Le recensioni di Emilio Campanella

Maggio 2004


UKIYOE a Palazzo Reale di Milano - LA PASSIONE DI CRISTO di Mel Gibson - MOSTRE VENEZIANE


UKIYOE a Palazzo Reale di Milano

UKIYOE, il mondo fluttuante, ancora rimane aperta al pubblico per tutto questo mese (esattamente sino al 30/V) a Palazzo Reale a Milano. Si tratta, sia detto per inciso, di una mostra imperdibile per gli appassionati, tanto quanto quella del 1999/2000 su Hokusai, di cui costituisce l'ideale continuazione.

Se quella era una 'personale' sul 'vecchio pazzo per la pittura', questa rappresenta un viaggio in un'estetica, un modo di vivere, un'intera societa': quella di Edo (Tokio) fra l'inizio del '600 e la meta' dell' '800, durante lo Shogunato Tokugawa, dunque.

Si articola in sei sezioni che prendono in esame una parte del mondo giapponese dell'epoca, da un certo punto di vista, a dispetto di un ordine cronologico generale, ma ripercorrendo ogni volta il periodo (circa 1603/1868) considerato cosi' da aiutare automaticamente ad una riconoscibilita' degli stili e delle personalita' degli artisti osservati in un ambito od un altro della loro arte.

Inizialmente il termine che da' il nome all'esposizione, aveva un'accezione negativa legata alla caducita' delle cose mondane, successivamente, venne a definire proprio un tipo di societa' elegante, edonistica, raffinata, quella 'borghese' e mercantile cosi' ben ritratta da Ihara Saikaku nelle sue opere letterarie (Cinque donne amorose, Storie di mercanti, Vita di un libertino, Il grande specchio dell'omosessualita' maschile).

Grazie, comunque, alla scelta tematica, anche i neofiti sono presi per mano per compiere un percorso emozionante, se non altro, per l'altissima qualita' delle opere esposte.

Chi l'avesse gia' visitata, avra', in ques'ultimo scorcio di tempo, la possibilita' di vederne una molto differente, essendo stato fatto un avvicendamento a causa della delicatezza dei dipinti, i quali, sono la maggior parte in confronto alle stampe, e che lasciano i loro musei, nella quasi totalita', per la prima volta per venire in Europa, ed, in assoluto, in Italia.

La prima sezione e' dedicata al teatro, e si tratta del Kabuki, nato alla fine del secolo XVI, i cui divi vengono ritratti dagli artisti in voga durante le loro interpretazioni, talvolta veri e proprî veicoli pubblicitarî.

La seconda: tradizione, sui rapporti fra passato e presente nelle illustrazioni da opere letterarie, legende, usanze, riti e miti dello Shint. La terza e' attorno alle rappresentazioni di natura: animali e fiori.

Quarto argomento e' il paesaggio, e qui, fra i grandi nomi che ricorrono (Hiroshige, Hokusai, Harunobu, fra gli altri, molti presenti in tutte le varie sezioni) ci sono Totoya Hokkey che disegna un galeone olandese assolutamente anacronistico (l'opera e' del 1834-35) ed in stile occidentale in un paesaggio perfettamente Ukiyoe, e Yashima Gakutei che rappresenta una flotta vista in prospettiva su onde occidentaleggianti in un paesaggio giapponesissimo, due curiosita' che stanno benissimo accanto ad alcune delle piu' belle Cascate di Eisen.

Alla vita di citta' e' dedicata la quinta: un esempio per tutti: Scene di genere a Edo di Miyagawa Choshun, un rotolo della lunghezza di 782,7 cm di assoluto divertimento sociologico, ma non mancano neppure le biricchinate erotiche. Fra cui lo stupefacente foglio dall'album "Spasimi d'amore" di Katsushika Hokusai in cui una donna si lascia passivamente andare alle attenzioni delle spire e della bocca di una enorme piovra dagli occhi sgranati, mentre una piu' piccola la bacia perdutamente. Si conclude con la figura femminile in cui lo stile e la maniera della rappresentazione del corpo e del volto hanno la loro maggiore esemplificazione stilistica: cio' che da ragazzini si cominciava a conoscere attraverso la pacottiglia falso-Imari dei rigattieri.

Intanto ci godiamo questa seconda parte del viaggio artistico in giappone, in attesa di una terza gia' quasi promessa alla presentazione.

emilio campanella


LA PASSIONE DI CRISTO di Mel Gibson

Avevo deciso di andare a vedere 'La Passione di Cristo' dopo tutto cio' ch'e' stato scritto e detto, poiche' non potevo essere indignato quanto mi sentivo senza una visione diretta dell''opera' in questione, quindi giovedi' 8 aprile, poiche' il giorno prima, uscita nazionale, per mia fortuna ero a Ferrara per rivedere le belle mostre al Castello Estense e soprattutto per vedere Bill T.Jones al Comunale, per strada, dieci minuti prima, avevo ancora delle perplessita' anche perche' mi seccava far guadagnare del denaro al film che, gia' prevedevo, non avrei 'amato' troppo; tant'e', il desiderio di poter stendere queste note mi ha spinto definitivamente. Fortunatamente una mia tessera, inaspettatamente, mi ha fatto ottenere un biglietto omaggio, cosi', se rientrero' nel numero degli spettatori, non partecipero' al successo economico, almeno questo!

Mi sono messo in coda fra i primi e in qualche diecina di minuti ho raccolto le impressioni piu' strane e le aspettative piu' disparate oltre la netta impressione che la maggior parte avesse un'idea MOLTO vaga dell'argomento trattato dal film! Poi siamo entrati, e qui, appena spente le luci e' iniziato l'orrore che dura ben 126'. All'inizio, le scene dell'orto di Getzemani ha l'atmosfera, con tanto di luna nascosta a tratti da nubi e nebbie, da film di vampiri che non ci meraviglieremmo di vedere apparire uno zombie. Poi il tradimento di Giuda Iscariota, come da copione, una faccia da traditore, inequivocabile, l'arrivo dei soldati e l'arresto in un crescendo, gia' qui, di violenza che diventa una rissa furibonda con gli apostoli, tutto al 'ralenti' e con l'episodio dell'orecchio che Gesu' riattacchera' al soldato, aggiungendo un convertito (il primo della serie) che restera' fermo estatico mentre la povera vittima verra' trascinata via e portata al cospetto di un Sinedrio i cui volti sembrano un campionario della 'Difesa della Razza' o pronti per un film antisemita dell'UFA! Anche qui Cristo viene picchiato selvaggiamente prima di arrivare davanti a Pilato in uno stato pietoso e gia' con un occhio tumefatto prima ancora della flagellazione.

Dopo l'andirvieni da Erode (scena risibile e cretina) si decidera' per una punizione esemplare che Pilato intenderebbe come una flagellazione severissima prima di una liberazione: cosi' non lo fai piu'!!!(?!?!). Invece, naturalmente, il sadismo del regista da' un saggio della sua capacita' facendoci sopportare una scena di una lunghezza estenuante e con variazioni vieppiu' feroci con al centro un povero corpo innocente martoriato nella maniera piu' violenta da torturatori assetati di sangue ed eccitati, con strumenti vieppiu' spaventosi sino ad una sorte di gatto a nove code con uncini che strappa brandelli di carne e pelle ad ogni colpo. Questi non si contano, ovvero si', ma le scene sono svariate. Non solo sulla schiena, ovviamente, ma su tutto il corpo ed anche sull'addome... La genialita' del regista, per farci sopportare tanto orrore inserisce dei flashbacks, uno, per informare chi non conosce la storia, e due, soprattutto, per dare un minimo respiro e poter ricominciare poi con rinnovata lena l'escalation delle sevizie. Esattamente la tecnica della tortura, ma non contro di lui, dato ch'e' per fortuna, solo una finzione, ma contro di noi. Peraltro un essere umano normale non avrebbe retto, come si sa, ad una tale fustigazione, ma nel nostro caso...; poi un soldato romano (uno gia' con lo sguardo ispirato) fa interrompere tanto orrore dato che non deve essere ucciso il prigioniero, cosi' lo trascinano via mentre lascia pozzanghere di sangue che verranno ripulite da Maria di Nazareth e Maria di Magdala con asciugamani bianchi (sembrano proprio di spugna, ma esisteva?) offerti da una pietosa Flavia, moglie di Pilato (ne avevate avuto notizie?) in un episodio di pieta' femminile che lascia tutti perplessi, anche le attrici, un occhio al femminismo anche per quella fetta di pubblico? Poi la sarabanda riparte con le scelte di Barabba: un mostruoso mentecatto che quando gli passa vicino fa inorridire uno col pelo sullo stomaco come Caifa! Nel frattempo Giuda viene perseguitato da bambini fastidiosi, e poi, come si sa, la fara' finita vicino ad una carcassa verminosa un po' alla Buñuel (eh si', magari!). Ritornando agli episodî precedenti della vita di Gesu', bisogna notare l'estetica da immaginette di contrasto ai colori saturi della passione di cui siamo neanche a meta' e che continua con un Cristo portacroce antistorico (la croce intera, mentre si sa che non accadeva cosi', ma l'effetto e' di maggiore riconoscibilita' e tradizione), solo uno dei tanti errori, come far confluire nella medesima donna l'adultera salvata dalla lapidazione e la Maddalena, senza dimenticare l'episodio del tavolino moderno, ma si sa, il ragazzo, anche come falegname aveva del geniale, mentre l'unico ricordo che drammaturgicamente abbia un senso e' quello di Maria che vedendolo cadere l'ennesima volta sotto il peso della croce (non si contano le cadute e fantasioso e' il modo di cadere di questo morto che cammina, rallentato, che solleva polvere, schizza sangue, cola bava e rimane come spiaccicato a terra con tutto l'apparato dei peggiori effetti) ricorda una caduta di quando era bambino, e di come lei fosse corsa in suo soccorso, cosa che cerchera' di fare anche ora. Dopo, l'incontro con Veronica che si ritrova poi fra le mani non un fazzaletto con l'impronta del volto, ma quella che sembra una vera e propria fotocopia al laser con la tecnica della sanguigna, non a caso!

Intanto Satana passeggia fra il pubblico che accompagna la salita al Golgota, ma lo avevamo gia' visto all'inizio ed ogni tanto riappare, anche con un bimbo/mostro in collo, quasi una maternita' blasfema di, peraltro, totale inutilita'. Dopo enormi sofferenze, percosse, cadute, come dicevo, reiterate, l'arrivo al luogo della crocefissione, e ci diciamo: almeno siamo alla fine! Si', ma una fine quanto mai lunga e spaventosamente sanguinaria, e, come avevo gia' accennato, anche qui di tanto in tanto qualcuno gira gli occhietti ispirati verso quel povero pezzo di carne sanguinolenta e si vede in Paradiso, anche il buon ladrone, mentre quello cattivo viene punito da un corvo che gli becca gli occhi in una scena in perfetto stile splatter: Dei chiodi, gia' sapete tutto, piantati nel palmo della mano (altro bell'errore!) e con buchi gia' predisposti nel legno (scatola di montaggio, eh, si', come il tavolo di cui sopra, nello stesso catalogo!). I sacerdoti ridicoli con i loro abiti, sin sui somarelli ed ancora tra Cristo e Caifa dialoghi tesi e minacce fino al colpo di grazia che fa fare a tutti una bella doccia rossastra, annacquata ovviamente, poiche' di sangue doveva essercene rimasto ben poco a quel punto!

Pianosequenza a spirale ascendente da televisione costosa e poi un po' di furia degli elementi con terremoto e distruzione del tempio, sembrava Samson e Dalilah!, ma la' almeno c'e' la musica di Saint-Saëns. Poi una breve risurrezione, brevissima! e tutti a casa. Che dire? Che ogni tanto sembra di vedere qualche ispirazione artistica: coronazione di spina (Giorgione, Tiziano), salita al Golgota (Breugel, e la pittura nordica con quelle espressioni stravolte, mostruose, irridenti, ma molto da lontano). Peraltro si tratta soltanto di una vergognosa apoteosi della tortura di una violenza insopportabile. L'ambientazione materana praticamente non si vede. Una vergogna, un orrore! Per due ore assistiamo all'infinito supplizio subito da un povero folle finito in mano ad aguzzini. Uno spettacolo sadico senza alcun costrutto. Alcuno dei personaggi ha il minimo spessore psicologico, tutti sono travolti dagli eventi e come non c'e' dimensione mitica non c'e' speranza e non c'e' redenzione. Fra le scelte, apparentemente, furbe, quella linguistica dell'aramaico inventato di cui nessuno sa nulla intorno alla pronuncia e del latino con accenti spaventosi dei Romani. Ben diverso in quel piccolo capolavoro di spirito ch'e' il vecchio Brian di Nazareth di T.Gillian.

Mi auguro che presto arrivi la copia restaurata del Vangelo pasoliniano dove Matera si vede molto bene e dove tutto e' costruito, motivato, spinto da una profonda religiosita', senza contare la cultura estetica e musicale .... altro cinema, anzi, cinema! Certo l'uscita pasquale e' un bel colpo commerciale, peraltro del messaggio d'amore assolutamente disatteso dall'integralista Gibson non importa nulla, a lui interessano solo l'odio e la vendetta, e gli effetti gia' si cominciano a sentire.

emilio campanella


MOSTRE VENEZIANE

Una stagione avara? Qualcuno potrebbe pernsarlo anche se io non sono di questo avviso.

Infatti, in questo momento, a Venezia, sono in corso tre 'piccole' mostre particolarmente preziose; la prima, alla Fondazione Guggenheim: L'ETA' DI MICHELANGELO, sino al 16/V presenta in 70 fogli, altrettanti capolavori dall'Albertina di Vienna, come recita il sottotitolo, tra questi, opere di Andrea Del Sarto, Beccafumi, Correggio, Daniele da Volterra, Parmigianino, Leonardo, Giulio Romano, Raffaello, ed in particolare una decina di Michelangelo, fruibili solo in parte poiche' disegnati su entrambi i lati sono stati esposti a parete per problemi logistici. L'ampio catalogo Electa (molto consigliabile) sopperisce alla mancanza.

La seconda: VENEZIA E I LAZZARETTI MEDITERRANEI nella Sala Sansoviniana della Libreria Marciana, e' a margine della pubblicazione del volume "Rotte mediterranee e baluardi di sanita'" di Nelli Elena Valzan Marchini, presentato qualche settimana fa, e rimarra' aperta sino al 13/VI. Si tratta di un percorso molto interessante che continua quello della 'storica' mostra "Venezia e la peste" del 1980 a Palazzo Ducale. Come sempre, nelle teche, oggetti cartacei di grande pregio: libri, documenti, piante, incisioni, planimetrie, carte geografiche, supportati da un'agile ed esauriente serie di pannelli informativi.

Da ultimo, a Palazzo Fortuny, luogo di grande fascino, edificio gotico, in restauro da, anche troppi anni, che fu abitazione di Mariano Fortuny, e che da lui, ultimo proprietario, prima del comune di Venezia, prende il nome, e' in corso, e sino al 27/VI: MARIANO FORTUNY, VIAGGIO IN EGITTO, APPUNTI FOTOGRAFICI D'ARTISTA. Al piano nobile, e' esposta una serie di fotografie dell'Egitto dove si reco' con la moglie Henriette nel 1938.

Si tratta decisamente di una mostra affettuosa e molto privata sotto varî aspetti. Infatti gli scatti sono quelli di un fotografo 'dilettante' di lusso, grande, poliedrico e geniale artista che applica il suo sguardo sui monumenti faraonici, come quelli musulmani, osserva l'Egitto copto, come la vita quotidiana delle piccole citta' lungo il Nilo: impagabile l'immagine del Mosuki di Assuan con l'insegna luminosa del VAT 69 in primo piano!

Accanto, due grandi armadi a vetri (come quelli nelle scuole della prima meta' del '900) contenenti oggetti esotici, testi di egittologia, piccoli reperti, souvenirs/pacottiglia d'epoca, campioni di sabbie. Tutto il repertorio dei ricordi dai viaggi esotici d'antan. Un tipo di sguardo da turista pioniere che un po' mi ha ricordato una magnifica mostra pisana di molti anni orsono attorno ad Ippolito Rosellini e gli egittologi toscani dell'800. Le Grafiche Veneziane hanno stampato, per i Musei Civici Veneziani, un elegante catalogo/album in grande formato.

emilio campanella