Le recensioni di Emilio Campanella: Marzo 2003


BRESCIA ROMANA

Premesso che una visita al complesso di S.Giulia e' sempre un grande piacere. Premesso che fare anche solo un giro veloce (purtroppo, e spieghero' perche') in questo magnifico museo e' un'emozione sempre forte.

Premesso che il palinsesto di epoche che costituisce questo luogo e' strabiliante per ricchezza e varieta' a partire da S.Salvatore con gli affreschi rinascimentali, per non parlare della piccola chiesa di S.Maria in Solario cui si accede attraverso una stretta scala di pietra che sembra portare in paradiso, ed una volta arrivati, guardando il soffitto trapunto di stelle d'oro, quasi quasi ci si crede, per arrivare, a ritroso, alla sezione romana ch'e' al centro del discorso.

Bisogna dire che la presentazione, sotto il titolo BRESCIA ROMANA, di nuovi scavi sotto l'orto e nel chiostro del convento di S.Giulia, di un gruppo di domus di eta' imperiale, ha avuto l'aria per lo meno, sbrigativa, e se le 'prolusioni' sono state sintetiche, ed anche troppo per me che sono appassionato di archeologia, le visite, a parte una delle sezioni che compongono la manifestazione: L'AFRODITE RITROVATA che presenta la vittoria alata simbolo della citta', senza le ali di epoca romana aggiunte a quello ch'era un originale bronzeo greco, confrontata con l'Afrodite di Capua proveniente dal Museo Nazionale Archeologico di Napoli affiancate in un suggestivo padiglione ovale creato per l'occasione da Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni, e che dall'esterno costituisce un interessante cilindro "posato" in uno dei chiostri, sono state a scavi ancora MOLTO in progress, e fortemente suggestivi proprio per questo, e' vero, ma un po' scomodi siccome delle due straordinarie Domus, dette, dell' Ortaglia, la maggioranza dei mosaici siamo stati costretti ad intravvederli un po' di sguincio, non essendo ancora accessibili i progettati, futuri percorsi di visita, per cui la piccola biblioteca che ci e' stata fornita (3 cataloghi!) risulta particolarmente preziosa per fissare nella memoria quello che di sontuoso (e non e' poco) sarebbe doveroso rivedere nelle previste condizioni normali, in un prossimo futuro. Ad un certo punto eravamo inseguiti dalle donne delle pulizie che cercavano di spazzarci come le polveri di cui si stavano occupando. Peraltro un vernissage per la stampa alle 12 (che poi, ovviamente, diventano le 13!) ed una inaugurazione ufficiale con le autorita' alle 17 del medesimo giorno, mi sembrano un po' tirate!

Nonostante tutto bisogna dire che la qualita' degli scavi e' tale da lasciare ricordi veramente emozionanti. Si tratta, come dicevo, di due domus di eta' imperiale: quella di Dionisio che prende il nome da un mosaico rappresentante il dio, che avvevera una pantera con un rythón, e quella delle Fontane che rappresenta un esempio particolarmente interessante di impianto idrico all'interno di una abitazione, infatti ancora sono visibili le canalizzazioni che portavano, appunto, all fonti d'acqua nei diversi ambienti. Si trattava di uno speciale riconoscimento concesso al proprietario per meriti nei confronti dello stato (come un'onorificienza) e destinato a decadere alla morte di quest'ultimo.

Le abitazioni sono contigue ed hanno frammenti di pavimentazioni con decorazioni musive geometriche e figurative al livello degli splendori piu' noti di quella epoca. Sono visibili (per ora poco!) anche frammenti pittorici di grande bellezza con i temi ricorrenti nei varî stili di quei secoli, quindi, maschere tragiche, pennuti sullo sfondo di vegetali, pigmei in scene nilotiche; ancora mosaici con brocche, vasi, motivi floreali dai vividi colori, ed altri astratti anche in nero e bianco.

Cacciati via dopo un frettoloso buffet in cui sgarbati e rustici camerieri mal sopportavano gli affamati giornalisti (che nostalgia la cortesia ferrarese di solo qualche settimana fa!), abbiamo fatto un giro in citta' incontrando discutibili banchetti da campagna elettorale proprio sotto il Teatro Grande (chiuso per restauri) e poi curiosando qualche bella chiesa ... eh, si', certo, anche uno strepitoso Moretto a S.Francesco prima di saltare sul treno del ritorno.

emilio campanella


IL VEDUTISTA VAN WITTEL DA ROMA A VENEZIA

Ci sono messi in tre per organizzare una mostra, bisogna dire, di livello: IL CHIOSTRO DEL BRAMANTE, i MUSEI CIVICI VENEZIANI e la FONDAZIONE CINI. Benche', ad onor del vero, anche la rivalita', possa dare dei risultati oltremodo stimolanti, infatti, solo qualche anno fa, questo rapporto competitivo aveva portato ad una gara straordinaria fra la Fondazione Cini, appunto, che aveva proposto una magnifica esposizione sui primi anni di Canaletto nei proprî spazî, ed i Musei Civici Veneziani, una scelta memorabile (e per me che amo visceralmente questo pittore, irrinunciabile!) di Bernardo Bellotto, quindi zio e nipote riproponendone l'antica "rivalita'".

Questa volta, invece, GASPARE VANVITTELLI e le origini del vedutismo, gia' vista a Roma, risulta da una collaborazione, e se la' c'erano alcune vedute in piu', a Venezia ci sono intere sezioni aggiunte: Joseph Heintz il giovane e Luca Carlevarijs presente anche con incisioni ed alcuni magnifici disegni di natanti dalle collezioni del museo ospite, veramente notevoli.

Vero e' che rivedere le mostre in sedi differenti risulta sempre stimolante, ed in questo caso, e' chiaro da subito: nel cambio si guadagna notevolmente, infatti, i pur begli spazî romani erano, il piu' delle volte, ristretti per il respiro delle tele aldila' dell'ambiente completamente chiuso (perdendo la bellezza architetonica del chiostro) cui, invece, qui siamo abituati da anni, e purtroppo, la', un progetto espositivo, direi, poco presente contrariamente a quello veneziano che, pur nella grande discrezione, valorizza le opere: e' il caso della sala dei disegni per cui si e' scelto un bleu alle pareti, che contrasta e mette in risalto la grana delle carta ed il segno dell'artista. Non bisogna ripetere che quello del Museo Correr e' di per se uno spazio espositivo ideale, ed in questo caso, utilizzato al meglio, un altro esempio: le vetrine a parete per i dipinti di piccole dimensioni appoggiati a pannelli inclinati per agevolarne la fruizione, e belle stoffe "buttate" ad arte dello stesso bel colore di cui sopra.

La maggioranza dei soggetti riguarda vedute di Roma ed e', come sempre, curioso raffrontare con l'immagine attuale delle citta', cosi' come accade per Napoli; il discorso a parte rappresenta Venezia, le cui differenze sono, invece, minime. Qui si ribadisce l'importanza storica di questo genere pittorico per uno studio dell'evoluzione del passaggio e delle strutture dei centri urbani, per tacere dell'importanza di queste documentazioni in caso di ricostruzioni.

Altro discorso si fa intorno alle immaginarie invenzioni che ricreano paesaggi mescolando fantasticamente la realta', e qui il gusto e la cultura olandese risultano piu' forti, pur essendo sempre molto presenti nella cura del particolare e per la fitta episodica che coinvolge gli "attori" dei quadri: nei fiumi c'e' sempre qualcuno che fa il bagno o che nuota, sulle piazze compaiono spesso figure ammantate di mendicanti, ma anche ai piedi della Salute; non mancano cagnolini intenti alle piu' svariate attivita'... anche censurabili!

Stimolante il raffronto di differenti versioni del medesimo soggetto, e delle tele realizzate dopo aver esaminato i disegni preparatorî.

La mostra vale da sola un viaggio in laguna.

emilio campanella


SHAKESPEARE NELL'ARTE A PALAZZO DEI DIAMANTI A FERRARA

In questa stimolante mostra da poco inaugurata a Ferrara ci si trova, appena entrati, in compagnia di una folla di personaggi, attorniati da voci che si incrociano, atmosfere che si materializzano da una tela all'altra (86 opere nell'abituale percorso espositivo, direi, di dimensione ideale), e se la qualita' delle opere non e' sempre del medesimo livello, e' pero', sempre interessantissimo cogliere lo sguardo di una certa epoca su di un personaggio o l'atmosfera di un'opera teatrale.

Attori, scene, bozzetti, streghe, folletti, regine, re sanguinarî, fantasmi, e poi tutto da capo: ancora Riccardo III, Lady Macbeth, Titania, Ariel, Lear, Falstaff rivisitati da altri artisti. Romeo e Giulietta di Hayez, ma anche di Feuerbach; il grande Garrick che interpreta Riccardo III visto da Nathaniel Dance-Holland, ma anche Charles Macklin come Shylock da J.J. Zoffany che ritrae Garrick e Anna Pritchard come Lord e Lady Macbeth in sontuosi abiti settecenteschi o Peter van Bleeck che rappresenta Mrs. Cibber come Cordelia elegantissima in rasi e sete in un allestimento di Tate del 1681. Tutto questo e altro in quest'esposizione, parte di un'ampia manifestazione intitolata Shakespeare e le arti che coinvolgera' la citta' per varî mesi, fra concerti, spettacoli, convegni, rassegne cinematografiche.

Nella mostra molti temi, molti episodî, molti personaggi ricorrono poiche', come veniva fatto notare alla presentazione, in temi si ritrovano, essendo il repertorio, sino a tutto l'800, limitato ad una decina di testi, poco piu', poco meno, cosicche' risulta estremamente interessante raffrontare attori differenti per gesto e personalita' (ed al di la' delle cronache del tempo li vediamo fermati nel gestire che anima i loro personaggi), stile interpretativo e carattere, come e' curioso vedere le medesime situazioni colte in maniera diversissima in tele l'una accanto all'altra.

C'e' un abisso, ad esempio, fra i "coniugi" Macbeth allucinati ed inquietanti di Füssli e quelli elegantissimi di Zoffany appena citati. Sorprende il nostro "Zuccarelli" con il suo Macbeth, Banquo e le streghe, lontanissimo dai suoi temi abituali. Hogarth che apre il percorso con Falstaff che recluta le proprie truppe ed una scena della Tempesta che ha curiosamente l'impianto di un'annunciazione. Temi maggiormente frequenti sono quelli che ruotano intorno al Sogno...con tutto il suo repertorio di Fe'eries dal Bottom e Titania di Füssli (da poco visto al Kunsthaus di Zurigo) ed un Maclise in cui lo stesso Bottom e' liberato dall'incantesimo: un'esplosione dinamica e visionaria eccezionale.

S'incontrano spesso Macbeth e Banquo nella brughiera ed in straordinarî paesaggi corruschi come in John Martin e lo stesso tema, ovviamente diversissimo ancora in Füssli, e sempre suo un trio di streghe in primo piano, famosissimo, tutto sui toni dell'azzurro verde (da Stratford), mentre il suo quasi gemello di Zurigo e' tutto sul bruno-rosso.

C'e' un bel piccolo gruppo di Delacroix ed una serie di Blake da capogiro, due Moreau ed un Turner mozzafiato, ma anche altro che non cito poiche' un magnifico catalogo e' gia' stato pubblicato e la mostra restera' aperta sino al 15 giugno, poi a Londra dal 16 luglio al 19 ottobre.

emilio campanella