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Questa pagina contiene immagini di nudo maschile e testo a contenuto
omoerotico: e' pertanto riservata a persone maggiorenni
This page contains pictures of male nudity and a text with homoerotic
contents: it's intended for persons over 18
Azzardo
Un racconto di kikiM + 1
I
racconti pubblicati possono contenere descrizioni di sesso non
sicuro: ricordate, sono opera di fantasia! Nella vita reale
praticate sempre il Sesso Sicuro usando il preservativo.
The stories published in this section may contain descriptions of
unsafe sex: remember, it's fiction! In real life always practice
Safe Sex by using condoms.
È inutile nasconderci dietro un dito. Noi, in quanto maschi, siamo geneticamente dei segaioli.
Forse
non
arriviamo sempre al culmine, ma ogni cosa ci può far eccitare.
Tralasciando
i molteplici feticismi, il porno più “semplice” è
oramai disponibile nelle nostre tasche in ogni momento.
Dopo i vari siti e la rivelazione dei racconti erotici, ho scoperto l’esistenza dei live sex. E qui si ritorna alla questione segaioli.
Ci
sono
gli stessi “rinomati” portali che offrono il servizio. Ed in
quanto servizio, è a pagamento.
Ma che tristezza vedere i modelli che attendono qualcuno che non faccia solo il guardone. No, la cosa non fa per me.
Mentre
capivo
che la cosa non mi attirava, però, scoprii che ci sono le
video chat “random”.
Siti che consentono di collegarsi in anonimo con altri che si possono mostrare (in tutto, in parte, o per nulla) e condividere, oltre alla menata di pisello, desideri e versi.
E, se
chi ti si presenta non ti va, fai scorrere e l’algoritmo ne
trova
un altro, a caso.
Ripeto:
noi maschi siamo segaioli, ma queste video
chat mi paiono un filo più dignitose di quelle con i modelli.
Si tratta di uomini che cercano entrambi di godere e sono liberi di chiudere e/o passare al prossimo. Senza mancette.
Comunque,
ogni
tanto è interessante, provare a collegarsi.
Si
trova uno
spaccato di vita, tutto sommato reale: il tipo che mostra solo
il
culo, e mi chiedo vede qualcosa dell'altro o aspetta solo parole
sconce, chi resta nel buio e si vede solo il riflesso degli
occhiali.
Molti mostrano la mercanzia (in bagno a brache calate o a letto toccacciandosi) e altri sembrano quasi essere in ufficio intenti a tenere la contabilità.
Così,
scorrendo
e scorrendo, si riesce a rintracciare qualcuno con cui ci
si trova interessanti e dopo un semplice “ciao” si comincia,
guardandosi a vicenda, fare petting.
Il punto di svolta è stato quando, all’ennesimo cambio di partner, sono stato accolto da un “WOW!!” (foneticamente UAOU!!)
Sarà
stato
anche il suono, oltre che la sorpresa di essere stato accolto
così, che mi fermai a vedere chi c’era. Solitamente in mio
essere
otter, non è così attrattivo.
Anche i bear o daddy villosi, non porgono attenzione. Lui, invece si.
Al
suo
UAOU,
risposi
con un “Ciao” seguito da un saluto con la mano
(dimenticavo, non mostravo viso ma solo torace e slip).
Lui
prese il
cellulare e nella chat scrisse “ciao splendido pelosetto” poi
sistemò il cellulare e si fece vedere come me.
Anzi,
fece di più.
Fece un passo indietro e si mostrò in viso.
Si
presentò un daddy
ben piazzato, peloso, smutandato, con la maglietta tirata fin
sopra
la linea dei capezzoli.
La
faccia era contornata da una bella barba sale e pepe, da cui
emerse un sorriso.
Salutò
anche lui con la mano e
poi fece il gesto che significava “mostrami il tuo volto”.
Di
solito
non lo concedo, ma con lui mi sembrava normale farlo.
Mi
avvicinai
al telefono e, chinandomi verso la camera, gli feci anche
una linguaccia, più impertinente che maliziosa.
Ciò gli piacque e si avvicinò anche lui e tirò fuori la lingua. Per la prima volta limonai in virtuale.
Il
petting
“reciproco” continuò un po’, inframezzato da qualche
chat: nome, età, luogo…
Come diceva la app della video chat, eravamo sì in regioni diverse, ma erano solo 35 km di distanza. Prendo coraggio e gli chiedo “hai gayromeo, per continuare là?” (e tenere così l’anonimato).
“No”, rispose “ho telegram”. E mi lasciò il suo nick.
Con
il
passaggio alla app di messaggistica, persi il collegamento e,
sperando di ricordare bene il nickname, lo cercai su telegram.
La
ricerca
diede un risultato e inviai il mio saluto.
Poco dopo la replica: “ciao splendido pelosetto” e a seguire “abbiamo scoperto di non essere poi così lontani, vieni domani qui a fare dal vivo quello che avremmo fatto in chat?”
Non
so
perché, ma in cuor mio, tutta questa faccenda mi sembrava un
grosso rischio.
In
fondo su grindr e simili, la conoscenza avviene in
maniera paragonabile, ma l’accesso in anonimato alla video chat
mi
faceva strano. La ripercussione fisica, fu che la bandiera di
era
ammainata.
Non sapendo bene cosa fare con lui, sfruttai di non essere più in tiro e, buttandola su ridere, scrissi “… forse ora non riuscirei a fare molto. Non è più come ha visto… passando alla chat diretta, mi si è ammosciato tutto” aggiungendo la faccina di simpatico imbarazzo.
“Perché? ti sei agitato?” chiese.
“In effetti, sì” aggiungendo ancora la faccina di imbarazza. E proseguendo “non mi aspettavo un invito così diretto”.
Mostrando
empatia,
mi scrive “Ma dai… ci siamo solo conosciuti in un luogo
insolito. Non avere ansia.”
Onestamente
risposi “Non so bene
perché… forse perché era una video chat. Grindr non mi fa questo
effetto”
“Allora continuiamo a chiacchierare un po’. Ma l’invito per domani rimane valido. Non ti chiedo di confermare. Qui l’indirizzo di casa mia. Se ti va, ti aspetto alle 20. Anche senza dirmi nulla, puoi venire e suonare il campanello. Se non vuoi, ti chiedo solo la correttezza di avvisarmi.”
Accettai le condizioni e chattammo un’altra oretta prima di salutarci con la buona notte.
La
mattina
dopo, ci fu il buongiorno reciproco, poco prima di entrare in
ufficio.
Poi il lavoro mi prese; verso le 9.00 arrivò comunicazione dell’anticipo di una consegna lavori e dovetti iniziare a controllare tutti gli ordini affinché il materiale potesse arrivare in tempo.
Solo
come
una giornata frenetica può accadere, la dimensione del tempo
parve non esistere.
Verso le 14.00 pausa per un boccone e poi in volata fino a confermare tutti gli ordini. Sapevo già che mi aspettava dello straordinario, ma inaspettatamente chiusi il programma di gestione delle commesse alle 18.15.
Soddisfatto
ma
stanchino, mi concedetti un tè della macchinetta e lessi le
e-mail. Lì pensai all’invito avuto, per la prima volta in tutto
il
giorno.
Quel
senso di leggero tormento mi prese di nuovo.
Decisi di non ascoltarlo e che avrei scelto in macchina. Guidare mi calma i pensieri.
Nel
tratto
tra casa e lavoro l’indecisione permaneva. Avvicinandomi
all’ultimo incrocio quello che mi avrebbe portato a casa o,
proseguendo, andare verso di lui, girai e arrivai sotto casa.
Rimasi
lì,
fermo, 30 secondi col motore e le luci accese. Poi, quasi
folgorato, ingranai la retro e tornai sulla strada principale.
Proseguii il mio viaggio. Trascorsero 15 min e mi fermai di nuovo a lato strada. Saltai fuori. Un bisogno impellente che dovevo sfogare.
Non
so
se fosse la vescica piena ad influenzare il mio giudizio, ma
dopo
essermi liberato, mi sentivo più leggero.
Anche se comunque pensieroso, ora volevo andare a conoscerlo. Inserii l’indirizzo nel navigatore e ripartii.
L’indirizzo
mi
portò in una stradina ad uso delle 4/5 villette che vi si
affacciavano. Alla luce dei fari cercai il civico 23 e mi
parcheggiai
lungo muro come erano già posizionate altre auto.
I muri ai lati della strada, delimitavano le proprietà e lo spazio verde delle villette. Arrivai alla tettoietta con cancello dove c’era il citofono del 23; ero un po’ in anticipo. L’edificio era di 2 piani fuori terra, con una terrazza al primo piano che sotto fungeva da patio. Al primo piano, c’erano le sole finestre illuminate.
Allungai
il
dito per suonare.
Leggendo il nome, il mio cervello partii a gridare: “cosarispondocosarispondocosarispondoosarispondo?”. Alla voce metallica che chiese “sì?”, l’unica cosa che mi uscii dalla bocca fu “ehm.. ho un appuntamento alle 20. Anche senza dirti nulla”.
Qualche
secondo
dalla lunghezza eterna e con una mezza risata dell’altro
capo del citofono “dai su, vieni” e poi venne lo scrocco del
cancello.
Mentre
lo
varcavo, si accese la luce sotto il patio e mi diressi da quella
parte.
Il suo “UAOU!!!” mi accolse di nuovo. Sotto la luce del patio appoggiò le sue mani alle mie braccia e disse “In verità non mi aspettavo che venissi… non ti sei più fatto sentire.”
“È stata una giornata pienissima. Ho finito alle 19.00”
“Capisco.
Dai
hai fatto bene a venire, mi fai felice” facendo il gesto di
accomodarmi in casa. Dentro mi indicò le scale illuminate con un
lapidario “SU”.
Salendo,
mi
chiese “Che ti è venuto in mente di rispondere così, al
citofono? Non era più semplice dire il tuo nome?”
Potei
dire
solo un “Probabilmente si…”, quando con un gesto
improvviso mi prese il polso e me lo portò dietro la schiena, e
al
contempo mi spinse faccia al muro!
“Cazzo”
pensai
“ecco sono caduto in trappola.
Sembrava
tutto serio e invece
è un serial killer… o finisco rinchiuso in cantina…”
Immobilizzato
contro
la parete dal peso del suo corpo, avvicinò il suo viso al mio
e sussurrò con voce cavernosa da film horror “Ora che sei qui,
sai
cosa ti faccio??”
Mi
scoccò
in bacio a stampo sulla guancia e contemporaneamente mi
liberò dalla presa. Mi girai e rimasi con le spalle appoggiate
al
muro.
“hahahha.
Pensavi
davvero che ti facessi male?” disse
“Perché hai fatto sta cosa? Mi sono spaventato!!!” dissi io
“Boh… ti vedevo un po’ rigido e volevo aiutarti a scioglierti. E mi è venuto di fare così.” Continuò: “dopo sta botta di adrenalina, vedrai che ti rilassi.”. Allargò le braccia e disse pentito “lo vuoi un abbraccio?”
Nei suoi occhi vidi un po’ di rimorso vero per quanto fatto, e mi strinsi a lui appoggiando il mento alla sua spalla. “Che stronzo!” gli dissi.
“Hai ragione” rispose tranquillizzandomi “ma tra un po’ starai meglio”
“Sento che sei felice, là sotto” dissi schiacciando il mio bacino al suo, “ehm….sì!” fece lui
Restando abbracciati abbozzai un balletto per stuzzicarlo di più e disse “guarda che così facendo, mi rendi più felice”. Ed io replicai “questa è la mia vendetta per prima” e continuai a strusciarmi a lui.
Era
divertito,
ma d’improvviso parlò “nooo… fermo, fermo!”.
Strizzò gli occhi, si morse il labbro inferiore e percepii
l’irrigidirsi della parte bassa del corpo. Sempre ad occhi
chiusi,
appoggiò la sua fronte alla mia ed esalò un chiaro soffio
d’orgasmo.
Lo tenni abbracciato a me e sentivo le piccole contrazioni del ventre mentre finiva di sborrare.
“Mi hai fatto troppo felice” disse dopo un altro sospiro.
“Scusa,
non
pensavo che…” iniziai a dire, ma mi interruppe “Va bene! È
stato molto bello. Grazie”.
Mi
allungai a baciarlo e trovai a sua
bocca pronta a ricambiare.
Il
limone virtuale della sera prima era
diventato reale: il viaggio verso lui ne era valso davvero la
pena.
Cercai di mordere il suo labbro e sentii anche la sua barba
brizzolata, mentre la sua mano mi reggeva la nuca.
Mi piaceva come ci scambiavano i lati: se prima tenevo la testa piegata a destra, poi mi faceva piegare a sinistra per provare ad andare a succhiare in profondità la mia lingua.
Con uno schiocco quasi a ventosa, ci separammo e chiese “hai fame? Vuoi cenare con me?”, “volentieri” risposi.
“Bene!” fece lui, e con un gesto del capo, indicando la cucina “allora, prima dammi la giacca e poi vai ad apparecchiare, che io vado a sistemare il macello che mi hai fatto fare” abbassando leggermente lo sguardo.
Mi
diede
qualche indicazione sulle stoviglie e andò in bagno. Quando
tornò in maglietta, boxer e calze, io avevo trovato quasi tutto
e
lui servì la zuppa.
“Ma
non
c’è riso… allora è solo minestra” e dato che mi guardava
interdetto, aggiunsi “è un po’ come la questione confettura e
marmellata: sostanzialmente è stesso procedimento, ma cambiano
gli
ingredienti”.
“Ah, certo. Mi ero chiesto la differenza, ma alla fine non ho mai cercato” e poi “Allora sei intelligente!” allungando il piede per farmi “piedino”.
Mentre mangiavamo, parlammo della casa, che aveva un ampio open space separata tra soggiorno e cucina/pranzo – più simbolicamente che di fatto – dalla scala da cui siamo saliti.
Dopo cena mi fece il tour della casa. Imboccammo il corridoio in cui prima sparì verso il bagno.
“Qui
c'è
lo sgabuzzino, dove c’è la tua giacca e nascondo i sex toy,
poi bagno grande e fuori la terrazza, la
camera
dove
dormirai con me “avvinto come l’edera”, lavanderia, a
destra arriviamo al soggiorno e… e dritto stanza dei giochi”
disse infine con un filo di imbarazzo nella voce.
Non capivo perché della cosa. Appena prima aveva citato i gadget erotici, senza batter ciglio!
“come mai quella faccia?” chiesi stupito “hai la stanza rivestita in latex con la altalena erotica??”
Fece solo un cenno col mento che equvaleva ad un "apri" ed entrai. UAOU!! Con la porta si accesero le luci nelle vetrine.
“ma
anche
tu sei un AFOL!”. Su un lato della stanza un armadio,
scrivania con pc e varie cassettiere da minuteria e gli altri 2
lati
vi erano solo vetrinette piene di Lego. Nel mezzo splendeva la
Death
Star II. Poi il T1, la casa sull albero, e tanti set anche più
piccoli… non avevo abbastanza occhi per ammirare tutto.
Però
notai
una mancanza “Ti manca l’ “everyone is awesome”! ”
Mi prese per mano e mi riportò in soggiorno. Lì, sopra la TV a contrasto con la parete grigia, c’era il set arcobaleno. “Dai vieni qui” disse dopo essersi messo sul divano “domani ti lascio giocare coi lego. Stasera ci sono io”.
Prima di sedermi con lui (o meglio a cavalcioni sopra di lui) mi spogliai e rimasi in maglietta, slip e calze. Come lui.
Quando
fui
sopra, le sue mani sguizzarono subito sotto la t shirt per
toglierla. “UAOU,
ecco
cosa ho visto ieri!” e appoggiò la sua faccia sul mio petto.
Sentii la barba sui capezzoli e poi salire, su, fino al collo e
ripresi volentieri la sua lingua in bocca.
Lo trascinai di lato, in modo di mangiarci a vicenda distesi sul divano. Anche io misi le mie mani sotto la maglietta, ma mi piaceva esplorare il suo corpo solo con il tatto. I fianchi con pelle liscia, la pancia ispida di pelo, cercare il capezzolo nel petto villoso.
Lui infilò una mano e, considerato la mia eccitazione, non fece certo fatica a trovare il mio pisello. Con la faccia affondata l’uno nel collo dell’altro, lui me lo menava. Solleticò le palle e disse “Come sapevi che mi piacciono i coglioni depilati”. “Non lo sapevo” dissi “li tengo sempre così”.
Un bacio e si traslò tutto in fondo alle mie gambe portando con sé i miei slip, per essere libero di baciare e leccarmi le palle. Premeva con la mano sul cazzo per tenerlo contro il mio stesso ventre, altrimenti l’asta rigida gli rompeva nei magheggi che faceva con la bocca alla mia sacca dei coglioni.
Volevo di più di lui, più contatto fisico.
Iniziò
a
farmi un pompino, ed ebbi la possibilità di spostare le gambe
sopra le sue spalle e tener così la sua testa tra le mie cosce.
Apprezzò la cosa perché, alternava il pompino a baci e dolci
morsi
alle mie gambe.
La mia mano era tra i suoi capelli, e con una leggera tirata capì che volevo nuovamente la sua bocca. Nonostante la sborrata pre-cena, il suo pisello era bello duro. Presi il mio libero ed il suo ancora nei boxer e iniziai un lavoro di mano.
Mi bloccò il braccio e disse “eh, no… Stavolta lo devi liberare”
Mi alzai e feci scorrere le dita tra elastico e la sua pelle. Presi le mutande e le tirai via. Il boxer si portò dietro alcuni filamenti di denso precum e chiesi, fintamente ignorante,“E questi cosa sono??”
Sogghignando dal basso, rispose “la dimostrazione che sono felice! Ahah!! E lo eri pure tu”.
Sfilando
completamente
il boxer, tolsi pure una calza e mi misi a
leccarglielo. Abbassai un po’ la pelle e il precum colò dal suo
torrione. Lo raccolsi con la mano per pulirlo un po’ e
continuare a
ciucciare.
Lui me la prese nelle sue mani per coccolarla usando suo stesso liquido, mentre lo pompavo.
Vidi la pancia contrarsi e mi stoppai; un po’ per una pausa, un po’ non farlo venire inaspettatamente (di nuovo). Mi coricai accanto a lui, con la testa sul suo braccio. Mi piacque vedere da vicino come la sua villosità si allungava dal petto fino al deltoide.
Si
girò
verso di me, portando la gamba sopra la mia e allungando la
mano al mio pisello. Lo tenne delicatamente e giocò col
prepuzio:
dalla cappella completamente coperta, scendeva con la mano e mi
apriva il cazzo del tutto.
Su e giù. 2 movimenti lenti e 1 veloce. Su e giù.
Domandò “vuoi scopare o ti faccio venire?”, “vorrei venire mentre mi scopi” fu la mia risposta “ce la fai?”, “col pompino atomico che mi hai fatto, direi proprio di si!”.
Mi baciò sulla guancia e poi si alzò, allontanandosi. Al mio sguardo disse solo “gli attrezzi del mestiere” e fece l’occhiolino.
Al ritorno aveva il lubrificante e la scatola di preservativi. Mi mise in mano il flacone e mentre indossava il goldone, mi riempii la mano: la prima dose per me, la seconda per lui.
Disteso
pancia
all’aria sulla parte “chaise longue” del divano, alzai
le gambe e lui si avvicinò. Buttai le gambe sulle sue spalle e
iniziò ad entrare. La grossa cappella premeva, e grazie
l’abbondante
lubrificazione scivolò dentro me.
Lui, aggrappato alle mie cosce, rimase lì qualche secondo prima di iniziare con lievi movimenti. Allungai le mani per toccare le sue e lui venne a baciarmi. Un bacio profondo e poi le punte delle nostre lingue fecero una sorta di danza mentre affondava con un po’ più di vigore per scoparmi.
Lui, sopra di me, si appoggiava alle sue braccia per non gravare tutto il suo peso su di me e io mi aggrappai alle sue braccia. I suoi movimenti cominciavano ad aumentare il mio godimento: gemiti e vagiti diventavano più forti. “Vuoi venire??” disse . Riuscii a dire solo un supplichevole “si…”
Senza
uscire
da me, si tirò su e mise le mie gambe dritte e unite addosso
il suo petto. La sua faccia era contro i miei polpacci che erano
leccati e corteggiati dalla sua barba.
Quando con la sua mano libera si estese a prendere il mio cazzo, mi abbandonai al piacere. Coricato sulla schiena, a braccia aperte lo lasciai fare con la sua tecnica, praticamente perfetta per me.
Venni
copiosamente
e, credo, lui con me. Continuò a menarmelo e percepii
le gocce del mio sperma caldo cadermi addosso su pancia,
fianchi,
gambe e il primo schizzo raggiunse la spalla.
Passato
il ciclone
dell’estasi, aprii gli occhi e vidi la sua faccia ansante tra le
mie gambe. Il sudore imperlava sulla sua fronte; con un bacetto
alle
ginocchia, uscii da me, tolse il profilattico e si stese con me.
Accarezzando il mio torso, man mano intercettava le gocce di sborra e disse compiaciuto “è successo un certo disastro, qui”
Gli risposi incantato “no, è stato un lavoro ben fatto!”
“Meglio se vado a slavacciarmi, prima che si asciugi e si incrosti nel pelo” gli dissi
“eh si…..è lo svantaggio di noi orsi” replicò. Andammo in bagno: facemmo una doccetta fresca insieme e poi gli chiesi, quasi titubante: “Posso dormire con te stanotte?”
Mi guardò con degli occhi a momenti offesi e disse “credevo fosse già deciso da prima! Certo che puoi restare!” lanciando una simpatica scudisciata con l’asciugamano.
Proposi di sistemare un po’ prima di coricarci per non preoccuparci la mattina e poter stare a letto più a lungo. Io recuperai i vestiti (il mio slip era stato lanciato giù per le scale) e lui fece la lavastoviglie. Poi ci mettemmo a nanna, nudi e “accucchiaiati” sotto il suo trapuntino leggero.
Non saprei dire da quanto ero appisolato, che un rombo di tuono mi svegliò. Era iniziato a piovere.
Avvertii
un
movimento delle gambe e bisbigliai “sei sveglio anche tu?”
“più
o
meno…” fu la risposta “perché vuoi già rifarlo?”
“non proprio… Voglio chiederti una cosa: vorresti uscire con me sotto la pioggia, nudi? Solo qualche minuto” aggiunsi in fretta.
Ci fu un movimento e si accese la luce “ma come ti viene in mente sta cosa?” e subito dopo con entusiasmo “ma si! Chissà quando ricapita, dopo una notte così”
Lui era pronto ad aprire la porta-finestra della camera, però gli dissi: “E se passiamo dal bagno? Dopo facciamo un'altra doccia calda, altrimenti prendiamo un malanno”.
“Giusto
”
osservò “Allora sei proprio intelligente!”
In
bagno,
mi attardai ad aprire l’acqua della doccia con un flusso
minimo e spiegai “quando rientriamo la troviamo calda”
Davanti
alla
porta-finestra aperta ci prendemmo per mano (per farci coraggio)
e uscimmo nel temporale. Pochi passi e fuori e mi girai ad
abbracciarlo e limonare. Così zuppi di acqua fredda era il modo
per
scaldarci e il mio corpo reagì: sentii il pene gonfiarsi e la
passione dei baci aumentare.
Ci furono alcuni lampi, ma a seguito dell’ultimo scoppiò un tuono fragoroso. Fu il segnale per rientrare.
Mi
cedette
il passo per incasare e mentre chiudeva la finestra andai in
doccia a regolare il getto. Quando fu con me, ripresi quello che
facevamo fuori. Gli misi la lingua in gola e tornai ad avere
un’erezione completa.
Mi
menò un po’ e dopodiché si girò
faccia al muro, piegandosi, come per ricevermi.
Lo
abbracciai
da dietro e dissi piano “no dai… oggi è già stato un
giorno vincente! Toccalo e basta, finchè “dura”.
Si
girò
nuovamente e disse malizioso “c’era il doppio senso?”.
Sorridendo, dissi “sì, credo di si!”.
Ritemprati
dalla
doccia calda, tornammo a letto.
Distesi uno di fronte all’altro. Mi disse “In doccia non hai voluto… ma vorresti ancora giocare con me?”
Poggiai la mano sulla sua guancia barbuta e con una carezza, risposi “certo! C’è una intera stanza di Lego con cui dobbiamo giocare, noi”.
Spense la luce e, riaccocolandosi a me, sentenziò “Che bello stare nudi, vicino ad un cervello così sexy”
*************
Nota:
diversamente
dagli altri racconti, stavolta è ispirato alla realtà.
O almeno, solo la parte della video chat. Se la linguaccia ti
ricorda
qualcosa, magari ultimamente ci siamo già visti i piselli.
Se
vi
va lasciare qualsiasi nota o saluto potete scrivere
a pgpgpg3@yahoo.com