ORSI ITALIANI MAGAZINE



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Al museo

Un racconto di oxximoron


Non fu certo l'amore per l'arte a farmi decidere di entrare, in quel pomeriggio di agosto, nel museo, quanto la sicurezza che in quell'edificio antico, con  muri spessi, avrei trovato quel fresco che mi avrebbe permesso di superare le ore piu' calde; avevo cercato una chiesa, prima, ma l'avevo trovata chiusa: percio' il museo, gratuito per di piu', andava benissimo.
Mi trovavo da pochi giorni in una citta' francese per un corso di lingua e conoscevo ancora poca gente: avevo deciso, quel giorno di passare il pomeriggio ad esplorarla ma il caldo mi avevea gia' messo un freno.
Le stanze erano praticamente deserte: oziosamente mi fermai a guardare qualche dipinto, ma piu' spesso lasciai scorrere il tempo seduto su un divanetto: avevo 24 anni allora ed ero inquieto, sempre, non sapevo bene chi ero e cosa volevo; mi accontentavo di soluzioni facili, come appunto un museo per ripararmi dal caldo, un divanetto per riposare, la solitudine per scappare dal mondo.

Mentre ero la', ormai da piu' di un'ora, a pensare ai casi miei, finalmente sentii dei passi avvicinarsi: per darmi un contegno mi alzai e mi misi a contemplare un dipinto, era un quadro del '700 francese, gioioso e colorato, il cui autore mi era - e mi e' tuttora - del tutto sconosciuto.
I passi si avvicinarono: erano prodotti da un uomo alto e massiccio, sui 40 anni, forse 45, con una bella barba scura con qualche pelo bianco; indossava una camicia aperta, da cui sbucava del pelo folto e scuro, ed un paio di pantaloni larghi, estivi, chiari; ai piedi aveva un paio di sandali. Si fermo' davanti allo stesso quadro che stavo guardando io e percio' mi fu inevitabile sorridergli e per lui fu altrettanto inevitabile rispondermi con un suo sorriso bello e aperto.
Mi rivolsi a lui in francese chiedendogli un giudizio sul quadro; lui mi rispose in francese, era senza dubbio un madrelingua, anche se il suo accento, che non seppi collocare,  mi parve strano.
Gli chiesi dunque da dove venisse e mi rispose che era un francofono del Canada in viaggio in Europa: Naturalmente, mi disse, adorava l'Europa e l'anno prima aveva passato una vacanza splendida in Italia, paese, a suo dire, pieno di gente simpatica ed attraente. Naturalmente gli dissi che ero italiano e l'informazione venne accolta benissimo, con un sorriso ed una presentazione in piena regola: mi porse la mano e mi disse di chiamarsi Gilles, il nome piu' diffuso nel Quebec, aggiunse sorridendo.

Dopo una passeggiata nei saloni del museo, Gilles mi propose di andare al bar a bere qualcosa; accettai volentieri e, davanti ad una bibita fresca, Gilles estrasse dallo zainetto un taccuino e me ne mostro' il contenuto: erano schizzi di ragazzi nudi: Gilles mi disse che era un pittore, amatoriale s'intende (il suo vero lavoro era quello di insegnante) e che il suo genere era il ritratto nudo.
Gli sarebbe molto piaciuto potermi ritrarre. Io ero molto imbarazzato: non mi era mai passato per la mente di poter servire da modello a qualcuno; d'altra parte Gilles era cosi' simpatico che mi spiaceva dirgli di no.
Mi averebbe fatto uno schizzo, forse anche qualche foto,  poi a casa, in Canada, avrebbe rielaborato il materiale e ne sarebbe nato un quadro, 'un bel quadro' mi disse sorridendo.
Il sorriso suo era cosi' attrente che sciolsi in fretta il mio dubbio ed acconsentii.

Andammo allora nell'albergo che aveva prenotato e salimmo nella sua camera. La stanza aveva un grande letto sul quale Gilles, dopo essersi tolto le scarpe, si sdraio' immediatamente invitandomi a raggiungerlo.
Mi distesi e lui intanto si tolse la camicia: il petto suo era meraviglioso.
Ampio, possente, peloso  coi due capezzoli sporgenti che lui oziosamente si accarezzava; ben presto si tolse anche i pantaloni, facendo apparire un paio di gambe muscolose e pelose ed uno slip bianco tutto pieno.
Il mio imbarazzo cresceva di pari passo alla mia erezione: come avrei potuto posare nudo in quello stato di eccitazione?
Me lo chiedevo, ed evitavo il piu' possibile di guardare quel ben di dio sforzandomi di seguire la conversazione. Gilles era invece tranquillissimo e mi disse che si sarebbe fatto una doccia  e poi avrebbe cominciato il lavoro.
Si alzo' e si avvio' verso il bagno; io rimasi sul letto, ero ancora vestito, e lo sentii urinare potentemente.

Poi, prima ancora di far correre l'acqua, torno' in camera, nudo, e con grande semplicita' mi invito' a fare la doccia con lui. 'Ma no, mi schernii - ed intanto mi sentii arrossire ed incapace di guardarlo negli occhi -, fai prima tu!  Faccio dopo io …' Gilles allora si sdraio' accanto a me e con grande delicatezza, sorridendo, mi sfilo' la maglietta, mi sbottono' i jeans e me li tolse e poi, ero rimasto coi miei slippini rossi da cui sbucava il mio sesso ormai turgido, mi disse: 'non aver paura'.

Passo' sopra gli slip con la sua ligua, una volta, due volte poi me li abbasso' e bacio' dolcemente la mia cappella.
Sorridendo, mi disse 'Il doit vivre … On doit vivre' e mai frase fu detta con maggior potere di persuasione.

Mi gettai con foga sul suo corpo e lo toccai, lo pizzicai, lo morsi, lo leccai, lo baciai con un entusiasmo che mi era sconosciuto.
Lui si limito' a lasciarmi sfogare, sorridendo e accarezzando il mio corpo che non riusciva a star fermo: ad un certo punto mi fermo', mi bacio' a lungo e poi, con le mani, mi fece schizzare la mia gioia di vivere.

Lo sperma, ricordo, cadde abbondante sul suo petto peloso. Gilles se lo spalmo' dappertutto, felice, e poi porto' la mia mano sul suo sesso, grosso e vibrante.

Glielo accarezzai e poi con un dito sfiorai la sua cappella e poi cominciai a leccargliela e poi a succhiargliela: non ero esperto, forse sbagliai qualche movimento ma quando mi fermavo a guardare la sua faccia la vedevo soddisfatta. Lo feci venire e lui volle venire su di me: ripetei i gesti che lui aveva fatto e quando il mio petto fu pieno del suo seme ci abbracciammo felici.

Rimanemmo la' ore.
Facemmo la doccia, mangiammo una cena fatta portare in camera, posai come modello e facemmo all'amore altre volte.
Il giorno dopo, Gilles riparti' e nulla piu' seppi di lui.
Mi piace pensare che da qualche parte nel Canada francofono c'e' lo schizzo di un ragazzo diventato uomo.


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