ORSI
ITALIANI MAGAZINE

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Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto
omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni
This page contains pictures of male nudity and a text with homoerotic
contents: it's intended for persons over 18

Camere
comunicanti (parte prima)
Un
racconto di Dialobik
La moglie di Dario chiese se le camere fossero
vicine.
– Sono
addirittura comunicanti – rispose il portiere, e porse alle due coppie le
chiavi delle loro rispettive camere. Mentre le signore salivano al piano,
i loro mariti, con bagagli appresso, attendevano l’altro ascensore per
salire.
Furio
e Dario si conoscevano poco, in realtà. Quel weekend insieme alle terme
era stato organizzato dalle mogli, insegnanti nella stessa scuola da
almeno vent’anni. Entrambi sulla cinquantina, i due uomini non potevano
essere peggio assortiti.
Furio era un camionista, mentre Dario faceva il
professore come la moglie. Il primo, una barba ispida e riccia, ancora per
lo più nera, e la testa rasata, nascondeva sotto una comoda tuta da
ginnastica il suo corpo abbondante; l’altro, camicia bianca e maglioncino
beige, capelli grigi corti, barba ben rasata e un baffo nero, foltissimo
ma ben curato, lasciava intravvedere sotto i vestiti un fisico sodo.
Furio, nato e cresciuto da quelle parti nel Nord
Est, era abituato a parlare più nel dialetto locale che in italiano,
mentre Dario, originario della Sardegna e per di più insegnante di
lettere, considerava i dialetti del Nord una storpiatura ridicola della
lingua, che ancora talvolta faceva fatica a comprendere, nonostante
vivesse in quelle zone ormai da anni.
– Chea figa!
Me so desmentegà el costume casa!
– Furio si lasciò scappare un’imprecazione. Dario lo guardò per un attimo
tra il confuso e il disgustato.
– Ho dimenticato il
costume a casa, e adesso? Come faccio ad andare alle terme? – si corresse
Furio.
– Furio, se posso
permettermi di darti un consiglio. Fossi in te, mi recherei alla
reception, dove il concierge saprà sicuramente dove puoi trovarne uno.
– Va ben, ma
te vien con mi però ah?
Così i due scesero nuovamente al piano terra,
dove, alla reception, il portiere si mostrò particolarmente entusiasta nel
mostrare i pochi costumi rimasti. Di taglia XL c’erano solo slip.
– Li prendo ma se mi
stringono, posso tornare a cambiarli?
Il concierge lo guardò divertito, poi lo
rassicurò e disse che essendo elasticizzati si sarebbero adattati
perfettamente alle sue forme. Abituato a portare solo boxer larghi, Furio
alzò a mezz'aria il costume provando con le dita ad allargare quel
minuscolo triangolo di tessuto.
– Go i me dubbi
– disse Furio scettico – ho bisogno di spazio io – e abbassò la mano per
toccarsi lanciando un'occhiata a Dario. Quest’ultimo seguì il gesto di
Furio con lo sguardo e per un attimo gli occhi si posarono sul
rigonfiamento sotto la sua pancia che il materiale morbido della tuta
metteva in evidenza.
Terminato
l'acquisto, i due lasciarono il bancone per salire finalmente nelle
rispettive camere. Alla vista del marito, la moglie di Dario sbottò
seccata chiedendo come mai ci avesse messo tanto a salire con la valigia;
aveva già perso troppo tempo e a quell’ora avrebbe già voluto essere in
piscina. La donna aprì di fretta la valigia, cercò il costume e si
spogliò.
Mentre Dario con tutta calma si prestava a sistemare meticolosamente la
sua roba nell’armadio, lanciò distratto uno sguardo alla schiena nuda
della moglie. Aveva difficoltà a chiudere il gancetto del reggiseno e così
si avvicinò per aiutarla.
Vicino alle scapole la pelle si faceva cascante
e sotto lo slip la cellulite segnava vistosamente le cosce. Per un attimo
cercò di ritornare con la mente al tempo in cui quella stessa donna da
ragazza faceva girare la testa a tutti gli uomini che incontrava per
strada.
Si sentiva inspiegabilmente eccitato e, malgrado non fosse più quella di
una volta, lo colse una voglia inaspettata e provò a baciarla. Di tutta
risposta, lei si girò di colpo dall’altra parte: – C'è la porta che
comunica con l'altra camera che è aperta.
Senti giù il portiere come si fa a chiuderla. E fatti portare anche
qualche gruccia in più. Io non sto qua ad aspettare ancora. Ci vediamo in
piscina. – Così dicendo, si infilò l'accappatoio e uscì.
Dario aprì l'armadio e vide che la moglie aveva
già occupato tre quarti dello spazio con la sua roba. Grucce in più? Ma
quanta roba si deve portare per un weekend?
Alzò il telefono per chiamare la reception e chiese altre cinque o sei
grucce; e poi c'era la porta comunicante da chiudere. Sarebbe passato
qualcuno a sistemare tutto, rispose il portiere.
Dario si diresse verso il bagno e si piazzò davanti allo specchio. Si
tolse velocemente il maglione e la camicia. Osservò il petto nudo: quel
po’ di esercizio fisico che faceva lo manteneva ancora abbastanza sodo.
Passò la mano sul pelo che si concentrava al centro. Il colore grigio
contrastava con il nero dei baffi.
Sfilò rapidamente anche i pantaloni: il pisello era ancora mezzo
ingrossato e una macchia rendeva quasi trasparente lo slip bianco.
Era già completamente bagnato. Cominciò ad accarezzarlo da fuori. Vedeva
la cappella uscire e rientrare dalla pelle attraverso il cotone. Non
poteva di certo indossare il costume in quelle condizioni e doveva
sbrigarsela da solo.
Lo tirò fuori e cominciò a massaggiarsi con maggiore foga. Chiuse più
stretta la mano attorno al glande, mentre la passava su e giù a ritmo
regolare.
Per un attimo rivide Furio alla reception mentre
prendeva in mano il costume. Poi immaginò di vederlo nella sua camera nudo
mentre provava lo slip aderente: il suo corpo appesantito, la pancia
sporgente e sotto quel triangolino minuscolo che gli stringeva il pacco.
La cappella si era fatta rovente e l’asta pulsava.
Ansimava sempre più forte quando sentì bussare. Si bloccò di colpo.
Prese l’accappatoio e si diresse alla porta d’ingresso. Aprì uno
spiraglio, cercando di non essere visibile dall’esterno, ma non c’era
nessuno. Mentre stava per richiudere, sentì di nuovo il toc toc di prima.
Proveniva dalla porta comunicante con l’altra camera. Furio lo stava
chiamando e gli chiedeva di aprire. Dario si tirò su le mutande facendovi
entrare a fatica l'arnese.
– Puoi
entrare, tanto è aperta, gli disse.
Dario si trovò Furio sulla soglia in
accappatoio.
– Ma
secondo te posso andare in piscina conciato così? Me
vargogno
massa – e si aprì l’accappatoio.
Dario aveva il cuore in gola.
Davanti a sé, il corpo di quel maschione grosso pieno zeppo di pelo. I
ciuffi partivano dalle spalle creando una sorta di V di colore
grigio-bianco sotto il collo e si facevano neri sul petto, arricciandosi
nella zona dei capezzoli.
La pancia abbondante si adagiava tonda e soda contro l’elastico dello
slip, gonfio a dismisura in prossimità dello scroto.
Lo sguardo di Dario stava letteralmente incollato alle forme dei genitali
del camionista e non si schiodava di lì.
– Dimme
na roba, faccio così schifo?!
Dario aveva la gola secca, e dopo essersi
schiarito rispose:
– Ma cosa c’è da
vergognarsi? Anch’io mi metto lo slip per andare in piscina.
– Bon,
allora movate, ché andiamo giù
insieme.
Arrivati in piscina, Furio si liberò
dell’accappatoio e si buttò dritto in acqua.
Dario invece si sedette sulla sdraio tenendo l’accappatoio ben chiuso. Non
avrebbe saputo giustificare agli occhi della moglie la grossa erezione che
gli gonfiava a dismisura il costume. Solo ora – sorseggiava in quel
momento una centrifuga a bordo piscina – capiva chiaramente che tutta
l'eccitazione di prima era scattata per colpa di quel camionista dai modi
ruspanti.
Quel corpo così dissimile dal suo – in quel momento Furio usciva dalla
piscina – gli ricordava quello di suo padre.
Dario tornò per un attimo con la mente alle estati della sua infanzia
passate sull'isola di Caprera quando vedeva suo padre, appena uscito dal
mare, sdraiarsi in spiaggia.
Quel corpo peloso e bagnato, ingrigito ma vigoroso, lo aveva sempre
segretamente attratto.
Non era forse la stessa curiosità che lo aveva eccitato quando era andato
con Furio ad acquistare il costume da bagno?
La possibilità di vederlo con quegli slip aderenti lo aveva stuzzicato,
per passare poi, nel giro di pochissimo, dall’immaginazione alla realtà,
quando dalla porta comunicante era spuntato lui con addosso il costumino.
Ora che aveva Furio, grondante acqua da tutti i
peli a pochi centimetri da lui, Dario fantasticava su quale altro
desiderio avrebbe mai potuto sperare di vedere realizzato in quella
vacanza.
Furio
si infilò l’accappatoio e si stese sul lettino. Chiuse gli occhi e nel
giro di qualche minuto si addormentò. Russava delicatamente e Dario ne
approfittò per alzarsi e allontanarsi. Al risveglio, Furio si alzò di
soprassalto. Ma dove erano andati gli altri?
Restò per un attimo a guardare la piscina. Era deserta. Ah, il massaggio,
le signore avevano preso appuntamento prima di arrivare.
E Dario? Se non era salito in camera, doveva pur essere rimasto nei
paraggi. Si alzò per cercarlo. Fece il giro del bordo della vasca per
arrivare ad un piccolo corridoio: spogliatoi, toilette, docce e grotta
sudatoria.
All’ingresso, si fermò a leggere: Si prega di togliere il costume. In uno
stanzino accanto, ci si poteva spogliare e coprire con una delle salviette
a disposizione.
Furio aprì la porta d'ingresso e rimase per un
attimo sulla soglia. Una folata di vapore gli arrivò addosso facendolo
indietreggiare. Dentro c'era un buio pesto. Sarà saltata la luce, pensò.
Chiusa la porta dietro di sé il buio si fece pressoché totale. Rimase per
un attimo fermo, cercando di abituare gli occhi all'oscurità. Poi cominciò
ad avanzare molto lentamente, tendendo le mani in avanti.
Faceva un passo alla volta, temendo di inciampare o di sbattere da qualche
parte. Qualcuno tossì. Era una voce maschile ma ancora non riusciva a
scorgere anima viva. Il caldo era soffocante e Furio respirava
affannosamente. La salvietta che aveva addosso cominciava a dargli
fastidio. La tolse, rimanendo completamente nudo.
– Furio?
Un momento di esitazione. Furio si fermò un attimo. Appoggiò la salvietta
davanti al pube.
– Dario?
– Sì sono io.
– Non si vede
un
casso qua dentro. Tra il vapore
e le lampadine bruciate. Ma c'è qualcun'altro?
– Non mi pare.
Furio stette per un attimo fermo a guardare
davanti a sé, cercando di penetrare con lo sguardo il buio che lo
circondava. A poco a poco gli occhi si stavano abituando e ora riusciva a
distinguere la sagoma di Dario seduto a pochi centimetri di distanza.
– C'è
posto lì?
– Sì,
siediti qua.
Brancolando
nel buio, Furio arrivò al fondo della grotta. Sul bordo, una sporgenza
faceva da panca. Furio stese la salvietta e ci si sedette sopra.
– Come
sapevi che ero io?
– Quando
hai aperto la porta, ho visto un po’ di luce entrare e ti ho riconosciuto
dalla stazza.
– Eh tu sì che ti
mantieni in forma. Mi,
invece, con il lavoro che faccio… Unico sforzo fisico salire e scendere
dal camion. Oggi poi mi sono svegliato con un dolore alla spalla.
– Fatti
fare un massaggio no?
– Ho
chiesto prima ma non c'è posto. Ma ci vorrebbe poco per sciogliere la
tensione, mi basta un po’ di pressione qui.
– Se vuoi ci provo
io.
Nella semi oscurità della grotta, Dario allungò le mani verso la sagoma di
Furio, che si era voltato di spalle. Appoggiò le mani sulla spalla destra.
– Questa?
– Sì
esatto. Premi pure, non mi fai male.
La pelle di Furio era bagnata di umidità e sudore. Dario premette con i
polpastrelli dentro la carne abbondante.
– Mmm, sì proprio lì.
Bravissimo. Mmm.
Le dita si intrufolavano tra i peli folti che coprivano la spalla e
scorrevano sopra i muscoli tesi. Furio alzò il braccio e Dario fece
scendere la mano sotto la sua ascella. Un leggero aroma di sudore gli
sfiorò il naso. Dario chiuse gli occhi per sentirlo meglio. Si stava
eccitando un'altra volta.
Mentre massaggiava la pelle rilassata sotto l'ascella, la mano gli scivolò
in avanti. Una selva di pelo tra le dita fino ad arrivare a una punta
grossa e arrotondata. Aveva sfiorato il capezzolo.
– Mmm, sì sei proprio
bravo.
Dario ebbe un sussulto. Aprì gli occhi come risvegliato di soprassalto da
un sogno e staccò le mani dal corpo di Furio.
– Va
meglio adesso?
– Sì grasie.
Eh ormai sono da rottamare come il mio camion.
– Ma non stai male.
Insomma sì, hai un po’ di grasso ma non sei obeso. Alle donne poi l'uomo
di pancia piace.
– Beh sì dai, a mia
moglie quantomeno non dispiace.
– Solo a lei? Stai
giorni in giro col camion… come fai a stare senza?
– Beh
tanto lavoro di mano.
– Ma dai! Non vai a
donne quando sei in giro? Si dice che i camionisti…
– Par
carità! A puttane anca
no. ‘Na sega pitosto.
– Sì, ma sempre da
solo… Ormai non sei mica un ragazzino!
– Chi ha detto sempre
da solo?? Tra camionisti se se dà
na man!
La risata maliziosa di Furio riecheggiò in tutta
la grotta, ma alla battuta Dario non diede alcun seguito e la
conversazione si arenò in un silenzio imbarazzante.
Un tipo strano, sto Dario: nella grotta Furio appoggiò la testa al muro,
stendendo avanti le gambe, e socchiuse gli occhi.
Un tipo strano che fa troppe domande. Che cosa gliene frega a lui di cosa
faccio quando sono via di casa con il camion? Furio avrebbe voluto
rimangiarsi quello che si era lasciato scappare.
Un tipo strano che fa troppe domande e che non conosco neppure bene. Non
si può mai sapere.
Ma che anche Dario avesse un certo appetito, di quello era certo. Lo
sguardo che aveva quando mi ha visto in costume!
Come quello dell'altro giorno in autogrill.
Un camionista come lui, un omone grande e grosso, l’aveva fissato mentre
era al bar e poi l'aveva seguito al bagno; mentre Furio stava pisciando,
si era piazzato accanto davanti all’orinatoio, l'aveva tirato fuori e
aveva cominciato a menarselo.
Ce l'aveva già mezzo duro, non era venuto lì mica per pisciare. Furio si
era guardato intorno, si era abbassato e gliel'aveva preso in bocca. Il
tipo spingeva con il bacino. Furio ricordava bene come lo sentiva dentro
la sua bocca farsi sempre più grosso. A un certo punto il tipo gli aveva
messo una mano dietro alla nuca per tenergli ferma la testa. Quando venne,
gli sembrò di soffocare.
– Che caldo. Qua
dentro si muore, io esco.
Dario si alzò e barcollò verso l'uscita. Furio rimase ancora seduto
dov’era. Era convinto che Dario fosse eccitato, ma che avesse paura di
dare sfogo alla sua voglia. Anzi, ne era certo.
Quando mi ha sfiorato il capezzolo si è tirato indietro quasi spaventato.
Ah, peccato. Non sa cosa si è perso. Al buio sarebbe stato molto
eccitante.
Se lo prese in mano. Lo sentiva ingrossarsi. Massaggiò ritmicamente fino a
quando il piacere gli arrivò alla testa. Ora che non c'era più nessuno
posso.
Il camionista all'autogrill, dopo aver soddisfatto la sua voglia, l’aveva
rimesso dentro i jeans e se n'era andato senza dire una parola, lasciando
Furio lì da solo ad arrangiarsi. Furio aveva ripreso a masturbarsi ma
l'eccitazione era svanita. Si ricordò del senso di schifo che lo aveva
preso davanti all'orinatoio puzzolente. Si era sentito così solo e
stupido.
Via, subito! Fuori da lì.
(continua...)
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