ORSI ITALIANI MAGAZINE


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Camionisti

Un racconto di Antonio



Tutte le mattine me li vedevo tutti e tre in piedi, appoggiati alle mensole del piccolo locale ristoro, mentre discutevano di revisioni e di traffico e si palpeggiavano il pacco con fare maschio che mi faceva impazzire di desiderio.
Mi salutavano distrattamente, per educazione mi offrivano un caffe', che io puntualmente rifiutavo. Non mi mescolavo a loro. Temevo che potessero scoprire il mio imbarazzo e il mio forte desiderio di assaggiare i loro cazzi da orsi camionisti.
Mi rinchiudevo nel mio ufficio al piano di sopra e li spiavo dall'alto finche' non si incamminavano verso il fondo della rimessa, dove erano parcheggiati i loro furgoni.
Immaginate quei maschi, uno di fianco all'altro, che avanzavano con passo arrogante, consci della loro imponenza.
I loro corpi robusti, avvolti nella divisa grigia, che delineava i loro sederi. Io me ne stavo al buio, alla finestra. Tiravo giu' la zip e mi masturbavo. Poi, quando se ne erano andati, scendevo negli spogliatoi a cercare qualcosa di loro da annusare.
Che fossero calzini o magliette o piu' raramente slip, poco mi importava e, chiuso nello spogliatoio, terminavo di segarmi. Cosi', con una bella e abbondante sborrata, poteva cominciare la mia giornata.
Pietro aveva 45 anni, un metro e settanta, almeno 120 chili. Una bellissima, enorme pancia che raccoglieva tutto il grasso dell'uomo.
Aveva due bellissime tette sode che gonfiavano le magliette che era solito indossare. Guardando lui ed i miei chiletti di troppo, pensavo che al mondo ci sono persone eccitanti solo se ciccione.
 Ma Pietro non aveva solo una stazza da orso. Il suo petto, la pancia, le gambe erano un fitto tappeto di peli scuri. Di questo ero certo ancora prima che accadesse quanto sto per raccontare. Lo avevo visto una volta sotto la doccia. Uno spettacolo meraviglioso ed eccitante. Pietro non era sposato e non aveva una donna. Tuttavia Pietro non era ne' bisex ne' omo. Era maschio e me lo dimostro' ripetutamente.
Sergio era poco piu' vecchio di lui. Altro bel maschio altrettanto convinto della sua mascolinita'. Era un gigante, almeno 1 e 90, con una grossa testa pelata, un pizzetto castano visibilmente tinto. Cio' che non tradiva la sua eta' erano i peli brizzolati di cui era letteralmente ricoperto.
In gioventu' doveva avere fatto culturismo. Aveva una muscolatura possente, sensualmente nascosta da uno strato di adipe accumulato negli anni, ma pronta ad emergere, soprattutto nelle cosce e nei glutei, quando scopava.
Le braccia erano nerborute, il torace un vero capolavoro.
Mario era il piu' giovane dei tre, anzi dei quattro, era piu' giovane anche di me. Lui era un fascio di nervi. Magro, slanciato. Non aveva ancora il fisico del camionista che mi faceva impazzire, tuttavia era molto ben dotato. Capelli chiari, abbondante peluria dalla cintura in giu' (dalla cintura in giu' era abbondante in tutto !!!!!), due bellissimi occhi azzurri. Un bel fisico tonico, da amante della arti marziali quale era.
Il primo contatto lo ebbi con Pietro, il mio preferito. Fu il giorno della grande nevicata del dicembre scorso. Le strade erano impraticabili e non fu facile arrivare in ditta. Tuttavia i clienti aspettavano la merce e noi dovevamo assolutamente consegnare anche perche' era tutta merce deperibile. Mi svegliai alle 4 del mattino e liberai faticosamente l'auto dal mezzo metro di neve che la ricopriva. Impiegai quasi due ore per arrivare in ufficio ma alle 6:30 ero sul posto.
Il mezzo spartineve allertato la sera prima arrivo' subito dopo e comincio' a liberare il cortile. Io imbracciai la pala da neve, infilai gli stivali di gomma gialli e cominciai a spalare vicino alle porte del magazzino. In quel momento vidi entrare un‚auto a passo d'uomo e riconobbi l'auto di Pietro.
- Allora? - mi disse Pietro.
- Allora siamo qui a spalare la neve - risposi.
- Adesso vengo a darti una mano anch'io - e parcheggio' l'auto nell'unico angolo libero.
Pietro scese con una certa fatica dall'auto, mi fece l'occhiolino, una cosa che mi faceva impazzire di desiderio, ed entro' negli spogliatoi. Usci' qualche minuto dopo. Indossava una salopette gialla, stivali gialli, un maglione di lana spessa che lasciava scoperto il collo e un berretto di lana colorato con il pon-pon.
Scoppiai a ridere.
- Ma come cazzo ti sei conciato? - lo derisi.
- Perche'? Non ti piace? - e allargo' le braccia facendo una piroetta per farsi guardare meglio.
Certamente non potevo dirgli la verita', cioe' che lo trovavo eccitante da morire e stetti a guardarlo mentre si pavoneggiava.
Nel giro di tre quarti d'ora liberammo dalla neve i portoni, il vialetto pedonale ed il furgone che avevamo imprudentemente lasciato all'addiaccio la sera prima. Pietro sbuffava come una locomotiva e grondava di sudore come se fosse in un bagno turco. Anche io ero madido. Tuttavia sembravamo non sentire la fatica del lavoro appena concluso.
Spostai l'ultima palata di neve. In quel mentre mi raggiunse Pietro che si appoggio' al manico della pala, mi mise un braccio attorno alle spalle e disse:
- Ci siamo fatti un bel culo !! Ma e' un buon lavoro - e stette ad osservare il cortile ripulito.
- E' vero, abbiamo fatto un bel lavoro, ma non so se durera' - e lo invitai con lo sguardo ad ammirare il cielo grigio che continuava a perdere soffici fiocchi bianchi.
Un sibilo nella tasca costrinse Pietro ad estrarre il cellulare.
- E' Sergio - disse guardando l'sms ricevuto, - dice che da lui e' tutto bloccato e non riuscira' ad arrivare tanto presto - .
Pensai che tutto sommato non mi dispiaceva rimanere solo con Pietro ancora per qualche minuto. Finalmente mi sentivo a mio agio. Il lavoro e la fatica mi facevano sentire molto vicino a lui, insomma stavo bene.
- Che fai adesso? - gli chiesi.
- Adesso me ne vado a bere un bel caffe' caldo. Ti va?-
Non stetti nemmeno a rifletterci su e risposi
- Si, volentieri, ma te lo offro io - e cosi' dicendo ci incamminammo verso la saletta ristoro.
- Speriamo che almeno le strade siano praticabili. Non mi fido molto della neve e del ghiaccio - riprese Pietro.
- Anche io ho paura del ghiaccio. Piu' che della nebbia - risposi.
La macchinetta si mangio' le nostre monetine e scarico' due orrende brode scure che qualcuno chiama caffe'. Lo bevemmo disgustati.
- Ora che fai? - chiesi.
- Io me ne vado a fare una bella doccia calda, sono qui che puzzo di sudore da far schifo - rispose Pietro.
Non era vero che puzzava. Io lo trovavo profumato come un giardino fiorito. I suoi ferormoni da maschio dominante mi rendevano psicologicamente schiavo. Se mi avesse chiesto il mondo glielo avrei dato.
- Tu non vieni? - mi chiese.
- Purtroppo non ho niente, ne' asciugamano ne' il cambio biancheria - risposi.
- Puoi usare il mio di asciugamano - disse Pietro.
Restai per un istante folgorato dall'idea. Poi un po' titubante accettai.
- Ok, andiamo - dissi.
Appena arrivato negli spogliatoi appesi il giaccone ad un gancio, mi sfilai gli stivali gocciolanti e li misi vicino al calorifero.
Pietro era di fronte al suo armadietto, scrollo' la cuffia e la appese allo sportello dell'armadietto. Cerco' il docciaschiuma e lo mise a terra, vicino al muretto della doccia, poi si allento' le bretelle della salopette e, con un unico movimento, si tolse maglione e maglietta, restando a torso nudo.
La sua pelle scura e lucida di sudore attirava la mia attenzione. I suoi peli mi eccitavano da morire. Cerco' faticosamente di togliersi gli stivali. Io ero gia' completamente nudo.
- Ce la fai? - gli chiesi.
- E' stato piu' facile infilarli - rispose sbuffando.
- Ti aiuto - e mi avvicinai a lui.
Pietro mi guardo' l'uccello. Ero in fase di grande eccitazione e quando sono eccitato il mio attrezzo e' incontenibile.
- Stai alla larga con quel coso li' - ridacchio' Pietro.
- Non preoccuparti, mi interessano altri buchi - mentii arrossendo un poco.
Pietro si sedette sbuffando e alzo' la gamba. Io mi misi a cavalcioni, porgendogli il sedere e gli afferrai il tallone dello stivale. Pietro appoggio' la gelida suola dell'altro stivale sulla mia natica e spinse. Il primo stivale si sfilo' in un istante. Poi fu la volta del secondo. Questa volta appoggio' sul mio culo il suo piede caldo e sudaticcio. Avvertii il contatto e fu bellissimo. Anche il secondo stivale fu sfilato.
- Grazie mille, da solo non ce l'avrei fatta - disse Pietro.
Restammo in piedi uno di fronte all'altro. Io completamente nudo, lui indossava ancora la salopette. Mi inginocchiai ai suoi piedi.
- Cazzo stai facendo? - mi chiese con stupore.
- Ti aiuto con questo affare - risposi tranquillo. Non volevo dargli l'impressione che il mio desiderio fosse ben altro.
Gli sfilai i calzini ed ammirai i suoi bellissimi piedi pelosi e aromatici. Poi fu la volta della salopette. Afferrai la cintola e cercai di sfilargli i pantaloni.
- No, aspetta, ci riesco da solo - disse un po' balbettando.
- Ormai sono qui - risposi. In effetti ero ancora in ginocchio davanti a lui. La mia bocca era esattamente all'altezza del suo tarello. Ancora un piccolo sforzo e sarebbe stato esattamente di fronte alle mie labbra. Non avrei potuto desiderare di piu'. Anzi si. Avrei potuto desiderare che mi afferrasse la testa e mi dicesse - Avanti schiavo, spompinami da brava bagascia -. Non me lo sarei fatto ripetere.
Pietro mi lascio' fare. I calzoni si abbassarono e insieme a loro anche i boxer e finalmente il profumo del suo pube arrivo' alle mie narici. Scoprii uno dei piu' bei cazzi che mi capito' di vedere negli ultimi anni. Era scuro, letteralmente soffocato da una peluria nera e rigogliosa. Pendeva per almeno 12 centimetri, ed era mollo. Era pure grosso, un vero sventrabuchi. Rimasi imbambolato.
- Anche tu non scherzi - dissi sempre guardando il suo pisellone.
Rise sgangheratamente e mentre gli abbassavo i calzoni lui si appoggio' con le mani alle mie spalle e alzo' alternativamente le ginocchia per liberarsi le caviglie.
Mi alzai in piedi e per qualche istante restammo cosi', completamente nudi, ancora uno di fronte all'altro, guardandoci negli occhi. Non so se lesse nei miei tutto quello che stavo pensando. Comunque mi fece cenno di andare in doccia e cosi' feci.
La zona docce era sollevata di uno scalino dal resto della pavimentazione dello spogliatoio. Il piatto doccia non esisteva, si camminava direttamente sulle piastrelle. Lo spazio era per due persone, compreso fra due muri piastrellati. Un tempo doveva esserci una tendina di plastica, strappata via chissa' quando e nel corso di chissa' quali giochi maschili.
Aprii molto delicatamente il rubinetto dell'acqua calda. Le prime gocce erano molto fredde, ma la temperatura dell'acqua si alzo' immediatamente. Ci lavammo senza dire una parola per qualche secondo. Poi una sonora scorreggia di Pietro ci fece scoppiare a ridere. Pietro si piego' in avanti per recuperare il docciaschiuma, se ne spruzzo' un po' nella mano, si passo' la mano sul petto e si piego' in avanti, verso di me, e mise il flacone a terra. Poi rialzandosi si accorse di avermi lasciato senza.
- Cazzo!! Scusami, non te l'ho passato - disse. E comincio' ad insaponarsi vigorosamente il petto, la pancia e il cazzo.
- Non preoccuparti, lo recupero io - e mi piegai in avanti verso di lui. Mille schizzi di schiuma mi raggiunsero ovunque mentre il mio amico si insaponava. Il sapone gli colava lungo le cosce muscolose, i grossi polpacci irsuti, i suoi bellissimi piedi.
Gocciolava dal suo cazzo scappellato. Non riuscivo a fare a meno di guardare e, guardando, il mio pisello si faceva sempre piu' sodo.
In quel momento non capii se Pietro comprese. Avrei voluto insaponarlo con la lingua, passarla attraverso le dita dei suoi piedi, fra le pieghe della sua ciccia e su tutta la sua pelle.
Voltai la faccia dall'altra parte e silenziosamente terminai il mio lavoro, cercando di non pensare ad Pietro che invece fischiettava e canticchiava con disinvoltura.
Finalmente chiuse l'acqua, prese l'asciugamano che aveva appeso all'anta dell'armadietto e comincio' ad asciugarsi. Terminai anch'io e restai nudo e gocciolante cercando di fissare altrove.
- Prendi!! - mi disse e l'asciugamano umidiccio e profumato mi arrivo' addosso. Mi asciugai e mi rivestii in tutta fretta.
Pietro stava uscendo dallo spogliatoio.
- Ci vediamo stasera - mi saluto' allegramente.
- Ciao, a stasera - risposi a mezza voce.
La giornata non passava mai. Rimasi praticamente solo in ufficio. L'unica collega che arrischio' a venire al lavoro se ne ando' con largo anticipo verso le 16.
Io pensavo ad Pietro, al suo corpo che avrei tanto voluto sentire su di me, al suo cazzo che avrei voluto assaggiare. Sergio e Mario non si fecero vedere per tutto il giorno. La neve continuava a cadere, il mezzo spartineve fece un secondo giro in cortile verso le 11 del mattino, ed un terzo alle 15. Anche io mi adoprai per ripulire tutto il possibile, specialmente la mia auto.
Finalmente alle 17 rientro' Pietro.
- Ciao, come sono le strade? - chiesi scioccamente.
- Un casino - rispose freddo.
Poi riprese: - Io me ne vado a fare la doccia e poi vado a casa. - e mi fisso' interrogativo. Io credetti che aspettasse una risposta ben precisa e gliela diedi: - Ok, vengo anche io - e mi alzai dalla scrivania.
- Scusa, dov'e' che vieni? - chiese.
- A fare la doccia - e mentre lo dicevo mi accorsi che Pietro non intendeva esattamente questo. Il suo viso cambio' radicalmente e da bonaccione che fu sempre, divenne scuro, schifato, arrabbiato.
- Ascoltami bene. Io non ho nessuna intenzione di fare la doccia con te, non mi interessa fare la doccia con te e se tu hai di queste esigenze forse e' meglio che cerchi qualcun altro -
Volevo sprofondare, volevo morire. Pietro si volto' dall'altra parte e spari' dietro la porta degli spogliatoi. La udii sbattere violentemente. Mi sedetti al tavolo, spensi meccanicamente il computer e timbrai il cartellino. Dopo una decina di minuti spunto' Pietro che disse freddamente: - Vado ! - e attraverso' il magazzino dirigendosi verso l'uscita. Non feci a tempo a parlargli, la voce mi mori' in gola. E poi cosa avrei potuto dirgli? Che aveva frainteso? Che avevo capito male io? Che non ero quel frocio succhiacazzi che credeva lui? Ma quello che piu' temevo era cio' che avrebbe detto agli altri. E infatti, la mattina dopo, alla macchina del caffe' trovai solo Sergio e Mario. Il loro saluto non fu di circostanza come al solito. Fu un saluto molto interrogativo, mi squadrarono da capo a piedi, ridacchiavano fra di loro. Si erano messi ai lati della porta dell'ufficio, per poter entrare dovevo passare fra di loro.
Il braccio di Sergio mi blocco' l'ingresso appoggiandosi allo stipite opposto.
- Pietro ci ha detto che sei bravissimo con la bocca - disse Sergio ridacchiando.
Io non dissi nulla e continuai a fissare il suo braccio peloso e nerboruto che mi sbarrava la strada.
- Forse vuoi far vedere anche a noi quanto sei bravo - disse Mario con voce suadente.
- Io, io non so cosa ha detto Pietro, ma io... - dissi balbettando.
- Pietro ci ha detto che ti piace succhiare il cazzo e che sei bravissimo. Quindi adesso succhi anche il nostro - riprese Sergio.
- Per favore, lasciatemi in pace - cominciai a piagnucolare.
Sergio avvicino' la sua bocca al mio orecchio e bisbiglio': - Non ti preoccupare, sara' il nostro piccolo segreto. Tu dovrai solo comportarti bene con noi e nessuno lo sapra' mai - e cosi' facendo mi accarezzo' la testa. Io aprii la porta, passai sotto il braccio teso di Sergio e sparii all'interno dell'ufficio. Udii le risate grossolane dei due che mi accompagnarono all'interno. Quella giornata fu molto peggiore della precedente. Cosa sarebbe successo?
Ore 17.30 i colleghi se ne andarono, i tre camionisti rientrarono e si infilarono, come tutte le sere, negli spogliatoi.
Squillo' il telefono interno.
- Pronto? - risposi.
- Vieni negli spogliatoi - disse la voce di Sergio dall'altra parte.
- Devo andare. - e non riuscii nemmeno a terminare la frase.
- Non mi frega un cazzo, vieni qui e subito! - rispose.
Cosa avrei potuto fare se non obbedire?
Mi incamminai lungo il corridoio che dal magazzino porta agli spogliatoi e cominciai ad udire lo scroscio dell'acqua delle docce. Aprii la porta e venni investito da una densa nuvola di vapore. Insieme al vapore arrivarono alle mie narici effluvi maschili estremamente eccitanti. I tre camionisti erano seminudi, sudati, i loro corpi erano lucidi e scivolosi. Sergio era completamente nudo, in piedi di fronte al suo armadietto aperto che stava armeggiando. Vidi distintamente il suo sedere. Era rotondo, muscoloso, peloso. Le sue gambe forti e lunghe avevano cosce e polpacci molto muscolosi, caviglie esili, ben fatte.
Si volto' leggermente verso di me e vidi un cazzo semiduro che sporgeva di ameno una spanna, appoggiato a due grossi coglioni pelosi.
Pietro era seduto, intento a togliersi i calzini. Mi vide e fece un sorriso molto significativo.
Fu Mario il primo a parlare. Mario che, in piedi, con le gambe semi aperte rivolte verso di me, si stava togliendo la maglietta. Il suo cazzo penzolava come il batacchio di una campana, il suo addome piatto e muscoloso aveva una leggera peluria chiara che lasciava visibili i muscoli e l'ombelico.
- Eccolo qui. - disse con disprezzo.
Sergio getto' qualcosa nell'armadietto e si incammino' verso di me. In quel momento vidi la sua bella pancetta, i pettorali villosi e la muscolatura dei suoi bicipiti. Il cazzo ondeggiava a destra e sinistra, era duro, voglioso, grande come il suo proprietario.
- Spogliati. - mi ordino'.
- Ti prego Sergio... - ma non riuscii a dire altro. Sergio mi afferro' per il maglione, mi avvicino' al suo viso e sussurro': - Ti ho detto di spogliarti. -
Poi mi lascio' e mi spinse in mezzo agli altri. Io li guardai piagnucolando.
- Pietro, che cosa gli hai raccontato ? - chiesi.
- La verita', che ti piace succhiare le minchie. Perche' non e' vero? - rispose sarcastico.
- Basta con le chiacchiere, siamo qui per darti una lezione. - disse Sergio e mi afferro' il maglione strattonandomi. Inciampai in una della panche e caddi a terra. I tre camionisti si avvicinarono.
- Decidi tu quello che vuoi fare - disse Pietro minaccioso.
- O ti spogli o ti spogliamo noi. - aggiunse Mario.
- Per favore, non fatemi del male. - e cominciai a piangere.
Non piangevo per la paura. A dire il vero non vedevo l'ora di essere succube dei tre orsi camionisti. Li avrei condotti sui sentieri del piacere ed ero certo che da quel momento non avrebbero potuto piu' fare a meno di me.
La cosa che mi preoccupo' maggiormente fu il futuro delle mie relazioni in ufficio.
Non potevo permettermi di lasciare il lavoro e non avrei potuto vivere in quell'ambiente campagnolo e retrogrado sapendo che tutti i colleghi sapevano. Ero incerto. Volevo vendere caro il mio buco, passare per uno che stava subendo uno stupro, cosi' anche loro tre avrebbero conservato il segreto.
- Non fare la femminuccia - mi rimprovero' Mario.
- Aspetta, aspetta, la farai quando te lo diremo noi - ridacchio' Sergio. Risero tutti e tre e mi presero per i piedi. Mario e Pietro mi tolsero le scarpe e Mario si avvento' sulla mia cintola. Sergio mi afferro' la camicia e la maglietta e me le sfilo' dalla testa, facendo saltare i bottoni dei polsi. I un istante mi ritrovai a terra, completamente nudo ad ammirare dal basso le nudita' dei miei camionisti.
- Sei proprio una bella troia, lo sai ? - mi disse Sergio.
- Ve l'ho detto che ha il fisico - rispose Pietro.
In effetti mi difendevo bene. Avevo ripreso da qualche mese con la palestra e la piscina perche' volevo mantenere il tono acquisito durante l'estate precedente.
Non avevo la muscolatura di Sergio o quella di Mario, ma non ero nemmeno obeso come Pietro.
In compenso, in quanto a peluria, non avevo nulla da invidiare agli altri. E anche il mio culo sodo e mio uccello da competizione avevano dato e ottenuto sempre grandi soddisfazioni.
Tuttavia, malgrado i miei tentativi, non riuscii a nascondere la mia voglia e la mia eccitazione troppo a lungo.
Mi misi in ginocchio davanti a loro.
- Allora hai capito subito !!! - disse Sergio e mi si paro' davanti con il cazzo in mano. Osservai quel glande violaceo, dall'aroma di urina, che mi ballava davanti agli occhi ipnotizzandomi.
- Cosa aspetti, zoccola !!! Lo so che lo vuoi - riprese Sergio
- Dai, avvicinati - disse Pietro cominciando a segarsi.
Mario mi diede un calcio nel culo e io mi avvicinai camminando sulle ginocchia. Sergio fece qualche passettino indietro ridacchiando.
Poi si fermo' di colpo, mi afferro' la nuca con la sua mano forte e mi tiro' a se facendomi ingoiare la sua cappella.
Fu una sensazione splendida, non desideravo altro che soddisfare il mio maschione. Non sentivo gli scherni, gli insulti, le volgarita' dei tre camionisti.
Avevo il cazzo di Sergio in gola e cercavo di assaporare tutto il possibile. Pompavo come un dannato.
Sergio tento' inizialmente di resistere, poi il suo cazzo si fece di marmo, dritto e duro.
Comincio' ad ansimare sempre di piu', sempre piu' forte.
Se ne stava prima con le mani dietro la schiena, mentre Pietro e Mario avevano preso a masturbarsi. Poi Sergio cedette, comincio' a spingere sempre piu' a fondo fino a farmi soffocare.
Io gli afferrai le natiche cercando di ingoiarlo di piu', lui mi afferro' la testa con le mani e spinse ancora, sempre di piu' e un fiotto caldo, abbondantissimo di sborra mi centro' il fondo della gola, colando lentamente giu' dall'esofago.
Sergio continuo' ad eiaculare per alcuni secondi, mentre qualche gocciolina di sudore colava dal petto verso il suo ombelico, poi si stacco' da me dandomi una leggera spinta e lanciando un urlo animalesco di soddisfazione.
- Allora, ti e' piaciuto il mio cazzo ? - disse soddisfatto.
Io restai con il cazzo in tiro, in ginocchio ai suoi piedi. Poi mi chinai in avanti sollevando il culo e baciandogli il piede sinistro, odoroso di ore di lavoro e sudato.
- Tocca a me, glielo metto nel culo - disse Mario.
Io restai in quella posizione, voglioso di ricevere in culo il suo randello.
Egli si inginocchio' dietro di me e mentre io ero impegnato ad umiliarmi ai piedi di Sergio, percepii il bruciore del cazzo di Mario che mi sventrava le viscere.
Non fu molto faticoso per lui, cercai di assecondarlo in ogni modo, inoltre aveva la cappella ben lubrificata. Inizio' la monta.
Con una mano mi allargava la natica e con l'altra si appoggiava alla mia schiena. Pompava, si muoveva bene, lentamente, facendomi avvertire i margini del mio buco che strisciavano sulla sua canna.
Quando usciva e rientrava era bellissimo. Lo fece diverse volte, sempre molto lentamente.
Poi quando comincio' a non farcela piu', mi accorsi che aumento' le pompate e alla fine mi riempi' il culo della sua preziosa crema bianca, ansimando come uno stallone.
La braccia non mi reggevano piu' e feci cenno di volermi rialzare, quando fu Pietro a pararsi davanti a me con il cazzo gia' gocciolante di sborra.
- Avanti, troia. Spompinami ! - mi ordino'.
Alzai gli occhi e vidi la sua bella pancia prosperosa, interamente coperta di peli.
Al di sotto spuntava dritto e duro il suo cazzo, puntato verso di me.
Non capii piu' nulla e mi avventai su di lui come un lupo su di un agnellino.
Pietro perse l'equilibrio e si sedette sulla panca alle sue spalle. Io mi alzai in piedi, mi misi a cavalcioni della panca e mi piegai in avanti su di lui. La sua pancia ostacolava il mio desiderio della sua nerchia e allora lo feci sdraiare spompinandolo continuamente.
Pietro se ne stava sdraiato sulla panca ansimando e gemendo, con le gambe penzoloni ai lati della panca. Mi diede una gran soddisfazione, mi fece sentire molto bravo.
- Ma guardalo, e' una furia - mi scherni' Mario.
- Una vacca come questa non l'ho mai vista - rise Pietro. E continuo' a darmi della troia.
- Adesso ci penso io a farle passare i bollori - disse Sergio.
Fu allora che Sergio si mise in piedi dietro di me e mi sollevo' il culo.
Comincio' a fottermi. La sua penetrazione mi levo' il respiro per un istante.
Il suo tronco mi dilato' lo sfintere ma il piacere che mi dono' fu immediato.
Per molti minuti tenni il cazzo di Pietro in bocca e quello di Sergio in culo e per molti minuti ebbi quello che avevo sempre desiderato.
Quando Pietro mi sborro' in gola io ingoiai molto lentamente il suo seme, assaporandolo per molti secondi. Poi fu la volta di Sergio che per la seconda volta mi riempi'.
Il sommo piacere arrivo' subito dopo.
Spostarono le panche e le piazzarono attorno a me.
Ci salirono in piedi e fu Mario il primo che comincio' a pisciarmi addosso.
Mi sdraiai a terra e cominciai a segarmi mentre il suo piscio mi innaffiava. Poi cominciarono a pisciarmi addosso anche Pietro e Sergio.
Feci una sborrata di gran lunga migliore delle volte in cui mi masturbavo da solo negli spogliatoi.
Poi la doccia dorata fini'.
- Adesso pulisci tutto qui, hai capito? - mi intimo' Sergio mentre si sgrullava le ultime gocce.
Annuii senza dire nulla e per il quarto d'ora successivo stetti ad osservare i tre camionisti mentre si facevano la doccia a turno. Non mi salutarono nemmeno quando se ne andarono e io rimasi li' ancora una buona mezz'ora a ripulire quel disastro di umori corporali.
Terminata la pulizia mi feci una bella doccia calda e fu allora che mi accorsi che l'orologio segnava gia' le 20. Pensai all'imminente arrivo delle guardie giurate che passavano ogni sera verso quell'ora a controllare. Ma di questo e di quanto accadde la sera stessa, vi parlero' prossimamente. Baci a tutti.


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