ORSI ITALIANI MAGAZINE
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Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto omoerotico: e'
pertanto riservata a persone maggiorenni
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over 18
Il boss e lo sbirro
Un racconto di Ferdinardo Neri
Le
gambe leggermente divaricate, la schiena diritta a sfidare il mondo,
Salvatore e' in piedi davanti alla grande vetrata che si affaccia sul
Michigan. L'inverno dovrebbe essere alla fine, ormai, ma la superficie
del lago e' ancora ghiacciata e soffia un vento gelido, che scuote i
rami spogli degli alberi. L'ufficio e' ben riscaldato, ma a Salvatore
pare di rabbrividire sotto quelle raffiche, come faceva quand'era
piccolo. Il vento che oggi scende dall'Artico a schiaffeggiare le
grandi pianure americane risveglia in lui ricordi che ancora lo
perseguitano. La fame, quella che ti stringe le budella e ti fa
delirare. La solitudine di giornate intere spese ad aspettare il
ritorno della madre. Il freddo, in una stanzetta gelida che nessuna
stufa riscalda, mentre l'aria si infiltra attraverso gli infissi. Il
dolore per la perdita della madre, morta dopo una breve vita di stenti.
E poi la miseria, a mendicare per le strade della citta', a lottare
giorno per giorno per sopravvivere.
La fame, il freddo e la poverta'
sono un ricordo lontano, che solo questo fottuto vento del Nord agita
ancora: Salvatore Domenici e' uno degli uomini piu' ricchi di Chicago,
a capo di un impero costruito sui liquori, grazie al proibizionismo. Il
dolore per la morte della madre si e' stemperato nel tempo, sono
passati tanti di quegli anni, oltre trenta. La solitudine no, quella
rimane la sua fedele compagna, l'unica che e' sempre davvero al suo
fianco, in queste giornate livide in cui il sole sembra essersi
dimenticato dell'America, come nel calore soffocante dell'estate.
Sal,
come lo chiamano i (pochi) amici, ha le mani in tasca e non riesce a
staccare lo sguardo dalla superficie gelata dal lago. Quante volte nei
primi anni dopo la morte della madre ha pensato di farla finita
lasciandosi inghiottire da quelle acque scure?
Qualcuno bussa
alla porta. Sal si riscuote. Grugnisce un 'Che cazzo c'e'?' che certo
non invoglierebbe nessuno ad entrare. Francesco Lo Piccolo, detto
Frank, guardia del corpo ed uomo di fiducia del boss, non si spaventa
facilmente. Entra e gli comunica che padre O' Flaherty vorrebbe
parlargli.
- Fa' entrare quel fottuto irlandese.
Non corre buon
sangue tra italiani ed irlandesi, questo lo sanno tutti. Padre O'
Flaherty ha sentito la risposta di Sal, pronunciata intenzionalmente ad
alta voce, ma non ha certo paura dell'uomo che i nemici chiamano lo
Scimmione. Eppure lo Scimmione di omicidi ne ha un certo numero sulle
spalle: perlopiu' gente che pensava di far fuori lui e che si e'
trovata dalla parte sbagliata di un mitra.
Frank esce. O' Flaherty
guarda Sal e gli basta un'occhiata per capirne l'umore: il boss e' in
guerra con il mondo e con se stesso. La guerra con il mondo fino ad ora
l'ha sempre vinta, quella con se stesso sempre persa. Ma la sofferenza
che Sal nasconde dietro la rabbia gioca tutto a favore dei poveri di
Chicago, questo il padre lo sa benissimo.
- Di nuovo a spillare soldi, sanguisuga?
O' Flaherty si limita ad accennare con il capo a cio' che si vede oltre la finestra.
- L'inverno non molla la sua presa, c'e' molta fame. Non tutti nuotano nell'oro come certa gente che io conosco.
Il
copione e' consolidato, i due attori conoscono la loro parte e la
recitano con poche variazioni. In due occasioni O' Flaherty, sapendo
che Sal lo stima, ha cercato di superare il muro che il boss si e'
costruito attorno, ma in questo ha fallito. Le difese di Sal sono
inespugnabili. Ed allora la pecorella smarrita continua a vagare ed il
pastore si limita a mungerla.
- Lei vuole vedermi ridotto a chiedere l'elemosina!
- Per il momento gliela chiedo io…
Sal
si finge stizzito. Si siede all'ampia scrivania di mogano, apre un
cassetto, ne estrae un libretto degli assegni e scrive una cifra. Poi
lo passa a padre O' Flaherty, con l'immancabile:
- Tenga, sanguisuga.
Padre
O' Flaherty guarda la cifra, che ogni volta e' piu' alta: gli affari
del boss prosperano. Se avesse altri due o tre donatori generosi come
Sal, non sarebbero in molti a patire la fame ed il freddo a Chicago. Ma
si guarda bene dal dirlo, non fa parte del copione. Sa che non bisogna
ringraziare adesso.
- Se non puo' proprio fare di piu'…
- Se mi promette che si impicca giu' nel parco, raddoppio la cifra.
Padre O' Flaherty allarga le mani, come per scusarsi:
- Il suicidio e' peccato mortale.
- Posso sempre mandarle uno dei miei uomini…
- Si', grazie, abbiamo bisogno di qualche uomo robusto per sistemare il salone della mensa…
A
Sal sfugge un sorriso e padre O' Flaherty e' contento di essere
riuscito a regalarglielo: in queste giornate invernali e' molto piu'
facile ottenere da Sal un assegno che un mezzo sorriso.
- Le mandero' qualcuno, ma non dei miei uomini. Non sono adatti a questo genere di lavori.
- Lo so, gli italiani sono sempre cosi' maldestri.
La smorfia di Sal e' eloquente, ma il boss ci aggiunge una frase:
-
E' meglio che vada, padre, devo pulire la pistola e non vorrei mai che
mi sfuggisse un colpo: sa, noi italiani siamo cosi' maldestri…
Padre O' Flaherty si alza, sorride e dice:
- Grazie, signor Domenici.
Poi scompare in fretta. Fa ancora in tempo a sentire Sal che urla a Frank:
- Non far piu' entrare quella zecca.
Sal
non torna alla finestra. Rimane alla scrivania. Tira fuori la pistola e
la guarda. La accarezza. La impugna. Apre la bocca ed infila la canna
fino a sentirla contro il palato. E' una sensazione strana. Forse uno
di questi giorni, se non riusciranno a farlo i tanti che ci provano…
Sal
si toglie la pistola dalla bocca con un gesto brusco. Bestemmia, forte,
due volte. Posa l'arma nel cassetto. Impreca ancora e torna a guardare
fuori dalla finestra.
L'arresto di Vito il Gancio e' una buona
notizia per Sal: un rivale fuori gioco, un'occasione di espandere il
suo giro d'affari nei quartieri alti, qualche rischio in meno di finire
ammazzato. I proprietari di quei tre o quattro locali su cui Vito
allungava la sua ombra protettiva - e la sua mano rapace - saranno ben
felici di fare affari con lo Scimmione, che e' meno esoso e, per quanto
strano possa sembrare, piu' onesto. Quanto ai bordelli, quelli no, li
lascia a Sant'Agata (Salvatore anche lui, Macaluso di cognome, gran
devoto della santa, per cui si e' beccato questo soprannome), lui non
vuole averci a che fare. Sa che sua madre ha fatto anche quello per
sfamarlo e non ne vuole proprio sentir parlare.
Su come hanno fatto
a mettere le mani sul Gancio, nessuno ha le idee chiare, ma tutti sanno
che Vito uscira' di galera con i piedi in avanti, morto di vecchiaia o
impiccato: di omicidi sulle spalle ne ha tanti, tra cui quelli di
giornalisti e sbirri. Tutti sanno anche che ad arrestare Vito e' stato
quel figlio di puttana di Patrick Dennehy, che da qualche mese coordina
la lotta contro la malavita organizzata a Chicago: da quando e'
arrivato lui, la polizia ha fatto parecchi passi in avanti e Sal ha
fatto ottimi affari, man mano che i suoi rivali finivano in manette. Ma
Sal sa che all'ampliamento delle sue attivita', corrisponde un aumento
delle possibilita' di trovarsi faccia a faccia con Dennehy.
Ed
infatti la convocazione da parte della polizia arriva alcune settimane
dopo l'arresto di Vito. Non e' propriamente una buona notizia, ma Sal
si sente tranquillo. E' sempre stato molto attento, paga persino le
tasse e le sue attivita' legali giustificano ampiamente la sua
ricchezza. E poi e' curioso di vedere questo Dennehy, di cui tutti
parlano, ma che pochi hanno visto di persona. Non rilascia interviste,
non ci sono sue fotografie sui giornali, oggi almeno Sal vedra' che
faccia ha.
L'agente lo fa accomodare nell'ufficio di Dennehy ed
esce. Lo sbirro e' da solo. E' seduto ad una scrivania e lo guarda. Ha
occhi scuri, capelli neri ed una barba corta. Ed e' giovane,
maledettamente giovane. O almeno sembra tale. In realta', a guardarlo
meglio, deve aver superato i trentacinque, ma per uno sbirro in quella
posizione e' poco. E poi, questo Sal l'ha notato subito, e' bello,
cazzo!, se e' bello! Questo Sal proprio non se l'aspettava. Gli sbirri
sono tutti brutti e grassi come maiali (Sal ha qualche pregiudizio
sulla polizia, ma, considerando la sua posizione, bisogna concedergli
un'attenuante). Questo sembra un attore del cinema, non uno sbirro.
- Si accomodi, signor Domenici.
Lo
sbirro e' cortese, cosa che di rado succede. Ma l'accento e' irlandese,
si sente subito. C'era da giurarlo: i figli di puttana a Chicago sono
tutti irlandesi. D'altronde con quel nome, Patrick! L'unico irlandese
che Sal sopporta e' padre O'Flaherty, tutti gli altri fottuti
mangiatori di patate li rispedirebbe direttamente in Irlanda o, se non
vogliono fare il viaggio, nelle acque del lago, che e' pure li' a due
passi e non occorre pagare il biglietto.
- Grazie.
Quando Sal si
siede, l'uomo lo fissa negli occhi. Sal si dice che quell'uomo gli sta
guardando dentro e l'idea lo mette a disagio.
- Lei e' un uomo molto ricco, signor Domenici.
Sal
guarda Dennehy, alquanto diffidente. Che questo sbirro voglia farsi
corrompere? Ma cosi', senza nemmeno un preambolo? E poi no, non sembra
proprio il tipo. Che invece gli stia tendendo un tranello, che voglia
indurlo a fargli una proposta, per poi arrestarlo con l'accusa di aver
cercato di comprarlo?
L'uomo davvero deve leggergli in testa, perche' scoppia a ridere e dice:
- Non c'era nessun secondo fine. Non sono in vendita.
'Peccato - pensa Sal - perche' uno come te me lo comprerei volentieri'. Ma non dice nulla. Si limita ad annuire.
- Lei ha fatto fortuna partendo dal nulla. Oggi e' uno degli uomini piu' ricchi di Chicago e si e' fatto da se'. Senza padre…
Sal
si tende. Ci sono cose che non sopporta ed una di queste, forse la
prima, e' che qualcuno cerchi di infangare la memoria di sua madre:
quella povera donna ne ha passate abbastanza nella sua vita e Sal non
intende permettere a nessuno di sparlare di lei. I suoi parenti lo
sanno tutti: chi si permette un mezzo accenno men che rispettoso, puo'
scordarsi di ricevere il benche' minimo aiuto da Sal.
Dennehy lo guarda e gli dice, molto serenamente:
- Non ho nessuna intenzione di offenderla, anch'io porto il cognome di mia madre.
L'osservazione
dello sbirro non mette Sal a suo agio, ma aumenta il suo nervosismo:
quell'uomo davvero gli legge nel pensiero. E poi, che cazzo gli
racconta? Non e' cosi' che si svolge un interrogatorio. Che cazzo
vuole, questo fottuto sbirro?
Sal replica, un po' secco:
- Non credo che mi abbia fatto venire qui per questo.
Errore,
primo errore, lo sa benissimo. Mai tradire il proprio nervosismo. E
meno che mai di fronte ad un uomo come questo, capace di capire il
pensiero di uno da piccoli indizi e certamente attento a cogliere ogni
segnale di debolezza. Un fottuto sbirro molto pericoloso come
avversario.
L'uomo sorride, pare divertito.
- Credo che lei sappia benissimo perche' l'ho fatta venire qui.
Sal allarga le braccia. Ha recuperato il controllo, ora, ed il dialogo sembra avviato a rientrare nei binari consueti.
- Non saprei proprio, non ho mai avuto noie con la legge.
Dennehy annuisce:
- No, di questo le va dato atto, Domenici. Lei e' molto in gamba a portare avanti i suoi affari senza farsi beccare.
Domenici assume un'aria offesa, senza metterci troppo impegno: adesso stanno giocando ad un gioco vecchio come il mondo.
- Sono un cittadino onesto, pago le tasse, gestisco…
Lo sbirro lo interrompe, protendendosi leggermente in avanti:
-
… diversi ristoranti italiani, alcuni di lusso, in cui si mangia in
modo meraviglioso: sa scegliersi i cuochi, complimenti; quattro
alberghi qui ed altri tre in California; due locali notturni; tre
cinema…
- Lei ne sa piu' di me, ispettore.
Lo sbirro fa finta di non aver sentito e prosegue:
-
… sette od otto locali clandestini, dove si vendono liquori; diverse
distillerie, probabilmente quattro, forse cinque, solo in Illinois, ma
credo che abbia almeno una partecipazione in altre due in Indiana;
un'efficiente rete di distribuzione che rifornisce non solo i suoi
locali, ma quelli di mezza citta' e raggiunge diversi altri stati.
Sal
non puo' che riconoscere in cuor suo che lo sbirro e' maledettamente
ben informato. Ma ovviamente si dichiara del tutto innocente:
- Ma che dice, ispettore? Io non so di che cosa sta parlando.
- Lei non lo sa? Io lo so, Domenici.
E
dicendo cosi' lo sbirro si tira indietro, appoggiandosi allo schienale
della sedia. Sorride. Non e' un sorriso ostile. Neppure strafottente.
Sembrerebbe quasi un sorriso complice.
Domenici alza le spalle, come
a dire che lui non sa proprio che farci, se l'ispettore ha queste
strane idee. Ed intanto lo guarda, perche', cazzo!, e' un piacere
guardarlo.
Dennehy riprende:
- Potrei dirle nomi, date, luoghi. Ed entro pochi giorni vedra' che non sto bluffando.
Si',
l'uomo non sta bluffando e Sal sa che qualcuno dei suoi locali sara'
presto chiuso. Ma nessuno e' in grado di risalire a lui. E questo
Dennehy deve saperlo.
- Non capisco perche' ce l'ha con me, ispettore.
Lo sbirro scuote la testa.
-
Non ce l'ho con lei, Domenici, per nulla. Anzi, devo dire che dopo i
vari figli di puttana con cui ho avuto a che fare in questi mesi, lei
mi sembra quasi un galantuomo: non imbroglia negli affari, a parte i
concorrenti, naturalmente; mantiene la sua parola, sempre; non e' molto
esoso; non ricorre facilmente all'omicidio; chi ha a che fare con lei,
dimostra molta stima e gratitudine nei suoi confronti. Ma faro' tutto
quello che posso perche' finisca in galera e ci rimanga il piu' a lungo
possibile.
La faccenda del galantuomo ha spiazzato Sal, che tutto si sarebbe aspettato, fuorche' questo. Gli viene da sorridere.
- Grazie, ispettore. E' bello vedere che qualcuno si preoccupa di assicurarmi un futuro.
Lo sbirro sorride anche lui.
Sal prosegue:
- Mi ha fatto venire per dirmi questo?
- Avevo piacere di vederla. Ho sentito parlare molto di lei. Piu' in bene che in male, devo dire. Ero curioso.
Sal e' alquanto confuso. Anche quel 'piu' in bene che in male' non se l'aspettava. Quest'uomo ha il potere di spiazzarlo.
- Spero che non sia rimasto deluso.
-
No, per niente. Non mi ha detto molto, ma sapevo gia' che e' riservato.
E ci aspettano diversi altri colloqui, quando avro' raccolto un po' di
elementi in piu'.
Sal sorride.
- Spero che non si offenda, ma non mi sento proprio di augurarle buona fortuna.
Lo sbirro lo guarda serio.
- Temo che avra' bisogno di buona fortuna piu' lei di me.
Sal fa un cenno del capo.
- Posso andare, ora?
- Certo, non e' mica in arresto…
C'e' solo un attimo di pausa, prima che lo sbirro prosegua:
- … almeno per ora.
Sal fa una smorfia, sorride e si alza. Quando arriva alla porta, Dennehy gli dice, con un sorriso amichevole:
- Domenici, non si illuda. La fottero'.
Sal
guarda lo sbirro ed anche se la replica non e' canonica, gli verrebbe
da dire: 'Lei puo' fottermi quando vuole. Il mio culo e' sempre a sua
disposizione.'
Ma risponde:
- Grazie per l'avvertimento.
Sal
esce dalla stazione di polizia alquanto turbato. L'incontro e' stata
una dichiarazione di guerra ed e' ovvio che nelle prossime settimane
Sal si trovera' a pagare un conto salato: perquisizioni, interrogatori,
retate porteranno senz'altro la polizia a scoprire diversi elementi ed
il danno economico sara' consistente. Quanto ad arrivare a lui, e'
un'altra faccenda, non e' cosi' facile. Ma tutto cio' e' parte del
gioco, azzardi che si mettono in conto e di certo non spaventano un
uomo abituato a rischiare grosso.
Quello che turba davvero Sal e'
altro. Quel fottuto sbirro gli piace. E' un gran bel maschio ed al boss
i maschi piacciono un casino, anche se nessuno lo sospetta, anche se ha
sempre dovuto nascondere questa parte di se'. E poi gli piace persino
come persona e questo e' davvero il massimo. E' un nemico, un fottuto
nemico mortale, che mira a fargli passare il resto dei suoi giorni in
galera e glielo ha pure detto. Eppure gli sta simpatico. E' un uomo
intelligente e quindi pericoloso. Ma Sal e' stufo degli uomini stolidi
ed avidi che sono al suo servizio o al soldo dei suoi nemici, stufo dei
familiari interessati che non si sono mai occupati di lui quando ne
aveva bisogno ed ora che ha fatto fortuna vengono in massa, da tutti
gli States e pure dalla Sicilia, per chiedere.
Merda! Tra tutti gli
uomini di questo mondo, l'unico a risvegliargli qualche cosa dentro
doveva essere questo fottuto sbirro? Fara' bene a scordarselo in fretta.
Altre
settimane sono passate. I primi colpi sono arrivati: due locali sono
stati scoperti ed un camion sequestrato; una distilleria ha dovuto
essere abbandonata perche' la polizia stava per arrivarci. Non e' una
gran perdita, nessuno ha parlato, Dennehy non ha in mano niente contro
Salvatore. Ma tutto e' diventato piu' difficile.
Intanto Sant'Agata
ne sta approfittando per cercare di allargarsi, ma forse questo e' un
errore: Sant'Agata sta sul culo a tutti, e' avido, feroce, infido.
Tutti hanno paura di lui, ma proprio per questo preferiscono non dover
avere a che fare con quel figlio di puttana. Meglio Salvatore Domenici,
che e' uno di cui ci si puo' fidare.
E cosi' qualcuno parla e
Dennehy scopre due locali di Sant'Agata e glieli chiude. E' l'occasione
che alcuni aspettavano per saldare qualche vecchio conto in sospeso nei
confronti del boss. L'attenzione di Dennehy sembra spostarsi da
Salvatore Domenici a Sant'Agata, un altro bersaglio molto grosso ed in
questo momento piu' facilmente raggiungibile. La caduta del boss appare
inevitabile, a meno che la santa non lo protegga.
E poi il colpo di scena: un agguato a Dennehy, al porto. Lo sbirro e' stato rapito.
Sal
e' uno dei primi a saperlo. Le notizie importanti gli arrivano sempre
in fretta, spesso piu' rapidamente che alla polizia. Dennehy e' stato
rapito mezz'ora fa. E' quasi mezzogiorno e Sal sa benissimo che prima
di notte Patrick Dennehy sara' un uomo morto. Butteranno il suo
cadavere nel lago, con un peso ai piedi. Oppure, se Sant'Agata vorra'
sfidare la polizia, fara' trovare la testa, con i coglioni in bocca, da
qualche parte. Lo ammazzera' personalmente, gli piace torturare ed
uccidere i suoi nemici. E non lo fara' in fretta. Patrick Dennehy fara'
in tempo a pentirsi di aver deciso di fare lo sbirro. Si pentira' anche
di essere nato, prima che arrivi la sera. Ed accogliera' la morte come
una liberazione. Merda!
Sal e' furioso. Pensa a Patrick Dennehy. Ci
pensa con un'intensita' che lo spaventa. Che cosa gli e' successo? Come
e' possibile? Come…
Sal ha dato alcuni ordini, non appena ha avuto
la notizia. Vuole sapere dove e' tenuto prigioniero lo sbirro, chi lo
sorveglia. Per lui non sara' difficile ottenere queste informazioni,
con la posizione che occupa nel mondo della malavita di Chicago: puo'
rivolgersi ad infinite persone ben felici di fargli un piccolo favore.
Nessuno puo' sospettare che idea ha in testa. Neanche Sal sa che idea
ha in testa. O, se lo sa, rifiuta di dirsela.
Sal passeggia avanti
ed indietro, nervoso, incapace di stare un minuto fermo. Si pone mille
domande, ma non trova nessuna risposta. Sta andando fuori di testa,
questa e' l'unica spiegazione plausibile.
Le informazioni arrivano
e Sal scopre che mentre gli sembrava di delirare, la sua testa ha gia'
elaborato un piano, pronto in ogni dettaglio.
Dennehy e'
prigioniero in un vecchio magazzino, alla periferia della citta'. Ci
sono tre uomini di Sant'Agata ed il boss. Lo stanno torturando,
ovviamente. Sal spera solo di arrivare in tempo.
Sal e' in auto
con quattro dei suoi uomini. Nessuno di loro sa l'obiettivo della
spedizione. Sanno soltanto che dovranno uccidere alcuni uomini di
Sant'Agata. Al magazzino si accede da una porta, che sara' sicuramente
sorvegliata, ma e' anche possibile arrivarci dal deposito vicino,
raggiungibile dalla riva del lago. Sal ed i suoi uomini si infilano nel
vecchio deposito, abbandonato da un mese. Salgono al primo piano, poi
sul tetto e di li' passano nel magazzino vicino.
Scendono con
cautela. Non si sente nessun rumore. Quando giungono al fondo delle
scale sentono delle voci che provengono da una stanza vicina,
l'ingresso del magazzino. Gli uomini di Sant'Agata sono li'.
Sal
fa cenno ad uno dei suoi di fermarsi alla porta da cui sono entrati,
per guardargli le spalle. Poi si avvia verso la stanza da cui arrivano
le voci.
Gli uomini di Sant'Agata chiacchierano e ridono
tranquilli. Non si aspettano visite, meno che mai dall'interno del
magazzino. Non appena li vedono, i tre uomini fanno per impugnare le
armi, ma Sal ed i suoi uomini le hanno gia' in mano ed in un attimo
nella stanza si scatena l'inferno: il risultato sono tre uomini in piu'
all'inferno, senza il tempo di pentirsi dei propri peccati.
Una
porta si spalanca e Sant'Agata appare sulla soglia, una pistola in
mano. Sal spara per primo ed una macchia rossa si allarga sulla camicia
del suo rivale, subito sotto il cuore. Il boss guarda Sal con
un'espressione stupita e rabbiosa, ma ormai la pistola che ha in mano
e' troppo pesante per lui e cade a terra. Sant'Agata cerca di dire
qualche cosa, ma la bocca non riesce a formulare parole ed il boss
crolla.
Sal si precipita nella stanza da cui e' uscito Sant'Agata.
Dennehy e' li', con solo le mutande addosso, legato ad una sedia, una
benda intorno agli occhi. Nella stanza non c'e' nessun altro.
Dennehy ha la testa reclinata e Sal non saprebbe dire se e' vivo o morto. Esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Frank gli dice che Sant'Agata ed i suoi tre scagnozzi sono morti. Sal lo sapeva gia', ma Frank e' puntiglioso.
- Bene, Frank, adesso voi quattro ve ne andate per la strada da cui siamo venuti e vi dimenticate tutto quello che e' successo.
- Va bene, capo. Dobbiamo aspettarla da qualche parte?
- No, tornero' per conto mio.
Frank annuisce ed in un attimo i quattro sono scomparsi: gli uomini di Sal sono abituati ad obbedire senza discutere.
Sal
ritorna rapidamente nella stanza. Lo sbirro ha sangue sulla faccia,
colato dal naso e dal labbro, e sul torace, da alcuni piccoli tagli.
Lividi in diversi punti. Ma respira, grazie a Dio respira e non sembra
avere nessuna ferita grave. Quel figlio di puttana di Sant'Agata aveva
appena incominciato con il suo lavoro.
Sal si avvicina a Dennehy. A
vederlo li', quasi completamente nudo, il cazzo gli sta rapidamente
diventando duro. Ci mancava solo piu' questa. E poi le mutande sono un
po' bagnate, lo sbirro deve aver perso qualche goccia di piscio per le
torture. Il cazzo si vede benissimo, un signor cazzo (anche se quello
di Sal ha altre misure, ma lo Scimmione e' dotato come un cavallo).
Sal
si mette dietro la sedia e passa una mano sulla corda, per vedere dove
tagliare. Dennehy si accorge della sua presenza, si riscuote, cerca di
muovere le braccia legate e gli grida:
- Fottuto bastardo, spero che crepi presto.
Sal sorride. Lo sbirro non ha abbassato la cresta, nonostante le torture. Questo gli piace. Risponde:
- Sta fermo, stronzo. Sono venuto a liberarti.
Dennehy si blocca. Ha riconosciuto la voce. Sibila:
- Lo Scimmione! Ci sei tu dietro tutto questo, bastardo!
Il
sorriso di Sal scompare. Non si aspettava ne' il soprannome, che usano
i suoi nemici, ne' il 'bastardo', ne' soprattutto l'accusa di aver
organizzato il tutto. Forse in un altro momento rifletterebbe sul fatto
che nelle ultime ore lo sbirro ha attraversato l'inferno e che questo
lo rende meno lucido o comunque non molto ben disposto nei confronti
del mondo.
- Guarda, stronzo, che non ti ho rapito io. Sono venuto a
salvarti e mi ringrazi in questo modo? Facevo meglio a lasciarti nelle
mani di Sant'Agata.
Ma lo sbirro ha la luna di traverso: le botte, i
tagli e la certezza di morire in malo modo lo hanno reso diffidente e
rabbioso. Reagisce ancora malamente.
- Tu a salvarmi? Lo Scimmione
che salva un poliziotto? Quando mai?! Che cosa vuoi da me? Perche' di
sicuro non fai mai nulla senza farti pagare. Hai organizzato il tutto
per cercare di sfuggirmi. Non ti illudere, non ti daro' tregua, ti
fottero' Scimmione.
Ti fottero' gliel'ha gia' detto, ma adesso il
tono e' un altro e a Sal i coglioni girano vorticosamente. Ma non e'
solo questo. Il corpo nudo che ha di fronte, il leggero odore di
sudore, il calore della pelle che avverte sotto le dita gli stanno
facendo perdere il controllo.
- Hai ragione, stronzo. Mi prendero' qualche cosa. Magari questo.
E
mentre parla, Sal ha infilato una mano nelle mutande dello sbirro e gli
ha afferrato il cazzo. E' stato un gesto del tutto istintivo, di cui
Sal si e' gia' pentito. Ma ora che ha in mano quel trofeo, che per la
prima volta in vita sua stringe un bel cazzo (a parte le volte che ha
stretto il proprio, ma non e' la stessa cosa), ora non intende piu'
tornare indietro.
Lo sbirro si e' teso. Il respiro e' diventato piu'
affannoso. Che cosa pensa, questo stronzo? Che lui voglia tagliargli il
cazzo? Di sicuro Sant'Agata gliel'aveva promesso e l'avrebbe pure
fatto. Ma lui non farebbe mai una cosa del genere. Comunque si
divertira' un po' con questo figlio di puttana.
Sal fa scorre il
coltello lungo il fianco dello sbirro, fino ad infilare la punta sotto
le mutande. Lo sbirro cerca di controllarsi, ma la sua paura e'
evidente.
Sal allontana la lama dalla pelle e tende la stoffa, poi
con un movimento rapido la incide e la taglia. Ripete il gesto
dall'altra parte e toglie l'indumento bagnato. Poi fa scorrere la lama
sul cazzo dello sbirro.
Dennehy deglutisce. Sal puo' vedergli il
pomo d'Adamo che va su e giu'. Ma non dice nulla. Anche se ha paura, si
controlla. Ed un'altra cosa sta succedendo. Nella mano di Sal il cazzo
dello sbirro si sta irrigidendo. Anche ora, che Sal sta passando la
lama lungo l'asta, l'uccello acquista consistenza e volume. Questo
pezzo di merda si sta eccitando. Quanto a Sal, e' ormai in calore al
punto che ha la vista annebbiata.
Sal si ritrova in ginocchio davanti allo sbirro, che per fortuna ha ancora la benda sugli occhi e non puo' vederlo.
Il
cazzo di Dennehy e' ad una spanna dalla sua bocca e prima che Sal abbia
avuto il tempo di ragionare e di dirsi che sta facendo una follia, il
cazzo e' dentro la sua bocca. E' la prima volta che Sal succhia un
cazzo: ha spesso desiderato farlo, ma non si e' mai azzardato. Un uomo
come lui sarebbe finito se si sapesse. Ed adesso si sapra', ma a Sal
non importa piu' nulla. In questo momento l'unica cosa che davvero gli
importa e' il calore di questa cappella che sta leccando e succhiando.
Sal
si stacca e guarda lo sbirro. Ha le labbra socchiuse, una smorfia di
piacere sulla faccia. Ormai e' finita: o lo ammazza, ma Sal questo sa
che non lo fara', o e' fottuto, e' nelle sue mani. Se quest'uomo
raccontera' che lui glielo ha succhiato… E allora tanto vale andare
fino in fondo.
Come? Sal si alza e taglia la corda che lega Dennehy
alla sedia, ma non quella che gli blocca le mani. Poi si spoglia,
completamente. Ora sono tutti e due nudi, in silenzio, l'uno davanti
all'altro, i cazzi duri come canne di pistole, il respiro corto di chi
sta bruciando. Afferra Dennehy mettendogli la grossa mano sulla nuca,
lo alza quasi di peso e lo stende a terra, sulla schiena. Poi gli
accarezza ancora il cazzo, non per tenderlo di piu', perche' l'arma e'
gia' al massimo della sua tensione, ma perche' gli piace sentirne il
calore e la durezza, gli piace pensare che questo e' il primo cazzo che
gli entrera' in culo e che prima di morire - perche' sa che ormai e'
fottuto - provera' quello che ha sempre desiderato. Si sputa nel palmo
della destra ed inumidisce la cappella. Poi si bagna due dita e si
lubrifica il buco del culo.
La posizione di Dennehy, steso supino
con le mani dietro la schiena, non e' delle migliori, ma in fondo
rispetto a com'era fino a venti minuti fa dev'essere il paradiso.
Sal
si siede sul ventre di Dennehy. Struscia un po' il culo contro il cazzo
dello sbirro ed e' una sensazione bellissima. Poi si solleva
leggermente, prende l'uccello, lo mette in verticale e abbassa il culo
fino ad impalarsi su quello spiedo di carne. Nel momento in cui la
punta del cazzo gli preme contro il buco del culo, Sal si dice che e'
pazzo, ma e' tutta la vita che lo desidera e questo sbirro gli piace un
casino ed ormai gliel'ha gia' succhiato e… e… e… e questo cazzo che
affonda nel suo culo, facendogli un male cane, e' il piacere piu'
intenso che abbia mai provato in questa vita di merda.
Dennehy non
dice una parola. Ha la bocca socchiusa e Sal vede che sta provando un
piacere intenso. Ne e' contento, non sa perche', ma nella sua mente
bacata e' contento che anche lo sbirro goda. Sal si muove con cautela,
sollevando un po' il culo, per poi affondarlo di nuovo sulla picca che
gli scava le viscere. Sta sudando, anche se in questa primavera ancora
incerta il magazzino abbandonato non e' certo caldo. Le sue mani
scorrono sul torace dello sbirro, accarezzano la pelle umida di sudore,
la peluria leggera (lui non e' uno scimmione, come Sal, che sul torace
ha una foresta), poi una si spinge fino alle labbra e con il
polpastrello dell'indice Sal percorre il profilo della bocca, in una
carezza lieve. La bocca dello sbirro si apre di piu' e per un momento
Sal pensa che voglia morderlo, mozzargli una falange, ma non succede
nulla del genere. Sal continua il suo movimento. Il culo gli fa male,
ma dal dolore nasce una vibrazione di puro piacere che percorre tutto
il suo corpo, dalle viscere alla testa, dai coglioni al cazzo sulla cui
punta appare una goccia di seme. E le sue mani, le sue dita che
accarezzano la pelle dello sbirro, incapaci di fermarsi, gli
trasmettono altre vibrazioni. Gli sembra che ci sia un vuoto immenso
nella sua testa, e' solo un corpo, un corpo che vibra per la prima
volta di un piacere a lungo desiderato e mai provato.
Le sue mani si
muovono ancora, accarezzano il viso dello sbirro, gli stuzzicano i
capezzoli, scoprono gesti che nessuno ha insegnato loro. Sal lascia che
facciano, ormai cercare di controllarsi non ha piu' senso, e' fottuto,
fottuto dal cazzo che gli riempie il culo e dal poliziotto che lo tiene
in mano. Ma non importa, nulla davvero importa, se non l'indicibile
piacere che ha avvolto il dolore, lo ha cancellato e continua a
crescere dentro di lui. Sal geme e vorrebbe gridare parole, ma questo
la sua mente rifiuta di farlo. Ed allora sono le sue mani a parlare, ad
accarezzare, a mandare un urlo di desiderio e d'amore. E Sal lascia che
le sue mani si muovano e gridino.
Questo momento e' la perfezione.
Sal vorrebbe che la Terra si fermasse, per poter rimanere in eterno
cosi', sollevando il culo fino a che il cazzo dello sbirro quasi esce e
poi abbassandolo fino ad impalarsi completamente, mentre le sue mani
scrivono sul corpo di Dennehy un osceno poema d'amore.
Dennehy
respira affannosamente. Sal guarda il torace che si solleva e si
abbassa, il viso distorto in una smorfia di piacere. Poi lo sbirro
emette una specie di grugnito e Sal sente la scarica in culo. Ed allora
la mano di Sal sfiora appena la cappella, incandescente, e quel tocco
leggero e sufficiente a scatenare un uragano di piacere, che avvolge
Sal e lo fa urlare, mentre lo sborro schizza in alto e ricade sul
ventre e sul torace di Dennehy.
Sal chiude gli occhi. E' stato il
momento piu' intenso della sua vita. Sa che ormai e' fatta, che e'
fottuto. Ma non gliene importa niente. Prima di morire, ha provato che
cosa vuol dire farsi fottere da un maschio, da questo maschio che
desidera, che gli piace da impazzire. E c'e' sempre la sua pistola che
gli garantisce di uscire rapidamente di scena quando incominceranno i
fischi degli spettatori. Sal si alza.
Si pulisce il cazzo e poi il
culo, da cui gocciola un po' del seme di Dennehy, con la sciarpa di
Sant'Agata, tanto a quello non serve piu'. Pulisce anche il corpo dello
sbirro, che aspetta, in silenzio, disteso a terra. Che cosa pensa, lo
sbirro? Che adesso lui lo ammazzera' perche' non si sappia in giro? E'
quello che dovrebbe fare, e' la sua unica via di uscita, ma non puo'
farlo, non ci pensa neanche. E non e' perche' quest'uomo gli piace un
casino, ma perche' lui non ammazzerebbe mai qualcuno soltanto per
pararsi il culo: l'errore e' stato suo e tocca a lui pagare, quando lo
sbirro gli presentera' il conto.
- Alzati, stronzo.
Sono le prime
parole che vengono pronunciate in questa stanza, dal momento in cui Sal
ha afferrato il cazzo dello sbirro. Quanto tempo fa? Una vita fa,
perche' adesso la vita di Sal e' cambiata. O, piu' esattamente, e'
arrivata alla fine.
Dennehy si alza. Sal prende il coltello, passa
dietro di lui e taglia la corda che lega le mani dello sbirro. Ed
intanto si dice che lo sbirro ha un bellissimo culo e che gli farebbe
assaggiare volentieri il proprio cazzo. Poi gli toglie la benda,
rimanendo alle sue spalle.
Dennehy si volta. Sal cerca di evitare di fissarlo negli occhi, anche se non e' facile, sono cosi' vicini. Sibila:
- Puoi andartene, sbirro. Sei libero.
Lo sbirro continua a fissarlo. Mormora:
- Frocio di meqda. Dovrei ammazzarti.
Sal prende la pistola dalla fondina e la mette in mano allo sbirro.
- Fallo, stronzo, fallo!
Dennehy
getta lontano la pistola, poi sferra un pugno nello stomaco a Sal, con
tutte le sue forze. Sal cade in ginocchio, boccheggiando. Lo sbirro
prende i suoi abiti, che gli uomini di Sant'Agata avevano gettato in un
angolo della stanza. Si riveste in fretta, senza dire una parola,
lasciando a terra le mutande tagliate, ormai inservibjli. Prima di
lasciare la stanza, si volta verso Sal e gli dice:
- Scompari in
fretta, Scimmione. Appena trovo un telefono chiamo i miei uomini e
torniamo qui. E' meglio per te se non ci sei piu'.
Sal lo guarda
uscire. Si rialza, a fatica, ma non e' il dolore fisico a rallentare i
suoi movimenti. Guarda a terra le mutande di Dennehy. Le raccoglie. Se
le mette in tasca. Si riprende la pistola e la infila nella fondina.
Guarda ancora un momento la stanza. Poi esce. Ripercorre la strada che
ha fawto per entrare e se ne va.
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Sal e' tornato nel suo ufficio. Tiene la pistola sulla scrivania, pronta per l'uso.
Cerca
di dare ordine ai suoi pensieri, ma in testa ha una confusione enorme.
In mano stringe un paio di mutande tagliate. Ogni tanto le annusa,
sente l'odore gel sudore e del p[к!dello sbirro. E si dice che e'
pazzo, completamente pazzo. Se arrivano adesso e lui si spara, gli
troveranno purlutande sporche in tasca. Ma chi se ne fotte, una
volta che ha un proiettile nel cervello?
Intanto arrivano le
ʼ{ie. La versione ufficiale e' che qualcuno ha ucciso Sant'Agata ed
i suoi uomini, cosi' Dennehy ha potuto liberars3[!sussurra che sia
stato lo Scimmione, che ha eliminato il suo principale rivale, ma
Dennehy era bendato e non ha visto nulla.Quindi Dennehy non l'ha
tradito, ma questo non significa niente. Puo' essersi riservata la
freccia avvelenata per il momento in cui gli servira'. Sal e' un
bersaglio che puo' colpire quando vuole.
Tre giorni sono passati. La
testa di Sal si muove su due binari ben distinti: uno sono gli affari
ed in quelli Sal non perde un colpo, sta facendo di tutto per allargare
il suo impero e la morte di Sant'Agata ovviamente ha semplificato le
cose; l'altro e' un binario morto o forse circolare, in cui il pfnsiero
ruota intorno a Patrick Dennehy ed ai suoi attributi, dal cazzo,
gustato a fondo, ai coglioni - belli, finora non e' stato ancora detto,
ma sono proprio belli - dal culo, un peccato non averlo assaggiato,
alla bocca che a Sal piacerebbe…
Il pensiero viene interrotto da
Frank, che bussa alla porta. Sal lo manda a farsi fottere, poi, dopo
averlo fatto entrare, gli chiede:
- Che cazzo c'e'?
- Capo, c'e'
un tizio, un certo Patrick. Non ha voluto dire il cognome. Dice che lei
lo assetta. Era pure armato, quello stronzo. Gli abbiamo tolto la
pistola.
Sal guarda Frank senza parlare. Sa benissimo chi e' quel
Patrick tanto pazzo da presentarsi nel suo ufficio con una pistola,
convinto che lui lo lascera' entrare armato. E' l'unica persona al
mondo che puo' pensare una cosa del genere, l'unica che lo conosce
tanto da sapere che lui lo fara' davvero entrare armato.
- Rendigli la pistola e fallo passare.
Frank e' perplesso, ma non e' tanto stupido da contraddire il capo.
Sao guarda Patrick Dennehy entrare nell'ufficio. Lo sbirro lo fissa, con un ghigno, e gli dice:
- Sono venuto ad ammazzarti per quello che mi hai fatto, fottuto Scimmione.
Sal si alza e passa davanti alla scrivania. Ora e' di fronte a Dennehy.
- Fallo, sbirro. La pistola ce l'hai.
Dennehy estrae l'arma e si avvicina. La preme contro il ventre di Sal.
Sal
pensa che va bene cosi', e' la cosa migliore. L'uomo che ama - e questo
Sal puo' finalmente dirselo,#ora che sta per morire - lo ammazza e la
faccenda finisce li'. Piu' facile crepare che vivere con l'odio ed il
disprezzo di questo fottuto sbirro che e' riuscito ad entrargli nella
testa e nel cuore.
Si guardano negli occhi, Sal sorride. Prova una strana euforia.
Lo sbirro si avvicina ancora. Gli passa una mano dietro la nuca.
- Stai per crepare, Scimmione.
Sal
guarda il viso dello sbirro, cosi' vicino. La sua testa si muove
lentamente in avanti, forse e' la mano di Dennehy che preme sul suo
collo, forse e' un movimento spontaneo. Le loro labbra si incontrano,
si sfiorano appena, poi si uniscono.
Sal abbraccia Dennehy. Vuole
morire cosi', mentre lo stringe tra le braccia, mentre lo bacia.
Perche' ora si stanno baciando, appassionatamente. Non sono solo piu'
le loro labbra ad unirsi, ma le loro lingue, che si sfiorano, si
accarezzano, si inseguono tra le due bocche.
Sal pensa che Dennehy
dovrebbe sparargli ora, in questo momento di assoluta perfezione, ora
che ha il cazzo duro, la lingua nella bocca dello sbirro e le mani sul
suo culo. E mentre lo pensa si rende conto che la pistola non preme
piu' sul suo ventre. Ed allora lo sbirro e' fottuto e Sal pure.
Le
mani di Sal stanno facendo scivolare a terra la giacca di Patrick
Dennehy - fortuna che l'inverno se ne sta andando, finalmente, c'e' un
capo in meno da togliere. Poi giocano con la cravatta - non e' tanto
comodo sciogliere il nodo di una cravatta quando si sta baciando uno -
ed infine e' il turno della camicia. Le mani di Patrick stanno facendo
la stessa cosa, in un intrecciarsi che impaccia tutti e due e che per
Sal e' il gioco piu' bello a cui abbia mai giocato.
Quando sono
entrambi a torso nudo si baciano e si abbracciano di nuovo e l'aderire
dei loro corpi quasi fa urlare Sal di piacere. Sente che il cazzo dello
sbirro e' duro quanto il suo e gli sembra di non essere mai stato cosi'
felice. Poi Patrick puo' anche ammazzarlo, ma Sal sa che non lo fara'.
Le
sue mani scorrono lungo la schiena di Patrick, si infilano nei
pantaloni, sotto le mutande - e Sal sorride al pensiero della faccia
che farebbe lo sbirro se gli dicesse che ha le sue mutande tagliate
nella tasca della giacca. Sal stringe con forza le chiappe di Patrick,
fino a fargli male. Le mani dello sbirro stanno aprendo la fibbia della
cintura di Sal e, dopo un caotico movimento di dita, sono tutti e due
con i pantaloni e le mutande alle caviglie, un po' ridicoli, ma nessuno
dei due ci bada.
Si staccano un momento e si chinano per liberarsi
di quanto ancora hanno addosso. Patrick si rimette in piedi,
sorridente, ed accarezza la testa di Sal, sussurrandogli:
- Scimmione!
Ed
in effetti non si puo' negare che visto cosi', in costume adamitico,
con quella pelliccia naturale che gli copre torace e ventre, gambe e
braccia, Sal sembra proprio un gorilla.
Sal grugnisce uno 'Stronzo!'
e non si rialza. Avvicina la bocca al cazzo di Patrick, perche' adesso
gli e' venuta un'idea. Vuole andare fino in fondo, questa volta, vuole
sentire il gusto dello sborro di questo fottuto sbirro irlandese. Prima
di inghiottire la cappella, accarezza i coglioni con le dita e li
strizza un po', facendo gemere Patrick. Lo sbirro gli tira i capelli,
gli carezza la testa, gli infila le dita nelle orecchie, le passa sugli
occhi, gliele mette tra i denti - e Sal morde, morde deciso, ed e'
bello sentire i gemiti di Patrick.
Infine Sal incomincia a lavorare
con la lingua. La tira fuori e prende a leccare la cappella, come fosse
un cono di gelato. Una mano lavora ancora sui coglioni, con molta
decisione e poca delicatezza. L'altra invece e' passata dietro, ad
esplorare il culo di Patrick, a stringere prima una natica, poi
l'altra, a pizzicare, per poi proseguire la sua esplorazione lungo il
solco, che percorre tre volte, avanti ed indietro, finche' la quarta
volta si ferma in un punto preciso e Patrick si tende, perche' capisce
che questa volta, anche se l'inizio ripete il loro incontro nel
magazzino, questa volta le parti si scambieranno, quel dito che ora gli
stuzzica il buco del culo e' solo l'avanguardia, l'esploratore inviato
a saggiare il terreno ed a preparare l'assalto finale. E nel gemito di
Patrick quando il dito penetra attraverso l'apertura, Sal legge la resa
completa dell'avversario.
Intanto alla lingua si sono affiancate le
labbra, che avvolgono la cappella in un bacio. Patrick emette un suono
inarticolato, che non e' piu' un gemito, e' una specie di urlo
trattenuto. Sal inghiotte ed incomincia a succhiare il cazzo di
Patrick, mentre una mano continua a stuzzicare i coglioni, facendo
male, questo Sal lo sa, ma a Patrick va bene cosi', sa anche questo,
gli sembra ormai di sapere tutto, sa che Patrick desidera che lui lo
prenda, che quel dito, saldamente piantato nel suo culo, ceda il posto
al cazzo di Sal, sa che per Patrick e' la prima volta, sa che lo sbirro
lo vuole come lo vuole lui, sa… forse e' solo un delirio, ma come non
delirare quando dopo una vita di desiderio inappagato, puoi finalmente
stringere tra le braccia un corpo che desideri, sentire il gusto del
cazzo dell'uomo che ti piace, possederlo come lui ha posseduto te?
La
bocca di Sal lavora, la sua lingua, le sue labbra, i suoi denti, che
mordicchiano leggermente, e le sensazioni sono cosi' forti che a tratti
Sal vorrebbe fermarsi un attimo, ma non puo' farlo.
- Scimmione…
E'
una dichiarazione d'amore, di quell'amore che non si confesseranno mai,
Sal lo sa benissimo, perche' nessuno dei due e' abituato ad esprimere i
propri sentimenti, forse neppure a confessarli a se stesso.
Poi c'e' un nuovo urlo strozzato ed un avvertimento:
- Sto per…
Ma
Sal non toglie la bocca. Vuole sentire il gusto dello sborro del suo
uomo. Il fiotto gli riempie la bocca e Sal inghiotte. Continua a
succhiare, con delicatezza, spremendo ogni goccia di questo nettare che
ha infine gustato. La sua bocca lascia il cazzo di Patrick solo quando
e' questi ad allontanarlo.
Sal si alza. Guarda Patrick, che gli
sorride e gli prende la testa tra le mani, lo bacia sulla bocca, spinge
la lingua tra i denti, cercando un'ultima traccia del gusto del proprio
seme.
Ora sono uno di fronte all'altro.
Sal sorride, poi il sorriso svanisce e dice:
- Voltati e mettiti sulla scrivania a pancia in giu'.
Patrick
respira a fondo, annuisce, fa per voltarsi, ma poi si ferma, lo bacia
ancora ed infine appoggia il torace sulla scrivania, divaricando le
gambe.
Sal guarda il culo di Patrick e per un attimo la testa gli
gira. Poggia le mani su quel culo, per non crollare a terra. Poi
stringe le dita, pizzica la carne. Si inginocchia. Davanti alla sua
faccia ha il culo di Patrick. Morde. Con decisione. Patrick geme. Morde
ancora e guarda i segni rossi che i suoi denti lasciano nella carne.
Poi la sua lingua percorre il solco del culo, indugiando un attimo
sull'apertura che tra poco forzera'.
Ripete il movimento e questa volta la lingua preme con forza, poi si ritrae.
Sal si alza. Avvicina il cazzo al buco del culo di Patrick. Sorride. Dice:
- Sto per fotterti, sbirro.
Patrick risponde:
- Scimmione.
E' di nuovo una dichiarazione di guerra e d'amore.
Sal
inumidisce bene la cappella e poi preme contro l'apertura. Patrick si
tende e Sal gli pizzica il culo, poi le sue mani scivolano dal culo
alla schiena, fino alla testa. Sal afferra i capelli con forza e mentre
Patrick geme e solleva il capo, Sal spinge in avanti il suo sperone,
infilzando lo sbirro. Il piacere e' tanto violento, che Sal teme di
venire sul momento. Per la prima volta nella sua vita Sal sta fottendo
un uomo e quest'uomo e' Patrick, lo sbirro di cui si e' innamorato. Il
cazzo si fa strada nel culo di Patrick, lentamente, ed ondate di
piacere avvolgono Sal completamente. Non vede piu' nulla, non si rende
conto di cio' che fa, tutta la sua mente e' concentrata nel piacere che
gli da' questa lama che affonda nella carne, cio' che ha atteso per
tutta la vita.
Spinge con lentezza e solo un gemito piu' forte di
Patrick lo scuote e gli dice che deve fermarsi, perche' la sofferenza
e' diventata piu' forte del piacere che lo sbirro sta provando. Sal
smette di spingere, si ritrae, esce, lascia la posizione che ha appena
conquistato, sapendo che ritornera'. Da' a Patrick il tempo di
recuperare e poi nuovamente lo infilza. Lo sbirro geme, ma questa volta
e' piacere puro, quello che lo investe e che si trasmette a Sal. Il
palo avanza, dilata la carne, la martoria e regala piacere ad entrambi.
A
lungo Sal scava nelle viscere di Patrick, a lungo spinge in avanti e
poi si ritrae, in un movimento che esaspera il desiderio di entrambi.
Si sono detti poche parole, ma ora il piacere inebriante schiude le
loro labbra ed il desiderio diventa un rosario di insulti ed oscenita'
che sono un grido d'amore. 'Ti sto spaccando il culo, lurido sbirro'
significa 'Ti desidero e ti amo, Patrick' e 'Sei un figlio di puttana,
Scimmione' vuole dire 'Anch'io ti amo e ti desidero, Sal'.
Ed infine
Sal sente che il desiderio che e' andato crescendo dentro di lui,
riempiendo ogni fibra della sua carne, e' ormai troppo grande per
essere contenuto. Morde la spalla di Patrick, gli sussurra un tenero
'Bastardo rottinculo' e lascia che il piacere esploda, come
un'interminabile raffica di mitra, che lo scuote tutto, lo scaglia
contro una parete o a terra, facendolo vibrare ad ogni colpo, e
continua a farlo sobbalzare, anche quando ormai ogni scintilla di vita
si e' spenta.
Il grido sordo di Patrick gli dice che ha goduto
insieme a lui e questa e' davvero la cosa piu' bella che sia mai
capitata a Sal. Gli sussurra, con infinita tenerezza, nell'orecchio:
- Frocio.
E poi si abbandona su di lui, senza piu' forze.
Viene infine il tempo di staccarsi ed e' doloroso per entrambi.
- Aspetta, ti pulisco.
Sal prende le mutande di Patrick. Quando Patrick vede che Sal vuole usarle per pulirlo, gli dice:
- Che cazzo fai, Scimmione? Quelle mi servono.
Sal scuote la testa.
- No queste le tengo io, come ricordo. E voglio che abbiano l'odore del tuo sborro. Te ne do un altro paio.
Incomincia a pulire lo sborro che il poliziotto ha sul ventre, con cura, mentre sente su di se' lo sguardo allibito di Dennehy.
Quando ha finito, prende la propria giacca e tira a Patrick le mutande tagliate.
- Puoi metterti queste, sbirro.
Patrick le afferra con la sinistra (e' mancino, quindi) e le guarda.
- Cazzo, Scimmione, ma queste…
-
Si', sbirro. Sono le tue mutande. Ogni tanto le annusavo. Sentivo
l'odore del tuo sudore e del tuo piscio. Adesso usero' queste e
sentiro' l'odore del tuo sborro.
Patrick lo guarda. Sal abbassa lo
sguardo, d'improvviso conscio di essersi esposto come non gli era mai
capitato in vita sua, nudo nel corpo e nell'anima. Allora Patrick lo
forza a sollevare la testa e lo bacia, senza dire nulla.
Quando infine sono vestiti (Patrick senza mutande), Sal chiede:
- Eri davvero venuto per ammazzarmi, sbirro?
Patrick scrolla le spalle.
-
No, volevo… Non so che cosa volevo. Almeno, credevo di non saperlo. Ma
volevo quello che e' successo, Scimmione. Adesso lo so. Ma bada…
Sal sorride e guarda lo sbirro, un'espressione interrogativa sul volto.
- Non cambia nulla. Ti sto dando la caccia. E ti fottero', Scimmione.
- Lo hai gia' fatto, sbirro.
Il
Dancing girl e' stato chiuso. Il quarto locale di Sal chiuso
nell'ultimo mese. La guerra tra lo Scimmione e lo sbirro prosegue senza
esclusione di colpi. O, per essere piu' precisi, lo Scimmione incassa i
colpi uno dopo l'altro ed intanto estende i suoi affari, acquisendo
senza fatica cio' che era di dominio di Sant'Agata. Nel libro dei
conti, che ovviamente Sal tiene solo nella sua testa, i guadagni
superano largamente le perdite.
E' passata una settimana da quando
Patrick e' venuto nell'ufficio di Sal. Adesso e' lo Scimmione a
presentarsi nell'ufficio dell'ispettore. Sal entra e sorride vedendo
l'espressione incazzata di Patrick. Gli piace vedere lo sbirro quando
gli girano i coglioni. L'agente che ha fatto entrare Sal esce. Sal
aspetta un attimo, poi gira la chiave nella serratura.
- Che cazzo fai, Scimmione, pensi mica…
Patrick si e' interrotto, perche' Sal ha incominciato a togliersi la giacca e pure la cravatta. Patrick ha il fiato corto.
- Spogliati, sbirro, non ho mica la giornata da perdere. Non posso continuare tutto il tempo ad annusare mutande sporche.
Sal
e' a torso nudo e quel torace peloso, che insieme alle braccia lunghe
gli ha fatto guadagnare il soprannome, esercita un certo effetto su
Patrick, perche' questi, anche se bofonchia un 'Tu sei fuori di testa,
Scimmione', si e' alzato e sta togliendosi la giacca, mentre nei suoi
pantaloni c'e' un rigonfio inequivocabile.
Si spogliano rapidamente,
guardandosi, come se avessero fretta tutti e due. Ed in effetti sono
entrambi perfettamente pronti per quanto devono fare.
Sal si appoggia alla scrivania e fissa Patrick.
- E' ora che tu mi faccia vedere che cosa sai fare con la bocca, sbirro.
Patrick guarda il cazzo di Sal. Fuori misura, da cavallo. Annuisce.
- Spero almeno che tu ti sia lavato, Scimmione.
Fa
per inginocchiarsi davanti a lui, ma Sal lo ferma. E' venuto per
questo, ma non cosi', cosi' non vuole. Prima ci deve essere altro.
Prima deve baciarlo. Ed allora le loro labbra si incontrano e le lingue
riprendono a giocare, mentre le braccia di Sal stringono Patrick tanto
forte che paiono volerlo stritolare.
Sal sa benissimo che la loro e'
una storia impossibile. Un boss frocio non si e' mai visto ed uno che
scopa con un poliziotto, poi… Ma in questo momento non gliene fotte
niente, adesso l'unica cosa che conta e' il corpo di Patrick tra le sue
braccia, il cazzo di Patrick, teso e caldo come la canna di un mitra
che ha appena sparato, contro il suo ventre e la bocca di Patrick che
accoglie la sua lingua.
E mentre una vertigine lo prende, Sal si
stacca da Patrick e lo obbliga ad inginocchiarsi, gli avvicina la
faccia al cazzo, glielo mette in bocca quasi a forza. Poi lascia che
sia Patrick a fare quello che vuole, tutto quello che vuole, qualunque
cosa va bene. Lascia che la lingua di Patrick scorra sulla cappella,
che le labbra l'avvolgano, mentre le mani di Patrick stuzzicano i
coglioni. Gli accarezza la testa, le spalle, gli passa le dita dietro
le orecchie, gli tira i capelli. Non parlano, Patrick ha la bocca
piena, non si parla con la bocca piena. Sal grugnisce, geme, mugola,
versi appena udibili che non sono parole, ma che Patrick comprende
molto bene.
Sal sta impazzendo di piacere. Qualche volta una donna
gli ha fatto un bocchino, ma non e' stato niente di speciale. Ma ora
che a farlo e' Patrick, e' la fine del mondo, come farsi fottere da lui
o fotterlo. Qualunque cosa con Patrick e' la fine del mondo,
probabilmente anche beccarsi quattro pallottole in pancia, se a sparare
e' Patrick.
Il piacere che sale e' un geyser che lancia il suo
getto bollente alto in cielo, ma lo sbirro inghiotte tutto. Sal chiude
gli occhi e reclina al testa all'indietro, esausto ed appagato.
- Ci sai fare, sbirro!
Dennehy
ride. Si alza (che peccato! Sal sarebbe rimasto cosi', con il cazzo in
bocca a Dennehy, per il resto dei suoi giorni), lo guarda in faccia e
gli dice.
- Adesso ti spacco il culo, Scimmione!
Sal vorrebbe baciare Patrick, vorrebbe urlargli cose che premono dentro e che non sa formulare. Ma risponde solo:
- Accomodati, sbirro.
Poi si volta, appoggia il torace alla scrivania e divarica bene le gambe.
Patrick
inumidisce con due dita bagnate l'apertura e poi entra senza tanti
complimenti. Sal sussulta e Patrick ha una risata roca, che manda in
estasi Sal. Patrick spinge e rapidamente arriva in fondo, ora il suo
cazzo e' tutto dentro il culo di Sal ed i suoi coglioni premono contro
quelli dell'italiano.
E poi Patrick incomincia il suo lavoro, ritraendo il cazzo e poi spingendolo ben in fondo al culo di Sal, infinite volte.
Non
si dicono nulla, come timorosi di cio' che potrebbero dirsi, di parole
che non potrebbero piu' ritirare. Ma c'e' un inseguirsi di suoni
inarticolati, di gemiti e grugniti, che accompagnano la lunga
cavalcata. E man mano che il desiderio sale, il ritmo diviene piu'
intenso, fino che Sal sente in culo la scarica e Patrick spinge tanto
forte che i loro corpi scivolano di lato, oltre il bordo della
scrivania. Finiscono sul pavimento ed il loro abbraccio si scioglie.
Allora si guardano. Patrick scoppia a ridere e dice:
- Riusciremo mai a farlo in un letto, Scimmione?
Sal sorride e lo bacia sulla bocca. Poi il sorriso svanisce.
- Non credo, sbirro. Non e' per noi. Non c'e' un domani.
Tacciono
un momento. Sanno tutti e due che non puo' esserci un futuro per un
poliziotto ed un gangster che si amano. Solo la morte.
Sal si chiede
se davvero Patrick non ci ha mai pensato. Se e' cosi', quanto gli
importa davvero di lui? Patrick guarda il soffitto, come perso dietro i
suoi pensieri. Sal lo bacia e fa per alzarsi, ma Patrick lo trattiene.
Lo guarda negli occhi e gli dice:
- Qual e' la cosa a cui tieni di piu', Sal, quella a cui non vorresti rinunciare per nulla al mondo?
L'averlo chiamato Sal e' una mossa scorretta, ma la risposta sarebbe comunque stata la stessa:
- Un fottuto sbirro irlandese.
Patrick respira a fondo. Annuisce.
- Allora non mi resta che ammazzarti.
Pochi
giorni dopo Sal festeggia al tavolo di uno dei suoi locali clandestini,
il piu' lussuoso, la gemma della corona: il New Times. Sta bevendo una
coppa di champagne e si guarda intorno. Il pianista suona, le luci
della sala sono state abbassate e quelle del palco accese, perche' le
ragazze stanno per incominciare il loro numero di ballo. Il locale
rigurgita di gente, che beve e chiacchiera animatamente.
Due anni
fa questo edificio era una fabbrica: la vasta sala in cui si trovano
era uno dei locali di produzione ed in alto su due lati corrono ancora
le balconate, utilizzate per la manutenzione dei grandi macchinari.
Mentre
le due ballerine entrano in pista, salutate dagli applausi entusiasti,
tutte le luci si accendono e si sente un clamore dalla parte
dell'ingresso. Gli spettatori si voltano verso la porta e vedono
entrare una marea di poliziotti armati. Qualche imprecazione, qualche
urletto femminile, qualche risata di chi vuole apparire sicuro di se',
qualcuno che cerca una via di fuga: le solite scene che si ripetono
tutte le volte che un locale clandestino viene scoperto. Questa volta
pero' c'e' una differenza: lo Scimmione e' seduto ad uno dei tavoli ed
e' la prima volta che la polizia becca Sal. Non che questo faccia molta
differenza: Sal puo' comunque farsi passare per un cliente come gli
altri e quindi contenere il danno.
Ma il boss sembra non avere
nessuna intenzione di farsi prendere. Quando compaiono i poliziotti,
Sal scappa attraverso una porticina nascosta. L'ispettore Dennehy pero'
lo ha visto e lo insegue. Non che Sal possa fare molta strada: la
polizia ha bloccato le strade intorno alla fabbrica, che dal quarto
lato si affaccia sul lago. Nessuna via di fuga.
Poco dopo lo
Scimmione compare al piano superiore, su una delle balconate che si
affacciano sulla sala. Dennehy lo tallona. Allora lo Scimmione si
volta, estrae la pistola e gli spara tre colpi, ma Dennehy si getta a
terra, mentre la gente nella sala grida. Il poliziotto spara. Lo
Scimmione si porta le mani al cuore, barcolla e cade contro la finestra
socchiusa, spalncandola. Sal vola fuori e precipita nelle acque scure
del lago. La gente urla, poi nella sala scende un silenzio sbigottito,
mentre Dennehy si avvicina alla finestra, guarda sotto e scuote la
testa.
Salvatore Domenici, il boss, e' morto. Nessuno si aspettava
una fine cosi' improvvisa di quello che ormai era il padrone assoluto
dei locali clandestini di Chicago.
Il corpo di Domenici non viene
ritrovato, ma i giornali riportano le infinite testimonianze di chi ha
assistito alla sparatoria, ha visto Domenici colpito, il sangue sulla
camicia, il volo oltre il parapetto. Quando, mesi dopo, un cadavere
decomposto viene trovato nel lago, tutti sono convinti che sia quello
di Domenici, anche se non e' possibile dimostrarlo, anche se a Chicago
i nuovi gangster si ammazzano a piu' non posso.
Patrick Dennehy
lascia l'incarico due settimane dopo la morte di Domenici. La versione
ufficiale e' che ha svolto il suo compito e su questo non si puo' che
essere d'accordo: i vecchi boss sono stati imprigionati o eliminati,
uno dopo l'altro. Sui nuovi gangster che stanno lottando per il
controllo della citta', indagheranno altri.
Ma la gente dice che
lo sbirro sta scappando. Dopo che ha ammazzato Salvatore Domenici, la
vita di Dennehy non vale piu' nulla, a Chicago e' un morto che cammina.
Lo sanno tutti che lo Scimmione comunque gli aveva salvato la vita,
facendo secco Sant'Agata, e questo stronzo lo ha ammazzato, un colpo al
cuore. Chi vuole raccogliere l'eredita' dello Scimmione (quella
illegale, perche' quella legale e' finita, per testamento, a padre O'
Flaherty, lasciando i parenti a bocca asciutta e tutti a bocca aperta),
per prima cosa dovra' vendicarlo.
Ed infatti Dennehy dopo aver dato
le dimissioni scompare nel nulla. Si sara' rintanato da qualche parte,
magari in California, ma nessuno sa dove. Per scoprirlo forse
bisognerebbe rivolgersi ad un'agenzia investigativa. Ma dev'essere
gestita da gente in gamba, come quella che ha aperto da poco a
Vancouver, in Canada. Una coppia improbabile, un irlandese ed un
italiano, ma bravissimi nelle indagini. Persino la polizia collabora
con quei due. L'irlandese deve essere stato un poliziotto, si intuisce
subito. L'italiano no, ma sa maneggiare bene le armi. I due vivono
insieme, nell'appartamento al piano di sopra dell'agenzia. Qualcuno
dice che scopano pure insieme, nel grande letto matrimoniale che c'e'
in una delle due camere.
Ce n'e' di gente pronta a spettegolare in questo mondo!
Ferdinando Neri
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