ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Dicembre 2017 - Gennaio 2018


IL DETECTIVE DELL'ARTE - ARTE A GENOVA, DOMENICO PIOLA - ARTE A GENOVA 2, RUBALDO MERELL - ARTE A GENOVA 3, PICASSO -  ARTE A GENOVA 4, I PRESEPI DEI CAPPUCCINI - UN VOLO MISTICO - MURANO A MESTRE -
MA CHE LUNA PARK D'EGITTO! - TIEPOLO SEGRETO, UNA RIVISITAZIONE - IL MONDO CHE NON C'ERA - UN GENOVESE A CREMONA
Il detective dell'arte, un Bassano ritrovato. Torna a Venezia il Professor Andrea Donati, studioso indipendente, come si autodefinisce con sorniona ed intelligente coquetterie colta e tradizionalmente motivata, lo storico e presenta la sua ultima scoperta, un'importante tela di Jacopo Bassano.

Una mostra aperta sino al 24 Febbraio 2018, al Museo Manfrediniano, dallo stesso titolo dell'importante pubblicazione edita da etgraphie di Roma: Jacopo Bassano "Vivezza e grazia di colore" L'Adorazione dei Magi ed i suoi multipli.

Esposta ed illuminata con cura, la tela costituisce un modello da atelier,  cola' presente ed in possesso del pittore, alla sua morte; base di altre versioni nel catalogo di importanti musei: Vienna, Kunsthistoriches Museum, Birmingham, The Barber Institute of Fine Arts, Bassano del Grappa, Musei Civici, e che ha dalla sua una delicatezza di tinte, che la contraddistingue dalle altre.

Differente quella della Galleria Borghese di Roma, per la disposizione speculare di tutta la scena. Se il copione e' noto e la vicenda e' avventurosa, anche se un poco meno di quella della Deposizione di Cristo di Tiziano presentata dal marzo al luglio dello scorso anno, non manca di colpi di scena appassionanti, scomparse, ritrovamenti, riconoscimenti, avventure d'asta e tutti gli ingredienti emozionanti che la storia dell'arte puo' riservare.

La bella pubblicazione, al solito accuratissima e cromaticamente fedelissima presenta i raffronti fra le tele, i temi confrontati con altri soggetti , i particolari presenti nelle varie versioni, con le loro variazioni.

Nel saggio del professor Donati, anche l'importante argomento delle attribuzioni e della confusione fra Jacopo da Ponte ed El Greco, contemporaneamente a Venezia nei pochi anni di soggiorno del pittore cretese. Alcune motivazioni delle apparenti confusioni del mercato, dovute anche a ragioni di "mode" e di opportunita' di nomi maggiormente commerciabili, in confronto ad altri.

Tutta un'avventura critica di cento anni fa. Ma anche questo subisce dei rivolgimenti e le fortune critiche cambiano anche grazie agli studi, le scoperte, le intuizioni che aiutano a comporre, completare, ma anche trasformare i cataloghi dei pittori antichi. Il dipinto che vediamo e' della collezione di Julien Marinetti, artista e collezionista.

Dopo molte peregrinazioni , da New York, ora e' a Parigi dove e' stato "riconosciuto", fatto restaurare con ogni cura ed ora e' tornato in laguna. Molto interessante la cornice antica, presumibilmente tardo cinquecentesca, occasione rarissima di poter vedere come si abbinasse alla tela, nel gusto del tempo.

Sono molti gli spunti di riflessione e di colta curiosita' anche nell'agile, e come sempre, avvincente testo di Andrea Donati. Il grande quadro e' esposto accanto a sculture coeve e busti del Doge Venier, nella cui stima era Jacopo Bassano, oltre una scelta di tele dell'epoca, di altri autori.

Gli si affiancano  tre opere accuratamente restaurate, facenti parte del museo. In appendice del volume, un testo di Silvia Marchiori, cocuratrice della mostra ed anima del museo, li analizza. Si tratta di Dipinti "Bassaneschi" della Pinacoteca Manfrediniana.

Due soggetti di bottega: un'Adorazione dei Magi ( fine sec. XVI, inizio sec. XVII) ed un Annuncio ai Pastori ( fine sec. XVI), mentre il terzo:  attribuito, grazie al restauro che ne ha evidenziato la firma, a Leonardo Corona e' fra il 1560 ed il 1570, anche questa, un'Adorazione dei Magi, di magnifico impianto spaziale e notevole distribuzione delle figure.

Per tante mostre che chiudono in questo periodo, una e di quale valore, che apre. Merita la visita, merita il viaggio, anche per il Tiziano succitato, tornato alla Pinacoteca ed esposto con tutti gli onori, e naturalmente, per la preziosa, stessa Pinacoteca, dalla cui visita si accede alla sacrestia della Basilica della Salute, scrigno di tesori tizianeschi e non solo.

emilio campanella

Domenico Piola, 1628-1703, Percorsi di pittura barocca, a Genova, Palazzo Nicolosio Lomellino-Musei di Strada Nuova, sino al 7 Gennaio 2018.

Dopo Sinibaldo Scorza qualche mese fa, Genova si occupa di un altro importante pittore locale e gli dedica la prima mostra mai fatta.

Ultimamente sembra che la macchina macina mostre riesca a permettere lo spazio per studi approfonditi su artisti che hanno subito la disattenzione critica per secoli, talvolta apprezzati, ed anche molto dai contemporanei, sono poi rimasti in un cono d'ombra da dove vengono accompagnati meritoriamente nella luce della scena pubblica ed all'attenzione di appassionati e studiosi.

Altri esempi sono stati quelli di Andrea Meldola, Lo Schiavone, nel 2015 a Venezia; Luigi Miradori, Il Genovesino, a Cremona in questi mesi. Dunque non solo i "divi" della storia dell'arte, come si osservava poco tempo fa, ma maestri meno noti che riservano notevoli sorprese.

Nel caso di Piola, la mostra nasce dopo anni di studi che hanno portato a determinanti attribuzioni, come grazie ad altrettanto illuminanti restauri.

l piano nobile del palazzo ospita circa quaranta tele di Domenico Piola e di altri importanti pittori coevi, contestualizzando con cura l'ambiente artistico genovese, cosi' come le influenze esterne , anche cio' che la scuola genovese esporto'.

Va detto subito che l'allestimento della mostra e' accuratissimo, soprattutto luministicamente, ma non solo, e le luci sono studiate per ogni tela, certo gli ambienti sono adatti per dimensioni, ed infatti una parete dell'ultima sala propone un'ipotesi di come potesse essere una quadreria di palazzo, nel milleseicento.

L'attenta illuminazione tende, con molto suggestivo successo, a ritrovare, pur con mezzi moderni, le morbide luci che potevano investire i quadri, giocando con molto criterio sulle fonti suggerite dalle tele stesse.

SAGEP pubblica un accuratissimo catalogo  ricco di saggi e di schede delle opere,  dalle riproduzioni praticamente perfette , che comprende anche tutti i disegni esposti a Palazzo Rosso e provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe di quel museo, integrati da importanti prestiti di collezioni pubbliche e private.

Se a Palazzo Lomellino il progetto scientifico e la cura dell'esposizione sono di Daniele Sanguineti, nell'altra sede, la responsabilita' curatoriale della sezione si suddivide fra Piero Boccardo, Raffaella Besta, Margherita Priarone. Ovviamente ci sono moltissime opere in citta' e non solo.

Un intelligente pieghevole permette un itinerario per visitare chiese e palazzi dove continuare la conoscenza e la scoperta di un pittore di grande, riconosciuto valore. Cito qualche tela che mi ha particolarmente colpito, come Caino e Abele (Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco, Genova), opera giovanile, intelligentemente affiancata all'opera di Giulio Cesare Procaccini dallo stesso titolo, da Torino, Pinacoteca dell'Accademia Albertina di Belle Arti.

Non mancano magnifici sovraporta, come l'Autunno, seduttivo, dipinto con l'aiuto dello specialista Stefano Camogli, di una fortunata collezione privata; oppure Apollo e Vulcano, della Galleria Giamblanco di Torino. Ancora in collaborazione con Camogli, l'emozionante Autunno e Inverno, anche questo di collezione privata, non un sovraporta, ma un dipinto dal formato quasi quadrato, in cui le due figure si confrontano: l'anziano guarda con commozione il corpo florido del giovane uomo, a ricordare il suo passato di uomo prestante, in un notevole specchiarsi nel ricordo della propria seduttività.

Attenti ed accurati raffronti di temi sacri e qualche presenza plastica come la Madonna della Misericordia di Anton Maria Maragliano, scultore che meriterebbe ben presto una mostra tutta sua. Temi sacri e profani si avvicendano e vengono mostrati fianco a fianco, con effetti molto stimolanti, come Santa Maria Maddalena confortata dagli angeli (Collezione privata, courtesy Galleria Benappi, Torino) accanto al Ratto d'Europa ( Collezioni d'Arte Banca CARIGE) che hanno un'impianto molto simile, pur in due contesti diversissimi, senza contare che il Ratto d'Europa ricorda certe tele veronesiane, come il Caino e Abele mi ha ricordato Schiavone... le suggestioni non mancano.

Concludo con la composizione drammaturgicamente perfetta de Il ritorno del figliol prodigo dalla grande, pacata drammaticita' (Collezione privata).

emilio campanella

Rubaldo Merello , tra Divisionismo e Simbolismo. Segantini, Previati, Nomellini, Pellizza, Genova, Palazzo Ducale, Sottoporticato, sino al 4 Febbraio 2018.                        

Rubaldo Merello, pittore poco noto ai piu', conosciuto ed amato, soprattutto nella zona della Liguria di Levante, e particolarmente al di qua ed al di la', del Monte di Portofino.

Certo chi lo conosce non puo' non trovarlo interessante ed inconfondibile per la felicità cromatica che lo contradistingue e per i paesaggi riconoscibili, siccome dipinse per tutta la vita gli scorci della zona, ritornando ed approfondendo più e più volte gli studi sugli stessi luoghi che sono, pero', sempre diversi per punto di vista, variazione della predominanza del colori, studio delle luci, angolazione dell'inquadratura.

L'esposizione, ben concepita e divisa in sezioni precise che presentano i pittori dell'epoca, sempre raffrontati con il lavoro di Merello, confrontando la ricerca di ogni artista nel mentre lui dipingeva il suo mondo di onde che si frangono, di pini a picco sul mare, di architetture antiche incastonate nelle rocce.

Si racconta delle sue inimitabile e felice facilita' con un'amplissima tavolozza, della fascinazione per la natura. Tutto questo dopo le esperienze di scultore e disegnatore di tentazioni simboliste degli inizi.

Bisogna dire che l'ampia scelta di lavori a tutto tondo e di disegni risulta illuminata discretamente, e cosi' anche i due busti ad inizio percorso: il Ritratto di Vittore Gtubicy de Dragon di Adolfo Wildt, 1922 ( Collezione Fondazione Livorno) ed il Giovanni Segantini, 1896, di Paolo Troubetzkoy ( Museo del Paesaggio, Verbania), mentre il resto della mostra, peraltro molto ampia e nei bellissimi spazi indicati, del palazzo, ha un'illuminazione veramente tragica.

Appiattisce le sfumature delicate ed importanti di tutte le opere esposte, e non solo quelle del dedicatario della manifestazione, ma in generale. Trattandosi poi di una pittura che sullo studio del colore, e non solo della luce e delle forme, si fonda e che, a maggior ragione, per questo, avrebbe bisogno di una speciale attenzione per far risaltare le preziosita' di ogni dipinto...

Tutto ciò contrasta con la precisione dei curatori: Matteo Fuchessati e Gianni Franzone che dividono l'intelligente percorso, agile pur nell'ampiezza, in dieci capitoli.

Questa suddivisione si ritrova nel catalogo, al solito, prezioso, dal prezzo decisamente contenuto, e che e' gia' alla seconda edizione, dato il successo, edito da SAGEP.

Ricco di saggi e curato dagli stessi studiosi che hanno concepito la mostra.

Consiglio caldamente la visita ed almeno un'ora di tempo, ma sarebbe meglio riservarne due, per immergersi in queste atmosfere che sono, tanto molto profondamente spirituali, quanto, anche  una vera gioia per l'occhio.

Una sala ho molto amato, ed e' quella dedicata a S.Fruttuoso visto da molteplici angolature; l'altra, intelligente e puntuale, intorno al fotografo Alfredo Noack (Dresda 1833-Genova 1895), che "invento' " la Riviera Ligure, grazie alle sue immagini.

emilio campanella

Picasso, Capolavori dal Museo Picasso di Parigi. Genova, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge, sino al 6 maggio 2018.                                              
Quest'anno, in Italia, sono state presenti quattro importanti esposizioni dedicate a Pablo Picasso, tutte sotto l'egida del Museo Picasso di Parigi, e facenti parte di un unico progetto intitolato: Picasso Méditerranée.

Oltre a quella genovese, a Napoli, Picasso e Napoli, Parade, conclusasi nel luglio scorso, mentre il famoso sipario é ora esposto nel salone affrescato da Pietro da Cortona a Palazzo Barberini, a Roma sino al 21 Gennaio 2018; sempre  a Roma : Picasso fra Cubismo e Neoclassicismo: 1915-1925, Scuderie del Quirinale fino al 21 gennaio 2018; ed a Venezia; quest'ultima, ospitata dalla Collezione  Peggy Guggenheim, (Picasso sulla spiaggia, curata da Luca Massimo Barbero, ed aperta sino al 7 Gennaio) e di cui ho parlato precedentemente.

La scelta espositiva genovese, a cura di Coline Zellal, responsabile anche del bel catalogo pubblicato da Skira, fa un lungo excursus, inevitabilmente, data la lunghissima, fortunatissima carriera dell'artista.

Con intelligenza si divide ed alterna fra scelte tematiche e cronologiche. Quello che si apprezza e' l'amplissima scelta iconografica di notorie immagini, di un pittore che si e' sempre molto abilemente messo in scena, ed e' stato coccolato da grandi fotografi, come anche da importanti registi cinematografici.

Le sezioni della mostra sono agili e "leggere"... spunti, osservazioni, suggerimenti per stimolare i visitatori.

Ho avuto occasione di vedere la mostra in un sabato di ponte, mentre la citta' impazzava per i primi acquisti natalizi; nell'appartamento del Doge, un bel numero di persone attente, in ascolto delle loro audioguide ed anche senza, e pure un buon numero di bambini con  genitori intelligenti che a pochi anni li portano a vedere Picasso, pittore adattissimo all'infanzia con le sue ardite visioni dei volti, le reinvenzioni dei corpi, le concezioni spaziali "stravolte".

Fra i molti ho visto una bella bimba bionda, attorno ai nove anni, attentissima, osservare lungamente i quadri, e passare da l'uno all'altro con la stessa profonda concentrazione; soprattutto nella sala-galleria di ritratti di meravigliose donne con incredibili copricapi, ma anche di fronte ai due bellissimi di Dora Maar del 1937, a quelli di Marie Thérése, con e senza cappello, sempre dello stesso anno.

Indimenticabile la sala dedicata alle bagnanti, e qui i bimbi vivaci e rispettosi, scorazzavano osservando di tanto in tanto quelle strane forme, cosÏ vicine ai disegni della loro eta'.

Altra sala irrinunciabile, quella dedicata ai d'apr'es di Manet, e che dire di quella dedicata a Picasso e l'infanzia, Picasso ed i bambini, Picasso ed i suoi bambini, Picasso ed i suoi figli che disegnano nell'atelier con lui.

Una scelta di meno di cinquanta opere, ma decisamente determinanti e sicuramente memorabili per un primo incontro con il grande spagnolo.

Per parte mia trovo assolutamrnte indimenticabili i due cartoni ritagliati semi-tridimensionali del 6 agosto 1962: Colazione sull'erba: Donna seduta e Colazione sull'erba: Uomo seduto appoggiato sul gomito.

Della sorprendente scelta di paesaggi mi soffermo su: La Baie de Cannes, 19 aprile-9 giugno 1958.

emilio campanella

Ogni anno il Museo dei Beni Culturali Cappuccini del Convento di Santa Caterina da Genova (a Genova), celebra il Natale e la sua secolare tradizione presepiale, con una mostra che ogni volta ha un punto di vista differente, spaziando nell'amplissima messe di materiali preziosi a disposizione, siano essi antichi o moderni, popolari o nobili, e talvolta principeschi, ma sempre restando nel tema della Nativita', naturalmente, e nell'ambito ligure.

Quest'anno l'esposizione, che si potra' visitare sino all'otto febbraio 2018, s'intitola: I Presepi dei Cappuccini della Liguria, storia delle tradizioni del presepe.

Sono, ovviamente, previste aperture straordinarie per le festivita', visite guidate, conferenze e manifestazioni di vario tipo. Sono capitato casualmente ad una conferenza intorno a Tessuti e monili preziosi nel presepe genovese, tenuta da Davide Odone, artista della filigrana di Campoligure e da Elisa Levrero, restauratrice di tessuti.

L'esposizione si snoda nei begli spazi conventuali, per sale, corridoi e scaloni fra opere pittoriche antiche di gran pregio, di artisti locali e no: Giovanni Battista Gaulli (Il Baciccio), Bernardo e Valerio Castello, Giovanni Battista Carlone, Domenico Fiasella, Pellegro Piola, Andrea De Ferrari, Tintoretto, Jacopo Bassano, Denis Calvaert, fra gli altri.

Nelle vetrine figurine di varie epoche e dimensioni, dai "macachi" del savonese, piccoli, coloratissimi personaggi popolareschi, cugini primi dei "santons" francesi della zona delle Alpes Maritimes, al di là della frontiera, che in tempi non lontanissimi era ancora Liguria: basta fare un giro nel bellissimo centro storico di Nizza, le vieux Nice, per avere l'impressione di trovarsi nel centro storico genovese.

Sono esposte molte figure restaurate settecentesche sicuramente di scuola di Anton Maria Maragliano, e qualcuna, molto probabilmente, uscita dalla sua straordinaria bottega.

Ci sono scene ricostruite: un mercato, persone che si aggirano in esterni urbani antichi, gruppi orientali al seguito dei Magi.

Qui si trovano stoffe preziosissime, del cui restauro ha merito questa iniziativa.

Si tratta molto spesso di sontuosi lacerti provenienti da corredi od abiti da sposa di nobildonne che li avevano donati alla Chiesa.

Laboriosissime suore li smontavano per cucire paramenti sacri ricchissimi, con fili d'oro e d'argento; poi, col tempo, anche i broccati piu' belli si sciupano, ed allora i frammenti piu' intatti venivano adattati per le statue dei presepi.

Alcuni di questi personaggi hanno corone, diademi, le dame hanno collane, orecchini, sui cuscini di tessuti preziosi sono posati scrigni... tutti questi oggetti sono creati in filigrana con la particolarita' di questa tecnica, di poter costruire monili anche molto piccoli e raffinatissimi.

Uno straordinario presepe meccanico dell'artigiano di Carmagnola, Franco Curti, realizzato negli anni trenta del novecento, con cui si conclude la mostra, ricrea: Betania, Gerusalemme, Betlemme, ed in altre vetrine le profezie di Isaia, Michea, Malachia, e La ricerca dell'alloggio.

Quest'ultimo grande diorama ( 40 mq!) mi ha riportato all'infanzia, quando, il pomeriggio del 25, dopo l'abbondantissimo pranzo, si andava a vedere il magico presepe meccanico del Convento dei Cappuccini di S.Barnaba... una personale ricerca del tempo perduto in tempo d'Avvento... tempo Perduto o Ritrovato? Non so ancora... comunque, a tutti, Auguri di Stagione.

emilio campanella

Galata Mevlevi Ensemble, Dervisci Rotanti.

Al Teatro Goldoni di Venezia, il 19 Dicembre, il gruppo di monaci Sufi ha riproposto il suo rituale di trascendenza meditativa dinamica.

Con molto spirituale afflato, siamo stati trasportati in alto dal volo delle anime dei monaci rotanti, tutti, in un teatro piuttosto affollato ed attentissimo sin dall'inizio.

Durante la consacrazione dello spazio scenico rituale, con la ampia introduzione musicale, di quattro musicisti, cui poi si sono aggiunti il percussionista ed il cantore.

Molto concentrativo e coinvolgente, il susseguirsi dei brani atti ad instaurare l'atmosfera e la disposizione degli astanti.

Peccato che nei voluti, e peraltro non lunghi momenti di silenzio, oppure quando servi di scena disponevano il palco per il passaggio successivo, molti colpi di tosse, lo abbiano incrinato quel silenzio voluto. ed importante, ma già, per molti il silenzio è nsopportabile, pur considerando i raffreddori di stagione, ma sempre, anche al cinema, quando gli attori non parlano, qualcuno deve riempire quel silenzio che non sa vivere  come arricchimento di concentrazione.

Poi sono arrivati i quattro monaci danzatori, si e' iniziato il successivo rituale del saluto reiterato e mutuo, con precisa lentezza di movimento.

Importanti e profondi inchini, poi si sono liberati dei mantelli scuri, e sono comparsi gli abiti chiari, le giacche corte ed aperte, le lunghe gonne amplissime che prenderanno movimento con le loro rotazioni, ma,  non ancora, era ancora troppo presto, giri lenti di passi, saluti vicendevoli con il maestro cantore, finche' il primo non ha iniziato a girare su se stesso, ancora con le braccia incrociate sul petto, che lentamente si sono sciolte, si sono abbassate lungo il corpo per subito risalire come ali spiegate verso l'alto, il braccio destro e la mano verso il cielo, la sinistra, morbidamente verso la terra.

Il monaco e' tramite fra noi ed il punto pi˘ alto dello spirito, e veramente tutti e quattro hanno preso il volo con la semplicita' dei loro gesti perfetti. E qui ricordo le parole fondamentali del mio antico maestro di danza: non gesti, ma atti, appunto, non gesti fatti, anche bene, ma vuoti, ed invece atti carichi di senso profondo come questi.

Mentre noi ci lasciamo andare affascinati dalle loro mani, dal movimento fluido delle gambe, dalle teste un poco all'indietro, sotto gli alti copricapi, gli occhi socchiusi nell'estasi, il ritmo musicale accelera sensibilmente.

Sono sette parti del rito cosi' uguale a se stesso e cosi' profondamente diverso ogni volta, che ci cattura, ci coinvolge in quella trance straordinaria. Si desiderebbe che non finisse mai.

Ma, poco a poco, tutto rallenta, si scioglie, ed uno ad uno scivolano via in penombra, inchinandosi, rendendo omaggio al luogo sacralizzato, portando con loro strumenti, stoffe rituali, con molti profondi inchini e saluti reiterati... un breve accenno di applauso spentosi presto ha dato la misura dell'inadeguatezza dei comportamenti nei confronti di questi momenti di teatro sacro, forse avremmo dovuto, tutti, alzarci silenziosamente e rispondere al loro saluto discreto.

Peraltro la situazione e' strana, come in tutte le manifestazioni di questo tipo, che nascono per i luoghi di culto, e vengono proposti in teatro, con pagamento di biglietto. C'e' sempre una discrepanza fra le due cose.                                             

emilio campanella

Attorno al vetro ed il suo riflesso nella pittura.                           

L'amministrazione comunale veneziana ed i Musei Civici Veneziani hanno instaurato un profiquo rapporto di scambio grazie all'iniziativa Corto Circuito che arriva con questa esposizione curiosa e stimolante, ricca e fascinosa, al suo quarto appuntamento, e si e' capito alla conferenza stampa di presentazione, che non sara' l'ultimo data la positivissima risposta del pubblico.

Quindi, dopo il 27 maggio 2018, data di chiusura della manifestazione, sicuramente qualcosa di altro e d'interessante, ci verra' proposto.


La scommessa dello scorso anno e' stata felicemente vinta, le mostre del tragico Centro Culturale Candiani, dove e' ospitata anche questa, sono state visitatissime, nonostante una qualita' non sempre eccelsa, ma molto alta si, bisogna dirlo.

Altro grandissimo successo e' stato quello di Gruppo di famiglia, la magnifica scelta di sculture dalla Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro, di cui parlai mesi fa, allestita in un edificio restaurato di Forte Marghera.

Di Marghera 100 a Palazzo Ducale, non conosco ancora il numero di visitatori.

Medesimo tipo di operazione per legare Venezia e Terraferma, ma nel senso inverso. Tornando ora a Mestre bisogna rendere merito alla qualita' fine, sottile ed intima del lavoro della curatrice: Chiara Squarcina, direttrice del Museo del Vetro di Murano; questo corrisponde al carattere riservato di una persona di grande valore e profondita' culturale e in questa esposizione si coglie l'amore per le scelte, per gli oggetti, la conoscenza profonda della materia e dalla capacita' di offrirla a chi guarda.

Un percorso espositivo ben denso, se si guarda alle vetrine affollatissime di oggetti di varie epoche e di grande pregio, cui fanno da scenografia quadri, che dalle pareti ripropongono e riproducono le medesime forme. Ci sono nature morte antiche e moderne, scene di genere di pittori noti e meno noti, ma anche specchi settecenteschi ed opere in stile di grande qualita'.

La Toeletta, di Pietro Longhi, 1755-1760, dal Museo del Settecento di Ca' Rezzonico, di Venezia, accanto ad una bella coppia di specchi incisi con cornice in legno dorato della meta' del XVIII sec. dal Museo del Vetro da dove provengono i centocinquanta pezzi esposti. Nelle tele di Cristoforo Munari, dalla Collezione Molinari Pradelli, ci sono tavole imbandite, i cui oggetti in vetro si trovano sotto i nostri occhi nelle teche illuminate con arte per farne risaltare forme, colori, riflessi.

Ne La femme arrangeant des fleurs di Federico Zandomeneghi (1896-1900, Studio d'Arte Nicoletta Colombo, Milano) una giovane donna sta, appunto, sistemando dei fiori in un bel vaso che potremo trovare esposto poco lontano.

Di Archimede Bresciani da Gazoldo, viene proposto Donna allo specchio, 1924 (Museo d'Arte Mantovana, Gazoldo degli Ippoliti, MN). La donna che vediamo di spalle, si specchia, sul mobile davanti a lei, un bel vaso "Veronese" ispirato a quelli dipinti, appunto, da Paolo Veronese.

Nel percorso anche la bella tela di Oscar  Sogaro del, 1939, Trasparenze, dalla Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro a Venezia, giustamente scelto per rappresentare la mostra. Una natura morta con cinque vasi di colori e forme differenti ed un grande piatto verde con al centro tre limoni.

Non mancano due Morandi: Natura morta del 1946 e Vasi e bottiglie del 1948 (Ca' Pesaro) e nelle vetrine vasi di vetro lattimo ed alzate come quelle dei quadri. Queste non sono che alcune impressioni di un percorso molto stimolante.                                             
emilio campanella

Egitto: Dei, Faraoni, Uomini. Jesolo Lido, Spazio Aquileia 123 (via Aquileia 123), sino al 15 settembre 2018.

E' molto difficile per un appassionato come me parlare male, ed anche molto male, di una mostra di Egittologia, ma spassionatamente, e passatemi il voluto gioco di parole, temo che non avro' scelta.

La storia si inizio' il sette dicembre quando venne fatta una presentazione in pompa magna, con molte personalita' di varia levatura, tutte entusiaste ed agitate, emozionate e categoricamente convinte di aver compiuto un'opera epocale.

Non si trattava di una conferenza stampa, ma molto di piu', di un'anteprima alla presenza  di insegnanti, scolaresche, personalita'... qualche giornalista.

Venne esposto il lavoro della Polizia Scientifica, intorno alla ricostruzione del volto della cosiddetta Mummia di Asti di cui tutti, ora parlano, e ch'e' l'unico argomento di un qualche interesse, dell'esposizione.

Poi si visito' cio' ch'era allestito, ed era piu o meno il sessanta per cento... non male visto che l'apertura era prevista per il ventisei dicembre.

Presi una buona quantita' di appunti, guardai con attenzione l'accurato pre-catalogo edito da Antigua e decisi di aspettare una seconda visita a realizzazione conclusa.

Ebbi l'assicurazione dalla curatrice, che si stava lavorando al catalogo-strumento di lavoro indispensabile per essere esaurientie - e rientrai avendo un mio punto di vista non troppo negativo. Mi  scontrai con il feroce giudizio di una collega.

A cose fatte il mio lo sara' molto di piu', purtroppo.

La mostra viene decantata come divulgativa e se questo puo' essere un pregio, non lo e' sempre, soprattutto se, come in questo caso, si tende verso il basso e nella direzione di una trattazione semplicistica degli argomenti.

Sull'esterno del capannone che si presenta come un baraccone da Luna Park Egittizzante, cui il pubblico accede dopo una lunga, paziente coda, decorato con piramidi ben note (Gizah), il titolo della mostra, scritto in grande -mancano solo lampadine colorate rutilanti-, l'elenco degli enti prestatori.

Poco lontano una risibile piramidina di sabbia protetta da una triste tettoietta da gazebo.

Si entra, il prezzo e' importante, e ci si trova in una in una sala che finge un mare con rocce; una nave antica con molti volenterosi rematori, naviga senza muoversi, disegnata in video.

Dall'Adriatico, al Mediterraneo ( come se non fosse lo stesso mare, mah!), al Nilo, e ci s'infila in uno stretto corridoio dove tutti cercano di capire il percorso del grande fiume. Poi si passa sbrigativamente ai Faraoni, alle Dinastie, agli Dei,
L'Oltretomba, e qui ci sono abili ricostruzioni scenografiche tridimensionali a grandezza naturale delle fasi della mummificazione, accurate e scientificamente corrette, come nei disegni di certi buoni libri di scuola (Il Museo di Masada ha cose simili), ma poi si sale di un piano e la sezione delle Regine e' il punto più basso, scenograficamente, come ricostruzione, come scelte baraccone neppure coraggiose; due costumi di Aida su tremendi manichini di plastica bianca... di chi sono quei costumi... mah, chissa'!?

Si ridiscende e s'incontra la ricostruzione ambientale e fotografica in scala 1:1 della camera mortuaria di Tutankhamon, ed anche quella di Pashedu (importante artigiano della citta' operaia di Deir el Medina cui Torino dedico' l'interessantissima mostra di Palazzo Bricherasio nel 2003: Gli Artisti del Faraone), gia' vista a Padova, due anni or sono a Palazzo Zuckermann.

Poi si arriva finalmente alla Mummia di Asti ed agli interessanti studi che la coinvolgono, ed in piu', al raffronto con un sarcofago proveniente del Museo Archeologico di Firenze che ha una rara decorazione floreale dello stesso genere. Durante il percorso, altri reperti dal Civico Museo ARcheologico di Asti, come da altri musei "minori" italiani di tutto rispetto.

Sbrigativamente ci si occupa degli Scribi, ed ancora piu' superficialmente dell'Egittomania, per arrivare ad una sala finale di spezzoni cinematografici di baracconate egittizzanti, e poi fuori, il giro nel padiglione egizio del Parco Divertimenti e' finito. Antigua ha pubblicato un secondo pre-catalogo. Mi terro' informato sull'uscita di quello definitivo.

Certo il ritardo non puo' che essere dovuto alla mancanza della decina di reperti attesi dal Museo del Cairo e non arrivati, e' presente soltanto la copia di un anello realizzato su concessione di quel museo, e di collezione privata! In effetti, alla luce di questo fatto, sembra che gli spazi siano stati riorganizzati per supplire ai vuoti, infatti una base dove doveva essere sistemata la sfinge del Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco di Roma, èdiventato un sedile, e la statua e' a fine percorso.

Ci sono reperti curiosi, alcuni molto belli, come la testa in basalto, del I sec. a.C. dal Civico Museo di Storia ed Arte di Trieste.

I papiri esposti sono tutte copie, per quanto pregevoli; non mancano opere contemporanee su ispirazione egizia, di cui si farebbe volentieri a meno, come di certi pezzi da collezioni private ...per lo meno sospetti.

Occasione mancata? Non so, economicamente, probabilmente no; certo i nomi del comitato scientifico sono importanti, eppure il risultato e' misero, e non lo dico solo per le troppe giocattolerie multimediali, e' bene che i ragazzi si divertano, ma bisognerebbe anche insegnare, non solo raccontare delle storielle.


emilio campanella

Dopo alcuni mesi, e' finalmente giunta, e meritava l'attesa, la pubblicazione relativa agli affreschi staccati, provenienti da Palazzo Valmarana Franco di Vicenza.

Come scritto precedentemente saranno sicuramente visibili nell'ultima sala del Palladio Museum di Palazzo Barbaran da Porto, sino al 17 giugno prossimo, ma, presumibilmente, come dichiarato alla presentaione dei primi giorni di novembre, per un lungo prestito anche in previsione del restauro.

Officina Edizioni, ha dunque edito l'agile volume in quarto, con molte illustrazioni e dei dipinti allo stato attuale ed in una serie di foto in nero del 1944 (Ferruzzi), anno precedente il devastante bombardamento del 18 marzo 1945 che colpi' l'adiacente Palazzo Trento Valmarana; questa serie di immagini comprende anche fotografie delle parti disperse degli affreschi (alcune collocate attualmente presso l'Hotel Hilton di Roma).

Il saggio di Mariastella Vecchiato, Gli affreschi di Giandomenico Tiepolo, dallo strappo alla dispersione, ne espone la complessa vicenda. Il catalogo, insieme con i saggi storico critici, presenta i prospetti con la ricostruzione  del ciclo di dipinti nella loro collocazione originale nel salone del palazzo, cosi' come il racconto della storia critica delle opere che vediamo, negli scritti di Fausto Franco, puntualmente riportati da Giovanna Battista: "La prima regola dell'Arte", Il pensiero di Fausto Franco attraverso alcuni suoi scritti.

Il godibile saggio di Guido Beltramini: Vicenza 1773 abilmente evoca l'atmosfera del tempo e nelle immagini raffronta i dipinti di Tiepolo con la scena del Teatro Olimpico e con Villa Capra, La Rotonda, di Vicenza.

Gli altri saggi sono di Fabrizio Magani: Una storia piu' forte del destino, Giandomenico Tiepolo a Palazzo Valmarana Franco; Luca Fabbri; Il ciclo con le fatiche di Ercole; Simone Baldissini e Carlotta Bertoncello (che cura anche le schede delle opere): La disposizione originaria.

Una bella occasione di approfondimento e' stata quella di rivedere gli affreschi nella calma sonnacchiosa di una tarda mattinata di Gennaio, in una Vicenza inaspettatamente assolata ed assediata dalle nebbie circostanti. Il silenzio e la tranquillita' della sala, le possenti figure di semidei evocate dalla penombra, i fauni sornioni che si affacciano da frontoni e trabeazioni arditamente creati a reinventare la scena del teatro palladiano/scamozziano.

Un'esperienza che consiglio con il volume sottobraccio, cosi' da poterlo consultare. Tanto si puo' stare sicuri che le folle e le code saranno dall'altra parte di Corso Palladio, qui calma, bellezza e cultura.


emilio campanella

Il mondo che non c'era. Cosi' s'intitola la nuova mostra della Collezione Ligabue, ospitata dall'Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, sino al 30 giugno prossimo a Palazzo Loredan, in Campo S.Stefano, a Venezia.

L'esposiione conclude il proprio percorso in Italia, dopo Firenze e Napoli.  Presentata con particolare accuratezza ed illuminata con grande attenzione ha dalla sua la stessa competenza scientifica che caratterizzava la manifestazione dello scorso anno, dedicata alla scrittura, nello stesso luogo e della medesima Fondazione Ligabue.

Con intelligenza, la mostra viene contestualizzata a Venezia, per quanto in quel momento storico, gia' difficile per la Repubblica, la via del nuovo mondo risultasse mettere ulteriormente in crisi i commerci della Serenissima ch'erano rivolti in tutt'altra direzione. E' importante, comunque, sapere che Venezia fu, nel cinquecento, seconda solo a Parigi, per numero di pubblicazioni intorno alle Americhe, come e' importante ricordare che il nome Veneuela, proviene da Venezietta.

La prima sala e' dedicata ai viaggi, ai percorsi, al grande errore dei primi navigatori che pensavano di essere arrivati in Asia e si trovarono di fronte culture autoctone di grandissima importanza e lunga storia. La violenza europea saccheggio', devasto', stermino' senza pietà considerando le persone incontrate meno che animali. Fu lungo il percorso per arrivare ad ammettere che quelle creature avevano un'anima.

A questo contribui' fortemente l'impressione profonda suscitata in Europa, dai manufatti di quelle culture, di grande perizia tecnica, di grandissima bellezza formale. Indirettamente i barbari conquistatori arrivarono ad ammettere l'umanita' dei conquistati, grazie alla loro sensibilita' artistica, dimostrata con la scultura, l'eleganza delle terrecotte...e credo che la loro architettura non abbia potuto che sorprendere i bruti che razziavano tutto cio' che trovavano senza alcun rispetto. Questo pero' non li fermo' nel loro sistematico genocidio, anche perche' accecati dall'oro di splendidi oggetti sacri e rituali che ne accendevano le brame.

Questa mostra che espone oltre centocinquanta oggetti di svariato tipo e numerosissime culture, cerca di fare il punto della situazione e riequilibrare un po' le conoscenze delle civilta' di centro e sud America, quindi non solo Maya, Aztechi, Inca, certo anche loro, ovviamente, ma tutti gli altri come Olmechi, Toltechi, Nazca, Charrera, Tiahuanaco-huari, Chancay, Chimu'...scegliendo una manciata di nomi scorrendo il bellissimo catalogo edito dalla Fondazione e stampato con grandissima cura da Antiga. Se il titolo si riferisce al Mondo Nuovo, inaspettato pensando di incontrare un continente noto, da parte del genovese(?) Cristoforo Colombo, seguito poi da Giovanni Caboto che viaggiava per conto della Repubblica di Venezia ed dal fiorentino Amerigo Vespucci che al nuovo continente diede il proprio nome( da lui anche il nome del Veneuela), quando si comincio' a capire che le Indie Occidentali erano proprio un continente a se' stante.

Le suggestioni estetiche della mostra potrebbero bastare a provocare grandi emozioni, come accade, naturalmente, ma l'apparato informativo ampio e volendo, molto approfondito, anche grazie ai supporti multimediali di ammirevole discrezione ed efficacia permette di entrare maggiormente nella conoscenza dei temi affrontati. Molti intelligenti stimoli legati ai reperti esposti grazie ai quali si parla della vita, della morte, del gioco, degli uomini, degli dËi, della natura e delle coltivazioni delle molte piante sconosciute al vecchio mondo.

Rimarchevole la scelta di bellissimi tessuti perfettamente conservati, dai colori sgargianti, di differenti culture e datati dal 100 al 1500 della nostra era. Una bella mostra a volo d'uccello, piena di suggestioni e stimoli di approfondimento, che insegna come si possa educare alla bellezza, spiegare un continente lontano e le sue straordinarie, innumerevoli culture, con rigore, intelligenza e rispetto, per quelle civilta' e per i visitatori.


emilio campanella

Genovesino, natura e Invenzione nella pittura del Seicento a Cremona                           

Ancora soltanto sino al quattro febbraio prossimo, (dopo la proroga, siccome doveva chiudersi il sei gennaio scorso), sara' possibile visitare la bella mostra dedicata a Luigi Miradori, detto Il Genovesino, a Cremona, al Museo Civico "Ala Ponzone".

Prima mostra dedicata ad un pittore decisamente sorprendente che acquisì dai contemporanei e rielaboro' un suo stile forte e personale e molto influenzo' intorno a se'.

Quella curata da Francesco Frangi, Valerio Guazzoni e Marco Tanzi e', come detto, la prima dedicata all'artista, ed il primo testo nel bel catalogo edito da Officina Libraria e' intitolato: Finalmente Genovesino, porta la firma dei tre curatori, affronta il tema delle "Stagioni della critica" e fa un po' la storia delle sfortune (nemo propheta est in patria) e delle fortune critiche, appunto, attraverso i secoli, e fino al meritato riconoscimento di questi mesi, opportunamente dedicatogli.

Si mosse e studio', vide ed esperimento' fra Genova, discussa come patria natale, Piacenza e Milano; guardo' molto alle incisioni riproducenti tele famose di grandi artisti del tempo, ne riprese i temi trasformandoli con la propria sensibilita', assorbendo influenze importanti e formandosi una forte personalita' grazie agli impasti cromatici densi, gli impianti teatrali particolarmente arditi anche per il tempo, lo studio approfondito ed attento delle luci.

Tutto questo in costruzioni di macchine scenotecnicamente perfette, dalle scenografie di rocce irte ed impervie in cui vivono santi dalla vita pulsante. Prodigiosi gli sfondamenti spaziali fra proscenio dove si svolge la scena madre od il soliloquio dei protagonisti e gli sfondi anche lontanissimi dopo varie quinte intermedie.

Non a caso ho scelto questa serie di metafore, e non solo per il mio amore a tutto tondo per il teatro, ma proprio perche' quella era un'epoca in cui la rappresentazione pittorica aveva assunto una straordinaria capacita' di costruzione dello spazio ed evocazione fisica delle scene dipinte, da non poter essere disgiunta dalla contemporanea presenza del teatro musicale e no che assumeva sempre maggiore importanza.

Il caso di Miradori e' a suo modo, speciale, anche grazie alle influenze iberiche che caricano la sua pittura di pathos e di forza espressiva non comune. Una citazione per tutte, il: Riposo durante la fuga in Egitto, da S.Imerio in Cremona, del 1631; una tela sorprendente per impianto e profondita'.

In primo piano, alla sinistra di chi guarda la  Sacra Famiglia attorniata ed accudita da angeli solleciti e trepidi. Giuseppe elegante e pensoso, Maria guarda il suo bambino adagiato in grembo come una prefigurazione della Pieta'.

Dietro di loro, architetture dirute da presepe napoletano, ed anche genovese ed a mezz'aria un volo di angeli straordinariamente vivaci a vegliare il sonno del "dolce principe", ci verrebbe da dire.

Sulla sinistra, in basso, poco arretrato in confronto alla scena principale, un altro piccolo angelo, bellissimo, bruno, ci guarda serio mentre tiene il sacco da cui mangia, tranquillo l'asino. Piu' indietro, sullo sfondo, ed ancora piu' arretrate in successivi sfondamenti spaziali architettonici le affollatissime atrocita' della Strage degli Innocenti.

La famigliola e' appena sfuggita alla follia assassina di Erode. Una scena molto attuale, a saper guardare! Un particolare da questa magnifica tela, con al centro il bimbo alato e l'asino, e' stato scelto per la copertina del catalogo.


emilio campanella