Le recensioni di Emilio Campanella: Gennaio 2003

 

LOHENGRIN al COMUNALE di BOLOGNA

THAÏS al TEATRO MALIBRAN di VENEZIA


LOHENGRIN al COMUNALE di BOLOGNA

La storia del 'Cavaliere del Cigno', leggendone il libretto appare una delle piu' improbabili a rappresentarsi in teatro data la miriade di trappole disseminate sul percorso di un povero regista costretto ad evocare animali fatati, dei antichi e moderni (si fa per dire!) dalle parole dei protagonisti; duelli, matrimonî, tradimenti, agnizioni etc., insomma tutto cio' ch'e' nutrimento dell'opera romantica, ma con molti piu' rischi, per cui la scelta della semplicita' (com'e' stata quella di Daniele Abbado) e' tante volte la strada piu' sicura, specialmente se, come in questo caso l'apporto della direzione risulta determinante, infatti il lavoro dal podio, di Daniele Gatti e' stato a tratti veramente trascinante, e talaltra di grandissima suggestione come nel primo e nel terzo atto, in questo appoggiato dal coro diretto da Piero Monti salutato anche lui come il direttore da una vera ovazione finale. Attento il lavoro sui cantanti anche da parte del regista che ha misurato ed appena 'movimentato' le reazioni dei personaggi alle situazioni che vivevano, ha dato ottimi risultati. Nel ruolo di Heinrich der Vogler Giorgio Surian, autorevole e misurato, regale e partecipe del dramma che si svolgeva dinanzi ai suoi occhi. Il Lohengrin che ho ascoltato (uno dei tre): Stuart Skelton corretto e non di piu', e', pero' riuscito ad aggirare i grandi pericoli del suo ruolo scegliendo di non strafare ed arrivando al racconto finale, e' vero, non coinvolgentissimo, ma dignitoso.

Elsa, Emily Magee, sulle cui spalle gravava un ruolo difficilissimo, e se non particolarmente dal punto di vista vocale, non mi e' parsa convincente per quanto abbia avuto non pochi momenti interessanti in un'economia generale inappuntabile, ma ci vorrebbe una grande attrice per rendere questa folle parente stretta della Käthchen von Heilbronn di Kleist. Molto meglio la 'squadra' dei cattivi con il Friedrich von Telramund di Lucio Gallo di notevole statura e grande sottigliezza e l'Ortrud travolgente di Linda Watson, bravissima, di magnifica voce ed intensita', bella in scena ed ottima attrice cui e' andato un vero boato di applausi (anche piu' che al degno consorte) accolti con inchini sontuosi come elegantissimi erano stati i suoi gesti durante lo spettacolo.

Ottimo e di bella presenza l'Araldo di Morten Frank Larsen. Molto bene i quattro Nobili Brabantini.

Se qualche appunto c'e' da fare e' ai costumi di Nana' Cecchi che puniscono ad esempio Lohengrin infagottandolo ed Elsa anche lei trattata non benissimo, per valorizzare invece Friedrich ed Ortrud... sara' voluto, essendo i due 'cattivi', come sempre, molto piu' interessanti, e se l'apparizione iniziale del Cigno in mezzo alle nebbie del sogno e la trasformazione finale funzionano bene, risultavano, invece, seppur belle, fastidiose le immagini durante il racconto finale, con il risultato di distrarre dalla musica. L'impianto scenico in generale (Giacomo Andrico) usava bene lo spazio ed era coadiuvato da belle luci (Luigi Saccomandi). Il primo atto con rocce traslucide che scompaiano all'arrivo del protagonista, e molte scale nel secondo con quinte come di cattedrale romanica con pilastri e colonne aggettanti. Meno riuscito il praticabile centrale del 'talamo'. Il lavoro di regia privilegiava come detto 'piccoli gesti' misurati e motivati e riusciva quasi sempre a rendere credibili momenti 'pericolosi' come la tenzone e l'aggressione.

Emilio Campanella



THAÏS al TEATRO MALIBRAN di VENEZIA

Gia' dall'inizio della "storia" la protagonista risulta simpatica anche perche' fa l'attrice (come Tosca fa la cantante), quindi donna di teatro, per cui, che venga definita nel peggiore dei modi rientra nella tradizione, ma poi, guarda caso e' subito pronta e convinta alla redenzione. Ma simpatico e' anche Athanaël, e molto piu' degli altri fanatici religiosi che affollano i palcoscenici d'opera fra il secondo '800 ed il primo '900, perche' e' molto umano, ed infatti dopo averla redenta si innamora perdutamente di Thaïs, quando gia' questa e' avviata ad una quasi certa morte in odore di santita'.

Tutto e' ambientato MOLTO sobriamente da Pier Luigi Pizzi fra basse torri praticabili e scale abbastanza 'appiane' in contrasto con i costumi quasi 'deco' e con, secondo alcuni, riferimenti alla deco-razione dello stesso Teatro Malibran. Fra le citazioni anche quella del giacigilio di Kundry del Parsifal allestito dallo stesso Pizzi alla Fenice nell'83. Tutto risulta molto elegante (come sempre) ed anche cio' che riguarda situazioni "scabrose" e' trattato in punta di matita ed escludendo il baccanale appena accennato, le danze curate da G. Iancu, protagonista Letizia Giuliani, sono estremamente sobrie e "praticamente sacrali".

Marcello Viotti dirige un'orchestra ricchissima di colori e sfaccettature cangianti ben aderenti alla sontuosita' di una partitura delle tentazioni spesso "quasi wagneriane".

Eva Mei e Michele Pertusi erano ottimi interpreti dei ruoli principali, ben attorniati dai comprimarî: William Joyner (Nicias), Christophe Fel (Pale'mon), Christine Buffle (Crobyle), Elodie Me'chain (Myrtale), Tiziana Carraro (Albine), Anna Smiech (La Charmeuse), Enrico Masiero (un servitore).

Emilio Campanella