Le recensioni di Emilio Campanella: Febbraio 2002

IL VOTO E' SEGRETO

THE DEATH OF KLINGHOFFER

TON TON E I TRE ORSI

VENEZIA LVIII

COSI FAN TUTTE AL MALIBRAN


IL VOTO E' SEGRETO

 

Un letto a castello, una tenda, una spiaggia sassosa: un soldato entra in campo il rombo di un aeroplano, un paracadute e una cassa scendono silenziosamente, il soldato recupera il materiale e sveglia il commilitone per il suo turno di guardia; quando si alza ci accorgiamo che non è un tipo da lasciare indifferenti il primo soldato si corica, il secondo si prepara il té, intanto arriva una barca dalla quale scende una giovane donna a piedi nudi (secondo il regista questo potrebbe essere un elemento per bloccare il film in sede di censura, in patria) si siede su di un masso, scuote la sabbia dalle dita, infila la calza e gli stivaletti, poi si presenta al soldato come commissario elettorale e chiede il contenuto della cassa: l'urna (una scatola di cartone con una feritoia, rivestita di carta bianca), le schede, la lista elettorale.

Inizia così il bel film di Babek Payami "il voto è segreto" premiato con il Premio Speciale della Giuria" all'ultima Mostra del Cinema di Venezia. La situazione crea perplessità perché i militari si aspettavano, ovviamente, un uomo, ma non si perde d'animo e con molta decisione riesce a farsi accompagnare in jeep (come da ordini superiori) in giro per la piccola isola circondata da un mare di grande bellezza, a "inseguire" gli elettori talvolta terrorizzati dal veicolo militare e dal soldato armato.

Tutto si svolge in una giornata dalle otto del mattino alle diciassette, quando la barca ritornerà. L'ostinata ragazza non lascerà nulla di intentato, e se l'impianto narrativo può risultare piuttosto tradizionale ed il rapporto di pudica attrazione fra i due giovani prevedibile, il soggetto è, però, svolto con coerenza e non sono pochi i momenti di divertimento (per noi) in situazioni dove la fatica per far comprendere il diritto di voto è enorme. C'è chi si presenta con dieci donne e pretende di votare in loro vece; chi vota un candidato assente dalle liste perché lo conosce personalmente, e il guardiano del faro che pretende di votare dio in persona ! Tutto questo fotografato magnificamente in luoghi di grande desolazione dove in una vita dai ritmi medioevali la gente usa quantità spaventosa di oggetti di plastica.

C'è un episodio particolarmente illuminante in cui la protagonista entra (e non dovrebbe) in un cimitero dove sono radunati tutti gli uomini del villaggio che non intendono minimamente avvalersi del loro diritto, incontrerà una vedova, una bellissima donna ammantata di nero che, rassegnata, le domanderà (dal fondo del suo abisso) se sia veramente convinta che un voto possa cambiare le cose, e lei risponderà di sì, che poco a poco potranno cambiare, e questo è il senso di un film di grande onestà. Altre volte, però gli episodi hanno un esito positivo, come quando, affittata una barca, lei e il suo bel rematore (sempre il soldato dai bellissimi occhi e dalle labbra sensuali) raggiungeranno i pescatori e riusciranno a farli votare.

Di ritorno all'accampamento il timore è che dato il lieve ritardo la barca sia già passata, ma dopo poco, trasecolati, vedremo comparire un aereo di linea che atterrerà proprio per lei !

Una chiusa molto ironica e un po' surreale.

 

Emilio Campanella



THE DEATH OF KLINGHOFFER

 

Le opere di John Adams non sembrano avere fortuna, sinora, in Italia, infatti Nixon in China (1987) non è mai stata rappresentata e per ascoltare "the Death of Klinghoffer" abbiamo dovuto aspettare oltre dieci anni.

Grazie, dunque al Teatro Comunale di Ferrara che l'ha prodotta (in collaborazione con Modena) e ha così inaugurato la sua "piccola" stagione operistica (piccola non poi così tanto, visto che conta quattro titoli) con quest'opera quanto mai scomoda per varie ragioni, in primis a causa del vespaio diplomatico che suscitò il tragico sequestro dell'Achille Lauro conclusosi, poi, con l'uccisione di un cittadino ebreo americano, da parte di terroristi nel 1985.

Tema indubbiamente arduo e rischioso se si pensa alla scommessa di renderlo con le convenzioni dell'opera, e infatti Adams opta per una soluzione praticamente oratoriale e uno stile solo parzialmente "ripetitivo", ma piuttosto evocativo descrittivo, e teso e drammatico nelle parti corali, notevoli per intensità anche grazie al libretto di Alice Goodman che nonostante alti e bassi ha momenti di grande forza, e, discusso per questo, sceglie una posizione "pacifista" dando voce alla sofferenza di entrambi i popoli coinvolti nella tragedia.

La regia di Denis Kreif, prosciugata e misurata, ambientata in uno spazio unico a vari piani metallici collegati da scale, come ponti di una nave, appunto, si avvale di pannelli con proiezioni dei testi corali, e di uno schermo lontano nel quale vola un gabbiano solitario citato anche nel testo.

L'azione ha vari piani narrativi sfalsati e gioca talvolta sul futuro anteriore cinematografico nel quale voci di sopravvissuti (nonna svizzera, donna austriaca, ballerina inglese interpretata da Damiana Pinti) raccontano la loro esperienza durante il sequestro. In contrasto, i mondi e le aspirazioni del Captano (Giampiero Ruggeri) e Mamoud (Gabriele Ribis). Klinghoffer (l'intenso Roberto Abbondanza a dispetto dell'esiguità del ruolo) e la moglie Marilyn (Paola Pelliciari, anche drammaticamente notevole) da una parte e "Rambo" (Filippo Morace giustamente violento) dall'altra nel nodo drammatico più forte che prelude all'uccisione del protagonista.

Il coraggio della scelta di programma è maggiore specialmente in questo momento di crisi internazionale, e ribadisce l'attualità del fatto essendo la decisione datata già da diversi mesi.

Jonathan Webb conduce con attenzione l'orchestra locale che lo segue con attenzione, così come il coro di Martino Faggiani.

Rimane un unico dubbio, se e quanto un'operazione musicale di questo tipo soffra delle convenzioni stilistiche di cui sopra, pur con un esito complessivo positivo e interessante.

 

Emilio Campanella



TON TON E I TRE ORSI

 

Ovvero "Hollywood Hong Kong" scritto e diretto da Fruit Chan: l'unico film veramente ursino presentato alla 68° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia Ton Ton abita a Hollywood, i tre orsi nella bidonville che sta pewr essere demolita, giusto sotto, lei in alto, come in un paradiso di grattacieli dai quali domina i tetti di lamiera e il brulicare di vite nel quartiere di Hong Kong di cui H. è una zona residenziale; i tre orsi : Mr Chu (Glen Chin), Ming (Ho Sai-Man) il figlio maggiore e Tiny (Leung Sze-Ping) quello minore. Si occupano di maiali, li allevano come nel caso della loro mascotte Mama, li macellano, li arrostiscono, li laccano.

Un giorno Tiny incontra Ton Ton e la porta in negozio e a casa. Nasce una grande amicizia e l'orsobabbo senza dir nulla rimane affascinato dalla ragazza tanto da non servirsi più dei servigi del giovane ruffiano della zona che gli procura ragazzine da quando la moglie se n'è andata, e da rifiutare le tenerezze della dipendente che farà fare, involontariamente, una pessima fine ed andrà ad arricchire il pasto di Mama (un lontano omaggio a Pasolini ?). Pian piano veniamo a comprendere che la protagonista fa parte di un'organizzazione che ricatta chi "ha a che fare con lui" con minacce legali data la (non vera) minore età di lei. Chi paga lo farà per lungo tempo, mentre i restii avranno una mano mozzata, e qui c'è tutta una serie di efferatezze raccontate con un tale umorismo da risultare esilaranti: come Tiny che corre sino a una chirurga/medicona con un secchiello/freezer contenente un atro volato sul suo tetto e riattaccato alla persona sbagliata ! L'orsobabbo pagherà, dopo averla vista dondolarsi dall'altalena di suo figlio, cosa che farà anche lui in una delle scene più belle del film, sull'altalena, sogno di volo e di libertà, ma forse, soprattutto metafora sessuale già emozionante quando è lei a farsi cullare e accarezzare dall'aria, quando il protagonista è lui è assolutamente magica. Non sappiamo se Mr. Chu abbia "consumato" o meno poiché lo vediamo solo in un risveglio "bagnato" nel suo lettuccio/lettone di grande tenerezza. Anche Ming viene sedotto in una scena eroticissima nella quale gronda sudore arrostendo maialetti (poveri !), lei lo deterge partendo dalla fronte per poi arrivare ai pettorali e alla bellissima pancia quando, come un fuscello, la solleva e come dicono le persone educate "la fa sua".

Solo che Ming non è suo padre ed innamoratissimo e deluso ( è il suo primo amore ?) sceglie di vendicarsi, ma arriverà troppo tardi mentre Tiny cercherà di avvertirla poiché lei è già partita per Hollywood, quella vera da cui spedirà una cartolina che vedremo gettare, dal postino, nella cassetta del negozio mentre i nostri orsi sono sul camion dove li abbiamo trovati all'inizio, con un finale ciclico.

Condotto con molto spirito e con mano leggera anche nei momenti duri della vicenda, ha deluso chi si aspettava sviluppi sociologicamente più approfonditi da una storia che ha, invece, molto della favola e in cui si possono trovare elementi tradizionali, come un riferimento alle donne/volpe, magiche seduttrici e pericolose della tradizione cinese, e un mondo alto e basso/Hollywood come il cielo, quello degli dei, e la bidonville quello degli uomini cui talvolta la divinità si mescolano creando come sempre guai !

Il film più ursino della mostra, dunque, è una cara apoteosi di carni suine e umane, queste ultime, mostrate ed esaltate con grande gusto: i titoli di testa sono timbri sulla pelle delle bestie e su quelle degli attori.

 

Emilio Campanella



VENEZIA LVIII

 

Secondo alcuni una mostra troppo ricca di proposte, secondo altri di scarsa qualità a dispetto delle opere proposte molti film, sì, ma secondo me MAI troppi, eppoi si aspetta sempre il capolavoro che non arriva, e se mai giunge ci si rende conto mesi dopo, quindi, meglio lodare una volta di più l'organizzazione sempre più efficiente, la cortesia del personale e la signorilità di un direttore che rimpiangeremo.

Mi divertirò ora a fare l'abituale excursus ponendo l'accento sul mare, presenza frequentissima e talvolta preponderante nella maggior parte delle pellicole. Un altro tema, per fortuna meno frequente è stato quello delle delusioni subite da alcuni dei registi che amo maggiormente.

Inizio con il RUMOROSO DUST di Milcho Manchevski del quale già non avevo amato il precedente "Before the rain" e che qui costruisce una storiona che si trasforma, poi in un western macedone dopo essere partito da una trucida storia contemporanea.

HAIXIAN (Seafood) di Zhu Wen vede maltrattare una povera prostituta attratta dal suicidio da un poliziotto anche un po' "macro".

Y TU MAMA TAMBIEN di Alfonso Cuaron parte come una storia di adolescenti per finire sul lacrimoso mescolando i rapporti fra ragazzi (ma molto meglio Krampack) e vicende dal finale strappalacrime, e tutto eccessivamente verboso; anche qui, come nel precedente, molto mare.

AGUA E SAL di Teresa di Villaverde sì, sì, come acqua di mare, della quale ricorda con emozione Tres Irmaos è una storia marina, appunto, dilatata e che perde i fili da tutte le parti, e che si salva per la presenza di Galatea Ranzi oltre all'amichevole partecipazione di Maria di Medeiros.

QUEM ES TU ? di Joao Botelho racconta di una vicenda storica cinquecentesco attraverso un drammone ottocentesco, con bravi attori, ma senza il genio di De Oliveira. Qualcuno l'ha definito un falso d'autore.

GEGE (Brothers) di Yan Yan Mak: una ricerca del fratello (volutamente ?) scomparso in un ambiente primitivo di grande suggestione.

FAUSTO 5.0 di Isidro Ortiz, Alex Ollé: una visione non nuovissima, ma suggestiva e visionaria, ovviamente, com'è d'abitudine della Fura dels Baus, presente al Lido anche con una suggestiva (ma prevedibile) performance.

MONSOON WEDDING di Mira Nair: FURBISSIMO?ABILISSIMO?COMMERCIALISSIMO?FALSISSIMO! Premiato con il Leone d'oro ! BENE !

PIER PAOLO PASOLINI e la ragione di un sogno di Laura Betti: molto più che un bel documentario, parte dal cuore e da un ritratto molto preciso delle intuizioni politiche del grande intellettuale.

WAKING LIFE di Richard Linklater, opera curiosa fra cinema, animazione, arte figurativa, è un susseguirsi di sogni del protagonista, l'uno concatenato all'altro; interessante per la tecnica pittorica applicata ad ogni singolo fotogramma.

SHOJO (an Adolescent) di Eiji Okuda un film un po' pazzo e con un giusto equilibrio fra commedia e dramma.

PORTO DA MINHA INFANCIA di Manuel De Oliveira. Realizzato per Oporto Città Europea della Culura è un piccolo film ('62) che ti si scava dentro man mano che lo ricordi, e si basa su ricordi della carriera del regista e suggestioni della città, il suo porto, il suo mare, l'infanzia e l'inizio della carriera del regista. Va da se un'apparizione della fascinosa Leonor Silveira.

HOLLYWOOD/HONG KONG di Fruit Chan,, ne parlo a parte.

RAIN di Katherine Lindberg: una storiaccia, un drammone del sud.

TORNANDO A CASA di Vincenzo Marra: un bel film di mare (ovviamente) sincero, intenso un ottimo debutto. Pescatori cercano di "sconfinare" per sconfiggere la miseria. Buon lavoro sugli attori anche "presi dalla vita"

THE NAVIGATORS di Ken Loach, sempre di buon livello, questa tragica storia di operai ferroviari, ma in tono minore in confronto al livello abituale.

HUNDSTAGE (foto) di Ulrich Siedel: nell'inferno della periferia viennese: corrosivo, recitato benissimo, girato con attenzione, feroce, crudele, ma non mi ha convinto !

EDEN di Amos Gitai: anche questa, una bella delusione ! Poco risolto, poco spontaneo, vale solo per la presenza attoriale dell'autore del romanzo da cui è tratto: Arthur Miller.

UN MOMENT DE BONHEUR di Antoine Sanatana: storia di ragazzi, al mare, controversa e con qualche lunghezza.

ZUOTINA (Quitting) di Zhang Yang è la discesa nel baratro della droga, di una rockstar, interpretata da lui stesso e dai suoi parenti ! Un bello psicodramma, un po' una pizza, ma è un film cinese e un tema simile è molto coraggioso.

RAYE MAKHFI (Secret Ballot) di Babek Payami, ne parlo nel pezzo a parte.

L'EMPLOI DU TEMPS di Laurent Cantet. Un ottimo film, giustamente premiato con il leone della nuova rassegna. Non c'è nulla di troppo, pur nella non breve durata di 133', tutto è motivato, gli interpreti sono ottimi, e il protagonista, sorprendente (e niente male !) verso la fine, ha perfino i tratti tirati, e non solo per il trucco, a causa della situazione che vive.

BITHDAY GIRL di Jez Butterworth BAH ! Fatto bene, un po' razzista, brai, inutile, divistico, andrà bene nelle sale !

FISH AND ELEPHANT di Li Yu: un coraggiossimo film non bello (ma visto in videotape e con circa 30' in meno) su di una storia lesbica devastante difficile giudicare, ma un'occasione.

VAGON FUMADOR di Veronica Chan, una strana storia di seduzioni, marchette, scopate gay al bancomat (!) ma con poco costrutto.

A.I. di Steven Spielberg: parte bene, continua male e finisce peggio e il teddy bear non ha il ruolo importante che potrebbe avere, quindi

L'ANGLAISE ET LE DUC di Eric Rohmer CHE MERAVIGLIA ! Una scommessa vinta, un film completamente realizzato in studio con mirabolanti tecniche digitali e interpretato magnificamente da J.C.Dreyfus e Lucy Russel. Il vecchio maestro mi ha riconquistato.

LUNA ROSSA di Antonio Capuano. Non riuscito, è vero, ma molto interessante, inquietante storia di camorra che riprende vagamente temi dell'orestea; una strage continua, quasi come una tragedia shakespeariana, anche. Ottimi attori: Licia Maglietta, volgare come in certe telenovelas, Antonio Iuorio, sempre più bravo; Angela Pagano, inquietante e perfida e Toni Servillo che ha però una faccia troppo onesta.

GAICHU (Harmful Insect) di Akihiko Shiota: ancora una storia di ragazzi che marinano per andare al mare e hanno contrasti con gli adulti.

HOW HARRY BECAME A TREE di Goran Pascaljevic Ecco la grande delusione della mostra: una storia cinese ambientata in Irlanda e girata da uno slvao, sembra un film di David Lean al suo peggio !

L'APRES-MIDI D'UN TORTIONNAIRE di Lucien Pintilie. Non è certo come altri suoi film, ma il coraggio di raccontare le "avventure" di un torturatore come in un'intervista è notevole, e senza ricorrere al flashback !

TIRANA YEAR ZERO di Fatmir Coçi: interessante, con personaggi simpatici, ottimista troppo

Ecco qui, anche per quest'anno la panoramica cinematogtrafica veneziana.

 

Emilio Campanella


COSI FAN TUTTE AL MALIBRAN

 

Premesso che sapendo chi è Leopold Hager non ci si poteva aspettare molto di differente, ma, francamente, non mi aspettavo una direzione così mummificata, per quanto avendo ascoltato la diretta su radiotre mi fossi fatto un'idea, pur sospendendo il giudizio nell'attesa di assistere allo spettacolo.

Mi sono trovato di fronte a un'esecuzione di una noia mortale, senza contare numerosi, ingiustificati piccoli tagli e l'inopinata sostituzione dell'aria di Guglielmo "Non siate ritrose" con "rivolgete a lui lo sguardo" il cui unico interesse essendo la rara esecuzione e che Mozart stesso aveva "messo da parte".

I cantanti: Eteri Gvazava è una Fiordiligi di poca autorità, fragile in alto o poco scura nel registro mediano. Meglio la Dorabella di Laura Polverelli, di qualità sprecate. La Despina di Gabriella Costa, un po' stridula, non convince, ma i tempi superficialmente troppo rapidi, e i molti passaggi tagliati del suo ruolo impediscono un giudizio più completo; la regia peggiora la situazione imponendole macchiette eccessive. Markus Werba, Guglielmo, va a momenti: talvolta forza, talaltra ha suoni imbarazzanti. Il peggiore risulta il Ferrando di Justin Lavender, assolutamente improponibile, e il migliore Michere Pertusi, Don Alfonso, ma anche lui ricoperto dalla polvere della routine e, si direbbe, giustamente, poco convinto.

Regia, scene e costumi (brutti) di Ezio Toffolutti dividono malamente lo spazio scenico evocando in maniera ben poco suggestiva un'isola e giocando fra interni ed esterni, barche che vanno e vengono faticosamente trascinate; con riferimenti pittorici "molto" telefonati e con un ricorso al bozzettismo talvolta imbarazzante. Non mancano due inutili Pulcinella scappati dall'affresco tiepolesco del "palazzo accanto".

Un pubblico poco attento e una 'claque' MOLTO attenta sottolineavano, alla replica cui ho assistito, i momenti salienti della partitura.

 

Emilio Campanella


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