ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Febbraio - Marzo 2018


ACQUISTI - MARINO MARINI, PASSIONI VISIVE - TEODORO WOLF FERRARI - L'ETERNO E IL TEMPO - INTRECCI D'ARTE FRA TREVISO E VENEZIA - GLI STATI D'ANIMO DI FERRARA - GIACOMO QUARENGHI - RITI E MITI - LE PIETRE DI VENEZIA - LE GROTTE - QUARENGHI 2 - FULVIO ROITER
Acquisti per le Gallerie dell'Accademia. Una bella conferenza quella di venerdi 26 gennaio, nella sala XXIII delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, in occasione del bicentenario della prima apertura al pubblico delle Gallerie stesse, oltreche' in collegamento con l'importante mostra storico celebrativa, di cui scrissi nel settembre scorso (Canova, Hayez, Cicognara, L'ultima gloria di Venezia ) e che è stata prorogata all'8 luglio prossimo, come e' stato annunciato dalla direttrice, Paola Marini nella stessa occasione della presentazione di cui sto per esporre la quasi eccezionalita'.

Grandi nomi: Giorgio Vasari, Bernardo Strozzi, Pietro Bellotti, Francesco Hayez. La Speranza, olio su tavola di Giorgio Vasari, 1542, gia' a Palazzo Corner Spinelli, Venezia, e parte di uno smembrato e disperso soffitto ligneo creato dall'artista convocato a Venezia dall'amico Pietro Aretino per realizzare le scene della sua commedia: La Talanta in occasione del Carnevale dello stesso anno, per un gruppo di patrizi  appassionati di teatro: I Sempiterni. L'architetto Michele Sanmicheli si adopero' in modo che Giovanni Corner commissionasse l'importante lavoro all'artista toscano per una sala del suo palazzo ( gia' Lando) sul Canal Grande.

Dopo lo smembramento e la dispersione, la ricerca fra collezioni pubbliche e private che ha portato grazie a Venice in Peril Fund e Venitian Heritage, all'acquisizione di altre parti del soffitto ( La Carita' e Putto con tabella, nel 2002, La Fede nel 2013) Il progetto e' quello della ricomposizione del complesso nella sala XIIA delle Gallerie.

L'acquisto del dipinto e' stato reso possibile grazie a MiBACT, Direzione Generale Musei, Venice in Peril Fund, Fondazione Venetian Heritage Onlus che finanzia, inoltre, il restauro e la revisione conservativa dei supporti delle tavole del soffitto. Sattis Arteria Srl e' intervenuta come sponsor tecnico per il trasporto dell'opera da Londra a Venezia.  

Il dipinto di Bernardo Strozzi, gia' nella Chiesa dell'Ospedale degli Incurabili di Venezia e' un frammento (cm 183 x 126,5) da una grande tela del 1636: La Parabola del banchetto di nozze. Quando  la chiesa venne sconsacrata e spogliata  nel 1825, gli apparati decorativi vennero ricoverati a Palazzo Ducale e nel deposito di S.Giuliano, prima di essere messi all'asta.

L'opera di Strozzi, gia' molto danneggiata, venne acquistata dal fotografo Giovanni Secretant che ne ritaglio' le parti in migliore stato.

Si conosce la figura di un paggio, di collezione privata e si puo' avere un'idea di quello che era l'insieme, grazie a due bozzetti preparatori (Agli Uffizi ed all'Accademia Ligustica di Genova). Tralasciando queste vicende avventurose, la figura del re che vediamo e' di grande e forte presenza.

Il dipinto e' stato acquistato dallo Stato Italiano, nel 2017 attraverso acquisto coattivo in occasione della sua presentazione presso l'Ufficio Esportazione di Bologna. Autoritratto come allegoria dello stupore, 1658 c.a di Pietro Bellotti, gia' mercato antiquario.

L'opera e' entrata in possesso dello Stato Italiano attraverso acquisto coattivo su proposta dell'Ufficio Esportazione di Pisa. Un interessantissimo autoritratto dalla incerta interpretazione  dall'esoterico allo scherzoso che ha un suo ideale pendant nell' autoritratto in veste di Riso degli Uffizi di Firenze.

Se le ispirazioni vicine possono essere a Girolamo Forabosco (1605 - 1679) e' l'aura giorgionesca che colpisce in un recupero della tradizione veneziana del secolo precedente.

A conclusione, diciassette disegni di Francesco Hayez, strettamente legati alla Distruzione del Tempio di Gerusalemme,( tela del museo e donata dall'artista all'Accademia di Venezia desiderando che una delle sue ultime opere fosse esposta dove erano presenti le sue prime prove) di cui sono studi preparatori: studi di soldati e gruppo in lotta, piu' un altro con studi preparatori per un soggetto storico non ancora identificato. I fogli sono stati acquistati con i fondi di bilancio del museo.


emilio campanella

Marino Marini, Passioni Visive. In laguna. sino al 1 maggio 2018, presso la Collezione Peggy Guggenheim che coproduce con il Comune di Pistoia e la Fondazione Marino Marini, l'importante esposizione curata da Barbara Cinelli e Fabio Fergonzi, dal sottotitolo: Confronti con i capolavori della scultura dagli Etruschi a Henry Moore, ed esposta a Palazzo Fabroni di Pistoia dal 16 settembre 2017 al 7 gennaio 2018.

Non ci si lasci fuorviare da questa precisazione che travalica le epoche, non siamo in presenza di una mostra pomposamente bulimica ed inutilmente paraenciclopedica come ne brulicano ovunque.

L'argomentazione critica e' molto sorvegliata e gli oculati e calibrati confronti che si possono considerare ad un 60% di opere di Marini contro un 40% di altre, da molto antiche a coeve al suo lavoro, sono precisamente riferite alle suggestioni ed alle ispirazioni che lo scultore prendeva dall'antico, ed invece come confronto con i suoi contemporanei.

Quindi una mostra scientificamente accuratissima ed attentamente esposta in spazi completamente differenti dalla prima sede, e che ha costituito una sfida per i curatori che molto hanno lavorato, e lo hanno detto chiaramente alla conferenza stampa, per disporre sculture anche molto grandi negli ambienti raccolti ed intimi destinati alle esposizioni temporanee e che lo scultore avrebbe molto amato per le sue opere, data la dimensione casalinga ed raccolta delle sale. Peraltro Peggy Guggenheim aveva ospitato un'importante mostra dedicata allo scultore, nel 1949, e forse in quella occasione venne acquisito l'Angelo della citta' - che ormai da molti anni allarga le braccia protettive dalla sua posizione sul Canal Grande.

Porta il grosso capo dall'indietro come in trance, nella sua espressione arcaica ed ispirata, le gambe tese in arcione, il torso tutt'uno con il cavallo possente che lo sostiene, al centro della composizione il fallo eretto, apotropaico ed ancestrale - e che fu probabilmente una delle prime opere dello scultore ad entrare nella collezione.

La mostra si inizia gia' nel giardino, poi all'interno, nell'anticamera, fino alla prima sala: e' un ingresso graduale nel mondo di uno scultore definito, non ingiustamente, austero per le sue scelte tematiche, per la sua lenta ed approfondita ricerca formale. Da chi lo ha conosciuto, pare che Marino Marini fosse un uomo "semplice" ed unico per svariati motivi,  oltre che di profonda umanitae'. Qui viene reinserito, reimmesso nei contesti e nell'arco di riferimenti con cui si è confrontato.

Dalla prima sala in cui stavamo entrando, questo e' esemplificato, essendo state poste l'una accanto all'altra tre teste: il Ritratto di Lucosius del 1935, una Testa maschile etrusca del I sec. a.C. da Cerveteri e la Testa di donna ( Ritratto della signora Verga), 1936-1937 ; nella sala successiva un continuo gioco di raffronti e rimandi fra l'artista, l'arte greca, quella etrusca, ancora; quella rinascimentale, in un incrocio serrato di referenze stilistiche in cui la personalita' forte di Marini si precisa, segue una sua strada di grande coerenza.

E nell'esposizione e' un animato dialogo fra rapporti e proporzioni nella riconfigurazione degli spazi, degli ostacoli superati ed "utilizzati". E quindi non solo i cavalli e le Pomone, che certo ci sono ed hanno il loro giusto spazio, ma ribadisco, tecniche ed iconografie di riferimento e soprattutto alcuna monumentalita', ma qui una piccola emozionante sorpresa: due sale mai aperte, collegate fra loro da due vani di porte, alle spalle dell'abituale percorso, ospitano due cavalieri solitari come in cappelle, come fossero monumenti a signori feudali, con le loro attitudini fiere: sono due versioni di Gentiluomo a cavallo del 1947.

Rivedendo la mostra, qualche giorno dopo, nella calma sospesa di un pomeriggio, ho riassaporato certe sensazioni, ho osservato e colto certi stilemi di Marini, suoi precipui: certe tensioni del collo e della testa, certe posture totemiche, e proprio sbilanciamenti posturali, anche; talvolta pose "imbronciate" in cui la figura rappresentata ha una sua attitudine distaccata e respingente.

Sempre un chiaro linguaggio del corpo che comunica con forza espressiva. E tutto questo, tanto che siano i pugilatori, i nuotatori, i giocolieri. Una sala di ritratti, e l'ultima dall'arte etrusca a Moore dalla scultura senese del primo Trecento a Picasso in mezzo a Marini con le sue ricerche di astrazione tridimensionale. Lodevolissimo il catalogo di Silvana Editoriale.

 Mostra imperdibile per chi non fosse stato a Pistoia, e consigliabilissima anche per chi vi fosse stato. Siccome e' Carnevale fuggire "via dalla pazza folla" e rifugiarsi in un bel museo e' sempre una buona scelta.


emilio campanella

A Conegliano, a Palazzo Sarcinelli, sino al 24 giugno, la mostra dedicata ad un interessante esponente della pittura veneziana, intitolata: Teodoro Wolf Ferrari, La modernita' del paesaggio, curata da Giandomenico Romanelli, con Franca Lugato.

Si puo' ben dire che questa sia come un'ideale continuazione della mostra allestita a Palazzo Roverella a Rovigo: I Nabis, Gauguin e la pittura italiana d'avanguardia ( 17 settembre 2016 - 14 gennaio 2017 ), e sempre curata da Giandomenico Romanelli.

Piu' precisamente si potrebbe affermare come questa sia quasi un ingrandimento in cui l'obbiettivo si concentra su un pittore, poco valutato, che con quella stagione ha un indubbio, profondo legame.

Merito quindi di curatori ed organizzazioni culturali, fra cui Marsilio editore che pubblica l'accurato, agile catalogo, quello di aver acceso i riflettori su un artista di indubbie qualita' ed interesse e che ebbe una carriera costellata d'influenze profonde, di periodi d'approfondimento stilistico, riconosciuti con importanti esposizioni in Italia ed all'estero.

Figlio del pittore August e della signora Emilia Ferrari, Teodoro, come il fratello musicista Ermanno, assunse entrambi i cognomi per ribadire le proprie radici tedesche e veneziane al contempo.

Sul loro esempio anche gli altri fratelli compirono la medesima scelta. Ha fatto notare il curatore, come al cimitero di S. Michele a Venezia ci siano due sepolture di pittori, l'una vicina all'altre: quella di August Wolf e l'altra, di Teodoro Wolf Ferrari.

Su suggerimento del padre, Teodoro rimase a lungo a Monaco per studi di pittura e si formo' alla lezioni di Bokling, che molto influenzo' la sua pittura, come quella di molti altri, in una stagione in cui varie correnti s'intrecciavano, s'intersecavano con esiti di grande stimolante interesse, ben riconoscibili nella carriera di ogni pittore di quel periodo.

Successivamente, a Venezia fu in contatto con i giovani di Ca' Pesaro, vitalissima grazie alla direzione illuminata di Nino Barbantini. In mostra ci sono due esempi importanti per ognuno, di due determinanti esponenti di quel momento artistico di grande, indubbio, profondo interesse: Ugo Valeri  e Gino Rossi, due degli elementi di punta di quel gruppo, e qui ben rappresentati.

La prima esposizione di Teodoro Wolf Ferrari, in quella sede, fu, nel 1910, con cinquantadue quadri, dunque, un inizio di grande importanza. E' comunque chiaro che fu pittore di paesaggio, ma essenzialmente di paesaggi dell'anima dove e' evidente come l' ambiente rappresentato sia ben altro e ben di piu' da quello che vediamo, piu' profondo, piu' denso e sofferto nel senso di una ricerca che e' continuata per tutta la vita, anche nell'ultimo periodo, apparentemente piu' pacificato e, mi si permetta, quasi neo impressionista, per quanto sempre di alto livello qualitativo.

Forse questo allontanarsi, ripiegarsi su se stesso nella tranquillita' del Carso e della Valle del Piave, ha fatto si che fosse, come dire, messo da parte. Peraltro anche altri periodi sono caratterizzati da "innamoramenti" per luoghi specifici, quindi il bockliniano avvicinarsi all'Ade ( si veda lo straordinario: Notte del 1908, Collezione Coin), ma anche le riflessioni sulla Brughiera a Luneburgo. Riflessi d'acqua e' il titolo di una delle sei agili sezioni in cui si suddivide la mostra ( le sale sono nove), e qui s'incontra l'indimenticabile: Lago con cipressi e case del 1923 (Courtesy Galleria d'Arte Cesaro, Padova).

Una rielaborazione di temi klimtiani legati ai salici ed alle betulle di ascendenza klimtiana, lo porto' molto lontano da certo decorativismo di artisti coevi. Il legame con la citta' ed i suoi paesaggi circostanti, motiva la scelta espositiva ampia e documentatissima grazie ai molti prestiti di collezioni private. E' da notare che il paesaggio sonoro della mostra, e' costituito da brani di Ermanno Wolf Ferrari.


emilio campanella

L'eterno e il tempo fra Michelangelo e Caravaggio. Ai Musei di San Domenico di Forli', sino al  17 giugno, la tredicesima mostra dell'avventura artistico espositiva vincente, sostenuta dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forli', insieme con Civitas srl e con il Comune della citta'.

Come ogni anno lo spazio espositivo si trasforma, si amplia, riserva sempre nuove sorprese. Quest'anno si tratta del completamento del restauro e della riapertura dell'annessa Chiesa di S.Giacomo Apostolo da cui, peraltro, s'inizia il percorso espositivo che ha un andamento completamente diverso dal solito, per quanto riguarda il piano strada degli edifici.

Siamo di fronte ad un'altra importante manifestazione intorno all'epoca della Controriforma, ed infatti gli anni sono fra prima e dopo il Concilio tridentino (1545-1563) ed i nomi degli artisti di riferimento, sono quelli del titolo, avendo un'idea di massima della trattazione che cerca curatorialmente, un punto di vista differente dai precedenti, come tema di partenza, ma sempre con due angolazioni che s'incrociano: tematica e cronologica, affrontate con abile fluidita'.

L'argomentazione generale tiene come centrale nel suo fulcro, Roma e lo Stato Pontifico, senza allargarsi troppo all'esterno, pur considerando cio' che d'importante accadeva altrove in Italia, in quel momento; ma bisogna ricordare che tutti gli artisti o quasi confluivano nella Citta' Eterna, attratti da committenze o studi, desiderio di confrontarsi con le correnti maggiormente seguite o desiderio di cambiamento.

E la capitale della Cristianita' era al centro di un rinnovamento inevitabile, dopo il terremoto della Riforma. Non bisogna dimenticare l'Importanza della presenza della Compagnia di Gesu' e del suo fondatore, e neppure i giubilei del 1575 e del 1600 ( 19 maggio 1599 - 13 gennaio 1600 ), undicesimo e dodicesimo, ma primo e secondo della stagione controriformistica... tutti eventi collegati e concomitanti in una citta', in uno stato, in un centro di potere che muoveva le sue importantissime pedine per mantenere e rifondare il prestigio messo in crisi dall'eresia protestante.

Quindi grande attenzione all'architettura per far costruire edifici di culto e non , che dimostrassero la magnificenza ed il potere della Chiesa. In mostra molti importanti disegni, piante, prospetti di notissimi edifici che spesso venivano costruiti quasi contemporaneamente alla creazione delle opere d'arte che avrebbero custodito.

L'esposizione ha nelle ambiziose intenzioni, l'intento di affrontare tutti questi argomenti. Mi si passi la frase apparentemente dubitativa, dovuta soltanto alla visita effettuata il giorno della presentazione alla stampa, quando l'allestimento era ancora MOLTO di la' dall'essere ultimato.

Consiglio ovviamente il viaggio e spero di poter ritornare in modo da dare un giudizio piu' esaustivo.

Consiglio anche il ponderoso, completo catalogo edito da Silvana Editoriale, insieme  con la Fondazione, pur nel suo importante peso, da sfogliare durante il percorso. Ci si trovera' di fronte a 190 opere fra dipinti, sculture, arazzi, preziosi esempi di arti applicate, disegni, incisioni, volumi a stampa, atti a comporre un quadro volenterosamente ampio dell'argomento. I prestiti sono da grandi musei come: Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, Musei Vaticani, Citta' del Vaticano, Galleria degli Uffizi di Firenze, Pinacoteca Nazionale di Bologna, Polo Museale dell'Emilia Romagna, FEC Fondo Edifici di Culto, Roma. fra gli altri. Dodici sezioni si snodano partendo dalla Chiesa di San Giacomo, come detto sopra e sino a fine percorso lungo i due piani superiori.

Vincente il colpo d'occhio iniziale, di opere nate per un edificio sacro, ed in questo esposte. Si parte dall'Esaltazione della forma: la rappresentazione del sacro prima del Concilio e si continua con: Su modello di Michelangelo;  Il rinnovamento evangelico degli "spirituali"; La ridefinizione architettonica dello spazio fra sacro e profano; La Chiesa imperante, i papi della Controriforma; Il neofeudalesimo farnesiano; La pala d'altare come "Biblia pauperum" ; L'eta' di Zuccari e Barocci; L'elaborazione di nuovi modelli a Bologna; L'arte "senza tempo"; Lo studio della natura fra arte e scienza; L'eterno nel tempo.

Queste le dodici, ampie sezioni costellate di dipinti importantissimi, fra i due grandi nomi del titolo, e di entrambi gli artisti ci sono non poche opere importanti; quindi non si ha a che fare con specchietti per le allodole come si dice e come accade anche troppo spesso in titolazioni di mostre poco piu' che pretestuose. Beccafumi, Pontormo, Rosso Fiorentino, Correggio, Lotto, Moretto, Vasari, Perino del Vaga, Sebastiano del Piombo, Barocci, Passerotti, Tiziano, El Greco, Pomarancio, Zuccari, Lodovico. Annibale ed Agostino Carracci, Veronese, Lavinia Fontana, concludendo con Rubens, l'ultimo fiammingo presente. E' solo una scelta di nomi importanti, molti altri ne mancano.


emilio campanella

Al Museo di Santa Caterina a Treviso, grandi novita' ed ottime notizie. Il 24 Febbraio verra' riaperto al pubbico, completamente riorganizzato e riallestito, quello che e' uno dei Musei Civici, specificatamente, dedicato all'arte antica.

L'importante restauro ha portato alla creazione ed all'ampliamento dello spazio destinato alle esposizioni temporanee, ed alla conseguente, definitiva organizzazione delle collezioni senza il rischio di spostmenti, come era ancora lo scorso anno.

Per quanto concerne l'importanza della quadreria ricordo solo tre nomi: Giovanni Bellini, Tiziano Vecellio, Lorenzo Lotto. Al pubblico cui consiglio caldamente una visita accurata, il piacere e la gioia di scoprire tutti gli altri, dal Medioevo al Settecento, ed apprezzare la presentazione e l'illuminazione accurata delle sale.

Dalla stessa data e sino al quattro giugno prossimo. sui tre piani espressamente creati per le esposizioni temporanee, l'occasione teatralmente accattivante e vincente che Marco Goldin dedica ad Auguste Rodin, ultima tappa compiuta dal Museo parigino dello scultore, nella ricorrenza del centenario della morte, avvenuta i 17 novembre 1917.

La manifestazione s'intitola: Rodin, Un grande scultore ai tempi di Monet. Il percorso espositivo consta di cinquanta sculture, ventitre disegni, tutte opere di Rodin, a parte il ritratto firmato da Camille Claudel e due dipinti: Reti da pesca a Pourville di Claude Monet del 1882 ( Collection Gemeente Museum Den Haag, The Netherlands) ed: Il Pensatore di Rodin nel parco del dottor Linde a Lubecca, 1907 (Muse'e Rodin, Paris).

La mostra ha un andamento molto speciale, immersivo, come si usa dire oggi, ma senza inutili ed a volte, troppo presenti supporti multimediali. Solo le opere e dei discreti e sintetici pannelli informativi; non una vera divisione in sezioni. Come si dice nell'opera, non uno stile a pezzi chiusi, ma un lungo, ampio avvolgente flusso che definirei wagneriano per la corrente continua di suggestioni estetiche ben concatenate l'una all'altra. Sono messe in evidenza le influenze e le suggestioni dall'arte classica come quelle forti e dichiarate, da Michelangelo, che avevano nutrito il viaggio in Italia del 1876.

Se l'esposizione di Legnano del 2011 metteva sotto la lente gli esordi dello scultore (Auguste Rodin. Le origini del genio, 1864-1884) sempre con il sostegno parigino, ovviamente, nel caso presente, la mostra e' completissima e riguarda tutta la vicenda professionale, e di converso, umana, dell'artista. La presenza della citata tela di Monet, per ricordare la mostra del 1889 in cui erano presenti 145 tele del pittore  e 36 sculture di Rodin. Puntualmente il Pensatore (1903) accanto al quadro di Munch.

Molte suggestioni e rimandi anche ad epoche successive, infatti l'Adamo (1890) sembrerebbe quasi poter avere ispirato Nijinski per il suo Fauno, oppure le Tre ombre ( ante 1886), certe sculture di Wildt. Ma il tema ci porta al Museo B'ailo dove grande e' la presenza di Arturo Martini che molto guardo' a Rodin, nei suoi esordi.

Questo e' un altro dei Musei Civici di Treviso, La Galleria del Novecento( Convento sino al 1866). Ulteriore motivo di interesse Ë l'esposizione in corso: Omaggio a Gino Rossi, a settant'anni dalla morte. Sempre curata da Marco Goldin, aperta sino al 3 giugno, e che aggiunge alle dieci opere della collezione, otto importanti lavori di collezioni private.

Da Treviso, Venezia dista solo una mezz'oretta di treno; dopo una passeggiata o poche fermate di battello si arriva a Ca' Pesaro, Museo Internazionale d'Arte Moderna dove sotto la cura di Luca Massimo Barbero ed Elisabetta Barisoni, e' stata allestita la mostra: Gino Rossi a Venezia, che si potra' visitare al secondo piano del palazzo, sino al 20 maggio prossimo. Ma prima di parlare di Gino Rossi, consiglio un giro per le sale del museo, al primo piano nobile, ed in particolare lasciarsi affascinare dai Borghesi di Calais nella prima sala (a Treviso e' esposto il primo bozzetto del Monumento ai Borghesi di Calais, del novembre 1884); poco dopo, dal Pensatore, un gesso patinato dono di Filippo Grimani, 1907; accanto,  da Wildt e poco lontano da Arturo Martini; di fronte Bourdelle... a quando una sua mostra in Italia? Sarebbe ora!

Si sale di un piano e ci si trova nelle due raccolte salette dedicate a Gino rossi, confrontato con alcuni degli esponenti di punta degli anni di Ca' Pesaro sotto la direzione illuminata di Nino Barbantini, quando venivano chiamati: I ribelli di Ca'Pesaro e ne abbiamo parlato da poco a proposito di Teodoro Wolf Ferrari a Conegliano. Dunque, eccoli qui, riavvicinati, confrontati ed affrontati: Boccioni, Casorati, Martini e Semeghini, faccia a faccia con la pittura sconvolgente e modernissima di Rossi, Fauve italiano sofferente e disperato, sensibilissimo e dannato, destinato a perdersi tragicamente, non prima, pero', di lasciare il segno con la sua produzione, avara.

Si contano poco piu' di 130 dipinti, ma bisogna cosiderare cio' che ando' perduto a causa delle sue tragedie personali e familiari.. Qui si possono vedere riuniti olii su cartone, su tela, lavori su carta, linoleumgrafie, dal museo e dalla Collezione Cariverona. L'allestimento e' accurato, cosi' come le luci. Molto mi ha colpito l'illuminazione de: Il bruto del 1913, in penombra, e che cosi' risalta con grande evidenza, essendo un quadro molto scuro. L'elegante catalogo edito da Marsilio, con una veste d'antan, fa il paio con il Picasso della Collezione Guggenheim, sempre di Marsilio. e dalla medesima estetica. I cataloghi di Treviso sono, invece, di Linea d'Ombra.


emilio campanella

Compito facile e difficile al contempo, si sono assunti i curatori, Chiara Vorrasi, Fernando Mazzocca, Maria Grazia Messina, concependo la mostra: Stati d'animo, allestita a Ferrara, a Palazzo dei Diamanti, ed aperta al pubblico sino al 10 Giugno prossimo.

Va premesso che l'esposizione e' imperdibile per la presenza di opere non solo molto belle, ma anche e soprattutto, molto importanti, per quanto frequentemente esposte, ed in molti casi, viste anche recentemente.

Quanto alla scelte tematica e delle sezioni, l'impressione e' quella di uno schematismo, dovuto anche agli spazi non amplissimi, ma che in altre occasioni erano molto piu' "abitati", e non voglio dire che la mostra sia "vuota".

Tantomeno sono fra coloro che amano le maifestazioni bulimiche. Certo i riferimenti fotografici di repertorio sono poco piu' che sufficienti ad aprire degli spiragli d'interesse, e le stesse dodici sezioni, corrispondenti alle sale, risultano appena didascaliche di un discorso, in effetti, di grande peso ed ampiezza.

Si ondeggia invece, un po' fra frenologia e fisiognomica, con una spruzzata dell'una, come dell'altra, per fortuna appoggiate da presenze forti come l' Autoritratto di Giovanni Segantini (1909) da St. Moritz o quello di Pellizza da Volpedo dagli Uffizi (1899).

Fra i temi, quelli del vizio, contrapposto un po' moralisticamente a quello spiritualismo a volte stucchevole tipico dell'epoca fra simbolismo e retorica, religiosita' estatica e presenze demoniache mai pacificate, nonostante i tentativi di esorcizzazione dei fantasmi della psiche.

In tutto questo, ed anche di grandissimo, spicca per intensita' emotiva, rigore formale, contenuta e pudica drammaticita': Ricordo di un dolore (Ritratto di Santina Negri) ancora di Giuseppe Pellizza da Volpedo, del 1889, dall'Accademia Carrara di Bergamo, visto spesso, ma che non manca di colpire sempre, per la sua perfezione intensa ed intima.

Non si puo' non citare : Ave Maria al trasbordo, nuovamente di Giovanni Segantini del 1886, sempre da St. Moriz. Un quadro che mi muove sempre delle corde profonde legate all'infanzia: il calendario di un istituto bancario, regalato a mio padre, e che sulla pagina di un mese, portava una riproduzione di quest'opera apparentemente calma, densa di emotivita'.

Forte la presenza dell'Autocno Gaetano Previati, di cui si ammira: Maternita', 1890-91, mancante alla rosacrociana mostra della Guggenheim veneziana di qualche mese fa per motivi di dimensioni. In effetti la tela della Collezione Banco BPM, ha le ragguardevoli misure di 175,5 x 412 cm.

Diciannove opere presenti in mostra per Previati ed undici di Boccioni, altro nome nel titolo a conferma di come non siano solo pretesti per attirare il pubblico.

Fra loro: Medardo Rosso, Angelo Morbelli, Dante Gabriel Rossetti (Beata Beatrix, 1880, Edimburgo), Luigi Conconi, Edvard Munch, Fernand Khnopff, Vittore Grubicy de Dragon, Mario de Maria, Giulio Aristide SArtorio, Guido Marussig, Max Klinger, Adolfo Wildt, Odilon Redon, Alberto Martini, Franz von Stuck ( Il peccato, 1909, Palermo, Galleria d'Arte Moderna "Empedocle Restivo"), Giorgio de Chirico, Gustav Klimt, Auguste Rodin, Leonardo Bistolfi, Eugène Carrière, Giacomo Balla, Luigi Russolo. Di Boccioni ci sono, ovviamente gli Stati d'animo  (1911), dal Museo del Novecento di Milano e lo straordinario: La risata , sempre del 1911, da New York, Museum of Modern Art.


emilio campanella

Giacomo Quarenghi, Progetti Architettonici - Continua l'ammirevole autocelebrazione del bicentenario della costituzione delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, ora con una bella mostra di novantacinque pregevolissimi fogli di Giacomo Quarenghi, visibili sino al 17 giugno.

L'esposizione allestita con grande attenzione e perfetta illuminazione che non pregiudica la delicatezza dei fogli e ne garantisce una ideale fruizione anche a chi abbia una vista meno ed pure molto meno che perfetta, e' curata da Paola Marini, Annalisa Perissa Torrini, Valeria Poletto. Per la prima volta viene aperta al pubblico la Sala Selva.

L'occasione e' il secondo centenario dalla morte di Giacomo Quarenghi, avvenuta il primo marzo 1817, e la giornata di presentazione e d'inaugurazione e' stata esattamente duecento anni dopo.

Gia' da tempo era aperta un'altra esposizione dedicata all'architetto e, che per l'occasione sara' prorogata al 15 marzo. E' poco lontana, all'Accademia di Belle Arti. Magazzino del Sale 3, alle Zattere, per capirci.

Il titolo e' molto suggestivo, cosi' come l'allestimento: "tanto sono sublimi e maestosi che nulla piu' ". La didattica dell'architettura all'Accademia di Belle Arti di Venezia ai tempi di Giacomo Quarenghi. Presenta disegni dell'Architetto bergamasco e di famosi docenti ed alunni, con uno sguardo alla didattica dell'Architettura fra fine Settecento ed inizio Ottocento.

Tornando ai progetti esposti sino a giugno, e' importante notare l'agile dstribuzione delle sezioni della mostra, facendo una scelta oculata atta a coprire la carriera professionale di Quarenghi: i progetti realizzati a Pietroburgo, per la corte, ed il rapporto diretto con l'augusta committente: Caterina II,  per istituzioni pubbliche, per nobili privati, a Mosca...

Occasione dell'esposizione e' stato un accuratissimo lavoro di restauro, studio ed analisi delle filigrane, supporto di disegni di grande qualita' e bellezza, non solo architettonica, ma artistica.

Le Gallerie dell'Accademia ne acquisirono un corpus molto importante gia' nel 1824, aggiungendolo agli altri gia' presenti provenienti dal Selva, e dodici della Collezione Bossi.

La produzione comprende vedute e capricci, oltre i disegni di architettura, calcolati piu' o meno al cinquanta per cento dell'uno e dell'altro genere. Le predominanze tematiche sono: Pietroburgo, Mosca e soggetti internazionali. In mostra sono quattro  le suddivisioni proposte. Di grande importanza il foglio che riporta il disegno della Gran porta della citta', con l'approvazione dello Zar Paolo I e la firma autografa del sovrano.

Quarant'anni di permanenza in Russia e committenze ai più alti livelli, riconoscimenti ed apprezzamento per lo stile italiano, post-palladiano, potremmo dire. Le celebrazioni si svolgono a San Pietroburgo, in Polonia, in Svizzera, ed in varie sedi italiane, fra cui Milano.

Molte pubblicazioni di cataloghi, imminenti, fra cui quello della mostra delle Zattere, che verra' presentato il quindici marzo, mentre e' gia' pubblicato quello edito con grande accuratezza ed eleganza, da Lineadacqua, dallo stesso titolo dell'esposizione: Giacomo Quarenghi, Disegni architettonici in cui sono catalogati, mi si permetta la ripetizione, i seicento fogli del fondo dell'Accademia di Venezia. Quelli visibili non erano ancora, mai stati presentati al pubblico.


emilio campanella


Riti e Miti, sogni ed incubi, icone e segni. Tutto questo in due piccole, colte, preziose ed coinvolgenti esposizioni a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza.

A piano terra: Grisha Bruskin, Icone Sovietiche, che chiudera' presto: il 15 aprile prossimo; al Piano Nobile: La seduzione, Mito e arte nell'antica Grecia che, invece, si potra' visitare sino al 14 febbraio 2019.

Seguiamo il lavoro di Bruskin. da qualche anno, da quando la Fondazione Querini Stampalia di Venezia propose Alfabet nel 2015; nello stesso anno, evento collaterale della Biennale: An Archaeologist's Collection, nell'ex Chiesa di Santa Caterina. La presente esposizione, sempre sotto l'egida del Centro Studi sulle Arti della Russia, l'Universita' di Ca'Foscari e qui, con il patrocinio del Comune di Vicenza.

La manifestazione è curata, anche in questo caso, da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri. La mostra si inizia con la presentazione del mondo delle icone russe attraverso un abile e suggestivo audiovisivo con accanto un Menologio di Giugno, dalla Russia Centrale della meta' del XIX sec. ed un Menologio di tutto l'anno, tra la fine del XIX e l'inizio del XX sec. sono due tempere su tavola entrambe della Collezione Intesa Sanpaolo.

Queste sorte di calendari figurati sono alla base dell'ispirazione di Lessico Fondamentale del 1985-1990 in cui l'artista compone su due grandi tele, un repertorio di figure e di ruoli sociali della Russia Sovietica.

Un tema ricorrente, che era presente anche nella partecipazione nazionale del padiglione russo della Biennale d'Arte del 2017 per Theatrum Orbis MMXVII. Qui ritroviamo altre teorie di personaggi tridimensionali, questa volta in magnifiche porcellane della serie: La vita e' ovunque del 1998-1999.

Una "processione" di 25 soggetti dell'altezza media di 20 centimetri. Sorprendente e': Collezione di un archeologo del 2001-2003, versione ridotta in scala di quella esposta nel 2015 a Venezia.

Si capira' come la mostra pur piccola, sia sapientemente esauriente per rendere un'idea piuttosto completa del tipo di ricerca dell'artista, anche grazie a 24 disegni preparatori per Lessico Fondamentale, degli anni ottanta del Novecento.

Non mancano materiali fotografici e testimonianze di performances. In appoggio al lavoro del poliedrico pittore, disegnatore, modellatore, scultore, un suggestivo audiovisivo che prende le mosse da un gruppo di personaggi significativi scelti da questo suo lavoro.

Il bellissimo, completissimo catalogo e' pubblicato da Antiga. Salite le scale, ricche di belle statue, si arriva al piano nobile dove due sale ospitano il quinto appuntamento de : Il tempo dell'antico, intitolato: La seduzione, Mito e arte dell'antica Grecia.

Ancora una volta un percorso costruito attraverso magnifici pezzi fittili della collezione Intesa Sanpaolo integrati da importanti prestiti dal Museo Nazionale Archeologico di Napoli e dal Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

Anche qui un ampio ed intelligente uso del supporto multimediale sicuramente utilissimo per avvicinare i piu' giovani a divinita', miti, leggende, storie lontane nel tempo, ma in realta' di grande attualita' e vicinissime a noi per molti versi. Divinita' seduttive potentissime che era pericolosissimo inimicarsi; rapporti fra umani e dèi.

Tutto questo raccontato da reperti archeologici di grande bellezza: vasi, coppe, crateri, oggetti da toeletta di notevole eleganza, specchi in bronzo, balsamari, collane di paste vtree, accessori della toeletta femminile. Un viaggio suggestivo ed affascinante raccontato con sapiente attenzione, anche dal piccolo accuratissimo catalogo, anche in questa occasione, edito da Marsilio.


emilio campanella

Le Pietre di Ruskin. A Venezia, negli Appartamenti del Doge di Palazzo Ducale, un po' in anticipo sul bicentenario della nascita, avvenuta a Londra l'otto febbraio 1819, la mostra: John Ruskin, Le Pietre di Venezia, curata da Anna Ottani Cavina ed aperta al pubblico sino al dieci giugno. La nuova, notevole iniziativa dei Musei Civici Veneziani, prima in Italia, di un certo rilievo dedicata ad una personalita' quale John Ruskin, si inizia molto prima, appena entrati nel Palazzo: nel Museo dell'Opera.

A pianterreno, dove Pier Luigi Pizzi ( che ha allestito anche l'esposizione ) ha reinventato, ricreato, valorizzato da par suo, il percorso storico, stilistico, architettonico dell'edificio, usando abilmente specchi scuri che rimandano fughe di colonne e moltiplicano marmi antichi, con nicchie che riprendono disegni dell'artista, vetrine con altrettanti disegni legati all'edifico ed alla sua struttura, sempre di John Ruskin.

Un'ideale introduzione prima di inoltrarsi nel mondo estetico, culturale e morale del genio poliedrico di cui ci stiamo occupando. Precocemente interessato all'arte, anche grazie ad un'educazione che incoraggio' questa sua forte inclinazione, gia' da giovanissimo prese posizioni nette in difesa di J.M.W.Turner ( in mostra cinque opere sue, tre dalla Tate Gallery di Londra, una dalla National Gallery di Washington, una da Lugano, Museo d'Arte della Svizzera Italiana ), incompreso e quasi messo alla berlina, oltre che ostracizzato dall'establishment artistico del tempo. Pittore da lui ammirato, di cui fu allievo e piu' tardi grande collezionista.

Ne intui' le innovazioni pittoriche legate alla luce e che sarebbero state al centro della ricerca estetica europea, decenni dopo. Piu' maturo difese a spada tratta i Preraffaelliti con cui si sentiva in forte sintonia, dato il suo grande amore per l'arte e l'architettura gotica, e non ultimo per un certo spiritualismo di fondo del movimento, non lontanissimo dalla sua sensibilita'.

Ebbe feroci scontri, invece, con Whistler. Fu maitre a' penser, ma anche uomo sofferente, e molto sofferente, in tarda eta' ; per questo maggiormente coraggioso e tenace nel proseguire la propria opera. Tanto Modern Painters, quanto Stones of Venice occuparono molta parte della sua vita di studio, senza contare la messe di altre pubblicazioni.

Lacerato e coerentissimo nel suo lavoro di ricerca e scoperta estetica instancabile. L'esposizione e' molto agile e poco appesantita da apparati informativi, peraltro sintetici ed esaurienti. Si lascia parlare il percorso estetico-artistico, e di studi, di scoperte partendo dai paesaggi montani. Fu viaggiatore instancabile, e non solo a Venezia dove soggiorno', anche per lunghi periodi, in ben undici occasioni.

Visitò varie città d'italia, e sempre alla ricerca di luoghi significativi che scopriva per la sua storia dell'Architettura, specialmente dei periodi che maggiormente amava. Come ogni intellettuale colto e curioso della sua epoca ebbe interessi naturalistici e seppe cogliere nella natura le reinvenzioni degli antichi maestri medioevali. Con molta intelligenza, in mostra sono affiancati gli acquerelli ( di cui era maestro), di una conchiglia a spirale e di una girale marmorea di foglie.

L'esposizione ha una perfetta illuminazione adattissima alla delicatezza delle opere su carta, ma siccome i cartellini relativi son bassi sulle pareti, e neri, la loro lettura risulta, purtroppo, veramente faticosissima. Delle dieci sezioni della mostra, cinque sono dedicate a Venezia, luogo amatissimo da Ruskin che lascio' nella sua opera più nota, livre de chevet di Marcel Proust, Le Pietre di Venezia, non a caso titolo della mostra  e motivo della sua presenza in questo luogo, la sua dichiarazione di un amore immenso per una citta' molto minacciata anche da restauri insensati dell'epoca.

Ne fermo' sulla carta dei suoi innumerevoli taccuini, e repertori tematici di disegni la decadenza, cosi' come  in immagini fotografiche ( in collaborazione con John Hobbs ) che testimoniano come fosse la citta' allora. Quella stessa descritta da Henry James nel suo The Aspern Papers. Una mostra assolutamente imperdibile per chi ami Venezia, non a caso ospitata in quell' edificio cui Ruskin dedico' moltissimo e che disegno' instancabilmente in un atto d'amore che coinvolse tutta Venezia da lui sentita, non a torto, cosi' minacciata. Catalogo Marsilio.


emilio campanella

Le Grotte di Dunhuang. Solo sino all'otto aprile si potra' visitare la mostra Il gioiello della Via della Seta: Arte Buddhista di Dunhuang, a Ca'Foscari, a Venezia.

L'esposizione ha gia' toccato il Paul Getty Conservation Istitute di Los Angeles e la Prince's School of Traditional Arts di Londra. Un' ampia, intelligentemente didattica mostra d'arte e cultura su luoghi di grandissimo fascino, grazie a riproduzioni accuratissime di affreschi, statue, rilievi di templi, modelli esplicativi di tecniche di scavo di cappelle rupestri.

Uno dei grandi meriti della manifestazione, e non e' l'unico sta nell' essere dichiaratamente didattica e composta di sole riproduzioni, peraltro stilisticamente perfette ed in scala 1:1 di capolavori antichissimi e di grande bellezza. Non ci si spaccia per esposizione di opere autentiche, come spesso accade negli ultimi anni, e non solo in ambito di arte antica od orientale.

Onestamente viene presentata la mostra per cio' che espone e per il valore e la qualita' scientifica di copie di pregio. I luoghi di grande suggestione, favoleggiati ed affascinanti non sono lontani dal Deserto di Gobi, ed anche Marco Polo ne parlo'.

Questo il legame con Venezia, oltre alla cosiddetta Via della Seta i cui commerci arrivavano in laguna. Un altro dei meriti dell'esposizione sta nel vantaggio di potersi avvicinare senza troppo timore ad riproduzioni di valore, ma non fragili come gli originali; di poter guardare a lungo e da vari lati le sculture presentati ed anche le esemplificazioni di tecniche di lavoro per la loro realizzazione, siccome si tratta di intelaiature di legno e paglia stuccate e dipinte.

Le datazioni partono dal IV secolo d.C. e questo ha fatto si che molteplici influenze religiose si siano sovrapposte ed amalgamate, cosi' come usi e costumi di differenti popoli che si sono avvicendati,  delle molte culture che di qui sono passate ed hanno lasciato i loro segni, creando palinsesti di grande complessita'. Accompagna la mostra, un accurato calalogo di rara eleganza editoriale,  che guida in questo viaggio verso luoghi lontani seimilaquattrocentosessanta kilometri da Venezia.

Ne risulta il desiderio di visitare da vicino tali meraviglie. Si tratta di settecentotrentacinque grotte in totale, con lunghezza di milleseicentottanta metri, oltre duemila statue e quarantacinquemila metri quadrati di dipinti parietali.

Per orientarsi in tutto questo, l'esposizione, su due piani si divide in sette sezioni tematiche per guidare il visitatore e focalizzare la sua attenzione: Il maestoso palazzo del Buddha; Musiche e danze nella Terra Pura; Architettura; Costumi e make up; Motivi Ornamentali; Pitture murali; Conservazione delle grotte di Dunhuang. La manifestazione è organizzata dall'Università di Ca' Foscari, dalla Dunhuang Academy, e dalla Dunhuang Culture Promotion Foundation, con il patrocinio del MIBACT e del Comune di Venezia.


emilio campanella

Giacomo Quarenghi 2, osservazioni e riflessioni.

E' stato presentato, giovedi quindici marzo 2018, nella sede dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, il catalogo della mostra "Tanto sublimi e maestosi che nulla piu' ".

La didattica dell'architettura all'Accademia di Belle Arti di Venezia ai tempi di Giacomo Quarenghi.

A conclusione della mostra allestita al Magazzino del Sale n.3 alle Zattere. Come scritto precedentemente, a commento dell'altra bella esposizione, dedicata all'architetto, alle Gallerie dell'Accademia, quella di cui stiamo parlando, aperta sino al 28 Febbraio, era stata prorogata sino al 15 marzo, proprio nella data di presentazione della pubblicazione edita da Silvana Arte.

Peccato che invece il portone fosse spesso chiuso, per cui mi scuso con quanti leggendomi vi si siano recati inutilmente.

Il catalogo che doveva essere presentato, s'intitola: Giacomo Quarenghi e l'Accademia di Belle Arti di Venezia.

Con un po' di esitazione e molte defezioni per altri impegni professionali, istituzionali precedenti, come si dice abitualmente nell'ufficialita' ci si e' trovati di fronte, dopo un notevole ritardo, appunto, a studiosi che forse il catalogo lo avevano appena sfogliato, e che hanno fatto una lezione, certo utile agli studenti presenti, ma che non era una conferenza stampa, e che mancava, soprattutto, della doverosa sintesi per poter comunicare utili e stringate informazioni ai lettori.

Il curatore della mostra, dal suo canto, dopo la lunga prolusione precedente non ha potuto che limitarsi ad un elenco di ammirevoli ringraziamenti ai collaboratori, e senza esimersi dal fare il pelo alla pubblicazione, assumendosi la responsabilita' delle pecche del volume... rendiamo onore al merito, goldonianamente citando!

Certo riguardando i miei appunti, fitti e che una conoscenza di stenografia avrebbe aiutato, ritrovo molte interessantissime informazioni storiche sull'architetto, i suoi rapporti a distanza con i docenti dell'Accademia, quelli di grande stima reciproca con il Selva che ebbe poi grande merito nell'acquisizione dei disegni di cui stiamo trattando.


emilio campanella

Fulvio Roiter, Fotografie 1948 2007.                                                

Questo il titolo della nuova mostra fotografica della Casa dei Tre Oci a Venezia, e che il pubblico potra' visitare sino al 26 Agosto prossimo.

Un lungo percorso professionale per una vita molto lunga. Ed un percorso espositivo che si snoda sui tre piani del palazzo iniziando con un'immagine notissima del 1953: Miniera di Zolfo, Sicilia che rimanda immediatamente al neorealismo, ma anche più indietro, al formalismo russo.

Altra immagine notissima e': Norcia, 1955 cui sono affezionato particolarmente per la sua ascendenza arcaica alla pittura cinese, con quelle figure stagliate nettamente sul manto nevoso, un uomo, due asini, gli alberi come su registri spaziali differenti.

Molti libri sono esposti, non tutti, certi sono esauriti ed introvabili, per un successo editoriale senza precedenti. Da qui, in buona parte e' partito Denis Curti, curatore e direttore artistico del Centro Tre Oci, componendo delle sezioni capitolo che prendono le mosse dai volumi del fotografo.

Come sempre si gira il mondo grazie all'obbiettivo scelto per l'occasione.

Osservando luoghi, persone, forme, paesaggi, modi di vivere: da New Orleans al Belgio, dal Portogallo all'Andalusia, dai Brasile a... Venezia: colta, ritratta, reinventata, immaginata, sognata, ricolorata, specialmente nell'ultimo periodo, con le arditissime sfide cromatiche come: Isola di San Giacomo in Paludo del 2005  con quella vela al terzo gialla e rossa che scivola sull'acqua e che vediamo da un interno, due finestre ed una porta che danno direttamente sulla laguna.

Non manca Piazza San Marco, 1980, altro notissimo scatto in bianco e nero, con i due carabinieri in alta uniforme, di spalle, che si avviano verso la Basilica che rimane rarefatta dalla nebbia. Di colori sfumati e caldi, penombre, luci morbide e tenui e' la serie dell'Uomo senza desideri, altra importante pubblicazione del 2005, fra boschi, mondo rurale di case antiche e solitudini pensose, ultima delle sezioni che compongono il mosaico di proposte espositive. Le nove sezioni della mostra corrispondono ad altrettanti periodi professionali e della vita del fotografo, da L'armonia del racconto; Tra stupore e meraviglia: l'Italia a colori; Venezia in bianco e nero: un autoritratto; L'altra Venezia; L'infinita bellezza; Oltre la realtà; Oltre i confini; Omaggio alla natura, sino a: L'uomo senza desideri, appena citato.

Vi si trovano: Sulla strada Gela-Niscemi, Sicilia 1953, un uomo si allontana in bicicletta con un fascio di rami quasi più grande di lui. Questa è l'immagine simbolo della mostra e la copertina del gigantesco catalogo bilingue edito da Marsilio. L'uomo e l'albero 1950, dall'Archivio Storico del Circolo Fotografico La Gondola, Venezia, di Cui Roiter fece parte. Ponte dei Tre Archi, 1979; Fondamenta delle Zattere 1965, tutti scatti in bianco e nero, ma poi ci sono anche i carnevali coloratissimi, i Fuochi del Redentore, le cupole della Basilica su sfondo rosso lacca, tutte ricerche formali cromatiche per le quali un detrattore accusò Roiter di aver trasformato Venezia, da una seppia in un'aragosta.

Sono punti di vista, ma anche con il colore Roiter fece cose molto belle, certe si possono non amare; la mostra fa una panoramica equilibrata del lavoro di una vita.

emilio campanella