ORSI ITALIANI MAGAZINE




ATTENZIONE / NOTICE

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Il cacciatore di taglie

Un racconto di Ferdinando Neri


I racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.

The stories published in this section may contain descriptions of unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice Safe Sex by using condoms.


I tre uomini salgono a cavallo e si avviano lungo la pista che risale la valle seguendo il corso del fiume. Il sole è appena apparso dietro le montagne e proietta le lunghe ombre dei cavalieri sul terreno.

Paul e Lou Exter li guardano allontanarsi. Quando sono scomparsi dietro la curva della pista, Paul si toglie il sigaro di bocca, espira un po’ di fumo e dice, sorridendo:

- Brian Burnt è fottuto.

Lou annuisce, pensoso.

- Speriamo. Quel bastardo ha già fatto fuori Martin, che non era uno sprovveduto.

Paul scuote la testa, sbuffando. È abituato ai dubbi di Lou, ma come sempre lo infastidiscono.

- Sono in tre, Lou. Questa volta lo fottono.

- Quello è un osso duro.

Paul getta a terra il mozzicone di sigaro a terra, irritato. Lo calpesta con il tacco e rientra in casa, senza dire più niente. Suo fratello è un cagasotto. I loro uomini sono in tre e non sono stupidi. Sapranno fottere quello stronzo. Burnt è spacciato. Questa volta il suo cadavere penzolerà appeso a un albero, con un bello squarcio tra le gambe, e tutti potranno vedere che fine fa chi si mette contro di loro. I coloni abbasseranno la testa. Questa sera o al massimo domani ci sarà un figlio di puttana in meno e nessuno oserà più mettersi di traverso sulla loro strada.

Brian Burnt cavalca lungo il sentiero che porta alla sua abitazione, la capanna di legno che si è costruito da solo nei boschi, alle pendici dei monti. Brian si guarda intorno. Olmi, querce, frassini, aceri, larici stanno assumendo i colori dell’autunno: al verde si mescolano il giallo, il marrone e il rosso, in una grande tavolozza che il sole del primo pomeriggio accende. Ma lo sguardo attento di Brian non si sofferma sulla sinfonia dell’autunno, per quanto egli ami i boschi: scorre sul paesaggio solo per individuare eventuali minacce. Brian è vigile, sa che deve esserlo. Da quando si è schierato con i piccoli proprietari della valle, difendendoli dagli scagnozzi degli Exter, la sua vita non vale molto. Gli Exter vogliono fargliela pagare e prima o poi ci riusciranno: Brian ne è cosciente.

Gli Exter sono allevatori di bestiame e hanno una proprietà molto estesa, ma vogliono altre terre per le loro mandrie. Sono convinti di poter fare tutto quello che vogliono, perché sono ricchi e lo sceriffo è dalla loro parte, perciò hanno deciso di prendersi le terre dei coloni. Prima hanno mandato il bestiame a danneggiare i raccolti e quando i contadini hanno protestato, gli sgherri hanno fatto la loro parte. Brian si è messo di mezzo. Gli Exter gli hanno offerto una grossa somma, più soldi di quanto Brian abbia mai visto in vita sua, ma Brian ha rifiutato. Non si è mai venduto e non intende farlo ora, a cinquantasei anni. Brian è diventato un bersaglio. Hanno già cercato di ucciderlo, ma l’uomo che hanno mandato ora marcisce sotto terra.

Brian non ha nessuna intenzione di andarsene. Rimarrà qui, ben sapendo che prima o poi lo ammazzeranno. Non ha paura di morire.

Brian si sta avvicinando alla capanna. Ora è particolarmente guardingo: se vogliono tendergli un agguato, questa è l’area adatta, perché sicuramente di qui deve passare. Alla capanna è difficile che lo aspettino. Ci sono i cani e perché non segnalino la presenza di estranei, bisognerebbe ammazzarli; ma se i cani non gli vengono incontro, Brian sa che c’è qualcuno che lo attende e di certo non è un amico.

Brian non segue più la traccia, ma guida il cavallo fuori dal sentiero, più in alto. Ogni tanto si ferma. Gli sembra che ci sia un silenzio innaturale nel bosco. Forse è solo un’impressione, ma potrebbe esserci qualcun altro.

Brian scende da cavallo e lega l’animale a un tronco. Poi sale ancora lungo il pendio, muovendosi con cautela, in perfetto silenzio. Procede al riparo di alberi e cespugli fino a un punto da cui può dominare la valle. Nascosto dietro un masso, controlla con cura tutta l’area sottostante. La sua attenzione si concentra su alcuni arbusti e un tronco abbattuto. C’è qualcuno. Brian si sposta ancora, finché non può vedere bene: sono due uomini con i fucili, appostati sopra il sentiero che porta alla capanna, pronti a sparare a chi passa, due cacciatori in attesa della loro preda. Brian sa benissimo di essere la selvaggina che quei predatori aspettano. Se lo sorprenderanno, porteranno il suo cadavere a valle e lo lasceranno appeso a qualche albero, dopo averlo castrato: Paul Exter glielo ha promesso quando Brian si è rifiutato di prendere i soldi che gli offriva. E Paul Exter è uno che mantiene le sue promesse. Altro di positivo di lui Brian non saprebbe dire, ma questo glielo deve riconoscere.

Brian controlla ancora: non è detto che i due uomini siano soli. E infatti dall’altra parte del sentiero si intravede un terzo uomo. Un agguato in piena regola.

Brian scende silenziosamente: è un cacciatore, migliore di quelli che ora danno la caccia a lui, e sa spostarsi nel bosco senza fare rumore. I due uomini gli danno le spalle e non possono vederlo. Brian rimane al riparo degli alberi, per evitare che il terzo si accorga della sua presenza, ma anche lui è concentrato sul sentiero e non guarda in alto.

Quando infine Brian è alle spalle dei due uomini, dice, a bassa voce, ma in modo che i due possano sentire:

- Siete nella posizione sbagliata.

I due si voltano, le pistole in pugno, ma prima che facciano in tempo a premere il grilletto, Brian spara. Brian è un ottimo tiratore: uno, colpito al cuore, muore immediatamente, l’altro, un foro nel petto, si contorce a terra pochi secondi, prima di voltare la testa di lato, vomitando sangue.

Brian si avvicina, controlla che i due siano effettivamente morti e si accovaccia vicino ai cadaveri. Dopo un momento, sente la voce del terzo uomo.

- Lee, Mark, avete sparato voi?

Il tizio non può aver sentito le parole di Brian e, non avendo visto arrivare nessuno salire per il sentiero, deve aver pensato che a sparare siano stati i suoi compagni, ma non me capisce il motivo.

Brian tace. L’uomo grida ancora:

- Lee, Mark. Dove siete?

Brian non può vederlo, ma sa in che direzione si trova e come può muoversi. In silenzio tiene sotto controllo gli alberi tra cui l’uomo apparirà, se viene nella sua direzione.

Di lì a poco lo vede sporgersi per guardare e poi attraversare di corsa il sentiero. L’uomo risale il pendio, muovendosi in fretta: non è sicuro che siano stati i suoi due compagni a sparare e preferisce non correre rischi. Brian sorride: se pensa di sfuggirgli in questo modo…

Quando l’uomo sporge la testa da dietro un albero per guardare nella sua direzione, Brian spara e vede un foro rosso aprirsi nella fronte del suo avversario.

Brian rimane fermo. I tre che volevano ammazzarlo sono morti, ma non è detto che non ce ne siano altri. Gli spari hanno messo a tacere gli animali, ma dopo qualche minuto si sentono nuovamente i rumori del bosco. Brian ascolta con attenzione, mentre scruta il terreno intorno, sotto e sopra di lui. Nessuno.

Solo dopo una mezz’ora, Brian si alza. Cerca i cavalli dei tre. Ha un’idea abbastanza precisa di dove possono averli lasciati e in effetti li trova nella piccola radura nascosta in una vallecola laterale: il posto migliore per lasciare le cavalcature senza correre il rischio che chi risale il sentiero le veda.

Brian prende i cavalli e carica i tre cadaveri. Potrebbe fare ai tre il servizio che di certo loro avrebbero fatto a lui, ma Brian non ha nessuna intenzione di mettersi al livello degli Exter.


La sera due coloni vedono tre corpi sulla pista per Red Lake. Scendono da cavallo e li osservano.

- Questo è Lee, uno degli uomini degli Exter.

- E anche gli altri due lavoravano per gli Exter. Non so come si chiamavano, quello lì forse Peter, ma direi che non ha importanza.

- No. Pensi anche tu quello che penso io, Jack?

Jack annuisce.

- Questi bastardi volevano fottere Brian, ma hanno avuto quello che si meritavano.

- Credi che gli Exter ci rinunceranno?

- No, quelli non mollano. Sanno che se fanno fuori Brian, possono fotterci come vogliono.

- Già. Ma fottere Brian non è così facile. Per nostra fortuna.


La notizia fa in fretta il giro delle abitazioni dei coloni, accolta con esultanza, ma arriva alla fattoria degli Exter solo nella notte, portata da uno dei loro mandriani che è sceso in paese in mattinata e ritorna ora. L’uomo raggiunge la casa padronale. Lou e Paul sono sulla veranda. Aspettano il ritorno dei tre sicari. Il non vederli arrivare ha innervosito Lou, che già teme il peggio. Paul è tranquillo: sa benissimo che Brian Burnt non ha orari, magari è rientrato solo a notte o si è fermato a dormire all’aperto e tornerà solo domani. Non c’è motivo per preoccuparsi. Come al solito, il nervosismo di Lou lo infastidisce.

Il viso scuro del mandriano mette in allarme i due fratelli. Lou pensa subito al peggio. Paul si dice che potrebbe trattarsi di altro, di un vitello morto, di un litigio con un colono. Invece la notizia è proprio quella che temevano:

- Hanno trovato Lee, Mark e Peter sulla pista per Red Lake, tutti e tre stecchiti. Dicono che deve averli ammazzati Burnt, ma nessuno ha visto niente.

- Merda!

Paul si è alzato di scatto. Per un momento Lou pensa che voglia scagliarsi sul mandriano e anche l’uomo deve avere la stessa impressione, perché fa due passi indietro, un’espressione sgomenta sul viso.

Paul si controlla. Chiede alcuni dettagli, poi manda tre uomini a recuperare i corpi, bestemmiando.

Quando sono soli, Lou osserva:

- Te l’avevo detto, Paul, quel bastardo è un osso duro.

Paul scatta, furente.

- Cristo! Te l’avevo detto, te l’avevo detto! Che cazzo pensi di fare? Rinunciare?

Lou non sa bene che dire. Rimangono in silenzio un momento. Poi Paul dice, piano:

- Questa volta ci rivolgiamo a qualcuno che sappia fare il suo lavoro. Brian Burnt è un uomo morto, te lo garantisco: lo troveranno che penzola da un albero, senza cazzo e coglioni. È solo questione di tempo.


Nella valle i coloni sono euforici. Per gli Exter è un brutto colpo.

Il pomeriggio del giorno successivo Sam sale alla capanna di Brian. Sam ha una ventina d’anni. Brian Burnt gli piace parecchio. Forse molti non lo considererebbero un bell’uomo, ma di sicuro è un maschio come Sam non ne ha mai visti altri. All’inizio dell’estate Sam lo ha guardato mentre si bagnava al fiume con alcuni coloni. Lo ha fissato a lungo.

Capelli e barba grigi, come la peluria abbondante che gli copre il petto, il ventre e il culo. Un cazzo voluminoso, un paio di grossi coglioni. Alcune cicatrici sulle braccia, sul torace, sulle gambe, una anche sulla faccia. Sam aveva la gola secca e il cazzo duro. Ha dovuto rivestirsi in fretta per nasconderlo, ma non riusciva a distogliere gli occhi da Brian, che naturalmente ha finito per accorgersene.

Quando sono usciti dall’acqua, Brian gli si è avvicinato e gli ha chiesto se voleva venire con lui nel vecchio fienile degli Horbert. La proposta così diretta ha un po’ stupito Sam, ma Brian non è il tipo da menare il can per l’aia. Sam di certo non si è tirato indietro.

Da allora hanno scopato altre due volte. Brian è un eccellente stallone. A Sam piace.

Brian è sulla porta, il fucile in mano: i cani hanno segnalato l’arrivo di qualcuno.

Sam lo saluta, gli fa i complimenti e conclude:

- Dopo questo smacco gli Exter abbasseranno la cresta.

Brian scuote la testa: sa benissimo che ci sarà solo una tregua. Prima o poi la sentenza di morte che gli Exter hanno pronunciato verrà eseguita.

- Non ci contare troppo, Sam, quella non è gente che rinuncia facilmente.

- Ma gli hai ammazzato quattro uomini!

- Ne possono pagare quanti ne vogliono, di uomini.

Sam si stupisce della risposta di Brian, ma non insiste. È venuto per altro e il desiderio preme.

Sam osserva:

- Festeggiamo, Brian?

Brian ride. Sa benissimo come Sam vuole festeggiare. Sam ha un bel corpo, forte e armonioso, e tutta la bellezza dei suoi vent’anni. Brian si potrebbe stupire che un vecchio orso come lui possa piacere a un bel ragazzo, ma l’esperienza gli ha insegnato che spesso i giovani sono attirati da lui. Brian non è particolarmente attratto dai ragazzi, ma non ha un compagno e l’idea di scopare con un bel giovane non gli spiace.

- Va bene. Andiamo dentro.

Brian chiude la porta. Sam si spoglia in fretta: è impaziente. Brian si toglie gli abiti con movimenti lenti e precisi, come fa sempre. Brian non ha mai fretta. Guarda Sam, già nudo davanti a lui, il viso incorniciato dalla barba bionda, le spalle larghe, ben tornite, il ventre piatto e coperto da un fine pelame chiaro, le braccia e le gambe muscolose. Bello, senza dubbio, anche se non il tipo d’uomo che Brian desidera davvero.

Sam si stende sul letto e allarga le gambe.

- Muoviti, Brian. Vuoi farmi ancora aspettare?

Brian scuote la testa. Poggia le mani sulle natiche e le divarica. Gli piace sentire la carne soda cedere sotto la pressione delle sue mani. Osserva l’apertura che si offre. Sputa, poi con due dita sparge un po’ di saliva. Quando un dito si intrufola, Sam geme.

Brian avvicina il cazzo, ormai teso, e lo spinge dentro, lentamente. Il gemito di Sam è più forte, ora.

- Sì, Brian, sì!

Brian avanza ancora, fino in fondo. Lascia a Sam il tempo di abituarsi alla sua poderosa mazza, poi dà inizio alla cavalcata, che dura a lungo. Brian è un bravo stallone e Sam una giumenta focosa: trotto e galoppo si alternano e Sam geme sempre più forte, finché non emette un grido strozzato e viene.

Allora Brian accelera il ritmo e dopo alcune spinte vigorose viene dentro il culo di Sam.

Brian esce e si stende accanto a Sam. Sul letto stanno appena, uno di fianco all’altro.

- Cazzo, Brian! Che meraviglia!

Brian sorride. È stato piacevole, ma niente di più.

Dopo un po’, Sam si rialza e si riveste, poi se ne va. Brian lo guarda scomparire oltre gli alberi, lungo il sentiero che porta al paese. Si chiede che senso ha quello che fatto. Ma è una domanda oziosa. Va bene così. Aveva voglia di scopare, come ne aveva voglia Sam.

Brian ha avuto molte cose dalla vita. Non un compagno. Ma è abituato alla solitudine e sa bene che nella vita nessuno ha tutto ciò che desidera.

Brian accarezza i cani. Poi esce dalla capanna e piscia contro un albero. Non si è rivestito. Gli piace stare nudo, anche se l’aria autunnale è fresca. Non soffre il freddo, è abituato ai gelidi inverni delle montagne. Gioca un momento con i cani, poi rientra e incomincia a rivestirsi.

Esce di nuovo sulla porta della capanna. Il vento stacca dagli alberi alcune foglie ormai secche e le fa volteggiare a lungo, trascinandole anche lontano. Autunno.

Un altro inverno si prepara. Brian sa che non ne vedrà la fine, forse nemmeno l’inizio. Gli Exter agiranno, prima dell’arrivo della neve. Non ci sarà un’altra primavera per Brian. Ma ne ha vissute abbastanza. E cercherà di vendere cara la pelle.


I giorni passano e non succede nulla. Ormai è trascorso un mese dall’agguato. Brian non abbassa la guardia. Gli Exter non rinunceranno. L’unico modo per costringerli a lasciar perdere sarebbe ammazzarli. Ma hanno tanti scagnozzi ai loro ordini e Brian è da solo. Tra i coloni nessuno oserebbe partecipare a una spedizione contro gli Exter. Troppo forte il rischio di lasciarci le penne.


Lou e Paul osservano il cavaliere allontanarsi in direzione della montagna. Procede lentamente. Non sembra avere fretta.

Quando l’uomo scompare oltre la curva, Lou guarda il fratello.

- Andrà bene, questa volta?

- Certo che andrà bene. L’Olandese sa quello che fa. Ha fatto fuori diversi banditi, gente che non era meno in gamba di Burnt.

- Sì, ma Burnt ha ammazzato quattro dei nostri, tre in un colpo solo.

Paul ha una smorfia di insofferenza. Certe volte Lou è insopportabile, con la sua paura che qualche cosa vada storto.

- Lo ammazza, ti dico.

Poi aggiunge:

- Mal che vada si fottono a vicenda e noi risparmiamo una bella somma.

Paul ride. Se il cacciatore di taglie crepasse davvero dopo aver colpito a morte Burnt, sarebbe tanto di guadagnato, ma non è il tipo da farsi fottere facilmente.

- Già, si fa pagare caro. Dobbiamo proprio darglieli?

- Lou, cerca di ragionare. Credi davvero di poter fare a meno di pagarlo?

Lou scuote la testa. Sa benissimo che la loro pelle non varrebbe molto se non stessero ai patti. Bisognerebbe uccidere l’Olandese, per non pagarlo. Ma è uno dei migliori pistoleri della regione.

- No, lo so che dobbiamo pagarlo.

- Allora prepariamo quei soldi. Sono ben spesi.


Brian sta tornando alla capanna. Ogni tanto scruta il cielo: grandi nuvole nere si addensano sopra la sua testa e tra non molto incomincerà a piovere. Certamente in alto nevicherà: l’autunno presto cederà il posto all’inverno. La prima neve ha già imbiancato le cime, ma oggi probabilmente nevicherà anche più in basso, sui boschi di larici e abeti. Alla capanna quasi certamente no: anche se la giornata è fredda è difficile che nevichi così in basso.

Brian ha appena formulato questo pensiero, quando la pioggia incomincia a scendere, crescendo rapidamente di intensità.

Brian non sprona il cavallo: preferisce muoversi con cautela, controllando il terreno intorno.

Quando sta per arrivare alla radura, Brian scorge il cavaliere. Brian ferma il cavallo e porta la mano alla pistola: l’uomo non è di queste parti, non è uno degli sgherri degli Exter che Brian ha avuto modo di conoscere, ma la prudenza non è mai eccessiva. Brian lo osserva con attenzione. L’uomo è alquanto corpulento, ma sicuro nel muoversi a cavallo. Il cappello impedisce a Brian di vedere bene il viso, incorniciato da una fitta barba grigia e nera.

Il cavaliere non sembra essersi accorto di lui. Sta percorrendo il sentiero di fianco al torrente, un po’ più in basso rispetto al luogo in cui si trova Brian: una scelta che rivela chiaramente la sua scarsa conoscenza dei posti. Nessuno segue più quella vecchia traccia, perché poco più avanti il terreno è franato e il rischio di scivolare e finire nell’acqua è forte.

Brian si chiede se avvisare lo sconosciuto, quando un grizzly compare, a pochi metri dal cavaliere. Il cavallo si impenna con un movimento brusco, disarcionando il cavaliere, che cade malamente e rotola fino al torrente, finendo in acqua. L'orso non si allontana: scende invece rapidamente fino a una roccia sul bordo del torrente. Sembra intenzionato a gettarsi sull’uomo che annaspa, in un punto in cui il corso d’acqua forma una pozza. Forse è una femmina con i piccoli. Oppure è soltanto un maschio irritabile.

Brian ha già puntato il fucile. È un eccellente tiratore e quando spara l’animale emette un bramito e cade, finendo nella pozza. Brian smonta rapidamente da cavallo e scende verso la riva, dove il cavaliere disarcionato sta faticosamente issandosi. L’uomo riesce a uscire dalla pozza, ma scivola nel fango e ricade in acqua, con una vigorosa bestemmia. Tenendosi a un ramo, Brian gli porge la mano. L’uomo l’afferra e riesce a risalire.

- Grazie.

Brian ora può vederlo bene in faccia. Deve essere sui cinquanta, più o meno. Un viso largo, incorniciato dalla fitta barba. I capelli sono neri, con parecchi fili bianchi, gli occhi di un azzurro molto intenso.

Quando infine è riuscito a risalire sul sentiero, l’uomo si china per raccogliere il cappello. Cerca di pulirlo, ma c’è troppo fango.

- Merda!

- Tutto bene?

Viste le condizioni dell’uomo, fradicio e sporco, probabilmente anche dolorante per la caduta, la domanda è incongrua. Brian se ne rende conto e gli viene da sorridere. L’uomo scuote la testa con una smorfia e risponde:

- Diciamo che sono ancora vivo, grazie a te. Per il resto, potrebbe andare meglio. Molto meglio. Hai visto dove cazzo è finito il cavallo?

- Non deve essere lontano. Ti aiuto a cercarlo.

- Grazie anche di questo. Io sono Douglas.

- Io sono Brian.

Brian osserva le tracce nel fango.

- Senti, prendo il mio e vado a recuperarlo. Tu aspettami qui.

Seguire le tracce che il cavallo ha lasciato non è difficile. In pochi minuti Brian raggiunge l’animale, che si lascia avvicinare, afferra le redini e ritorna da Douglas.

- Grazie. Mi hai salvato dall’orso, mi hai tirato fuori dall’acqua e mi hai riportato il cavallo. Se adesso mi dici anche dove posso asciugarmi, non morirò assiderato e potrò ringraziarti meglio.

Brian sorride.

- Vieni con me. Abito non lontano da qui.

Douglas risale a cavallo. Pochi minuti dopo i cani arrivano di corsa e in breve raggiungono l’abitazione di Brian, ai margini del bosco. Brian scende dalla cavalcatura e la conduce sotto la tettoia che ha costruito come riparo per l’animale, di fianco alla capanna.

Non è molto ampia, ma ci stanno i due cavalli. Brian toglie la sella e i finimenti e Douglas fa altrettanto con il proprio cavallo.

- Adesso entriamo e ti potrai asciugare, ma prima devo pisciare.

Brian si mette contro un albero e tira fuori l’uccello. Douglas lo raggiunge.

- Buona idea, Brian. Ne ho bisogno anch’io.

Brian ha incominciato a pisciare. Lancia un’occhiata a Douglas e osserva che Douglas ha un magnifico uccello. Alza gli occhi e incontra il sorriso di Douglas. Beffardo? Forse.

Quando tutti e due hanno finito di pisciare, entrano nella capanna. È un edificio solido, costituito da un’unica ampia stanza. C’è un camino, l’unica parte costruita in pietra: le pareti sono formate da tronchi squadrati.

Brian si china e accende il fuoco nel camino.

- Puoi spogliarti e mettere gli abiti ad asciugare sulla sedia.

- Grazie, Brian. Non vedo l’ora di togliermi questa roba di dosso. Sto congelando.

Brian si toglie il cappello e la giacca, che appende a un gancio. Tiene d’occhio Douglas mentre questi si spoglia: è abituato a essere prudente. Douglas è già in camicia. Si sfila il cinturone con le pistole e lo posa sul tavolo. Brian nota una cinghia sulla sua spalla.

Quando Douglas se la toglie, Brian vede che regge un lungo coltello che l’uomo portava sulla schiena: Douglas gira bene armato. Douglas posa l’arma e poi si toglie la camicia, gli stivali e i pantaloni. Mette gli stivali vicino al fuoco, la camicia sulla spalliera della sedia e i pantaloni sul sedile, poi si toglie anche i mutandoni. Ora è nudo e sorridente. Brian può vederlo tutto.

Osserva il petto e il grosso ventre sporgente, entrambi alquanto villosi, il magnifico cazzo, i coglioni, grossi e pelosi. Brian ha la gola secca. Douglas è il tipo d’uomo che gli piace: un bell'orso che gli fa venire l'acquolina in bocca, tanto più che è un mese che non scopa.

Dopo avergli lasciato tutto il tempo per contemplarlo, Douglas si siede a terra vicino al fuoco, dandogli la schiena.

- Cazzo, che meraviglia! Era quello che ci voleva. Adesso un sigaro sarebbe perfetto.

Brian prende un sigaro dalla tasca interna della giacca, lo prepara e lo accende, poi lo porge a Douglas. Questi sorride.

- Direi che sono morto, sbranato dall’orso o affogato nel torrente, e sono finito direttamente in paradiso. Ma che io finisca in paradiso non è proprio possibile, per cui devo essere ancora vivo.

Douglas ride, una grassa risata che mette allegria. Ma Brian è turbato. Questo corpo nudo attizza il suo desiderio.

Douglas lo guarda, ammicca e dice:

- Tu non ti spogli, amico? Non sei finito in acqua, ma i tuoi abiti non sono certo asciutti.

Brian annuisce. C’è nel sorriso di Douglas qualche cosa che dà alle sue parole un altro significato o Brian se lo sta solo immaginando?

Brian si toglie il cinturone, poi lentamente si spoglia. I mutandoni sono asciutti e non ci sarebbe motivo per toglierli, tanto più che Brian sa di avere il cazzo mezzo in tiro, ma finisce di spogliarsi ugualmente e si siede di fianco a Douglas: Brian non è abituato a mentire, a nascondersi.

Si accende un sigaro e rimane fermo a guardare il fuoco nel camino e a godersi il tepore. Non volta la testa dalla parte di Douglas: non vuole che il cazzo gli si rizzi completamente.

Rimangono un buon momento così, seduti a terra, a scaldarsi al fuoco del camino.

Dopo un po’, Douglas si gira in modo da dare la schiena al fuoco e si avvicina al camino.

- Ora di scaldare un po’ la schiena. La rottura con il camino, è che da una parte cuoci e dall’altra hai freddo.

Brian annuisce, senza dire nulla. Guarda le fiamme che danzano. La sua mente si perde in ricordi lontani e pensieri vaghi. È la voce di Douglas a scuoterlo.

- Diciamo che per il paradiso mancherebbe ancora una cosa.

Brian volta la testa verso Douglas e lo fissa in volto. Ha capito, ma chiede:

- Che cosa?

- Un bel maschio da fottere.

Brian non abbassa lo sguardo. Non risponde subito. Guarda Douglas, i suoi occhi azzurri. Poi annuisce, senza sorridere, senza dire nulla: gli sembra di non essere in grado di parlare.

Douglas si avvicina, con una leggera pressione spinge Brian a stendersi sulla schiena. Brian vede che Douglas ha il cazzo duro. Sorride. Douglas si sdraia su di lui, Brian ne avverte il peso, che lo schiaccia sul pavimento. È una sensazione piacevole. Brian può sentire contro il ventre il cazzo di Douglas. Il suo non è meno duro. Douglas gli passa una mano sul viso, tra i capelli, poi si inarca e, sostenendosi con la destra, con la sinistra accarezza il petto di Brian. La sua mano indugia sulla fitta peluria bianca che lo ricopre.

- Mi piaci un casino, Brian.

Brian annuisce.

- Anche tu mi piaci, Douglas.

Douglas si sposta e si mette in ginocchio, la schiena contro il fuoco. Le sue mani percorrono il corpo di Brian, indugiano sugli occhi, sul collo, scivolano sul petto e sul ventre, accarezzano il cazzo, lo afferrano, poi lasciano la presa. La sinistra avvolge i coglioni e li stringe, con forza, la destra scivola dietro, stuzzica la pelle e poi risale fino all’apertura. Brian sussulta quando Douglas gli infila un dito nel buco: il movimento è stato brusco, ma Brian sa che da Douglas non può aspettarsi delicatezza. Anche le carezze di questo maschio forte e deciso sono brutali. Ma è proprio questa brutalità a soggiogare Brian. Douglas spinge più a fondo il dito. Brian geme. Douglas grugnisce. Poi le sue mani si staccano e con un movimento rapido afferrano Brian e lo voltano sulla pancia. Douglas gli allarga le gambe.

Sono anni che nessuno prende Brian: nei rapporti che ha con alcuni uomini della valle, di solito più giovani di lui di diversi anni, come Sam, è sempre lui a possedere. Ma adesso lascia che Douglas gli infili due dita umide in culo, preparando l’apertura. L’ingresso è lento, ma ugualmente doloroso. Brian sente nuovamente il peso di Douglas su di sé, che lo schiaccia. E quando Douglas, dopo avergli lasciato il tempo di abituarsi a questa presenza ingombrante, avanza, lo fa con la violenza di chi prende possesso di ciò che gli appartiene. Brian sussulta.

- Merda!

Ma va bene così, Brian ha la sensazione di essersi arreso a quest’uomo che ora lo possiede e anche il dolore, forte, fa parte di questa sottomissione completa, ne è il segno.

Douglas ride. Rimane un attimo fermo, poi incomincia la sua cavalcata. Il dolore cresce, in ondate che dal culo si diffondono in tutto il corpo. Brian stringe i denti, ma ha il cazzo duro e tutto il suo corpo è teso.

Douglas lo fotte con grande energia e Brian si morde un labbro per non gridare. Eppure una parte di lui vuole questo dolore violento, che, Brian se ne rende conto sgomento, è anche piacere, un piacere che cresce e gli mozza il fiato, che infine è più forte di tutto e lo spinge a gemere senza ritegno, un gemere che è quasi un gridare.

Quanto dura la cavalcata? Brian ha perso ogni contatto con la realtà. Gli sembra che Douglas lo stia fottendo da ore e ore, che questo peso gravi su di lui da sempre, che questa mescolanza di dolore e piacere sia tutta la realtà.

Infine sente le spinte diventare più violente. Brian grida, Douglas grugnisce, forte, tre volte. Brian sente il piacere deflagrare e grida ancora, mentre Douglas si affloscia su di lui.

Brian chiude gli occhi. A lungo fluttua in un mondo dai contorni vaghi. Il peso di Douglas su di lui, il cazzo di Douglas dentro di lui, il calore del fuoco, il dolore al culo, una sensazione di beatitudine.

Lentamente, molto lentamente, Brian riemerge. Apre gli occhi e muove la testa.

Douglas fa scorrere una mano tra i suoi capelli, poi esce da lui. Lo guarda e scuote la testa, senza dire nulla. Brian vorrebbe chiedergli che cosa sta pensando, ma Douglas dice:

- Mi piacerebbe un bel caffè. Chiedo troppo?

Brian ride.

- Direi che ci sta.

Si alza, prepara il caffè e lo mette sul fuoco.

Douglas si è seduto di nuovo davanti al camino. Brian lancia un’occhiata agli abiti del cacciatore di taglie. Un po’ di vapore si alza. Si sente l’odore di panni bagnati. Ci vorrà un po’ prima che asciughino.

Rimangono silenziosi mentre aspettano il caffè. Brian osserva Douglas, apertamente: con quest’uomo è andato troppo oltre perché abbia senso nascondersi. Gli guarda il viso, le labbra carnose, la fitta barba. Poi il suo sguardo scivola sul petto, sul ventre, fino al cazzo poderoso, che non è più rigido, ma appare ancora gonfio di sangue. Ancora o di nuovo? Brian si rende conto che il suo cazzo si sta irrigidendo.

Quando il caffè è caldo, Brian lo versa nelle tazze e lo bevono in silenzio. Poi Brian si alza e posa le tazze sul tavolo.

Torna a sedersi.

- Il culo mi fa un male bestiale.

Douglas sorride.

- Mi spiace per te, ma per me è stata una delle migliori scopate della mia vita.

- Anche per me. Non sono abituato a farmi inculare, ma è stato grandioso.

- Sì, mi sono accorto che la carne cedeva a fatica. Me l’ha fatto venire ancora più duro.

- Mi sembrava d’avere una mazza di ferro in culo. Una mazza tenuta a lungo tra le fiamme.

Douglas ride. Ammicca e dice:

- Quando vuoi riprovare, possiamo farlo. Sempre a tua disposizione.

Brian scuote la testa.

- Adesso certamente no.

Guarda Douglas, serio. Aggiunge, fissandolo negli occhi:

- Ma ora mi piacerebbe mettertelo in culo.

Douglas annuisce.

- Per me va bene. Con uno come te, mi va bene.

Senza dire altro, Douglas si stende sulla schiena, vicino al camino. Piega le gambe e le allarga.

Brian guarda il ventre prominente, la peluria scura, il grosso cazzo che sta riprendendo consistenza e volume e si protende a mezz’aria, non ancora rigido, ma già minaccioso. Guarda i grossi coglioni pelosi.

Brian si mette tra le gambe di Douglas, che le solleva e le appoggia sulle sue spalle.

Brian si sputa sulle dita e inumidisce l’apertura. Poi sputa di nuovo e bagna la cappella. Ha il cazzo duro e teso, ora. Sorride e lo avvicina al buco. Preme ed entra. Douglas sussulta e sul suo viso appare una smorfia, ma torna subito a sorridere. Brian avanza, infilando il cazzo fino in fondo. Douglas chiude gli occhi.

È bello leggergli in viso quel misto di dolore e piacere che prima ha fatto impazzire Brian. Una mano di Brian accarezza il petto e il ventre di Douglas, poi scende fino al cazzo. Brian dà inizio alla cavalcata. Si muove deciso, senza riguardi per Douglas: tra loro non c’è spazio per la delicatezza. Brian sta fottendo Douglas con forza, come Douglas ha fottuto lui. Sa di fargli male, ma sa anche che nel dolore c’è piacere.

A tratti, dopo una spinta più decisa, Douglas grugnisce e il suono incita Brian a spingere con maggiore forza. Sulla fronte di Douglas ci sono goccioline di sudore. La bocca si apre più volte, come se gli mancasse il respiro. Brian spinge con forza maggiore.

- Cazzo, Brian!

Brian ride e la cavalcata diventa sempre più impetuosa, scandita dai grugniti di Douglas. Infine Brian viene e per un momento gli sembra che il mondo svanisca. Poi afferra il cazzo di Douglas e brutalmente lo stringe muovendo la mano, fino a portarlo al piacere.

Brian esce da Douglas e si stende su di lui. Chiude gli occhi. Douglas lo stringe tra le braccia.

Rimangono a lungo così. Infine Brian si scioglie dall’abbraccio e si alza, per mettere altra legna sul fuoco.

Rimangono davanti al camino, in silenzio. Non hanno bisogno di parole. Brian si sente bene. Ogni tanto guarda Douglas e gli sorride. I pensieri vagano pigri, senza meta. Douglas controlla i suoi abiti e li risistema, in modo che le parti ancora bagnate asciughino meglio.

Più tardi Brian si riveste, dà da mangiare ai cani e prepara la cena. Ormai anche Douglas può rivestirsi. Mangiando scambiano poche parole.

Brian esce a controllare i cavalli. Non piove più. Nel cielo ci sono ancora nuvoloni neri, ma si vedono anche alcune stelle e la luna è spuntata sopra la cima del Great Tower Peak. Douglas esce e si mette dietro di lui. Lo stringe tra le braccia e rimangono così, a guardare il cielo. Brian si sente bene.

Brian dice:

- Per me un’ultima pisciata e poi a letto.

- D’accordo.

Si mettono contro un albero e pisciano tutti e due. Brian guarda i due getti di piscio, che la luce lunare rende d’argento. Nell’oscurità i loro visi si vedono appena, ma a Brian piace sentire Douglas vicino.

Poi rientrano nella capanna.

- Il letto è un po’ stretto per dormire in due, soprattutto con uno come te, ma ce la possiamo fare.

Douglas sorride.

- Sì, credo di sì.

Si spogliano e si mettono a letto. Douglas stringe Brian tra le braccia. Di nuovo Brian avverte una sensazione di benessere profondo.


Il mattino dopo Brian si sveglia tra le braccia di Douglas. La capanna è fredda, ma sotto la coperta si sta benissimo e il corpo di Douglas trasmette una piacevole sensazione di calore. Un bel risveglio.

Bello anche sentire contro il culo il cazzo di Douglas, duro come la pietra. Douglas dorme ancora e a Brian piace sentire il suo respiro pesante.

Vorrebbe alzarsi, pisciare, accendere il fuoco e preparare la colazione, ma sta troppo bene così.

Douglas si sveglia poco dopo. Gli sorride, lo gira sul ventre e si stende su di lui. Brian sente la pressione del grosso cazzo di Douglas contro il culo.

- Lasciami il tempo di alzarmi e pisciare.

- No, adesso no.

Tutto avviene molto in fretta: Douglas gli passa un braccio intorno al collo e stringe, mentre con l’altra mano gli blocca la testa.

Brian ha appena il tempo di rendersi conto di essere fottuto, prima di perdere i sensi.


Nella tarda mattinata Douglas raggiunge la fattoria degli Exter. Quando lo vedono arrivare, Lou e Paul Exter escono ad accoglierlo.

- Ebbene, Olandese?

- Ho fatto secco quel figlio di puttana. Venite con me, che vi faccio vedere.

Lou Exter ride. Hanno fatto bene a rivolgersi a Dutch Douglas: la buona fama del cacciatore di taglie evidentemente è meritata. Paul chiede:

- Hai fatto come ti avevamo detto?

- Sì, l'ho castrato.

Paul annuisce. Quella della castrazione è stata una sua idea: vedendo il loro paladino morto e senza cazzo e coglioni, i contadini abbasseranno la testa. Paul sorride al pensiero del cadavere di Brian Burnt con un bello squarcio tra le gambe e dice:

- Così quei fottuti bastardi capiranno che cosa significa mettersi contro di noi.

Lou chiede:

- Dov'è?

- Vicino alla sua capanna. L'ho ammazzato là.

- Sei riuscito a prenderlo di sorpresa?

- Sì, ho fatto in modo che non diffidasse di me. Diciamo che prima ho fatto amicizia con lui.

Douglas ride. Lou scuote la testa.

- Non credevo che Burnt si sarebbe lasciato sorprendere così facilmente. Era proprio un coglione.

- Non ha sospettato di nulla. Ma saliamo alla capanna, così ve lo faccio vedere e mi date i soldi.

- Sì, voglio proprio vederlo morto, quel figlio di puttana di Burnt.

- Allora è bene che ci muoviamo, se volete tornare prima che sia buio.

- Tu non torni con noi?

- A che fare? Mi fermo alla sua capanna e poi domani scendo verso Fort Tremont. I soldi li avete preparati?

- Sì, ma prima vogliamo vedere il cadavere.

- Certo. Me li date dopo averlo visto.

Dalla fattoria degli Exter ci vogliono quasi tre ore per raggiungere la capanna di Brian.

La giornata è grigia, ma non piove. Il terreno è ancora impregnato d’acqua e dalla montagna innevata soffia un vento freddo. In alto è nevicato parecchio.


Quando infine arrivano vicino alla capanna, Douglas li guida fino a una piccola radura, dove scende da cavallo.

- Venite con me. Dietro quegli alberi.

Anche i due fratelli smontano e seguono Douglas, che procede a passo rapido. Superato un vecchio larice abbattuto, Douglas dice, indicando una fitta macchia di cespugli poco oltre:

- L'ho lasciato lì dietro.

Lou e Paul aggirano i cespugli. Douglas rimane fermo dov'era.

I fratelli si guardano intorno. Il cadavere di Burnt non si vede, ma la vegetazione è molto fitta. Lou non può vedere Douglas. Grida:

- Dove cazzo è? Qui non si vede.

- Vicino agli ultimi cespugli, verso i due larici.

Lou e Paul si avvicinano ai due larici, scrutando tra i cespugli. Lou osserva:

- Qui non c'è nessun cadavere.

- Diciamo a Douglas di venire anche lui.

Paul chiama Douglas, che non risponde.

- Douglas?! Dove cazzo sei finito? Qui non c’è niente.

Escono dalla macchia e si dirigono verso il posto dove hanno lasciato Douglas. Ma aggirata la macchia di cespugli, si fermano di colpo: accanto a Douglas c'è Brian Burnt.

È Paul a parlare:

- Che cazzo significa, Douglas?

Douglas sorride e risponde:

- Significa che adesso questa faccenda ce la risolviamo qui, lealmente. Voi siete in due e noi anche. Avete le pistole. Saranno loro a decidere chi ne esce vivo.

Lou e Paul sanno che hanno ben poche possibilità. Sono due discreti tiratori, ma Douglas è di sicuro molto più veloce e con ogni probabilità lo è anche Burnt.

Lou deglutisce. Si accorge di aver incominciato a sudare, nonostante il vento gelido. Lancia una rapida occhiata al fratello. Paul non guarda verso di lui. Fissa i due avversari, concentrato, rabbioso, mentre avvicina lentamente la mano alla pistola, imitato da Douglas e Brian. Lou sente la paura stringergli le viscere. Non vuole morire. Muove la mano velocemente, sperando di essere più veloce di Brian, che è di fronte a lui. Nell'attimo in cui impugna la pistola, Douglas spara. Brian spara subito dopo di lui. Lou sente la fitta al cuore. Mentre cade, fa in tempo a vedere Paul che si avvita su se stesso mentre crolla a terra.

Douglas si avvicina ai due corpi stesi sull'erba. Brian lo segue. Douglas controlla.

- Stecchiti tutti e due.

- Li hai ammazzati tutti e due tu. Quando io ho sparato, li avevi già colpiti.

Douglas alza le spalle.

- Non ha nessuna importanza. Non c'è una taglia su questi due bastardi, anche se dovrebbe esserci.

- No, hai ragione, non ha nessuna importanza.

- Non è il caso di lasciarli qui. Dove li portiamo?

- Alla pista per Red Lake. Così i coloni sapranno che non hanno più nulla da temere.

Douglas e Brian prendono i cavalli dei fratelli Exter, caricano i due cadaveri e li portano fino alla pista. Li depongono a terra e lasciano libere le cavalcature.

Douglas prende la borsa che Paul Exter aveva legato alla sella e la apre. Dentro ci sono i soldi della ricompensa pattuita. Douglas mette i soldi nella borsa che porta sul proprio cavallo.

Brian lo guarda, senza dire nulla. Douglas risponde alla domanda non formulata:

- I soldi che mi avevano promesso per far fuori un figlio di puttana.

Brian ghigna e osserva.

- Non te li sei guadagnati.

- Come no? Ne ho fatti fuori due, di figli di puttana. Non c’era una taglia sulla loro testa, ma solo perché lo sceriffo è un altro figlio di puttana. Bisognerà pensare anche a lui.

- Adesso che non ci sono più gli Exter, non credo che sarà necessario.

Douglas e Brian risalgono a cavallo e si dirigono verso la capanna di Brian.

Non dicono quasi nulla durante il tragitto. Arrivati a casa, sistemano i cavalli sotto la tettoia. Entrano. Brian accende il fuoco, poi si mette a preparare la cena.

Solo quando hanno finito di mangiare, Brian chiede:

- Perché l'hai fatto, Douglas?

Douglas ride.

- Me l'hai già chiesto questa mattina, Brian.

- Già, quando mi sono risvegliato legato ed ero sicuro che mi avresti fottuto.

- Ti ho legato perché tu capissi che potevi fidarti di me: se avessi voluto, avrei potuto ammazzarti.

- Quello l’avevo capito da solo. Ma non hai risposto alla mia domanda. Mi hai spiegato il tuo piano, ma non i motivi.

- Brian, ho ammazzato diversi banditi per incassare le taglie. Quando mi hanno proposto questo lavoro ero un po’ incerto, anche se lo sceriffo ti aveva dipinto come un figlio di puttana che era meglio eliminare. Ho deciso di venire a vedere che tipo eri.

- Venire a vedere che tipo ero? Con il rischio di finire ammazzato?!

- Nel mio lavoro il rischio di finire ammazzato c’è sempre. Comunque tu non eri come loro ti avevano descritto. E io avevo accettato di far fuori un figlio di puttana, te l’ho detto. Tu mi hai salvato la pelle, mi hai ospitato. E dovevo ammazzarti?

- Ma perché metterti contro gli Exter?

- Mi avevano preso per il culo, raccontandomi un sacco di storie.

Brian scuote la testa e ride.

- Un po’ debole, come motivo per ammazzare uno.

- Forse, ma per me più che sufficiente.

Douglas ghigna, poi torna serio. Guarda Brian in faccia, con uno sguardo che sembra trapassarlo. Aggiunge:

- Perché prima o poi ti avrebbero fottuto, Brian, questo era chiaro. E invece voglio fotterti io, ma in un altro modo.

Brian ride, ma il desiderio si accende dentro di lui.

- Non potrò cavalcare per una settimana, poi.

- Ti terrò compagnia in quella settimana. Non ti senti da solo in questa capanna sperduta nei boschi?

Brian guarda Douglas negli occhi. Di nuovo Douglas sorride, ma Brian sa che le sue parole hanno un significato preciso. Brian è sempre stato bene nella solitudine della sua capanna, non ha mai desiderato condividerla con altri. Adesso però è diverso. Vorrebbe ancora risvegliarsi tra le braccia di Douglas, come questa mattina, anche se in due nel letto si sta stretti. Vorrebbe stare ancora davanti al camino vicino a Douglas. Vorrebbe sentire ancora l’arma poderosa di Douglas in culo e affondare la propria nella sua carne.

Deglutisce e chiede:

- Che cosa intendi fare, Douglas?

- Magari mi compro alcune terre degli Exter, se le mettono in vendita, e mi fermo a vivere da queste parti. Sono stufo di fare il cacciatore di taglie. È un lavoro di merda. Non fai in tempo a conoscere uno, che lo devi ammazzare. Non è il massimo per fare amicizia.

Brian sorride. Guarda Douglas negli occhi. Smette di sorridere. Il desiderio è una mano di ferro che gli stringe la gola e i coglioni. Douglas si alza e si mette davanti a lui. Brian si solleva a fatica: gli sembra che le gambe non lo reggano.

Ora il viso di Douglas è a una spanna dal suo. Douglas gli prende la testa tra le mani e lo bacia. Infila con forza la lingua in bocca a Brian. Brian si rende conto di barcollare. Sente le mani di Douglas slacciargli la cintura e calargli pantaloni e mutandoni.

Mani forti, decise, brutali. Lascia che quelle mani lo girino, lo forzino a piegarsi sul tavolo dove hanno appena mangiato e ad appoggiare il torace, offrendo a Douglas il culo. Il piano di legno lo sostiene e va bene così, perché Brian non riuscirebbe a stare in piedi. Un morso deciso al culo, poi un altro. Qualche morso leggero. Brian ha la sensazione che la stanza ondeggi.

Le mani di Douglas sul suo culo, che stringono, forte. Un po’ di saliva sul buco, due dita per preparare la strada. Il culo gli fa ancora male per la scopata di ieri e il nuovo ingresso gli mozza il respiro.

- Merda!

Douglas lo bacia sul collo, gli accarezza i capelli e poi il viso. Spinge a fondo e Brian sussulta.

- Merda!

Douglas gli morde una spalla e incomincia a fotterlo. Il dolore cresce, a ondate. Anche il piacere cresce, più forte. O forse è il dolore a essere anche piacere. Douglas spinge con violenza, come se volesse trapassargli il culo. Brian grida. Douglas gli passa la mano davanti alla bocca. Brian gli morde un dito, forte. Douglas gli dà uno scappellotto e ritira la mano. Poi lo bacia sul collo. Douglas lo fotte impetuosamente e Brian geme, sempre più forte, senza ritegno.

Le mani di Douglas gli afferrano i coglioni e glieli stringono, poi una risale al cazzo. Non è una carezza, è una stretta vigorosa, come vigorose sono le spinte che squassano il culo di Brian. Brian si dice che non è più in grado di reggere questo dolore bestiale, il cazzo di Douglas che gli scava il culo, le sue mani che gli stringono i coglioni e il cazzo. È troppo forte.

E mentre lo pensa il piacere esplode, il suo seme schizza in avanti in un lungo getto e Douglas spinge con violenza ancora maggiore, finché il suo sborro non riempie le viscere di Brian.

Douglas lo afferra e si stende accanto al fuoco del camino, tenendolo sopra di sé. Lentamente il suo cazzo perde consistenza e volume. Molto lentamente il dolore al culo di Brian si attenua e rimane solo la sensazione meravigliosa di questo tappeto di carne su cui è disteso, delle carezze ancora brutali, ma anche, ora sì, talvolta delicate. Brian si sente in paradiso.

Douglas lo accarezza a lungo. Brian ha cancellato ogni pensiero, vive solo delle sensazioni che gli trasmettono le mani di Douglas lungo il suo corpo, il corpo di Douglas sotto il suo, il cazzo di Douglas dentro il suo culo. Un piacere più forte del dolore, un benessere sconfinato.

È la voce di Douglas a riscuoterlo, dopo un tempo che gli pare infinito:

- Adesso che hai male al culo e non puoi cavalcare, mi toccherà rimanere qui con te.

Brian sorride.

- Credo proprio di sì. Non puoi lasciarmi in queste condizioni.

Brian muove un braccio, in modo da riuscire ad accarezzare il viso di Douglas dietro di lui.

Douglas chiede:

- Ti va bene se mi fermo qui, a casa tua, intendo, Brian?

Brian non è abituato a esprimere i propri sentimenti, ma non sa mentire.

- Vorrei che ti fermassi per sempre, Douglas.

- È quello che voglio anch’io.


Indirizzo del sito:

http://www.calligrammi.com/ferdinandoneri/index.htm


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