ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Là non ci cadrò mai

Un racconto di kikiM + 1


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


Avevo da poco passato i 30, e dopo 8 anni di lavoro in fabbrica su 3 turni giornalieri, avevo deciso che ne avevo abbastanza.

Complice una brutta nottata, mi svegliai la mattina di cattivo umore ma con una decisione ben chiara in testa: andare in fabbrica e dare le dimissioni.

Non era più il mio posto, lì in catena di montaggio, con i soliti movimenti ripetitivi.

Certo, finito il turno scappavo a correre per controbilanciare il poco movimento.

Non mi serviva per diventare un figurino, (o meglio tenersi in forma fa bene, ma la pancetta pelosetta c'è e non me ne cruccio) ma soprattutto per sbollire la frustrazione lavorativa. Me ne resi conto solo un mesetto prima che era questa valvola di sfogo che mi ha fatto resistere così tanto in quel posto.

Così uscii diretto in fabbrica.

Per strada incontrai mio padre, a cui spiegai il mio progetto. Ero già pronto ai sui rimproveri/ consigli da chi ne ha viste tante nella vita, ma incredibilmente mi disse "Vai...fallo. Lavoro ce n’è, troverai presto qualcosa". La mia idea era controcorrente. Andare al sud, cambiare stile di vita e chissà che non avessi trovato anche l'amore, cosa che nel mio paese sembrava impossibile.

La sera, al rientro a casa, ero distrutto ma avevo preso coraggio e avevo lo messo in pratica: le dimissioni erano state rassegnate. Ero talmente stanco che andai diretto a letto senza nemmeno cenare. La notte fu disastrosa come e forse peggio della precedente.

Alzandomi dal letto feci una fatica immensa con la sensazione di avere il petto infilzato da aghi. A fatica riuscii a chiamare il medico di base, che sentendomi, venne subito per una visita domiciliare. La diagnosi fu incredibile: polmonite.

Non ravvisava la necessità di immediato ricovero, ma mi mise subito in cura a casa. La malattia mi costrinse a stare per quasi 3 mesi a letto. Giornalmente ricevevo le cure dalla infermiera a domicilio e settimanalmente anche dal medico condotto.

Però questo stop forzato aveva stravolto i miei piani. La convalescenza procedeva bene, ma mettere in atto un trasloco di vita sarebbe stato ancora troppo pesante. Purtroppo, le mie dimissioni non aiutarono. Nonostante avessi garantito il tetto, la necessità di trovare lavoro diventava cruciale.

Mi guardai un po' attorno, e ma l'occasione migliore restava quella a 200m da casa. C'era una bella cantina che produceva vino, ma io mi ripromettevo che mai e poi mai ci sarei caduto li. Pur conoscendo l'alta qualità dei prodotti (che gli avevano fatto vincere pure dei premi), avevo sempre avuto la percezione che i proprietari fossero persone altezzose molto attenti a distinguere tra chi era "padrone" e chi era "operaio".

Ma, come si dice "chi disprezza compra" e cosi in tempo di vendemmia stavano cercando personale per i lavori.

Grazie ad una amica che lavorava li, mi presentai.

Mentre entravo, mi scansai per lasciar passare un grosso trattore con rimorchio, guidato da un uomo muscoloso e in canottiera. Il trattore andò a sinistra, mentre io continuai verso gli uffici. Mi dissero di aspettare il proprietario, che era appena arrivato in azienda.

Attesi un paio di minuti, e poi la mia amica mi disse di andare nel capannone affianco, perché era lì che i capo mi aspettava.

Giunsi nel capannone e tutti i miei preconcetti sulla cantina caddero.

L'unico lì era l'autista del trattore. "Ciao, tu sei l'amico della Carla che ci sa fare anche con i macchinari?" disse.

"Si" risposi. e mi chiese subito aiuto per sistemare un muletto. Trafficammo una mezz'oretta con immediata complicità. Entrambi soddisfatti, alla fine il capo dichiarò "Assunto!", senza tanti giri di parole.

La vendemmia fu bella con tanto lavoro all'aperto e senza i tanti casini che immaginavo. Dopo la vendemmia si sa, il lavoro non finisce perché si deve sistemare e mettere a posto il tutto. così continuai a lavorare per tutto l'autunno. 

Non dico che divenni il braccio destro, ma con Candido col passare del tempo si instaurò un rapporto di fiducia molto profondo, quasi familiare.

Schietto, gioviale, baffuto e con l'immancabile canottiera che evidenziava le braccia muscolose e la peluria del petto, Candido non era solo un datore di lavoro, ma quasi un padre. La sera, magari ci mettevamo in relax in mutande in un grosso tino pieno d'acqua a guardare la campagna e chiacchierare.

E come un padre, faceva anche domande scomode. Ma non per giudicare, ma per premura verso chi gli stava a cuore.

Più volte, spontaneamente, mi chiese della morosa, e a mia risposta negativa, aggiungeva "non è che sei gay e cerchi il moroso, invece?". Al che, alla ennesima volta, risposi "Non è che forse a te piace e lo scarichi su di me?". Mi guardò e mi mandò un bacetto da sotto i baffi. Scoppiammo a ridere e la cosa finì lì.

O almeno credevo.

Era la metà di ottobre, e poco prima di smettere e tornare a casa, Candido mi ferma e dice "senti, il nastro fa un rumore strano. Puoi venire con me a dargli un'occhiata?"

Salutammo gli altri e ci dirigemmo al capannone dell'imbottigliamento. Era il nastro dove scorrono le bottiglie che non funzionava bene. Candido lo accese e subito un rumore stridulo, riempi le nostre orecchie, come se qualcosa toccasse contro il nastro.

Per smontare il nastro guasto avremmo dovuto stenderci sotto di esso e con le teste vicine ma contrari con il corpo. Da una parte io che passavo gli attrezzi per servirlo, dall’altra lui che trafficava; quando ad un certo punto le due teste vennero a contatto. Può succedere pensai.

Ma il contatto, anzi i contatti, si fecero sempre più frequenti e lui - non so dire di preciso come sia successo - arrivò con la sua bocca a pari della mia. Io ero concentrato a sistemar un braccetto, e quando lui si girò con la scusa del morderla per fare forza arrivo a leccarmi la guancia. Non era casuale, anche perché iniziò a rotearla. Girai appena il mio volto verso lui e la sua lingua lambi il bordo della mia bocca.

Poi allungò una mano sulla mia testa per farla girare completamente e infilarmi la lingua in bocca roteandola di continuo.

Risposi al limone, anche perché scoprii che aveva le labbra morbidissime e i baffi mi solleticavano il mento Mi accarezzava la testa, si staccava mi guardava e ribaciava. Io volevo solo le sue labbra sulle mie. Mi piaceva morderle delicatamente e affondare di nuovo la lingua dentro lui. Sapeva di buono. Allungai le mie braccia verso le sue, fino a scorrere le dita sotto il bordo delle spalline della canotta.

Sotto il macchinario, era fresco, ma la sua pelle era deliziosamente calda.

Poi afferrò la mia cintura e facendo forza si tirò su, in direzione del mio inguine. Nel tragitto mi baciò collo, petto, ventre e con la punta del naso tasto il mio pacco attraverso gli strati dei vestiti.

Io strusciai la mia guancia alla sua panciotta contro la canotta. Sentivo il suo profumo da maschio.

Lui restava lì a mordere e affondare il visto tra le mie gambe. Io, invece, gli slacciai i jeans e il suo cazzo svettò fuori subito… che visione!

C'erano delle voci che fosse in gran pisellone, ma guardandogli la patta non dimostrava nulla di straordinario. Probabilmente a vederlo così da vicino, la cosa rendeva meglio. Lo presi in mano ed iniziai un pompino, girando attorno alla sua corona rosea con la mia lingua.

Gli piaceva, perché muoveva piano il bacino avanti e indietro. Le mie mani erano sotto la canottiera e le appoggiavo ai suoi fianchi. Sentivo i muscoli muoversi e dopo pochi minuti di pompa con dedizione mi riempì il viso di sperma. Gli ultimi spasmi di piacere, facevano vibrare tutto il suo corpo che, ora, lo sentivo sudato.

Pure io avevo goduto, anche se rinchiuso nelle mutande, la mia eccitazione era tale che il solo aver Candido così vicino a me e spompinarlo mi fece venire.

Mi abbracciò, ci abbracciammo. Il suo/nostro profumo ormonale ci avvolgeva.

Rimanemmo un po' cosi, la sotto la macchina distesi a parlare, beati di quanto fatto insieme.

"Sapevo che ti piaceva il cazzo" disse.

Lo avrei subito gelato dicendogli: "sapevi o speravi?" ma non diedi peso alla cosa e finimmo ancora con qualche minuto di coccole.

Ci sistemammo e finimmo di aggiustare il nastro e la cosa fini li.

Non ci furono altre scappatelle, ma il legame che c'era tra noi aveva travalicato ogni linea di confine. Oltre il sesso… solo fiducia pura.

È passato un bel po' di tempo.

Oggi lo ricordo cosi il mio capo-papà, un uomo che ti voleva bene senza alcun interesse.

Le nostre strade purtroppo si sono divise, e per me la mia vita ha deciso di darmi un’altra svolta. Un'altra ancora... proprio come quel 16 ottobre di tanti anni fa.

kikiM +1

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