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Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto
omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni
This page contains pictures of male nudity and a text with homoerotic
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Camere
comunicanti (ultima parte)
Un
racconto di Dialobik
Furio aprì lentamente gli occhi. Guardò con un certo fastidio la luce del mattino che filtrava dalle tende oscuranti, anche se a svegliarlo era stato il telefono sul comodino. Stava vibrando. Era la moglie.
– Dimme
– Ciao amore. Io e Dalila partiamo adesso.
– Va ben
– Ci sentiamo per l'ora di pranzo. Ciao
Furio scorse velocemente le notifiche. C'era un messaggio della moglie di mezz'ora prima.
Ciao Amore, ieri sera sei stato un toro! Io scendo a fare colazione, poi esco con Dalila e andiamo a vedere la villa. Buona giornata maschione mio!
La
visita guidata alla villa. La moglie e la sua amica sarebbero state
fuori tutta la mattinata. Fantastico!
Guardò l'ora. Erano le 10.20. Troppo tardi ormai per scendere a fare colazione; poteva starsene tranquillamente a letto. Sì ieri sera l’aveva scopata per bene, come non succedeva da un pezzo. Sarà stato l'effetto delle terme?
Si
alzò
dal letto. Si avvicinò alla finestra e aprì le tende. Era una bellissima
giornata di gennaio, fredda ma soleggiata.
La
vista era impressionante. Pur essendo all'ombra – la camera dava a ovest
– la luce del sole colpiva tutta la catena di colline di fronte. Il
verde dei colli e l'azzurro del cielo erano separati da un contorno
sinuoso perfettamente nitido.
Più in basso, dall’azzurro della piscina si alzavano i vapori termali. Furio si scostò dalla finestra. Pensò per un attimo a Dario. Chissà se era già sceso in piscina. Si avvicinò alla porta comunicante.
– Dario??
Bussò e restò in ascolto.
Non
si
sentiva alcun rumore. Abbassò la maniglia e la porta si aprì.
Spinse
delicatamente per guardare all’interno dallo spiraglio.
Non
c'era
nessuno. Entrò nella stanza e si fermò a osservare. La camera era
speculare alla sua; davanti a sé il letto ancora sfatto. Avanzò di
qualche passo e si fermò davanti allo specchio verticale. Si guardò per
un attimo.
Era
ancora completamente nudo. L'occhio gli cadde in basso. Il glande,
impiastricciato del liquido seminale, era rimasto scoperto da ieri
notte. Dopo l'amplesso, si era abbandonato senza forze sul materasso e
si era addormentato pensando a come sarebbe stato avere Dario sdraiato
nudo accanto a lui al posto della moglie.
Sì,
ieri sera con lei aveva goduto ma la sua vera voglia era rimasta
insoddisfatta. Ora che era nella stanza di Dario, lo stuzzicò l'idea di
potervi trovare qualcosa di suo, di nascosto, di intimo. Si recò nella
sala da bagno. La lametta da barba era umida e c'era nell'aria il
profumo del suo dopobarba. Sul lavandino residui di schiuma.
Mentre
si guardava nudo allo specchio del bagno, si spruzzò un po’ del profumo
che trovò vicino alla specchiera. Chiuse gli occhi per un attimo e
immaginò di avere Dario lì accanto a lui.
Mentre
si accarezzava il petto, sfiorava delicatamente le punte dei capezzoli,
facendo roteare i polpastrelli attorno per poi stringerli e saggiare la
consistenza.
Si
stava già eccitando ma voleva avere nel naso qualcosa di diverso,
qualcosa che fosse solo di Dario.
Tornò
in
camera da letto. Cercò per terra, sotto il letto. Aprì l'armadio.
C'erano
delle mutande piegate e pulite. No, le voleva usate.
Così
aprì la valigia: nel fondo, appallottolati, un paio di slip bianchi
fecero capolino.
Furio prese in mano le mutande, le stese contro la luce del sole e le osservò. Erano un paio di slip alti, con un'apertura frontale, di quelli che usava indossare suo padre una volta.
Proprio lì sul davanti, in prossimità dell’apertura, si scorgeva qualche
piccola macchiolina.
Furio
portò le mutande al viso e infilò il naso nell'apertura. Quell'odore di
maschio gli prese la testa.
Si
lanciò sul letto di Dario con le mutande in faccia e cominciò a
toccarsi. Con la vista sbarrata dal cotone, l'olfatto e il tatto erano
ancora più potenti.
Sentiva
il proprio membro crescere ma non aveva voglia di venire in quella
maniera. Furio scostò le mutande dalla faccia, si alzò di scatto e tornò
nella sua camera.
Aprì la sua valigia e nella tasca interna – lo teneva sempre lì per non dimenticarlo a casa quando partiva col camion – trovò il suo Tony.
Dario
aveva finito da un pezzo di fare colazione ma non si era ancora alzato
dal tavolo. In sala ormai era rimasto solo lui e i camerieri intenti a
sbarazzare i tavoli.
Di
tanto in tanto gli lanciavano occhiatacce, ma Dario non voleva proprio
schiodarsi da quel posto.
Con
lo sguardo fisso sul piatto vuoto, era con la mente da tutt’altra parte.
Nella sua testa infatti stava ripercorrendo la nottata appena trascorsa.
Le urla incitanti della moglie e i gemiti eccitati di Furio lo avevano
turbato.
Da
un lato, provava un po’ di invidia: tutto quel trasporto erotico con sua
moglie lui non l'aveva mai avuto. Ma dall’altro – ed era inutile girarci
intorno – vedere Furio come un toro alla carica era stata una delle cose
più eccitanti che gli fossero capitate.
Ma
qual era la cosa che lo eccitava esattamente? Mentre ci pensava – lo
sguardo ancora perso nel piatto – si fece strada nella sua mente il
desiderio di vedere quella mascolinità rude e impetuosa soggiogata allo
sfogo delle sue voglie.
E più ci pensava e più in alto volava la sua fantasia fino a toccare l’idea, per lui impossibile, di vedere sul viso di quel camionista l’espressione supplice di chi brama da tempo di essere scopato.
– Mi scusi se la disturbo ma la sala sta per chiudere.
Il cameriere spezzò la sua catena di riflessioni e Dario sollevò lo sguardo confuso.
– Sono quasi le 11, dobbiamo preparare per il pranzo.
Il
cameriere si stava spazientendo. Dario si alzò dal tavolo e uscì. Aveva
bisogno di bere qualcosa di forte. Si avvicinò al bar e chiese uno
Spritz al campari. L'aveva guardato con stupore la barista?
Sì,
era un po’ presto in effetti. Si sedette al tavolo e la mente tornò,
malgrado i suoi sforzi, a Furio.
Tra
camionisti ci si dà una mano, aveva detto. A che scopo dire una cosa del
genere?
Dario
pensò per un attimo a quel massaggio e a quelle parole ambigue in
grotta.
Forse
voleva sondare il terreno?
Chi lo sa. Certo è che il professore aveva fatto scena muta, non aveva avuto il coraggio di rispondere e ora, al pensiero di non aver saputo cogliere l’occasione – ma era davvero un’occasione? –, non gli restava che allungare il calice amaro del rimpianto con l’alcol.
Il professore trangugiò lo spritz quasi d’un fiato. Forse era troppo
carico, forse lo stomaco era ancora vuoto.
Non
si sentiva benissimo. Alzatosi per pagare si appoggiò con la mano al
tavolino per non cadere.
Per
un attimo gli sembrò che la stanza si fosse capovolta.
Alzò
gli occhi verso il bancone del bar: lo vedeva oscillare.
Attese che l’immagine si stabilizzasse. Poi si avvicinò e pagò.
Arrivato
all'ascensore
la testa continuava a girare. La sensazione però ora si faceva piuttosto
piacevole.
Ogni
movimento del suo corpo – stava sollevando il braccio per premere il
tasto – veniva percepito dalla sua mente come rallentato e debole anche
se in realtà, una volta eseguito, gli risultava più veloce e violento di
quanto avrebbe voluto.
Nel rientrare in camera, si sorprese quando sentì con quanta forza aveva chiuso dietro di sé la porta, malgrado fosse convinto di averla accompagnata delicatamente. Evidentemente aveva perso un po’ del controllo sulle sue facoltà, ma dentro di sé si sentiva sufficientemente lucido.
Ohhh… Ohhh… Ahhhhhhhhhhhhhh….. Mmmmm…
Dario
si bloccò e rimase ad ascoltare: era la voce di Furio. Per un attimo si
chiese se l’alcol gli avesse fatto perdere completamente la percezione
della realtà. Eppure no! Quella voce non arrivava dalla sua testa ma
dalla camera comunicante.
Furio stava godendo di nuovo. Ma stavolta non poteva essere con la moglie. Il pensiero che quel camionista stesse consumando un rapporto clandestino lo incuriosì. Senza pensarci su, aprì la porta comunicante.
Furio
era in piedi: le ginocchia leggermente flesse, la schiena piegata in
avanti, si teneva in equilibrio appoggiandosi con una mano sul bordo del
materasso mentre con l’altra si premeva in faccia un paio di slip
bianchi da uomo di tipo classico.
Ma
quelle sono le mie mutande!, pensò Dario sgranando gli occhi. Furio
gemeva ad alta voce in un tono misto tra lamento e godimento.
Il
suo corpo vibrava come se fosse attraversato da scosse mentre la pancia
rotonda si spostava lentamente ondeggiando avanti e indietro.
Mentre si avvicinava per vedere meglio, Furio si voltò di scatto: alle sue spalle c’era Dario che osservava da vicino il fallo di silicone appeso all’anta dell’armadio.
– Ti piace veramente prenderlo, disse Dario.
Il camionista si tirò su e rimase immobile per un lungo imbarazzante attimo.
– Non ti facevo passivo, visto come scopavi tua moglie ieri sera.
– Lei non ghe xe, e faccio quello che mi piace.
Ci fu un momento di silenzio fra i due. Dario prese dalla mano di Furio le sue mutande.
– E queste come te le sei procurate? Birbante!
Furio,
rosso di vergogna, abbassò lo sguardo per poi rialzarlo.
Dario lo fissò mentre i suoi baffi si allargarono in un sorriso ammiccante e malizioso.
Dalla
finestra
la luce del sole invadeva la stanza e faceva risplendere la pelle chiara
di Furio mettendo ancora più in risalto la coltre di pelo scuro che la
ricopriva.
Dario
si avvicinò con il viso alla sua bocca e vi appoggiò le labbra.
La
barba del camionista aveva ancora l'odore del sesso della moglie, ma
Dario ebbe a malapena il tempo di accorgersene che la lingua impetuosa
di Furio si era già fatta strada dentro la sua bocca.
Era
molto più di un massaggio alla schiena quello che ora Dario poteva
permettersi di fargli. Il professore appoggiò le sue mani sulla pancia
sudata di Furio.
Le dita si inerpicarono lente facendosi largo tra la foresta di pelo riccio per salire ai capezzoli. Dario si fermò un momento a soppesare il petto villoso di Furio per poi prendere tra pollice e indice quelle punte carnose che si facevano sempre più grosse e dure.
– Tira. Tirali forte. Ahhh ahhh
Mentre
Dario era impegnato ad assecondare i gemiti di Furio roteando i suoi
capezzoli, il camionista si sedette sul bordo del materasso e aprì la
patta dei pantaloni di Dario. Furio scorse lo slip bianco e ci appoggiò
le labbra.
Mentre sentiva crescere il sesso attraverso il cotone, lo fece uscire dall'apertura dello slip e ci si avventò con la bocca. Era lungo e venoso e culminava con un glande di grossa circonferenza.
– Voglio sentirlo dentro di me questo bel cazzo.
Dario fece alzare Furio e lo invitò a posizionarsi a carponi sul materasso. Il professore si bagnò di saliva le dita e cominciò a tastare l'apertura. ll culo peloso del camionista era già dilatato.
– E’ bello largo
– E profondo, rispose Furio. Mi tengo in esercizio come posso.
– Sarei curioso di vederti giocare con lui, rispose Dario indicando il dildo che pendeva dalla parete.
Furio si stese a pancia in su, appoggiò un cuscino sotto il bacino e
divaricò le gambe. Bagnò Tony con la saliva e appoggiò la punta all'ano.
Fece
in modo che la base del dildo facesse leva contro il materasso così da
poter liberare la mano ed esercitare la pressione con il solo movimento
del bacino.
Mentre
teneva tra i polpastrelli i capezzoli induriti abbassava delicatamente
il sedere contro la punta per potersi gradualmente dilatare ad ogni
piccola spinta.
Sugli
occhi socchiusi di Furio si leggeva tutto il piacere che quei colpi gli
stavano procurando.
Dario
aprì
del tutto i pantaloni, si tirò giù gli slip bianchi e si posizionò
all'altezza del culo di Furio.
A
un certo punto, il pisello di silicone uscì dal suo corpo e Dario ne
approfittò per far entrare il suo.
Appoggiò il glande all'ano e come per magia il pisello di carne venne risucchiato in un attimo dentro il corpo di Furio.
Quando Furio riaprì gli occhi, sopra di lui c’era Dario, che cercava di assecondare i suoi movimenti con delle controspinte. Il professore si piegò in avanti: il camionista si muoveva avanti e indietro in un crescendo di godimento, e Dario non riusciva ancora a credere di avere sotto di sé quel corpo grosso e peloso da soddisfare.
– Tirame i peli, urlò Furio.
Dario
guardò per un attimo il manto che lo avvolgeva.
La parte che più lo eccitava era il suo petto: quei ricci folti da cui uscivano due punte rosee che Furio continuava a torturare con le sue mani. Infilò le dita nel pelo del petto e tirò delicatamente.
– Ahh ahhh più forte ohhh. Tira e spingi più forte.
Dario
cominciò
a scoparlo con tutta la voglia che aveva addosso. Ogni tanto Furio gli
diceva di fare piano, poi più forte, poi ancora piano, poi di nuovo
forte.
Dario cercava di assecondare quel passaggio continuo tra dolore e piacere che Furio sfogava con urla e gemiti animaleschi. A un certo punto, però, si fermò di colpo.
– Stai per venire?, gli chiese Furio.
Dario fece sì con il capo.
– Allora va vanti.
Dario
riprese
a spingere, ma ormai trattenersi era impossibile. Sentiva che non ce la
faceva più ma voleva prolungare quella scopata ancora di qualche spinta.
Gli ultimi colpi furono infatti i più goduriosi.
Sentì che stava per venire ma ancora non aveva cominciato a liberarsi e poi Ahh ahh ahh i fiotti cominciarono a uscire dal suo Ahhh per entrare dentro il Ohhh di Furio che sentiva un calore invadergli la pancia e allora anche lui si toccò e Ohh Ohh Ohh cominciò a spruzzare mentre Dario gridava e usciva dal suo corpo tenendolo in mano che ancora schizzava e Ahhh l’ultimo colpo finì sul petto peloso di Furio.
I
due si adagiarono sul materasso l’uno accanto all’altro. Dario appoggiò
la faccia sulla pancia pelosa di Furio.
L’odore
del loro seme era intenso e Dario si mise a leccare via quel che era
rimasto. Una volta terminato,
Furio
appoggiò le labbra ai baffi del professore per assaporare a sua volta i
loro umori. Poi si baciarono intensamente fino a quando qualcuno suonò
alla porta.
Era la cameriera ai piani. Furio, da dietro la porta, disse che per oggi non c’era bisogno di rifare la camera e tornò a letto.
– Non mi capita spesso con un uomo, disse.
– Di scopare?
– Di fare l’amore.
E Dario lo baciò ancora una volta.
Il
giorno della partenza le due coppie si presentarono alla reception per
il checkout.
Tutti erano pienamente soddisfatti di quel soggiorno e si complimentarono con il portiere del servizio e della cortesia del personale.
– Una sola cosa se posso, aggiunse la moglie di Dario.
– Prego, mi dica pure.
– Tutto bene ECCETTO quella porta comunicante!... L’abbiamo trovata aperta quando siamo arrivati e nessuno è mai venuto a chiuderla! Senza contare che si sente tutto. Per noi non è stato un problema perché ci conosciamo, ma se mi fossero capitati sconosciuti dall’altra parte, avrei chiesto un’altra camera!
Il portiere si scusò del disagio spiegando che l’hotel aveva molte camere di quella tipologia, e per la prossima volta consigliò alla signora di specificare di non volere porte comunicanti in fase di prenotazione.
Mentre il gruppo di amici usciva dall’hotel, Dario disse agli altri di aver scordato qualcosa e tornò indietro. Aspettò che il resto del gruppo se ne fosse uscito, si appoggiò al bancone e, avvicinatosi al portiere, quasi sussurrando, disse:
– Tutto bene SOPRATTUTTO quella porta comunicante!
I
suoi baffi si allargarono in un ambiguo sorriso e gli occhi luccicarono
di uno strano bagliore.
Il
portiere stette per un attimo a fissare quell’uomo chiedendosi se quel
che aveva appena detto fosse da intendere in maniera ironica o meno. Non
ebbe il tempo di rispondere perché il professore girò i tacchi e se ne
andò senza aggiungere altro.
Sul bancone aveva lasciato una banconota.
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