ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Marzo 2011


A PALAZZO FORTUNY E' GIA' PRIMAVERA! - LIBERTY IN PESCHERIA - COLONIALISTI ROMANI - UN PITTORE IN FUGA: LORENZO LOTTO - PUBBLICITA' EFFICACE - PITTORI 'IN PARADISO'  


Quest'oggi si apre la nuova stagione espositiva del Museo Fortuny di Venezia, con tre proposte, una per piano.
Diversamente dall'inverno scorso, quando il palazzo era un po' intasato da troppe presenze, talvolta stridenti, l'una con l'altra. Intanto in questa occasione,gli spazi sono ben separati, ed in piu' c'e' un filo sottile che unisce le tre esposizioni.
Si inizia al pian terreno con L'AUTOMA di Paolo Ventura, un' opera narrativa che consta di diverse grandi fotografie rielaborate che sono altrettanti capitoli della storia che l'artista milanese ha costruito, su racconti famigliari: quello di un anziano ebreo veneziano amante dei libri e degli automi, che decide di costruirsi un amico meccanico che lo saluti brindando con lui al suo ritorno a casa.
La sua vita, e quella di Nino, l'automa, verranno sconvolte dai rastrellamenti nazisti... l'uomo aveva avuto un sogno premonitore che noi vediamo come una evocazione della storia di Giona, ma riusciranno a salvarsi...
Terminato il racconto, eccoci di fronte a due case tridimensionali di diverse dimensioni, altrettante maquettes delle scenografie di questo set; successivamente, due vetrine con piccole sculture rappresentanti l'uomo ed il suo automa, e continuando s'incontra una "casa di bambola";  attraverso un foro vediamo in soggettiva cinematografica, la stanza dell'uomo, e da ultimo un pannello con piccole foto delle immagini appena viste, affiancate da appunti, un po' un 'libro di bordo'.
In chiusura, un'ultima stanza cui si accede come in un piccolo teatro,  e dove c'e' di tutto: bambole, uccelli impagliati,  teatrini, maquettes, quasi una wunderkammer della fantasia dell'artista che comprende anche le evocazioni di Casorati e Donghi!
Un lavoro di grande intensita' ed emozione, una finta-vera storia fra Golem e Pinocchio, che si avrebbe desiderio di ascoltare ancora, e si puo', siccome si fa il percorso a ritroso ed e' possibile ricominciare subito.
Saliti al primo piano nobile, ci troviamo immediatamente in un arcobaleno di colori e di disegni fantasiosi, riconoscibilissimi della cifra della stilista veneziana. Armadi aperti sono stipati di abiti bellissimi, altri sono elegantemente mostrati su manichini, ci sono molte borse famose, in una vetrina sono assieme al calco della testa amarniana di Nefertiti, chissa' che cosa ne direbbe l'antico scultore Tutmosi... uomo di grande gusto, probabilmente apprezzerebbe!
Un manichino da pittore in grandezza umana, pacatamente seduto su di una cassapanca, ha al braccio, una borsa dalla 'R' inconfondibile!
Ci sono ariosi ombrelli e due bellissime sale dedicate agli abiti 'trompe l'oeil', ed in una di queste, un'intera parete di magnifici foulards... cassapanche rigurgitanti di stoffe, alle pareti, Depero ed altre opere. 
Al secondo piano nobile, l'installazione, ricerca naturalistica di Michelangelo Penso, intitolata CIRCUITO GENETICO.
Tutte le esposizioni sono allestite con le consuete attenzione e sensibilita', da Daniela Ferretti; saranno aperte al pubblico, dal 4 Marzo all' 8 Maggio. Un delizioso, ricchissimo piccolo catalogo, dedicato a Roberta di Camerino, e' stato pubblicato a cura dei Musei Civici Veneziani.

emilio campanella

Inaugurera' fra qualche ora, alle diciannove, la bella mostra che e' stata presentata ieri mattina a Trieste, nel Salone degli incanti dell ex Pescheria, in riva Nazario Sauro.
Sara' aperta al pubblico, da domani, 13 Marzo, e si potra' visitare sino al 19 Giugno prossimo. 
Il titolo e' TRIESTE LIBERTY Costruire e abitare l'alba del Novecento.
Questa manifestazione fa parte di una serie di iniziative del MOVIMENTO LIBERTY IN ITALIA, Comitato nazionale per le celebrazioni del Centenario. Si inizia da qui, poi sara' la volta delle esperienze Versiliane, di Salsomaggiore, ed infine, di Palermo, ognuna con le sue particolarita'.
Questa e' la riflessione locale sul movimento, specialmente perche' la stagione triestina, oltre a dover far fronte a molte ostilita', e farsi strada dopo un gusto eclettico molto presente, apprezzato e di grande successo, ha fatto tesoro della Secessione Viennese, come dello Jugendstil,e delle esperienze nazionali.
La mostra molto ampia e che propone numerosissimi spunti di riflessione, respira dell'ampio , altissimo, sontuoso e restauratissimo spazio del salone, dove su numerosi tavoli, e molti ampi pannelli, sono esposti gli argomenti, e sotto 'bandiere' verticali sospese, che decorano, riportando motivi decorativi in stile.
Il percorso e' diviso in cinque sezioni, e prende in esame un buon numero di edifici rappresentativi, e la loro storia , come quella degli architetti, in relazione con la citta', le sue strade, i suoi spazi, un piano vago ed i cittadini.
Conoscendo la citta' e' un grande piacere ritrovare edifici noti ed amati, che magari s'incontrano andando a casa di amici, o si vedono dalle loro finestre!
E', fra l'altro, questa, un'occasione per una meritatissima valorizzazione per la struttura urbana...
Il lavoro scientifico e' molto accurato: son esposti disegni, realizzazioni, foto d'epoca, e fino alle foto attuali, accurate, a colori, e di grandi dimensioni, dovute all'attenzione di Marco Covi.
Oltre alle personalita' di architetti noti, ed, all'epoca, contrastati, e, talvolta, dalle scelte contradditorie, data l'atmosfera ostile, che all'inizio, li circondava, sono ricordate le figure di due ebanisti notissimi in citta', e che hanno influenzato il gusto del periodo.
Sono, per questo, ricostruiti, tre ambienti con mobili coevi. La visita e' resa maggiormente agevole dalle piante chiarissime, i pannelli esaustivi e sintetici.
Un importante catalogo dovrebbe essere pronto fra una diecina di giorni, e, data l'importanza della mostra, dovrebbe essere ponderoso e molto completo.
Fra i molti materiali d'epoca, un magnifico modello della Stazione dellea Transalpina, datato 1908.

emilio campanella


Venerdi' 11 e Domenica 13 Marzo, al Teatro Comunale di Ferrara, e' andata in scena una chicca musicale: il Giulio Cesare di Georg Friedrich Haendel, opera che debutto' al teatro di Haymarket a Londra, nel 1724.
Si tratta di un lavoro su un libretto rimaneggiato e riadattato per il pubblico inglese, quindi con meno recitativi e molte piu' arie per degli amatori della lingua italiana, che peraltro non conoscevano, pur amandone i suoni, e che si sarebbero annoiati a seguire una storia, mentre si deliziavano di piaceri puramente sonori di strumenti e voci.
Questo ci porta direttamente alle difficolta' che un regista deve affrontare mettendo in scena una vicenda, come in questo caso, abbastanza farraginosa, ma dallo splendore musicale altissimo.
Il volenteroso Alessio Pizzech, leggendo le sue note di tregia, dimostra cultura, intelligenza, acume, sottigliezza di ragionamento, peccato che nulla di tutto cio' traspaia dal suo spettacolo, che fin dall'inizio ci presenta dei romani in abito coloniale, tanto che si prepara la scena, con molti rumori e movimenti durante l'ouverture, come si capira', il modo migliore per concentrarsi...; ma, andiamo avanti!
Su traballanti e fragili  praticabiletti, si svolge tutto il primo atto cui fa da sfondo un bassorilievo egizio, passabilmente riprodotto.
Certo, i romani in abiti coloniali e gli egizi, come arabi secondo ottocento, non sono certo una novita'... l'esempio che ricordo, e' quello di Jorge Lavelli, per il Siroe, sempre haendeliano,  dieci anni orsono, alla Scuola grande di San Giovanni Evangelista!
Ma siamo molto lontani, se non altro per rigore formale.
Ci sono troppe pistole in scena, a confliggere con il testo cantato. In scena c'e' sempre troppa confusione,
Dopo un po', tra secondo e terzo atto che si svolge anche molto su un brutto enorme bacile, compaiono trascurabili proiezioni, ci sono scadenti feste in maschera, tanti riferimenti colti affastellati e sprecati, alcuni figuranti, anche bravi, ma che non stanno fermi un momento, distraendo dalla concentrazione... per fortuna, l'esecuzione musicale dell' Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone, e' di altissimo livello, cosi' come la compagnia di canto, che si muove bene in scena, nonostante la regia dissennata!
Intanto Sonia Prina, un Giulio Cesare autorevole e caratterialmente sfaccettato, dalle aglilta' rapinose; fascinosa Cleopatra, Maria Grazia Schiavo, disinvolta e seduttiva, nonostante i ciaffi che e' costretta a mettersi addosso, brava sempre nelle arie impervie come nei duetti.
L'ottimo Riccardo Novaro e' Achillo, un basso di razza, che, convincente nella sua malvagita' ha una voce potente quanto duttile. Dolente, sfortunata, intensa Cornelia, Jose' Maria Lo Monaco.
Notevolissimo, infantile, sadico, capriccioso, pericolosissimo, il Tolomeo di Filippo Mineccia; sorprendente per qualita' vocali ed immedesimazione, il Sesto di Paolo Lopez; Nireno era Floriano D'Auria, e Curio, Andrea Mastroni, due comprimari di lusso.
Lunghissimi meritatissimi applausi a tutti... qualche fischio al regista, e gli e' andata anche bene!
Ben altro lavoro aveva fatto due anni or sono, sempre nel medesimo teatro, Giuseppe Frigeri, nella sua elegantissima Partenope: ancora una volta Haendel, e la medesima formazione orchestrale diretta anche allora da Dantone.

emilio campanella

In un piovosissimo pomeriggio romano, mi sono trovato davanti all'ingresso delle Scuderie del Quirinale, dopo alcune ore di viaggio in treno, per vedere LORENZO LOTTO.
Nessuno in giro, o quasi, nessuna coda, la mia prenotazione, praticamente inutile, accredito in biglietteria, catalogo- fornito dall'ufficio stampa- fra le mani in un battibaleno... organizzazione perfetta, come e meglio dello scorso anno, in occasione di CARAVAGGIO.
Ecco, mi sono detto, anche a distanza di secoli Lorenzo Lotto si presenta schivo e riservato. Poche persone nelle sale, attente, emozionate dalla grande bellezza della pittura del veneziano, tutti un po' in punta di piedi, ad incontrarci e ritrovarci, ripetutamente di fronte alle opere, fra l'altro, cosi' ben esposte ed illuminate!
Come e' stata cura di spiegare da parte del curatore, Giovanni Carlo Federico Villa, quello stesso di Antonello e Bellini in questa sede, e di Cima a Palazzo Sarcinelli di Conegliano; l'ordine cronologico di esposizione delle opere, e' rispettato solo in parte; viene seguito talvolta, un criterio tematico, a causa della struttura dell'edificio, il cui primo piano espositivo, e' molto alto d'aria, mentre il secondo, meno, da qui alcuni adattamenti, peraltro non determinanti.
Parlando con il curatore, lo scorso anno, alla presentazione di Cima, ero venuto a conoscenza del progetto, di cui mi ero molto rallegrato, siccome l'ultimo Lotto italiano, e' stato quello dell'Accademia Carrara di Bergamo, nel 1998. Questa mostra rappresenta il quarto capitolo, di un progetto che si concludera' il prossimo anno a Vicenza, con Bartolomeo Montagna.
Occasione della manifestazione, e' stato un numero molto alto di opere restaurate, per questa ragione, esposte , e che ne fanno la grande importanza. Ci si pongono molte domande sulla personalita' di Lorenzo Lotto, pittore, in alcuni periodi della sua vita, anche molto apprezzato, ma poi, in altri, poco considerato, poco pagato, a dispetto della qualita' e della cura dei suoi dipinti. Si e' mosso fra il Veneto, la Lombardia, le Marche, durante tutto il corso della sua vita, lasciando capolavori ovunque, ma sempre un po', si direbbe, volendo essere altrove, costantemente all'inquieta ricerca di tranquillita' e calore umano.
Uomo colto e sensibile, come si vede dallo scavo psicologico dei ritratti, era tipico esponente del suo tempo, a suo agio con i simboli e con gli enigmi, di cui dissemina le sue opere. Attento all'iconografia nelle opere sacre, riusciva sempre a dare un tocco di sottile distacco alle dogmatiche rappresentazioni, uno sguardo all'umore dei suoi personaggi: santi sempre molto umani e dalla vita interiore profonda, somme figure della vicenda evangelica dal volto trepido e partecipe della sofferenza del mondo, cosi' come dagli sguardi precisi che chiarificano le loro intenzioni.
A cio' si aggiunga la continua invenzione delle pale d'altare, abitate da angeli aerei che volteggiano leggerissimi, ma che interagiscono determinando le azioni, come nella sorprendente ELEMOSINA DI S. ANTONINO dei Frari di Venezia, dove sembrano suggerire al santo le decisioni, mentre in basso, i diaconi elargiscono le donazioni ad una umanita' agitata; intanto una elegantissima signora con veletta, passa oltre, con il suo bellissimo profilo. La scena e' divisa in tre registri narrativi contemporanei, come su una scala, idea che determina un grande senso di profondita'. Tutte le pale d'altare sono esposte su strutture di un colore caldo aranciato, che riproducono in maniera stilizzata, le proporzioni degli altari, in modo da ritrovare la distanza e l'altezza di visione delle opere.
Risulta inevitabile citare il TRIPLICE RITRATTO DI ORAFO da Vienna (Kunsthistoriches) e quello di LUCINA BREMBATI, dall'Accademia Carrara di Bergamo, per il piacere del rebus che contengono. E' presente integralmente, il polittico di Ponteranica, appena restaurato, mentre si sta ultimando quello del Polittico di S. Domenico, da Recanati, e segnatamente la cimasa con CRISTO MORTO SORRETTO DA UN ANGELO, S.GIOVANNI D'ARIMATEA, LA MADONNA E LA MADDALENA, e si puo' seguire il lavoro durante l'orario di apertura della mostra. Giusto la citazione dell' ANNUNCIAZIONE di Recanati, di cui ho gia' ampiamente parlato proprio a proposito di Bergamo, anche questa, appena restaurata, ma le annunciazioni sono tre, anche quella di Iesi, divisa in due tavole: ANGELO ANNUNCIANTE, dalla figura dinamica che volteggia a pochi centimetri dal suolo, come testimonia con genialita' l'ombra che l'artista gli ha dipinto, e VERGINE ANNUNCIATA, una ragazza sorpresa dal  destino inaspettato, che pero', accetta con timore reverenziale, le decisioni dell'Altissimo; l'ultima annunciazione e' parte del l'appena citato Polittico di Ponteranica. Grande occasione, anche per il SAN NICOLA IN GLORIA dei Carmini, ancora, da Venezia, dalla concezione spaziale ardita e dalle possibili ispirazioni respirate in citta', che in basso ha un meraviglioso paesaggio marino nordico, gia' nella linea di cio' che produrranno i fiamminghi alcuni decenni dopo.
Indimenticabile il  COMMIATO DI CRISTO DALLA MADRE, CON ELISABETTA ROTA, per l'ambientazione elegantissima in una grande sala a colonne, per la teatralita' della composizione della scena, per l'arditissimo intreccio delle linee che s'intersecano, mentre la donatrice medita sulla visione. Si ha come l'impressione di una influenza dell'ambiente romano, che Lotto frequento', ma dal quale non ha lasciato nulla, od almeno, nulla ci e', per ora, pervenuto. Dei diversi S. Gerolamo cito quello proveniente da Sibiu.
Avevo visto per la prima volta, questo  S.GEROLAMO PENITENTE, molti anni fa, a Venezia, nel 1991, a Palazzo Ducale, ad una esposizione intitolata:  CAPOLAVORI EUROPEI DALLA ROMANIA, Sessanta dipinti dal Museo Nazionale d'arte di Bucarest,fra opere salvate dalla guerra, e sull'onda di una tragica, profonda emozione. Ora lo ritrovo in un'atmosfera, fortunatamente, piu' tranquilla. Concludendo, cito il RITRATTO DI GENTILUOMO CON LETTERA di collezione privata, non piu' vsto, dalla mostra del 1953, e felicemente riesposto, e per la qualita' del dipinto, e per la triste storia che vide il pittore che domandare 15 scudi, e  riceverne 4, in quella Treviso, dove anni prima veniva ben altrimenti apprezzato. Accetto' osservando, nel suo Libro delle Spese diverse, che in realta' la proposta essendo partita da lui, e non dal committente, non gli restava che accettare il magro compenso... Gia', un grande pittore, mai meritatamente valutato, sempre desideroso di essere altrove, che mai si formo' una famiglia, che stette, in varie situazioni, ospite pagante presso parenti, che termino' la sua vita come oblato presso i monaci di Loreto. Forse aveva un cattivo carattere, chissa'! Dalle testimonianze del tempo, si direbbe di no.
Fu, in fondo, sempre solo, colto, sensibile, buono, testimoniano in molti... Questa bellissima mostra ne illustra il percorso artistico, ed anche umano, facendo atttenzione a mettere in luce i periodi, i passaggi, cruciali di una grande carriera artistica, sino alla PRESENTAZIONE AL TEMPIO di Loreto, una tela dai magri colori, incerta, forse, data l'incipiente miopia dell'anziano pittore, ma quanto intensamente drammatica, con quei contrasti di luce nella divisione spaziale, con quell'uomo anziano barbuto che guarda da dietro una colonna, e soprattutto l'inquietante mensa dai piedi umani, prefigurazione del finale sacrificio di Cristo, fatto altare del suo immolarsi, quasi come il petto di un giovinetto su cui celebrare l'ecaristia dei riti paleocristiani. Cosi' esce di scena Lorenzo Lotto, con discrezione, e lasciando una grandissima eredita'.
La mostra rimarra' aperta sino al 12 Giugno. Il bellissimo catalogo e' di Silvana.

emilio campanella

Si puo' definire, sinteticamente, in questo modo, l'effetto dei bei manifesti sparsi un po' ovunque, a Genova, in queste settimane, e che pubblicizzano una bella mostra dedicata a Luigi Garibbo, un vedutista genovese vissuto a cavallo fra il 1700 ed il 1800.
Le riproduzioni a grandi dimensioni, riportano il Il titolo dell'esposizione, EN PLEIN AIR, ed il sottotitolo: Luigi Garibbo e il vedutismo fra Genova a Firenze.
La manifestazione si svolge su due piani, nelle sale di Palazzo Rosso, in via Garibaldi, e rimarra' aperta sino al 19 Giugno.
L'immagine riproduce degli ulivi, un magnifico acquerello in realta' molto piccolo (mm 61 x 116!), ma di altissima qualita' espressiva.
Se inizialmente, si puo' essere attirati da una mostra naturalistica, ebbene, no, si tratta di ben altro e ben di piu'; per quanto lo sguardo sulla natura sia sempre ben presente, l'interesse precipuo dell'artista e' sulla trasformazione urbanistica delle citta' di cui si interessa: Genova e Firenze soprattutto, in un momento che vedeva un'espansione, anche sulla spinta della nascente rivoluzione industriale.
Le date di Garibbo sono fondamentali, infatti nacque a Genova nel 1784 e mori' a Firenze nel 1869.
Merito della mostra, oltre all'ampiezza, sono i raffronti fra i luoghi, ma anche con altri vedutisti coevi, come Luxoro, De Gubernatis, Caffi, Gelati, Giovanni Signorini, fra gli altri, per una esigenza scientifica di contestualizzazione e raffronto stilistico.
In questo puo' essere di grande aiuto l'accuratissimo catalogo, pubblicato da Silvana, che riporta le schede dettagliate delle numerosissime opere esposte. Cio' che colpisce, in particolare, di Garibbo, e' la capacita' di costruire l'inquadratura, la sua attenzione alla luce, come sempre la sensibilita' nei confronti delle natura, tanto nelle vedute urbane, quanto ovviamente, in quelle rurali.
Sorprendenti sono alcuni acquerelli dalle luci estremamente contrastate, e dalla modernita' sorprendente, pur restando nella linea di disegno architettonico precisissimo, in un artista che per questo, aveva una mano sorprendente.

emilio campanella

Soltanto dal 18 Marzo, e sino al 12 aprile, come l'apparizione di un arcobaleno sulla laguna, si potra' visitare la mostra: 'RITROVARSI A VENEZIA'  impressioni e colori nella citta' dei Dogi, personale di Mary Botteon e Girolamo Galluccio, ospitata negli spazi espositivi del locale In Paradiso, palazzina liberty, prospiciente lo specchio d'acqua antistante i Giardini, ed alla cui spalle e' l'ingresso della Biennale.
Luogo abitualmente dedicato ad esposizioni temporanee, consta di due ampie sale espositive in cui le opere sono accuratamente illuminate, cosa non frequentissima, neppure in certe mostre molto importanti!
I due artisti l'una veneta, e l'altro calabrese, dopo molti luoghi in cui la vita li ha portati, si sono stabiliti a Teramo.
Molto noti nell'ambito pittorico figurativo nazionale, la prima, figlia del pittore Egidio; lui, architetto, hanno spiccate personalita' differenti, ma talvolta temi comuni ch'e' molto interessante raffrontare, come le rappresentazioni di natura.
Se  Mary Botteon ha dalla sua una mano notevolissima per il disegno,  con un tratto preciso quasi ' orientale" , Girolamo Galluccio si muove fra i grandi spazi in campo lungo quasi cinematografico, di brughiere e di mare, ma anche temi piu' metafisici, sino ad ironici gruppi di oggetti un po' alla Savinio, sospesi, sognati, e colorati con suggestiva evocativita'.

emilio campanella

ORSI ITALIANI