ORSI ITALIANI MAGAZINE
Notte al campeggio
Un racconto di Pief Hemm
Era
veramente bello, quel campeggio trovato per caso in Carinzia, non molto
lontano da Klagenfurt, immerso nel verde, ai bordi di suggestivi
laghetti. Ogni tenda veniva assegnata ad un albero.
Non impiegai molto a montare la mia; anche se grande era modernissima.
Pochi sostegni flessibili e voila'. Tutto a posto. Quando lavoro tengo
addosso il costume da bagno, ma una volta finito di faticare me ne
libero. In un camp nudista, vestito, ti senti a disagio.
Utilizzai il rimanente pomeriggio per un sopralluogo alle docce, al bar, al market. Tutto ok.
L'ora di cena non si fece attendere. Salii in macchina e, dopo qualche
chilometro, trovai un grazioso ristorante.
Poi,
un po' per la cena, un po' per la giornata di viaggio, mi venne un
sonno dell'anima. Per fortuna la tenda era a pochi minuti.
Il mio sonno venne disturbato da piccoli rumori. Capita, nei campeggi.
Ma questi erano vicini, somigliavano a passi cauti. Pensai a qualche
turista che rientrava, particolarmente riguardoso.
Ero cosi', nel dormiveglia, quando la tenue luce che un lontano
lampione gettava sulla tenda fu oscurata dall'ombra di una sagoma
umana. Era vicinissima, tanto vicina che afferro' la zip della porta e
la fece salire, piano piano. Entro', un piede dopo l'altro, e richiuse.
Si mise carponi, cercando il materassino con i palmi. Lo trovo'. Si
stese. Sentivo accanto a me irradiarsi il calore di un corpo. Ma di
chi?...
Una mano, cauta, mi raggiunse all'anca.
Leggera leggera, scese un po' lungo la gamba. Allora cercai, con il
palmo, il braccio che la sosteneva. Lo trovai. Un braccio maschile,
robusto. Iniziai a risalirlo.
Gomito, spalla, base del collo... sotto il collo, davanti, incontrai un pelo morbido, tenero e ricciuto.
Il mio ospite intanto aveva trovato la mia pancia, e, dopo aver giocato
tra i peli, stava risalendo verso il petto. Al capezzolo si arresto'.
Comincio' a carezzarlo, poi a stringerlo, poi lo strizzo'. Un 'ahi' mi
sfuggi'.
Eravamo
in piena esplorazione: i toraci. Li scoprivamo col palmo delle mani,
con moti circolari. Chi piu' peloso?... Me lo stavo chiedendo, quando
l'altro si giro' su un fianco, e facendo leva con mani e piedi, si
adagio' su di me. Le nostre teste barbute si incontrarono, le lingue si
confusero, smettendo solo per cercare un orecchio e morderlo. La sua
faccia era scesa all'ombelico, sentivo l'ispido della barba. Da li'
striscio' in su, portandosi dietro l'intero corpo. Il suo pelo
sdrusciava sul mio, la sua pancia aveva intercettato il mio uccello e
lo aveva spinto sul mio addome, strisciandoci sopra. Arrivo' anche il
suo. Con un piccolo salto lo sistemo' contro il mio. Fu spontaneo
incrociare le gambe, e lavorarle coi piedi.
Ci
baciavamo a fondo, ora, mentre ondeggiavamo uno sull'altro, muovendoci
come serpenti, godendo delle nostre barbe, forse simili, e
succhiandole. Tutti e due sentivamo l'ingombro prepotente degli
uccelli, rigidi e stretti nell'abbraccio. Non so quanto rimanemmo
cosi', ma fu bellissimo. Poi, con dolcezza, quasi con complicita', ci
scambiammo. Lui steso, io sopra. Come prima, a scivolare sul pelo,
avanti e indietro, piano.
Appena il mio uccello
incontro', nel salire, le sue palle, capii che i suoi piedi
arretravano, in modo da flettere le ginocchia all'insu'. Il mio uccello
si trovo' cosi' a scivolare sulle sue palle. Guidato dalla piega delle
cosce e dal movimento dell'altro, sentii chiaramente l'umido del suo
buco. Pulsava delicatamente contro la mia cappella.
Le mani del compagno arpionarono la mia schiena. Segui' un sussurro violento: 'siii!'
Iniziai a spingere. Come un fiore, quel buco sboccio', allargandosi
tumefatto e voglioso. Strinse il mio uccello con la forza di una piovra
e, una volta dentro, lo blocco'. Quel culo si dimenava internamente, in
una danza che entrava nell'intimo, e lo strizzava, e lo scuoteva. Era
lui la parte attiva, era lui che allargava, stringeva, scappava,
ritornava, e a destra, e a sinistra, e lentamente, e
velocemente... Vedevo guizzare piccole luci dentro gli occhi
chiusi, mentre sentivo fiotti di piacere che mi passavano dalla pancia
all'uccello, e andavano a riempire quel culo stupendo.
Mi accasciai su quel petto di pelo sudato, mentre le nostre bocche
dialogavano con la profondita' del godimento.
Piano piano il mio uccello sguscio' tra le gambe dell'amico. Dolcemente
lui si divincolo', si mise a carponi, poi in piedi... poi usci' nella
notte, senza una parola.
Riaddormentarmi fu dolcissimo.
Špluro 2009
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