ORSI ITALIANI MAGAZINE




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Camere comunicanti (parte seconda)

Un racconto di Dialobik

Dopo la cena, prima di ritirarsi nelle loro rispettive stanze, le due coppie di amici si recarono al bar per un caffè.

Nel passare per la reception, la moglie di Dario si fermò dal portiere a chiedere una coperta in più.

Se ha freddo, posso alzare il riscaldamento della camera, signora – disse il portiere.

No, guardi. Sono io che sono freddolosa, lui dorme in slip.

Lo sguardo divertito del portiere andò a posarsi su Dario, che lo guardò ridendo.

La moglie avrebbe voluto ricordare anche di mandare qualcuno a chiudere la porta comunicante – tornata in camera dopo il massaggio era ancora aperta – ma non le sembrava carino farlo davanti all'altra coppia; dunque, non disse nulla e proseguì con gli altri alla volta del bar.

Voleva andare a letto presto e, bevuto il caffè, disse agli altri che lei e il marito non si sarebbero trattenuti a lungo: c’era l'ultima puntata di una serie che li stava tenendo letteralmente incollati allo schermo.

Incuriosita, la moglie di Furio chiese di cosa si trattasse e, un po’ imbarazzata, la moglie di Dario rispose che era la storia di Jeffrey Dahmer.

Il cannibale di Milwaukee! – ricordò la moglie di Furio – Incredibile quella vicenda. Io non capisco ancora come sia riuscito a farla franca per tutto quel tempo. E nessuno si è mai accorto di niente!

Beh ma è proprio questo il punto – rispose la moglie di Dario – In verità, non è che nessuno si fosse mai accorto di niente. C'è stato pure il caso di quel ragazzino che era riuscito a scappare dalla casa di Dahmer.

La polizia lo trova per strada in uno stato pietoso e glielo riconsegna perché Dahmer dice che è il suo amante. Cioè trovi un ragazzino, che poi si scoprirà aveva solo quattordici anni, nudo e sanguinante per strada, in stato confusionale, e lo ridai in mano a un uomo senza fare accertamenti?

Mi pare che la polizia sia stata alquanto negligente. D’altronde, con i gay, qualunque cosa dici o fai passi per quello che li vuole discriminare; non puoi neanche più dire quello che pensi! Che poi, diciamoci la verità, sti gay hanno solo una cosa in mente, e sappiamo tutti cos'è, e però ti vogliono fare credere che il loro desiderio è mettere su famiglia!

Ma che cazzo dici? Ma tu cosa ne sai di quello che vuole la gente? – sbottò Dario. – E passi da Dahmer agli omosessuali come se fossero la stessa cosa!

Non ho detto che sono la stessa cosa! Mica tutti i gay sono degli assassini, ci mancherebbe altro.

Togliamo la parte degli omicidi alla storia, sta di fatto che lui era gay e le sue vittime pure. Si sono incontrati come, secondo te? Si sono incontrati perché avevano tutti la stessa identica fame. Cercavano sesso. Allora come oggi. Io dico: Dahmer era alla ricerca di soddisfarsi, come tutti i gay. Solo che in lui la perversione era così estrema da arrivare a uccidere.

Ma quale perversione? Ma lo sai perché Dahmer ammazzava? Tu pensi che andasse la sera a caccia nei locali per il gusto di uccidere, e invece ti sbagli di grosso! Infatti, pare che uccidesse perché non sopportava l’idea di doversi separare dalle sue avventure di una notte. La mattina dopo, quando gli uomini si alzavano per andarsene, Dahmer si sentiva solo e abbandonato. Sembra assurdo, no? Pure una persona dalla mente malata come lui, che il caso vuole fosse omosessuale, era alla ricerca di qualcosa che andasse al di là della soddisfazione di un mero appetito sessuale, forse proprio di quella cosa che noi comunemente chiamiamo amore. Se questa la chiami perversione…

Dario puntò lo sguardo dritto negli occhi di Furio. I due si fissarono per un istante – un istante che a Furio sembrò un’eternità. Poi la moglie di Dario augurò a tutti la buonanotte e si diresse col marito in camera.


Ma che ore erano? Che ci faceva sulla sedia della scrivania? Si era addormentato? Si era sentito male? Da quanto tempo era così? Era ancora notte? Dov’era sua moglie? Ronf.

Ora la sentiva russare.

Ronf.

Dario si era appisolato seduto alla scrivania, con le braccia conserte, proprio sopra ai compiti della IV C.

Ronf.

Ma che ore erano? Alzò la testa dalle braccia e guardò l'orologio al polso. Mezzanotte passata.

Ma che ci faceva lì?

Per un attimo si sforzò di ricordare. Ah già! Terminata l'ultima puntata di Dahmer, sua moglie si era coricata e lui, non riuscendo a prendere sonno, aveva deciso di portarsi avanti con il lavoro.

Il professore stette seduto ad ascoltare lei che ronfava. Non era più abituato; a casa ormai dormivano in camere separate.

E pensare che era lei che si era portata dietro i tappi per non essere disturbata. E si era messa pure quella maschera sugli occhi contro la luce.

Ronf.

Si concentrò su quel grattare gutturale a cadenza regolare.

Era lei quella che si lamentava quando lui russava.

Come quella volta al cinema che si era addormentato, e lei aveva fatto una scenata perché, a suo dire, stava disturbando tutta la sala. Ora avrebbe voluto mettersi a registrarla.

Ah… Ah… Mmmh…

Dario si voltò verso la parete. Non era sua moglie. Questa non stava certo russando. Dario rizzò le orecchie. La voce veniva dalla camera accanto, filtrata attraverso la porta comunicante. Dario si alzò per avvicinarsi. Appoggiò l'orecchio al legno e restò ad ascoltare.

Sì… Dai… leccami il clitoride…

Era la moglie di Furio. Dario non ci poteva credere.

Ahh, sì, più veloce con la lingua.

Sul viso di Dario si stampò un sorriso divertito. Altro che professoressa tutta casa e chiesa…

Quella donna era in realtà una milfona in calore, che di notte si faceva sbattere come una porca dal marito. E che marito! Un camionista… La fantasia di Dario cominciò a lanciargli immagini al cervello.

Nella sua testa si figurava la testona di Furio davanti al sesso della moglie, la punta della lingua che si avvicinava e la barba folta che solleticava l'interno delle cosce mentre la moglie prendeva il marito per la testa.

Ciucciame… Ciucciame… Go voglia di sentire la tua bocca… Ohh… Ohh…

Era la voce di Furio, stavolta. Lo sentiva ansimare di piacere.

Dario non riuscì più a trattenersi. Le sue mutande erano già gonfie mentre immaginava la bocca larga della moglie che lo prendeva tutto per soddisfare la voglia animalesca di Furio.

Leccame le balle dai…

Dario si girò per un attimo verso la sua consorte: continuava a russare indisturbata.

Non poteva più tenerlo dentro le mutande.

Vedeva nella sua mente la moglie di Furio passare la lingua sulla folta selva di pelo del camionista e nella sua bocca gli pareva di avere l'aroma mascolino che la donna stava assaporando.

Ascoltare in segreto quelle voci ovattate lo stavano eccitando e Dario sfogava la sua voglia repressa muovendo la mano ad un ritmo sempre più incalzante.

Chissà se la porta era ancora aperta! Staccò la mano dal suo corpo per prendere la maniglia della porta comunicante e la ruotò lentamente sperando di non fare rumore.

Fu solo un click, percepibile ma secco.

Ormai il più era fatto.

Aprì delicatamente la porta.

Dallo spiraglio Dario riusciva a vedere il letto e i corpi dei due. Furio era steso a pancia in su, la testa appoggiata al cuscino, mentre la moglie gli stava sopra al contrario: lei gli leccava il membro facendolo sparire completamente dentro la bocca per poi tornare su fino alla punta, mentre lui le slinguazzava avidamente la passera.

I gemiti acuti di lei si libravano alti sopra i grugniti baritonali di lui e a quanto pareva, nessuno si era accorto di essere osservato.

Dammi il tuo cazzo, ne ho voglia.

La moglie si spostò dal corpo del marito. Per un attimo, la vista della pancia rotonda e pelosa di Furio, che faceva da sfondo al suo pene completamente eretto, fece sussultare Dario, che fermò di colpo la mano per non venire in quel momento.

Furio si alzò dal letto, fece stendere la moglie al posto suo e si piazzò in ginocchio davanti al pube divaricato di lei.

Sì così dai. Impalami, sventrami, possiedimi.

La voce implorante di lei riecheggiava fin dentro la camera di Dario. Furio strusciò la punta dall’alto al basso della vulva per due o tre volte, tenendolo con la mano, per poi ficcarglielo dentro tutto in un colpo.

Si che bello ti sento tutto.

Le natiche pelose di Furio si muovevano avanti e indietro e le spinte del bacino cadenzavano le urla goduriose di lei.

Mmm mmm mmm.

Ora anche i gemiti di Furio si facevano forti. Sollevò le gambe della moglie per appoggiarle contro le sue spalle. Dario, con la mano bagnata di liquido preseminale, cominciò a giocare con i capezzoli.

Titillava le punte indurite e immaginava Furio accarezzare il suo petto nella stessa maniera in cui lo vedeva ora massaggiare i seni della moglie.

Ahhh ahhh ahhh. Mi fai godere.

Furio si era avvicinato in avanti. Con il bacino spingeva il bastone infuocato dentro la moglie mentre questa spingeva il corpo del marito a sé tirandolo per i peli fin quasi a strapparli.

Sì sì dai tirame la barba.. Così..

Furio accelerò tutto d'un tratto la cadenza delle spinte. Dopo qualche secondo, uscì fuori e con la mano diede gli ultimi colpi fino ad esplodere.

Sborrami, sborrami tutto il corpo. Me la voglio strofinare dappertutto.

La moglie si contorceva come in preda a convulsioni mentre con la mano si spalmava sul ventre il seme denso e caldo.

Dario approfittò del frastuono generato dalle urla di Furio per chiudere la porta comunicante.

Corse in bagno e appoggiò lo scroto al bordo freddo del lavandino.

Mentre si guardava allo specchio, fece partire la mano.

Chiuse gli occhi mentre si masturbava stringendo e allentando il pene con accelerazione lenta ma costante fino a sentire che il momento di non ritorno era arrivato.

Abbassò il bacino per sentire ancora di più il lavandino freddo premere sotto le palle che si svuotavano.

Aprì gli occhi per guardare in basso i getti che schizzavano verso l'alto.

Fu un piacere violento, una deflagrazione stordente. Rimase per qualche secondo fermo immobile, attonito.

Una volta rientrato in sé, tolse il tappo e aprì il rubinetto per lavare via ogni traccia.


(continua...)

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