Le recensioni di Emilio Campanella

Dicembre 2004


STORIE DA UN'ERUZIONE

SEMPER EADEM

KANDINSKY e l'anima russa

TURNER AND VENICE

BRESCIA


STORIE DA UN'ERUZIONE

Pompei, Ercolano, Oplontis

Ogni volta che vedo una mostra su Pompei e la tragedia dell'area flegrea del 79 d.C., mi trovo, ad un certo punto, ad osservare i visi delle persone che guardano, compunte e partecipi, i reperti di questa vita interrotta bruscamente, e gelosamente conservata dalla violenta possessivita' di padre autoritario del vulcano. Piu' volte sono stato a visitare gli scavi, ad Ercolano, Pompei.... dove l'emozione e' forte, ma in cui l'aria, il sole, il clima straordinario, oltre le molte persone a passeggio, contribuiscono a mantenere viva e festosa l'atmosfera di quelle vitalissime citta'. Certo, quando si osservano i calchi, il pensiero e, ovviamente, al cataclisma, ma basta percorrere la via dell'Abbondanza, o, lasciar correre lo sguardo per il foro e si ha l'impressione di poter, molto facilmente vedere i volti, udire le voci degli abitanti che ci sembravano assenti. Diversa cosa e' un'esposizione dove tutto viene estrapolato, messo sotto vetro (ovviamente), organizzato in percorsi, come nel caso di "SCENE DA UN'ERUZIONE ­ Pompei, Ercolano, Oplontis" che dopo il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Bruxelles e' stata ospitata alle Scuderie di Miramare dove ha chiuso i battenti il 7/XI/.

Questa tappa triestina era, dunque, la terza, ma credo di aver capito che si trattasse di un'edizione, per cosi' dire ridotta, per quanto riguardevole, infatti, la libreria aveva due pubblicazioni: un catalogo ponderoso, ed una "guida" come viene definita, ma comunque, di duecento e passa pagine (22x24) e ricchissima di materiali, e che riporta soltanto questo spazio espositivo e le sue date di apertura.

Ho visto molte mostre sull'argumento e visitato, come dicevo, piu' volte, i luoghi, quindi i calchi delle persone sono un po' vecchi amici. Gli oggetti, quelli viaggiano piu' frequentemente, ne ho ritrovati di visti a Ferrara alla mostra "Pompei, abitare sotto il Vesuvio" del 1996/97, ma anche a Venezia: GLI ORI DI OPLONTIS (1993). Se la mostra ferrarese cercava di cogliere la vita della citta', questa guarda all'eruzione, come dice il titolo. Il percorso espositivo riguarda i luoghi di scavo e le case private che piu' spesso prendono i loro nomi suggestivi da qualche reperto importante, talaltra si tratta di botteghe e laboratorî il cui artigianato definisce le attivita'. I gioielli sono molti poiche' quando si fugge, sono i preziosi che si cerca di salvare per primi, ma poi, tutte queste persone sono state fermate dalla furia dell'eruzione, ed i loro tesori sparsi accanto od attorno a loro. Donne che vogliamo immaginare belle, che, eleganti ed ingioiellate corrono come ad una festa, o fra le braccia dell'amore, mentre incontreranno quelle di una morte atroce. Queste cose accadono continuamente: morte per acqua, morte per fuoco, che sia la natura matrigna, o la follia delle guerre umane.

Tant'e', desidero anche ricordare la voglia di vivere che emana da questi reperti, dagli affreschi, come quelli dell'Edificio dei Trilini di Moregine, o della Casa del bracciale d'oro; oppure il magnifico Apollo bronzeo dagli occhio di avorio e pasta vitrea dalla casa di Giulio Polibio, od il divertente e divertito satiro in bronzo, elemento di fontana, la cui acqua cadeva dall'otre sulla sua spalla, direttamente sul sesso della giovane creatura ridente di questo fatto, dalla Casa del Centenario.

emilio campanella


SEMPER EADEM

Un doppio occhio di pesce rotante e speculare, risplendente di luci, ori e lampi fotografici del fantasmatico pubblico che affolla i palchi che noi vediamo dalla platea, le mezze luci, in un'atmosfera rosata, ovattata, alle nostre spalle i veri palchi disabitati.

Questo e' SEMPER EADEM, l'opera di Grazia Toderi, interessante videoartista padovana, lavoro dedica e celebrazione del Gran Teatro La Fenice ricostruito, restaurato, rinnovato in un gioco di rimandi fra immagine e realta', vero e finto che mi riporta ad un antico verso di Lucrezio. Si conclude cosi' (per ora) un percorso iniziato da e con la Fondazione Bevilacqua La Masa con la bella mostra negli spazî di p.za S.MARCO, con un bel volume / catalogo retrospettivo edito da CHARTA, che ripercorre il suo lavoro di ricerca formale anche, su e nei teatro. Ho ritrovato l'emozione provata quando, l'ultima volta, alla "vecchia " Fenice, prima dell'incendio del (29 gennaio!) 1996, avevo seguito INTERSCAPE di Cunningham / Cage, dal palcoscenico, avendo di fronte l'emiciclo dei palchi in penombra. Ora, invece, il disco / mondo pieno e cavo, lentamente rotante in senso orario, con accennate sfocature ­ riflesso, come di luci di acqua ai bordi, suoni di accordi d'orchestra di sottofondo provoca un effetto ipnotico: non andresti piu' via, rimani catturato dalla grande immagine in movimento che occupa / riempe il boccascena, subendo una fascinazione magnetica anche un po' buñeliana, in un teatro nuovamente senza storia, la cui storia principia ad essere riscritta.

Il pubblico di Traviata, opera di reinaugurazione, avra' questo regalo, inaspettato prima di ogni rappresentazione.

emilio campanella


KANDINSKY e l'anima russa

Per evitare equivoci bisognera' dire subito che la bella mostra "Kandinsky e l'anima russa", organizzata a Palazzo Forti a Verona sino al 23/5/2005 con opere provenienti del Museo di Stato Russo di S.Pietroburgo, non e' una mostra su Kandinsky, del quale sono presenti "solo" nove tele su centoventi, e che anima e' intesa nel senso piu' ampio del termine, e quindi con diversi plurali, anche non solo religiosi. Altra osservazione riguarda l'acume dei curatori che dividendo per sezioni tematiche (1. Il popolo - La sua anima; 2. Acqua - Terra - La madre Russia; 3. Memoria - Memorie; 4. Vita quotidiana - Simboli; 5. Fede - Scenari Mistici) riprendono ogni volta un ordine cronologico di esposizione che stimola, poi, a raffrontare, correre avanti, tornare indietro, accendendo l'interesse. Altra cosa e' che alcune opere escono per la prima volta dal paese, e, bisogna dire che vedere "Burlaki sul Volga" di Repin, cosi' da vicino, e' una bella emozione (lo ricordo ancora come copertina di Dostojewski di quand'ero ragazzo!), e, cosi' si inizia l'emozionante avventura alla scoperta di luoghi, volti, usanze, luci e colori dalla prima meta' del XIX° alla fine del XX° secolo e oltre. Nella prima sezione "Le lavandaie" della Goncharova (1911), ma anche la sontuosa e bellissima "Mercantessa" di Kustodiev (1915), lo struggente "Innamorati" di Korzhev (1959), sino al ciclo "Ritratto di Famiglia" della Tobreluts di cui sono presenti "Mamma" e "Nonno" (1997/2004), non lontanissimi da un'estetica un po' alla Pierre et Gilles.

Ci sono paesaggi straordinarî nella seconda sezione, tra cui "Inverno" (ancora della Goncharova e sempre del 1911). Nella terza il "Bogatyr" di Vrubel' (1898-99), ed il gigantesco (495x373cm), sorprendente "Suvorov valica le Alpi nel 1799" di Surikov, ma anche "Lettera dal fronte" di Laktionov del 1962. Alcune belle nature morte nella quarta, ed almeno il polittico "Gli Evangelisti" della "solita" fantastica Goncharova (sempre 1911), oltre a "Macchia Nera" di Kandinsky (1912) assurto a simbolo della mostra (manifesto pieghevole, copertina del catalogo). A concludere questa rapida carrellata: "Suprematismo" di Malevi_.

Secondo me, una mostra non deve essere intasata di opere, e questa, per quanto impegnativa, non lo e'. Deve proporre un percorso chiaro, ed in questo caso le scelte tematiche sono estremamente precise; ed in piu', trattandosi di una mostra di Palazzo Forti, continua un discorso partito molti anni fa, sull'arte moderna, e che in tempi recenti ha piu' frequentemente privilegiato il mondo russo proponendo esposizioni legate da un riconoscibile filo rosso.

emilio campanella


TURNER AND VENICE

Una mostra molto discreta, quasi intima, quella ospitata dal Museo Correr in questi mesi, TURNER AND VENICE (sino al 23/I/2005) il cui titolo eccessivamente anglofilo risulta, pero' giustificato dal prestito delle opere provenienti, quasi integralmente dalla Tate Gallery di Londra, come sono si', correttissime, le didascalie con il titolo originale per primo e la traduzione sotto, ma, forse, anche un po' eccessive. Per fortuna le opere italiane presenti hanno il titolo italiano per primo.

Esposizione intelligente, questa, che propone una contenuta scelta di pittori che Turner ha guardato sicuramente con molto interesse, per poi interprendere il suo viaggio interpretativo della citta'. Si inizia, infatti con il notissimo "Il Canal Grande da Ca'Balbi verso Rialto" da Ca'Rezzonico di Canaletto e due tele: una di Parkes Bonington, e l'altra di Marlow, ospiti illustri e due loro visioni ispirate a Venezia, per poi tuffarsi nelle brume turneriane. Generalmente do qualche timido consiglio alla fine di un pezzo; in questo caso lo faccio subito: andate a vedere, rivedere, tornate ancora a questa mostra, restateci piu' tempo possibile, osservate questi acquerelli con molta attenzione, poiche' ogni macchia di colore, ogni sfilacciatura appena visibile di linee nasconde architetture e visioni della citta', annegata nelle nebbie, ed in un concentrato, attento, trepido silenzio, quale non troverete, certo, scendendo in strada.

Non esito a dire che questa occasione non ha nulla da invidiare alla mostra di Grand Palais di oltre venti anni orsono, con la differenza che questa risulta particolarmente interessante data l'unicita' del tema, mentre quella aveva dalla sua la molteplicita' delle tematiche prese in esame.

Verso la fine dell'ampio percorso vengono proposte tre mirabili vedute di Ippolito Caffi da Ca'Pesaro, a suggerire un'ulteriore possibilita' di ispirazione-raffronto con un artista locale, e poi il viaggio riprende.

A meta' mostra, invece c'e' una sala di tele di vario soggetto per avere una idea della geniale visionarieta' del pittore, abbastanza incompreso alla sua epoca, data la sfida cromatica e formale molto in anticipo sui tempi.

Al termine di questo excursus in una Venezia sognata, evocata, bagnata, cito solo due opere, ma su ben piu' 250, si tratta solo di un minimo spunto, pur non dimenticando i taccuini, visibili integralemente, grazie ad un mirabile piccolo visore DVD. Sono: "Giulietta e la nutrice"; affacciate da un palazzo, in basso a destra, proprio sopra dove noi stiamo vedendo questa mostra, che osservano la piazza in un tripudio di luci, folla, festa, con contrasti di luce che ci lasciano quasi in dubbio sull'ora, peraltro, si sa, notturna, in cui si svolge la scena. L'altra e' "Venezia, chiaro di luna sulla laguna" che mi ha fatto pensare a certe cose che molti decenni dopo avrebbe dipinto Nolde.

Se alla fine avete voglia di portarvi a casa qualche acquarello, ripiegate sul catalogo (Electa), e vi farete un magnifico regalo.

emilio campanella


BRESCIA

"Lo splendore dell'Arte"

Brescia, che gia' da diversi anni presenta mostre di livello, in questi mesi ne ha un ventaglio di addirittura cinque contemporaneamente, tra il museo di S.Giulia e la Pinacoteca Tosio Martinengo. La nuova conduzione, con un programma, in fieri, di alcuni anni, e, reduce dai successi trevigiani, propone uno stimolante tour de force di attenzione e resistenza fisica.

A S.Giulia, messa un po' in ombra dall'imgombrante presenza di Monet e Tiziano & C., una lodevole iniziativa per riportare l'interesse su Gino Rossi, sfortunato pittore veneziano misconosciuto ed al quale, in Italia, non viene dedicata una mostra, da piu' di vent'anni.

Si sale qualche piano e si arriva all'ingresso di "Monet , la Senna, le ninfee" un'abile ed accattivante esposizione che non puo' ne' mietere grande successo, ne', a modo suo, piacere, dato il valore ed il numero delle opere esposte. Vero e' che porre l'accento sulla presenza del grande fiume e' decisamente una buona idea. Certo, si comincia benissimo con un Corot straordinario, affiancato a Daubigny nella prima sezione, per allargarsi, nella seconda, a Pissarro, Renoir, Sisley, Caillebotte, e poi si arriva al protagonista da Le Havre a Parigi, ad Argenteuil, al capitolo del "bateau atelier" (c'e' una serie magnifica di disegni di Daubigny in questa parte), poi Vetheuil, sino a Giverny, ed a concludere "I Glicini" de L'Aja. Certo, che 44 tele dell'autore, non sono cosa da poco, ma la ricostruzione del bateau, mi sembra veramente eccessiva, e poi il kitsch affettuoso della ricostruzione, in maquette, della proprieta' di Giverny, divertente e simpatica.

Dal mio punto di vista si tratta di una mostra molto facile, ma non solo nel senso negativo e molto furbo del terminie, vero e' che cito solo un'opera che e' "Marina, navigazione al chiaro di luna" di Claude Monet del 1866.

In due sale attigue: "Tiziano e la pittura del '500 a Venezia", una piccola esposizione di autentici capolavori proveniente dal Louvre. Intanto il ritratto di Francesco I di Tiziano, in cui il sovrano, rappresentato di profilo con uno strano sorriso sornione, accattivante ed inquietante, evocato dalla penombra, mostrato come uomo di grande eleganza e, pericolosissimo! "Madonna con bambino e S.Caterina (detta Madonna del coniglio)", tela di grande equilibrio formale, imposto cromatico mirabile, fluido movimento e gioco di sguardi sullo sfondo dei monti del Cadore, parente stretta della "Madonna con bambino, S.G. Battista bambino e S.Caterina" della National Gallery, presente alla grande mostra di Tiziano di Palazzo Ducale di Venezia del 1990. Due Veronese: una crocefissione del 1584 ed il "Ritratto di giovane donna con un bambino ed un cane", precedente di qualche decennio, e che, secondo alcuni ritrae Isabella Guerrieri Gonzaga Canossa, una giovane donna che, dalla sua vicenda umana sappiamo decisa, la quale abbandona il braccio, come ignare, alla mano affettuosa del bimbo che simpaticamente gioca con il cane. Un impressionante autoritratto di Tintoretto, sorprendente per forza dello sguardo, nel bellissimo volto segnato dal tempo. Il "Ritratto di ecclesiastico" di G.B. Moroni, opera di grande scavo psicologico. Il "Riposo dalla fuga in Egitto" di Francesco Caroto, di composta serenita'. "Vergine con bambino e S.Sebastiano" di Giovanni de'Busi detto Cariani, dai morbidissimi impasti cromatici, ed a concludere la "Salita' al Calvario" di Francesco da Ponte e "Ebrei che raccolgono l'acqua sgorgata dalla roccia" di Leandro da Ponte, entrambi....: Bassano. Un gran piacere, una bella occasione, ma mi domando perche'? E cosa c'entrano con l'altra mostra? E perche' queste tele, e solo queste, e non altre? Comunque grazie!

Alla Pinacoteca Tosio Martinengo, invece, e' stato organizzato un percorso, allestito, peraltro, con grande sobrieta', intitolato: Da Raffaello a Ceruti, che presenta una bella scelta di tele dalla collezione, piu' o meno considerando una scuola bresciana, se si puo' dire, e poi, pero', con aperture a Lotto ed altri come, appunto Raffaello con il Cristo Redentore si apre il percorso, ed un piu' ampio sguardo ch'era, poi, la pittura veneta che influenzava in quei secolo un po' tutto il nord dell'Italia. Certo una occasione per ritrovare capolavori dei maestri locali visti nelle storiche esposizioni di alcuni anni or sono: Pitocchetto, Moretto, Savoldo, ed ultimo, in ordine di tempo: Foppa, di cui e' presente una Madonna con bambino fra varî santi. Dei succitati maestri ci sono opere di grande bellezza come il "Ritratto di gentiluomo con flauto" di Gerolamo Savoldo, il "Ritratto del (bellissimo!) gentiluomo con lettera" di Alessando Bonvicino (Moretto), ma anche di suo "Cristo e l'angelo" struggente per il volto e lo sguardo verso di noi di Cristo, seduto in primo piano sui gradini, e quello verso il basso dell'angelo addobato piu' in alto sulla medesima scala. Le "Donne che lavorano" di Giacomo Ceruti (Pitocchetto), ma poi Moroni, Romanino, Solario, Clouet "Il Tempesta". Ritornati al piano terra dell'edificio, attraversando il bel cortile in due piccole sale l'ultimo appuntamento espositivo (tutti chiuderanno il 20 marzo prossimo, meno Gino Rossi che chiude il 3 gennaio) intitolato: Da Dürer a Rembrandt a Morandi in un excursus anche troppo ampio esteso su 53 opere di incisione ad altissimo livello. L'impressione e', piu' che altro, di una sezione museale, e come tale merita d'essere fruita, per quanto faticoso, poi, sia passare cosi' velocemente da un'epoca e da uno stile all'altro. Ai nomi del titolo aggiungo Lucas Cranache, Luca di Leida, Ugo da Carpi, Federico Barocci, Annibale Caracci, Jacques Callot, Grechetto, Salvator Rosa, G.B. Tiepolo, Canaletto, Piranesi, Fattori, Mose' Bianchi, A.Wildt, Carra! E per me, puntualizzo la presenza del S.Sebastiano, irsuto, barbuto, ursino di Hans Baldung dello Grien.

emilio campanella