arazzi ci sono opere di vario tipo, e certe, veramente interessanti, di artisti contemporanei, a compotrre un mosaico di ispirazioni che si rimandano le suggestioni.

Nell'insieme dell'esposizione si affronta anche, agilmente e con stimolante leggerezza, un argomento centrale ch'e' a monte di queste magnifiche realizzazioni: la storia del telaio e della tessitura, da quelli piu' antichi, orizzontali, a quelli piu' recenti, verticali, come quelli che sono alla base di queste realizzazioni.

Donatella Avanzo, egittologa, oltreche' esperta d'arte, ha scelto reperti antico egiziani e copti per mostrare esempi antichi ed anche antichissimi. Centocinquanta arazzi da De Chirico a Cagli, da Spazzapan a Gribaudo (lo storico editore d'arte), Da Max Ernst a Basaldella, da Mastroianni a Capogrossi,  da Casorati, a Botero a Renzo Piano. Una mostra sull'arte applicata, ma non solo per chi ama il genere.
                          emilio campanella

Sino al 28 aprile, a Possagno, la Gypsotheca e Museo Antonio Canova, ospita un'esposizione dedicata ad un'opera di Antonio Canova, che non tutti conoscono: il monumento al primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington, realizzato per il Parlamento di Releigh, in Nord Carolina.

La commissione venne da Thomas Jefferson che caldeggio' fortemente la scelta dell'artista piu' noto e costoso dell'epoca, ma di cui conosceva la qualita' professionale. Quindi la commissione nel 1816 e la consegna dell'opera nel 1821.

Di questa vicenda si occupa la mostra proveniente dalla Frick Collection di New York, dove e' stata dal 23 maggio al 23 settembre, e che ora, a Possagno, sara' aperta sino al 28 aprile 2019.

Una collaborazione  internazionale, dunque, e sotto l'egida di Venice International Foundation e Friends of Venice Italy Inc. Curatori sono: Mario Guderzo, Direttore del museo veneto e Xavier F. Salomon, capo curatore della Frick Collection; studioso di Veronese e curatore della mostra londinese dedicata al pittore, nel 2014, alla National Gallery.

Il percorso espositivo, agile e sintetico, ma non certo superficiale, e' inserito in quello museale, con la prima sala, introduttiva, al piano terra di quella che era la casa di famiglia dei Canova,  e l'esposizione delle statue di Washington, nel salone della Gypsptheca.

Il motivo che convinse lo scultore ad accettare la commissione fu la stima nei confronti del primo Presidente degli Stati Uniti, la sua storia, la sua scelta di lasciare il potere dopo due mandati per ritornare a vita privata.

Se la figura seduta puo motivatamente far pensare a quella dell'imperatore Claudio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (I sec.d.C.) - e si veda la posizione delle gambe- nella scelta della figura seduta, non sono da dimenticare ne' l'Ares Ludovisi (II sec.d.C. attribuito alla scuola di Lisippo), da Roma, Museo Nazionale Romano a Palazzo Altemps, ne' tantomeno: Teseo e il Minotauro dello stesso Canova, 1783 (Victoria & Albert Museum, Londra).

Pero', siccome il personaggio viene effigiato come condottiero che lascia il compito assolto, e' dunque, Cincinnato il personaggio ispiratore, anche lui tornato a vita privata dopo aver servito la patria. Quindi ancora con l'abito militare e nell'atto di scrivere la sua dichiarazione.

L'opera consegnata dopo un viaggio per mare, arrivo' e venne mostrata il 24 dicembre 1821,  suscitando grandissimo entusiasmo. Ebbe, pero' vita breve, siccome nel 1831, il 21 gennaio, un devastante incendio alla State House, distrusse l'opera, di cui ancora sopravvivono frammenti, in attesa di una qualche possibilita' di utilizzo ricostruttivo.

Nel frattempo, nel 1970, lo scultore veneziano Romano Vio, venne incaricato di ricreare il monumento grazie al modello in gesso che abbiamo di fronte. Con lo stesso itinerario via mare, ma con tempi, ovviamente, piu' rapidi, la nuova statua venne posta nel luogo della primitiva opera canoviana.

Questa mostra celebra anche quell'impresa partendo dagli studi sul ritratto nella prima stanza succitata, e con un bozzetto che ne e' al centro, mentre le altre tre rappresentazioni sono sotto l'abside del salone in una fuga prospettica e con una coazione a ripetere scenografica di grande effetto, anche per l'accuratissima illuminazione. Idea che riprende quella dedicata all'Ercole Farnese della mostra: Serial/portable Classic, della Fondazione Prada a Venezia, nel salone del primo piano nobile di Ca'Corner della Regina nel 2015, curata da Salvatore Settis.

Tornando a noi, il catalogo edito da Silvana Editoriale segue tutte le tappe di questa vicenda, con molte illustrazioni e riferimenti iconografici, saggi dei curatori, un'importante scelta epistolare ed il saggio di Guido Beltramini: Jefferson, l'Italia, ma soprattutto Palladio, che si ricollega alla bella mostra sul tema, al Museo Palladio di Vicenza: Jefferson e Palladio, 2015-2016, curata dallo stesso Beltramini, direttore di quel museo.
                         emilio campanella