ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Febbraio - Marzo 2014


DA DEN HAAG A BOLOGNA - APPUNTAMENTO A S.DOMENICO - TIMORI E TREMORI A ROVIGO - CONTRASTI - RENAISSANCE - TEMI & VARIAZIONI NUMERO  QUATTRO - ALAIN RESNAIS - INQUIETUDINI SUL MONTELLO - GIOCANDO D'ANTICIPO - QUELLO CHE RESTA DI SARACENI  
Trentasette magnifiche tele olandesi del XVII secolo saranno esposte al pubblico dall'8 Febbraio al 25 Maggio nel bolognese Palazzo Fava, nella centralissima via Manzoni, traversa di via Indipendenza.

Da un palazzo all'altro LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA, Il mito della Golden Age DA VERMEER A REMBRANDT, Capolavori dal Mauritshuis. L'operazione, presentata come commercialissima, ed abilissima, nello stile del curatore Marco Goldin, prende le mosse da un motivo meramente pratico: il restauro e l'ampliamento del museo olandese... in questo modo le opere 'prendono aria' in giro per il mondo, si fanno pubblicita', rimedieranno economicamente delle cifre utili ai restauri, ed al ritorno troveranno la loro 'casa' rimessa a nuovo... e' prassi ormai abituale, si sa.

Qui si e' fatto leva su un piccolo quadro notissimo dei pochi a noi giunti di Vermeer, gli si e' messo sulle spalle la responsabilita' del successo dell'operazione... spalle forti grazie a romanzetti e filmetti di cui si sa.

Pero' bisogna dire che l'operazione ha il suo valore, nonostante tutto: perche' la scelta di Palazzo Fava, restaurato molto bene, da poco, e' vincente, ed anche perche' l'allestimento e' curatissimo; infatti in penombra, ciascuna delle trentasette tele e' accuratamente illuminata da sagomatori, mentre in alto, gli affreschi dei Carracci lo sono separatamente; due piani spaziali, sue mondi, due registri. C'e' una introduzione dedicata al museo prestatore; ci sono ritratti, paesaggi, interni con figure, nature morte, e da ultima, lei, la ragazzina che si volta, con il suo sorriso appena accennato, nel taglio di luce perfetto: enigmatica, forse, magari solo curiosa, sembra volgere lo sguardo verso di noi, come a farsi seguire... potremmo fare centinaia di illazioni... tanto si sa: un quadro non e' mai cio' che sembra, o non soltanto.

Precedentemente abbiamo incontrato due magnifici paesaggi di Ruisdael, e delle vele sul mare di Ruysdael, due Franz Hals, tre Rembrandt, fra cui il sorprendente CANTO DI LODE DI SIMEONE del 1631, piccola, minuscola tavola geniale per l'impianto e la luce! C'e' un altro Vermeer: DIANA E LE NINFE del 1653-4, e fra le nature morte: IL CARDELLINO di Carel Fabritius (1654), che per fortuna, allora, non era morto per nulla, ma dall'aria vivacisima!

Linea d'ombra pubblica il volume/catalogo della mostra, ricco di saggi, illustrazioni ed un testo teatrale dello stesso Goldin, dedicato alla protagonista della manifestazione.

emilio campanella



Puntuali, da nove anni a questa parte i Musei di S.Domenico di Forli', in concomitanza con i Giorni della Merla, e questa volta, meteorologicamente e' andata meglio, hanno inaugurato la loro mostra dell'anno: LIBERTY Uno stile per l'Italia moderna che, aperta al pubblico il 1 Febbraio, si potra' visitare sino al 15 Giugno prossimo.

L'avventura si era iniziata con PALMEZZANO quindi, partendo con un percorso culturale legato al proprio territorio. Proprio in quel periodo, altre citta piccole avevano deciso di giocare la carta espositiva tentando la medesima strada poi abbandonata e comunque non suffragata dalla serieta' scientifica che contraddistingue coerentemente le mostre forlivesi.

Certo e' che i Musei di S.Domenico costituiscono nella struttura, un luogo e degli spazi ideali per esporre opere anche di grandi dimensioni, e stimolano gli allestitori nell'avventura di reinventare ed 'arredare' ed in questo caso talvolta e' molto vero, le grandi sale del primo piano.

Il piano terra costituisce anche in questo caso, la parte introduttiva, didattica, volendo, ma mai didascalica, sia chiaro.

Mostra di grande complessita' dall'ampio respiro , dalle scelte ardite, e di grande gusto fa una ricognizione a trecentosessanta gradi su cio' che ha rappresentato per un paese che arrancava per mantenere il passo con la modernita' (come sempre! ) lo stile Liberty attraverso opere italiane.

La societa' della Belle 'Epoque (dal 1890 alla Grande Guerra) sentiva la frenesia del nuovo che premeva dalle frontiere degli altri stati europei: Art Nouveau, Modern Style, Jugendstil... ogni paese ha sviluppato un suo modo per interpretare lo Stile Floreale.

Tutto questo  e' fiorito, e' proprio il caso di dirlo, in ogni ‡mbito culturale, dalla letteratura, alle arti figurative tutte, il teatro, il cinema, la musica finanche, l'architettura e le arti applicate grazie alle quali piu' o meno chiunque poteva portarsi a casa con modica spesa un pezzo di modernita' di respiro internazionale: una lampada, una fioriera, un tavolino... un arredamento intero, facendo a pezzi mobili antichi per far spazio ai poderosi tronchi d'albero, volute ardite, mazzi di fiori che avviluppavano le nuove credenze, i buffet con controbuffet, i divani, i paraventi per dive casalinghe ad imitazione di quelle di celluloide, o di quelle altre,  del Grand Monde ritratte da Boldini, per esempio.

Certo, qualche decennio dopo, quegli stessi mobili, quegli stessi oggetti avrebbero seguito il medesimo triste destino, salvo essere riesumati e salvati da brocanteurs, rigattieri, antiquari per la gioia degli appassionati degli anni '70 del Novecento. Una lunga passeggiata in atmosfere d'antan, un corridoio di storici, notissimi manifesti, libri, incisioni, presenze patriarcali come quelle di VER SACRUM, la Secessione viennese e Klimt legato allo splendore degli ori bizantini, quegli stessi che colpirono  Vittorio Zecchin presente anche con un'interessantissima EVA del 1915 dalla Collezione Vittorio, la cui linea ed il cui movimento ricordano molto da vicino certi marmi policromi pompeiani dEl Museo Nazionale di Napoli; ed a modo suo Galileo Chini, presente con molte opere di ceramica, e con la grandissima LA PRIMAVERA CLASSICA opera polimaterica del 1914 da Montecatini.

Ancora una volta il percorso introdotto dalla PRINCIPESSA SABRA di Edward Burne Jones del 1865 da Parigi - uno dei padri nobili della mostra - fa continuo riferimento agli avvenimenti espositivi e dalle celebrazioni del giovane stato italiano. 

Torino 1902, Milano 1906 (apertura del Sempione) Le Biennali, dal 1895. Faccio notare che ognuna delle sezioni e' aperta da un'opera creata per l'esposizione storica cui si fa riferimento.

Concluderei qui, lasciando alla sorpresa della visita in una mostra in cui e' anche  piacevole, molto piacevole perdersi in un mondo ormai lontamo da noi, ma non lontanissimo, in mezzo ad oggetti che possiamo facilmente riconoscere come visti in casa dei nonni, per lo meno nello stile... ribadendo l'altissima qualita' dei pezzi in ceramica, da Faenza, per la maggior parte mai esposti.

I nomi sono tanti: un po' a caso, Baccarini, Cambellotti, Bugatti, Casorati, Wildt; i disegni monumentali di Sartorio, i nomi che si ritrovano fra una corrente e l'altra: Segantini, Previati, Nomellini, passati come altri dal divisionismo al simbolismo. In conclusione il trittico L'ENIGMA UMANO (IL DOLORE, IL SILENZIO, IL PIACERE) di Giorgio Kienerk del 1900, da Pavia, il cui quadro centrale, una bellissima donna bruna, le mani premute fortemente sulla bocca, lo sguardo alla sua destra, 'fuori campo' risulta di una modernita' sorprendente ed e' stata meritatamente scelta come simbolo della manifestazione.

La mostra odierna completa un ideale Trittico partito con ADOLFO WILDT, NOVECENTO... i curatori ed il Professor Paolucci non hanno escluso il progetto ancora in fieri sull'architettura della prima parte del Ventesimo Secolo.

Al solito il catalogo edito da Silvana Arte, in collaborazione con la Cassa dei Risparmi, e' di altissimo livello. Siccome uscendo si puo' essere giustamente affamati e puo' essere un giorno di chiusure totali, consiglio la PIADINERIA DELIZIE ROMAGNOLE, locale simpaticamente ursino, ad un passo, in via Bufalini

emilio campanella


A Palazzo Roverella, la 'curiosa' mostra: OSSESIONE NORDICA, Bockling, Klimt e Munch e la pittura italiana, curata da Giandomenico Romanelli ed aperta al pubblico dal 22 Febbraio al 22 Giugno.

Nuovo corso a Rovigo, forse si, ma ancora una volta un evento espositivo che 'insegue' da vicino quello appena aperto di Forli', sul liberty italiano, e che ne costituisce, almeno in parte, un po' uno sguardo obliquo, su molti dei medesimi artisti, da un punto di vista -cinematograficamente considerando- sotto un'angolazione d'inquadratura  maggiormente inquieta, non che la' si fosse molto tranquilli, peraltro!

Non facile parlare di questa esposizione dalle molte importantissime presenza, anche solo esemplificative, ricca di languori e stupori di paesaggi quasi incantati, furori, repressi ed esplosi, afrori di fauni, sentori di terra e di acque ferme, tutti elementi evidentemente od in maniera piu' repressa intrisi di evocazioni ancestrali che agitano le anime a cavallo fra otto e novecento. Il percorso s'Inizia con Bockling ed artisti nordici come italiani, che alle sue isole dell'anima si ispirarono, fra questi Mario De Maria, Mariano Fortuny, Piero Marussig, ognuno con un suo personalissimo percorso.

Franz von Stuck e Max Klinger furono responsabili di alcune interessanti prove di un Giorgio de Chirico pre-metafisico. La natura femmminile come madre e dea della terra, non solo donna diavolo come la vedremo piu' avanti, anche grazie ad Hodler, qui, purtroppo non in una delle suo opere migliori.

Una importante sezione e' intitolata: Gente del Nord; volti, riti, comportamenti, sofferenze e vita quotidiana, come LA FIERA DI MORA di Anders Zorn (1892), in un'atmosfera decisamente Strindberghiana, ma anche il PESCATORE DI SKAGEN di Michael Peters Ancher (1892) che con la forza dello sguardo, l'evidenza del pericolo di un lavoro durissimo mi ha riportato a certe opere del coevo Knut Hansum.

Oltre a questo anche gli interni gioiosi ed ordinati, i sorrisi aperti, i piccoli episodi di una vita quotidiana serena cui, da secoli, ci ha abituato la pittura nordica.

Piu' inquieti gli italiani, che maggiormente si lasciano influenzare da una visione della natura, pi˘ misteriosa e cupa, nebbie, brume, fiumi gonfi d'acqua, la PIAZZA S.MARCO insolita di Pietro Fragiacomo (1899), come fumosa dopo un temporale, rarefatta e dai colori quasi turneriani, benche' non cosi' disfatta nei contorni e nelle forme... ancora natura di boschi, paludi, campagne, sognate, stravolte, immaginate... la NOTTE TRASFIGURATA Schonberghiana e' del 1899... e siamo li' intorno.

Una sala di ritratti notevoli, da Knoppf a Casorati! Si scende poi di un piano, e sembra di scendere alle MADRI goethiane, ma non certo delle Matres Matutae, ma a delle figure femminili dalla nudita' prorompente ed anche diabolica, a seconda dei casi... donne diavolo: IL PECCATO di von Stuck (1908), paniche come in Zorn ed Ettore Tito.

Conclude il bel percorso, una sezione di grafica, decisamente mozzafiato: da Klinger a Munch, da von Stuck a De Maria. Agile ed accurato, il bel catalogo in formato maneggevole, stampato da Marsilio.

emilio campanella


Due mostre fotografiche, a Venezia, inaugurate a due settimane di distanza, poco lontane l'una dall'altra, la prima: GENESI di Sebastiao Salgado, rigorosissima celebrazione del bianco e nero sui popoli ed i luoghi ai confini del mondo, alla Casa dei Tre Oci, dal 1 Febbraio all'11 Maggio; l'altra: FRANCO FONTANA FULL COLOR, apoteosi dei colori saturi e dei contrasti arditi, a Palazzo Cavalli Franchetti, dal 15 Febbraio al 18 Maggio.

Consiglio caldamente la visione immediatamente successiva delle due esposizioni, tanto da vivere un piccolo shock da contrasti, appunto.

Io non ho potuto farlo per motivi di impossibilita' pratica, infatti ho visto Fontana alla presentazione, e Salgado molto dopo... non saprei dire se potrebbe essere maggiormente stimolante e quale delle due vedere prima... ma sull'utilita' della visione ravvicinata sono assolutamente certo.

Confesso che le fotografie di Fontana, mi hanno un po' affaticato... che dire: troppo belle, troppo accese, troppo accurate, troppo abili, troppo 'facili', troppo TROPPO, insomma, ma gradevoli e stimolanti certo. 

Se debbo fare un appunto e' all'illuminazione di entrambe le mostre, se a Palazzo Cavalli Franchetti e' completamente sbagliata, -come sempre-  ai Tre Oci, si soffre di riflessi fastidiosissimi.

Al di la' di cio' tanto le scelte tematiche di GENESI, quanto il taglio dell'immagine, indubbiamente ricercatissimo, mi ha, comunque, profondamente emozionato, sara' che amo gli animali e la natura selvaggia e sono trepidante per il destino dei popoli 'primitiv' che minacciamo, fatto sta che il mio cuore ha battuto forte, per cosÏ dire.

Sui tre piani del palazzo e' divisa per capitoli che corrispondono a quelli della gigantesca pubblicazione di cui costituisce una scelta: AMAZZONIA E PANTANAL dove ci sono bestiole e bestiacce, persone, intrecci di linee: SANTUARI e vi si trovano corpi e riti alle radici della mistica, un gruppo di donne che mi ha riportato al SACRE stravinskiano, ed anche un 'uomosauro' con una maschera sul capo, il corpo guizzante di muscoli agili, lunghi prolungamenti delle dita: indimenticabile! PIANETA SUD, anche qui linee, intrecci, contrasti, corpi, alberi, radici, rocce; ancora: LE TERRE DEL NORD; AFRICA... In questi giorni di carnevale, e' curioso vedere quanti visitatori di mostre fotografiche abbiano al collo importanti macchine fotografiche... insomma, come dire: fra colleghi!.

emilio campanella


Rinascimento, rinascita, resurrezione, questo il tema della mostra che l' ESPACE LUIS VUITTON di Venezia propone fino al 25 Maggio.

Al terzo piano dell'edificio dalla lunga e variegata storia, con ingresso da Calle del Ridotto. Si arriva con un silenzioso, solitario e misterioso ascensore, si entra in una piccola stanza in penombra e ci si siede in contemplazione delle quattro opere esposte sulle quattro pareti.

La stanza e' rettangolare, sui lati brevi si affrontano due opere di Vittore Carpaccio, sui lati lunghi due videoinstallazioni di Bill Viola.

L'evocazione e' il disegno di una croce, come s'incrociano gli sguardi , le due opere sacre antiche e quelle moderne. I due olii su tavola di Vittore Carpaccio provengono dal Museo Correr di Venezia e sono stati recentemente restaurati e riattribuiti.

Ne parlo' il BOLLETTINO DEI MUSEI CIVICI VENEZIANI del 2013. Si tratta di MADONNA COL BAMBINO del 1487 c.a e PIETA' del 1488/90 c.a; opere giovanili che ancora molto risentono dell'influenza belliniana. Interessante il legame fra i due dipinti, in questo contesto: alle spalle della Madonna, due piccoli alberi, un cielo primaverile; a quelle dell'Addolorata un paesaggio nordico in 'campolungo' cinematografico.

Altro punto di vista fondamentale quello del bambino la cui vestina scopre il sesso, e conosciamo l'importanza di questo dettaglio in evidenza per ribadire la totale umanit‡ di Cristo, peraltro in collegamento -prima ferita, quella della circoncisione- che prelude alle ferite mortali della Crocefissione, in cui il percorso terreno si conclude tragicamente con l'estremo sacrificio.

Sulle altre due pareti due opere moderne non meno sconvolgenti per forza e carica emotiva: ETERNAL RETOURN del 2000 ed EMERGENCE del 2002 di Bill Viola. il primo e' il 'tuffo' di un uomo nell'acqua, rovesciato, speculare, con il corpo fluttuante come crocifisso, ma trionfante di leggerezza e liberta'... dalle molteplici sfaccettate interpretazioni, e molto  gia' sappiamo del significato dell'acqua per questo artista, in relazione con il trapasso, ed il ritorno da altre dimensioni... Il secondo si rifa' alla pittura toscana del primo Rinascmento e rappresente il sogno di una resurrezione, ma come ribaltata e senza soluzione di continuita': dolore, speranza e frustrazione, anelito, sogno, speranza, dolore e frustrazione... il traboccare di un'acqua sacra che allaga di dolore come fiumi di lacrime non versate ma raccolte e poi tracimanti senza possibilita' di essere arginate... si starebbe ore in quella stanza, anche grazie ad una giovane signora pronta a motivare, rispondere paziente a domande, dubbi, richieste di spiegazione da parte del pubblico.

emilio campanella


Luca Massimo Barbero propone la continuazione della sua ricognizione attraverso l'arte contemporanea fino al 14 Aprile, presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.

Allora, eccoci al capitolo numero quattro, con un accento magrittiano: L'IMPERO DELLA LUCE del 1954  ed un OMAGGIO A FAUSTO MELOTTI esponendo quel TEMA E VARIAZIONI del 1968 che ispiro' fin dall'inizio questa serie di esposizioni. I miei ritardi di questi mesi mi hanno portato a vederla solo oggi, dal 31 Febbraio in cui era stata presentata... nel frattempo ho raccolto delle voci di vario tipo, fra il semi indifferente al decisamrente negativo.

Ho ascoltato e messo da parte, fino a poche ora fa, quando mi sono reso conto che questa 'puntata' del bel gioco di Barbero, e' forse la piu' bella, la piu' emozionante, la pu' ardita, la piu' ricca di sorprese per i coraggiosi accostamenti mai casuali fra artisti, per gli incroci, per i rimandi, per le specularita' che si creano fra opere anche molto lontane nel tempo, ma che possono veramente avere una relazione evidentemente stimolante.

Dopo qualche sala, ecco il Magritte citato nel titolo posto di fronte al meraviglioso, discreto, schivo giocattolo di Cornell: SETTING FOR A FAIRY TALE del 1942. poi, in fondo all'intenso percorso l' OMAGGIO A FAUSTO MELOTTI: scene minime dell'odeon dell'anima, miti, archetipi, architetture ardite per personaggi fuori scena, materiali elegantissimi e quotidiani, elementari sagome erette a geniali invenzioni... forme per il piu' grande teatro del Novecento.

Alle nostre spalle abbiamo lasciato Basilico e Matisse, Kapoor e Fontana, davanti al quale la giovane guardasala era in contemplazione estatica; Degas e Kiki Smith; Sironi con Bernd ed Hilla Becher... solo alcuni di questi dialoghi...

emilio campanella



Con grande discrezione, con l'eleganza schiva che lo contraddistingueva, alla vigilia della Notte degli Oscar, ci ha lasciato Alain Resnais, mentre tutti eravamo distratti dal luccichio delle statuette dorate, il grande maestro del formalismo, dellíeleganza e della leggerezza degli ultimi anni, e' uscito di scena accostando piano la porta senza far rumore, sicuramente con uno sguardo ed uníalzata di sopracciglio allíindirizzo di tanta agitazione.

Quando da piccolo ho iniziato ad andare al cinema consapevolmente avevo sedici anni, ed il primo film suo che vidi fu: JE T'AIME, JE T'AIME, uscito in Italia come Anatomia di un suicidio, storia disperata e dolorosa raccontata con un montaggio stravolto e molte coazioni a ripetere, mi aveva entusiasmato a dispetto di critiche freddine, poi recuperai i capolavori precedenti: HIROSHIMA, MON AMOUR, L'ANNEE DERNIERE A MARIENBAD che mi aveva letteralmente stregato e provoco' anche il mio innamoramento per Alain Robbe Grillet; LA GUERRE EST FINIE.

Poi quello strano film dedicato al grande truffatore STAVISKY, in cui Jean Paul Belmondo faceva uno dei suoi tipici personaggi, ma in punta di matita come non mai.

Se il precedente mi ricordava un poí Losey, decisamente lo fece il successivo: PROVIDENCE, anche, ovviamente per le presenze di Dirk Bogarde e John Gielgud.

In ogni film, un lavoro sul tempo, sulla personalita' dei caratteri, uno scandagliare luogo e tempo, dentro e fuori delle persone, oltre ad una precisione nel plasmare i personaggi sugli attori. MON ONCLE D'AMERIQUE, film saggio sul comportamentismo ed i rapporti interpersonali resi con una mano leggerissima ed un tono ironico che diventera' vieppiu' la sua cifra registica.

Nel 1984: L'AMOUR A MORT con attori che faranno gruppo e ricorreranno nelle sue opere successive: Ardant, Arditi, Azèma, Dussolier, e gli intermezzi musicali di Hans Werner Henze; magnifico MELO da una commedia da boulevard di Henry Bernstein, con una Sabine Azèma indimenticabile in una ambientazione meravigliosamente finta da teatro filmato, ma avercene!!!

I WANT TO GO HOME, zoppicante esperimento di attori e disegni animati, una storia simpatica e non riuscita, ma sempre di un regista geniale. Un regista che ci ha regalato alcuni capolavori, molti film notevolissimi, ed alcuni minori di enorme interesse, quindi che sempre restato ad altissimo livello, nel suo lavoro!

Coraggiosissimo l' esperimento di SMOKING/NO SMOKING in cui l' incipit si differenzia allíinizio da uníazione: Sabine Azèma fumera' una sigaretta, o non la fumera', e la vicenda sara' diversissima.

Uno splendido doppio divertissement, un esercizio stilistico da grande maestro, tutto girato in studio e con due soli attori ad interpretare tutti i ruoli: la citata Azèma e Pierre Arditi, godibilissimi.

Nel 1997 ON CONNAIT LA CHANSON (Parole, parole, parole, ) costruito su testi di canzoni notissime, un lavoro intelligentissimo di Agnès Jaoui e Jean Pierre Bacri. COEUR e' del 2006 e come Smoking... E' sceneggiato da Alan Ayckbourn ed e' un ironico, feroce divertentissimo spaccato di solitudini ed incomprensioni.

Non e' uscito in Italia, PAS SUR LA BOUCHE del 2003 il penultimo e il fragile ma grazioso LES HERBES FOLLES (Gli amori folli) del 2009 ora attendiamo  AIMER , BOIRE ET CHANTER, presentato a Cannes lo scorso anno e considerato con molta attenzione.

Se n'e' andato un altro grande maestro.

Ho citato soltanto i film visti direttamente.


emilio campanella


Come molti, direi quasi tutti sanno il Montello e' uno dei dolci colli del trevigiano dove si produce il Prosecco, quello della STRADA DEL VINO BIANCO, celebrato nel mondo intero.

Siamo attorno alla piccola e nota citta' di Conegliano altrettanto nota per i medesimi motivi, ma non solo. La localita' ora abbastanza sonnacchiosa ha trascorsi storici piuttosto importanti, tanto per dei tentativi di affrancarsi dalla subalternita' della vicina Treviso, e quasi anche da quella della Repubblica Veneta, quando per uno scorcio di secolo di una cinquantina d'anni, fra il 1517 ed il 1568 in cui si agitarono e si incrociarono molti venti ideologici, letterari, artistici, religiosi, particolarmente contrastanti.

Di questo si occupa l'interessante mostra aperta a Palazzo Sarcinelli di Conegliano, appunto,  sino all'otto Giugno prossimo. UN CINQUECENTO INQUIETO, Da Cima da Conegliano al rogo di Riccardo Perucolo.

I curatori compongono un mosaico di stimoli e suggestioni, diciamo cosi', fra la morte 'gloriosa' di un pittore notissimo e celebratissimo e quella infamante di un 'piccolo frescante' che puo' ringraziare la propria spaventosa condanna capitale che ce lo fa ricordare, piccolo martire del Tribunale di Sacra Inquisizione qui istituito da quel Monsignor  Giovanni della Casa che tutti conosciamo per il GALATEO, e del quale scopriamo un ben altro risvolto e responsabilita' storica per i venti controriformistici che spazzarono queste colline in quegli anni, con l'istituzione del TRIBUNALE DI SACRA INQUISIZIONE.

Dunque Palazzo Sarcinelli ricorda l'oscuro eretico che lo decoro' insieme con Francesco Beccaruzzi ed altri. Nelle sue sale vediamo molti volumi, prime edizioni ed esemplari importanti di opere letterarie dell'epoca, di grande rilievo. Fra questi le Rime di Gaspara Stampa, esponente di quel gruppo di poetesse 'cortigiane' veneziane, il cui ruolo sociale la poneva in rapporto con determinanti personalita' della politica.

Non mancano, ovviamente GLI ASOLANI di Pietro Bembo. I suggerimenti proposti dai curatori, naturalmente sono rappresentati anche da molte opere pittoriche in modo da aiutare iconograficamente a seguire un percorso non facile per il grosso pubblico.

I nomi sono noti e vanno da Cima da Conegliano, ovviamente, ad Andrea Previtali, da 'Francesco da Milano' quel Francesco Pagani da Figino,'responsabile' anche di importanti affreschi nella SCUOLA DEI BATTUTI, luogo partivolarmente suggestivo poco lontano dalla sede della mostra. Un discorso a parte merita la possibilita' di vedere cicli straordinari di incisioni, esposti nella loro integralita': LA PASSIONE DI CRISTO di Martin Schongauer, e VITA DI MARIA, LA GRANDE PASSIONE, LA PICCOLA PASSIONE, LA PICCOLA PASSIONE INCISA di Albrecht Durer, fra l'altro fogli di altissima qualita', e che aprono un chiaro riferimento relativo ad i rapporti fra l'arte veneta del tempo e quella nordica, tutti provenienti da Bassano del Grappa.

Influenza che assorbi', insieme alle morbidezze cromatiche e le invenzioni spaziali (come nella pala dell'altar maggiore sella parrocchiale di Susegana) Giovanni Antonio De' Sacchis detto 'il Pordenone' ed anche il suo epigono Pomponio Amalteo, frescante di grandissimo valore; Paris Bordon, Leandro Bassano,  Jacopo Negretti, 'Palma il Veccchio', il gia' citato Francesco Beccaruzzi sono nel novero. Fra i volti ritratti delle personalita', anche quello del letterato ed umanista Sperone Speroni, dipinto da Tiziano, da Treviso. La guida-catalogo e' pubblicata da Marsilio.

emilio campanella

Come  spesso accade, i Musei Civici Veneziani iniziano prima, stagioni, festeggiamenti, eventi di vario tipo.

Con l'occasione dell'8 Marzo, ecco:  PRIMAVERA A PALAZZO FORTUNY, che durera' sino alla Presa della Bastiglia, siccome sara' aperta sino al 14 Luglio.

Si compone di cinque esposizioni, delle quali tre fotografiche.  Chi conosca questo magnifico palazzo medioevale ne ricorda e ne subisce il forte fascino dovuto anche all'illustre proprietario che gli da' il nome attuale, ma ne ricordera' anche i rischi espositivi.

Se la sala al piano terra cui si accede da Campo San Beneto, risulta la meno impervia per ogni mostra, essendo di una struttura abbastanza regolarmente rettangolare, il percorso si ferma qui per LE AMAZZONI DELLA FOTOGRAFIA, dalla collezione di Mario Trevisan (le sale successive espongono solo le opere del palazzo).

Una scelta piuttosto importante di trentasette scatti che vanno da Marina Abramovich, a Leni Reinfensthal, da Cindy Sherman a Ghitta Carell, da Shirin Neshat a Diane Arbus, da Florence Henri a Vanessa Beecroft.

Unico appunto le didascalia semi illeggibili. All'ammezzato, la libreria, per gli anglomani: bookshop.

E si arriva al primo piano nobile, apoteosi dell'antico padrone di casa, fra luci soffuse ed un fascinoso allestimento, ormai noto, di elegantissimo trovarobato; invenzioni illumino e scenotecniche e tentazioni da wunderkammer.

Il problema sono sempre le mostre temporanee, che debbono coniugarsi con l'ambientazione. Talvolta funzionano, anche benissimo, questa volta per nulla!

Ne fanno le spese due esposizioni su tre: intanto MEMORIA APERTA di Barbara Paganin, i cui gioelli inventivi, venticinque pezzi numerati e con il titolo unico ch'e' quello della mostra, sono costretti nel pur importate armadio delle meraviglie, con una luce fissa che appiattisce... oggetti da vedere uno per uno, piccole sculture accurate che sarebbe stato importante esporre in vetrine che le valorizzassero.

Molto peggio e' andata all'ampia e notevole esposizione dedicata ad una personalita' quale quella di Dora Maar ed il suo drammaticissimo legame con Pablo Picasso, non a caso il titolo e' proprio: NONOSTANTE PICASSO. Sei sezioni sparse nel salone, mal illuminate, con didascalie raccolte su fogli volanti che si possono consultare avvicinandosi alle poche fonti di luce.

Molti gli scatti della Maar, di Man Rey, di alcuni altri che l'hanno ritratta... un poco meglio va nelle salette laterali.  Esposto anche TETE DE FAMME (Dora Maar) di Pablo Picasso del 1939.

Benissimo va alle sculture di Ritsue Mishima, undici vetri molto ben illuminati e valorizzati, per quanto non certo innovativi, belli, si, ma molto visti. Si conclude al secondo piano nobile con SHADOWS di Anne Karin Furunes, otto fotografie dall'archivio Fortuny ingrandite e riprodotte su tela dipinta e perforata. Buona Primavera.

emilio campanella

All' Accademia di Venezia, aperta al pubblico dal 22 Marzo al 29 Giugno, la mostra CARLO SARACENI, Un veneziano fra Roma e l'Europa. 

Proveniente da Roma, ed omonima dell'esposizione chiusa il 2 Marzo a Palazzo Venezia, ne e' un'emanazione. A conti fatti, raffrontando il catalogo dell'edizione romana e quella veneziana, siamo al cinquanta per cento anche per la limitatezza e l'esiguita' degli spazi a disposizione in questa sede: alcune stanzette malamente illuminate da faretti orientati con incomprensibile criterio, due lunghi corridoi inutilizzati, e' vero - difficili da allestire - e la meta' della sala xi del museo, da cui si sono sfrattati Tiepolo e Giordano.

Non basta rivestire le pareti di un bel rosso acceso, per creare un allestimento decente. Diciamo che la disposizione delle tele, ed il tentativo di creare degli abbozzi di sezioni tematiche, e' volenteroso, e non lo dico in senso negativo, ma certo, che 'pubblicizzare' un pittore poco noto al grosso pubblico, esportando quella che e' stata la prima mostra a lui dedicata, con un lavoro scientifico sulle attribuzioni ed il restauro per l'occasione, di molte tele, in questo modo, facendo una specie di Bignami, non gli fa un buon servizio.

Se gia' di suo non era un artista di grande personalita', non gli si puo' negare una mano felice, ed una notevole capacita' di guardare ai piu' grandi di lui, e di assorbirne lo stile, senza farlo suo completamente, ma usandolo al meglio per comporre macchine anche molto efficaci. 

La mostra parte presentando un gruppo di opere su rame, molto in voga all'epoca, di piccolo formato e di tema mitologico come biblico; una parte proviene da Capodimonte, e l'interessante SEPPELLIMENTO DI ICARO (1605-1608) ne fa parte. Segue una sezione di opere d'ispirazione sacra fra Antico e Nuovo Testamento. Un'altra dedicata all'influenza caravaggesca; di seguito le committenze spagnole, e qui merita una menzione la SANTA LEOCADIA IN CARCERE, da Toledo, opera d'impianto molto interessante, fra luce e tenebre, parzialmente di bottega.

La penultima sezione riguarda il ritorno in Laguna, ed alcuni artisti veneti sono una parte dell'esposizione che non era presente a Roma. L'ultima riguarda le grandi pale pubbliche del secondo decennio, esposte nella citata sala XI del museo, macchine teatrali abili e di grande effetto. 

Si resta, a conti fatti, un po' con il desiderio di approfondire maggiormente, un artista dal buon senso cromatico, dotato per l'equilibrio compositivo di tele anche molto grandi ed affollate di personaggi, dai begli sfondi di natura. Il catalogo edito da De Luca riguarda la mostra romana. Per la puntata veneziana Ë stata pubblicata, dalla medesima casa editrice, una guida breve che riporta le opere ivi esposte.

Consiglio chi voglia approfondire, di acquistare entrambe le pubblicazioni.

emilio campanella



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