ORSI ITALIANI
Le recensioni di Emilio Campanella
MARZO 2010
CARAVAGGIO E LA FUGA - RUBENS a Como - LOURDES - COSMONAUTA - FIORI - LE RIRE e DIDO AND AENEAS - MINE VAGANTI - LA BOCCA DEL LUPO - JACOPO BASSANO E LO STUPENDO INGANNO DELL'OCCHIO - LA BADANTE di Cesare Lievi - CARAVAGGIO, LOTTO, RIBERA - LA GIORNATA DELLA FONDAZIONE DEI MUSEI CIVICI VENEZIANI
Cosi' si chiama il pretesto espositivo proposto alla Villa del Principe di Genova sino al 26 Settembre, LA PITTURA DI PAESAGGIO NELLE VILLE DORIA PAMPHILJ Ulteriore pretesto che attirera' molti e' la presenza del RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO di Caravaggio, dalla Galleria D.P. di Roma, opera misteriosa ed intrigante presente anche per una supposta breve presenza del pittore in fuga, nella Superba, e, forse, ospite della villa, anche per un progetto di affresco, poi non realizzato;, questo, come si diceva, villa e palazzo a dimostrazione del potere. Luogo magnifico sul mare (oggi come oggi un po' arretrato, ma non molto, dal porto), palazzo principesco, ed al contempo, appunto, villa di cui ha una sua sontuosa struttura, voluto da Andrea Doria.E' ad un passo dalla Stazione Principe (appunto) , il giardino e' stato orto di guerra, ha subito un bombardamento durante l'ultima guerra mondiale, perche' creduto-a torto- quartier generale tedesco; ancora, alcuni anni orsono, ricordo il cinema all'aperto, con le seggiole accanto alla magnifica fontana del Nettuno, (l'altra, altrettanto bella rappresenta un magnifico tritone), e la rassegna, il cui manifesto riproduceva la divinita', s'intitolava: UN MARE DI FILM. E', quindi un'occasione molto interessante per compiere un percorso fra le sale dell'edificio, molto piu' ampio che in precedenza, anche grazie ad un lunghissimo, impegnativo restauro, che sta avviandosi, fra non molto, verso la sua dirittura finale.Oltre alle opere pittoriche provenienti dalle varie collezioni di famiglia, sono esposte documentazioni relative ai vari edifici ed alle ragioni della loro costruzione e delle loro ubicazioni. Si parte da Genova con Andrea Doria e Giovanni Andrea Primo Doria, si parla di Carlo V. Successivamente molte delle opere presenti nel palazzo partiranno appunto per Roma, e poi si e' verificato un ritorno di opere ed arredi ch'erano in sovrappiu' nella capitale, per far rivivere questo edificio. Insomma, la ricostituzione della quadreria come e' accaduto nella villa di Genova Pegli, "replica" di quella del Principe. Tornando alla mostra temporanea che, come avrete capito, non e' che uno dei motivi d'interesse della manifestazione, prende le mosse da Merisi e dallo sfondamento spaziale paesaggistico del suo quadro, per seguire un filo logico legato al viaggio come fuga, come evasione dagli impegni mondano-burocratici, motivo, anche quello della cortruzione di molte ville decentrate. Se e' doveroso citare il ritratto di Andrea Doria di Sebastiano del Piombo,non si puo' non citare quello del Principe di Melfi, sempre Giovanni Andrea I con il fedele cane Roldano (Attribuito a Vaiani), ed assolutamente, anche quello di Aurelio Lomi, dedicato al medesimo amatissimo animale.Ci sono nomi di paesaggisti importanti come Pieter Mulier, Gaspard Dughet, Jan de Momper, ma quello che mi sarei portato a casa e' un piccolo olio su tela (50 per 68) di Jan TheuniszBlanckerhoff. VEDUTA DELLA LANTERNA DI GENOVA DAL MARE in cui alcuni velieri, le vele gonfie, inclinati, lottano con il vento, su un mare tempestoso, per non frantumarsi sugli scogli; in cielo nubi cupe e cariche di pioggia; una scialuppa cerca di guadagnare la riva.
emilio campanella
Evocati nella penombra dei sontuosi saloni della settecentesca Villa Olmo a Como, ci appaiono i quadri della mostra RUBENS e i fiamminghi, che compone il suo emozionante mosaico con una quarantina di opere tutte di provenienza viennese, dalla Gemaldegaleria dell'Accademia di Belle Arti, che riaprira' dopo due anni di restauri, ed ha potuto, quindi, per l'occasione, fornire un prestito molto consistente, dal Liechtenstein Museum e dal Kunsthistorisches Museum. Si puo' ben osservare che si tratta di una mostra "piccola" e decisamente di altissima qualita' per le opere esposte. La presentazione per la stampa, per una volta, molto interessante, vedeva l'assessore alla cultura della citta', Sergio Gaddi, curatore insieme alla direttrice della Gemaldegalerie, ed i quelli delle altre istituzioni, intervenire con molta concisione a proposito delle scelte espositive, mentre, tutt'intorno, in una mattinata da tregenda in cui pareva d'intravvedere, di tra le nubi fosche, ed i contrasti di luce, le streghe del sabba di Jordaens, esposto poco lontano, darsi alla pazza gioia fra le fortissime folate di vento ed i violentissimi scrosci di pioggia. Certo, nei prossimi mesi, la bellezza dell'edificio, la posizione sul lago, il paesaggio circostante, ne faranno una meta ambita sino al 25 Luglio, tremine dell'apertura al pubblico dell'esposizione. Un appunto sull'allestimento, definito 'percorso emotivo', che come accennato, evoca le tele dal buio con molta suggestione, ma parimenti sono al buio anche le tarchette, peraltro, molto limitate, per cui, o si compera il catalogo, (Silvana) e lo si legge fuori... o si e' condannati alle audioguide, che, peraltro, non citano tutto! Se il posto d'onore e' stato dato a BOREA RAPISCE ORIZIA, l'opera che maggiormente abbia amato, nelle nove sale del percorso, e' BACCANALE, il satiro sognante, sempre di P.P.Rubens, dalla Gemaldegalerie, per lo straordinario ritmo della composizione con il satiro dormiente sulla sinistra, alle cui spalle sta Bacco che beve da una coppa, mentre un tigrotto, accarezzato dal satiro, ha rovesciato una cesta d'uva; sulla sinistra una sontuosa scelta di raffinatissimo vasellame aureo e ceramico, dietro la tavola imbandita, una scena di seduzione. C'e' una TIGRE CHE ALLATTA I CUCCIOLI , sempre della sua bottega, che mi da' modo parlare degli sfondamenti spaziali di paesaggio, in questo caso, appunto, come nelle straordinarie nature morte di vari autori, presenti. Importantissimo il RITRATTO DI GIOVANE DONNA (La figlia Elisabetta ?) di Jordaens, sempre dalla medesima collezione. Gli altri autori sono Van Dyck (il maggiore allievo rubensiano) Teniers, Jan Fyt ed altri. Sono molto intriganti questi quadri che mescolano vita e morte: NATURA MORTA CON MAPPAMONDO,TAPPETO E CACATUA di Pieter Boel, NATURA MORTA CON FRUTTA E SCIMMIA di Jan Fit od ancora SONTUOSA NATURA MORTA CON PAPPAGALLO di Jan Davidz, e per concludere, IL PAVONE BIANCO di Jan Weenix. In chiusura, considerando l'importanza dei bozzetti rubensiani esposti: S.Maria della Vallicella a Roma, Gesuiti a Genova, Chiesa incendiata di Anversa, testimonianza preziosissima, desidero parlare di un 'quadretto' di misura devozionale, un S.Francesco ai piedi della Croce che ha un'aria quasi gaudente e che, al di la' della scena simbolica e della visione dogmatica, lo sguardo che rivolge a Cristo crocifisso (che ha un'aria particolarmente florida) e che lui gli ritorna, e' quello dell'affetto di due amici che si stimano e che si conoscono da tempo.
C'e' da sperare che questo bel film, ignorato immeritatamente dalla giuria della Mostra di Venezia, possa avere il suo riscatto nelle sale. Il primo dato interessante e' che sia girato, cosa rarissima, sui luoghi, e ne colga con molta precisa attenzione l'atmosfera, seguendo una giovane pellegrina affetta da sclerosi a placche (Sylvie Testud, sempre molto credibile con i suoi occhi sgranati su cio' che la circonda e quello che le accade) ed il gruppo di cui fa parte, durante i quattro giorni di visita al santuario, vero e proprio luna park della fede cattolica, con i suoi appuntamenti , i suoi luoghi, i suoi rituali, i suoi supermercati di oggetti devozionali. Il fitto programma porta tutti nelle varie tappe di trascendenza (?) verso un superamento delle umane debolezze, sino alla guarigione-miracolo della protagonista che provoca contrastanti reazioni, tutti sono un po' infastiditi dalla cosa, e per differenti ragioni, ci sono invidie, perplessita', incredulita', da parte un po' di tutti. La vicenda, condotta con molta abile precisa attenzione, con un misto di perfido distacco, ed al contempo, calda morbosa partecipazione, shakerate con tale abilita' da farne un cocktail che si beve con grande facilita', e dopo il dolce iniziale, lascia in bocca una punta d'amaro! Luis Bunuel e' dietro l'angolo e fa elegantemente capolino continuamente.A parte le osservazioni attorno al punto di vista su un luogo che coinvolge cosi' tante persone, muovendone cosi' fortemente tante e tali emozioni, il lavoro e' molto attento ed anche molto pensato nel suo affacciarsi al dato teologico, infatti il 'miracolo' e', come sempre, molto prudentemente, definito tale, e per varie e profonde motivazioni dogmatiche che coinvolgono, anche se qui non si dice, il rischio del maligno, ed e' proprio in questo sottinteso che ho pensato a LA VIA LATTEA. Comunque bisogna anche doverosamente osservare che la malattia al centro della storia e' particolarmente subdola,ed ha talvolta momenti di remissione nella sua gravita', ma momentanei... qui il finale e' aperto, anche per ragioni dialettiche.E' ovvio che tutti ci auguriamo che la guarigione sia definitiva, miracolo o meno, anche le due amiche che sono un po' il coro della situazione con commenti, suggerimenti, dubbi, e che definiscono, secondo loro, non troppo credente, la giovane miracolata. Altrettanto importante e' il contorno umano e vitalissimo degli accompagnatori,tutti giovani belli e simpatici, ragazzi e ragazze, cosi', come e' forte la voglia di vivere e reagire accanto a tanta sofferenza, e questo aiuta anche i piu' sfortunati.Elina Lovenson, Bruno Todeschini e Le'a Seydoux hanno tre importanti ruoli in questa coproduziona franco-austriaca.
Molto colta la ragione che ha fatto programmare un dittico costituito da LE RIRE di Bruno Maderna e DIDO AND AENEAS di Henry Purcell. L'autore del primo emozionante brano per nastro magnetico del 1964 e' stato attento compilatore di programmi che proponevano musica contemporanea e barocca nella medesima serata di cui era direttore. Lo spettacolo, dunque, si apriva con un lavoro coreografico essenzialmente astratto, sul primo pezzo; dapprima non particolarmente inventivo, per dire la verita', benche' notevolissimo sia, come sempre, il livello della compagnia Karas, di cui e' animatore il coreografo Saburo Teshigawara, ben noto in laguna e gia' ospite della Biennale Danza. In questa occasione tutto rimane molto distante.Anche la seconda parte del succlento programma recava la sua firma, e quindi regia, scene, costumi, luci , coreografie del successivo DIDO AND AENEAS. Attilio Cremonesi dirigeva l'orchestra del teatro, maestro del coro, Claudio Marino Moretti. Non e' la prima volta che assisto ad una rappresentazione di questo capolavoro di Henry Purcell, che conosco quasi a memoria, negli ultimi anni, ed ulteriormente mi rendo conto di quanto possa essere difficoltoso da mettere in scena, poiche' si tratta si e no di un'opera, e' una 'creatura ibrida', ancora molto legata al masque - anche se questa, pur nella sua brevita' e' un'opera completamente musicata, diversamente da quelli-di cui ha tutto il fascino, avendo anche, pero' gia' qualcosa di cio' che diverra' l'opera nei decenni successivi. In effetti, vedendo il rigorosissimo lavoro di Teshigawara, e le sue evidenti difficolta' ad entrare in un mondo veramente altro, in cui sono piu' le idee ad agitarsi, che non veramente i personaggi in scena, un poco mi trovo a perdonare una edizione di altri, in altro teatro e diversa citta'. Poiche' se non si puo' che apprezzare il rigore formale ed estetico dell'allestimento, non di meno, si ha l'imprerssione che oltre a rimanere distante da noi, ed e' un modo, ne rimanga pero', anche da Purcell, e che, pur nell'elegante precisione della compresenza degli ottimi danzatori-mai invadenti-con i cantanti, pur tuttavia, ogni cosa segue un percorso parallelo, non so quanto voluto. Certo e' che il gioco scenotecnico, il riferimento a Muybridge all'inizio, i momenti di interesse coreografico, brevi illuminanti passaggi risultano memorabili. Attentissimo ed efficace il lavoro sul coro che si muove sempre compatto e fluido allo stesso tempo, percorrendo, ora lentamente, ora rapidamenrte lo spazio scenico, creando figure, entrando, uscendo di scena, sempre in musica, con notevole effetto. Altrettanto di qualita' il lavoro registico sui cantanti: Ann Hallenberg, Didone di grande autorevole regalita' cui mancava, pero', l'altrettanta e doverosa presenza vocale, che aveva invece Maria Grazia Schiavo, Belinda. Molto rischiosa la maga di Julianne Young, pur di grande forza e presenza scenica; fragile l'Enea di Marlin Miller. Molto meglio i comprimari (Oriana Kurteshi, Sabrina Vianello, Elena Traversi, Krystian Adam) anche affascinanti nei recitativi. La rappresentazione era quella del 20 Marzo, affollata anche per la presenza degli studenti cui era destinata l'antigenerale, saltata per lo sciopero del 12 Marzo scorso. Questo portava una ventata di calore e di entusiasmo in una pomeridiana che, come si sa, tende un po' al sonnacchioso. Applausi e dissensi alla fine, soprattutto diretti al regista che ha, peraltro, creato uno spettacolo di grande qualita', anche se, forse, non totalmente riuscito, ma, come dicevo, in un caso come questo, di grande difficolta'. Io stesso ho amato maggiormente altri suoi lavori, per quanto si tratti di una regia di tutto rispetto. emilio campanella