ORSI ITALIANI MAGAZINE
L'agnello sacrificale
Un racconto di Orsardo
In
agosto, mentre percorrevo una forra del Sopramonte, sono stato attratto
dalla vista di un uomo sul ciglio di un vallone che si sporgeva verso
il basso con una grossa corda, tesa. Ho subito pensato che c'era
qualcosa di strano, pertanto ho fermato la jeep e mi sono avvicinato:
appeso alla corda c'era un ragazzo e tutta la situazione era
pericolosa. Dopo che il primo m'ha spiegato che stavano cercando di
mettere in salvo un pecora che era scivolata nel burrone, mi sono
offerto d'aiutarli e, fatto risalire l'altro, abbiamo calato il piu'
grande con la corda fissata al verricello della mia auto. Ben presto e'
stata portata in salvo una grossa pecora belante, poi l'uomo e'
risalito. Eravamo tutti contenti e volontieri ho accettato di bere,
direttamente dalla bottiglia, un rosso un po' asprigno e mangiare
tocchi di pecorino tagliato con 'sa pattada', il serramanico da cui
qualsiasi sardo non si stacca mai.
Erano due fratelli, mori,
robusti, un casco di capelli neri e forti incorniciava i volti, scuri
per l'esposizione prolungata al sole e per la barba lasciata incolta.
La cosa piu' bella che avevano erano gli occhi: di velluto blu, quasi
nascosti da una tenda fitta di ciglia nere e folte. Insomma proprio due
gran belli! Logico quindi il fraternizzare con loro e cercare di
prolungare il colloquio… ma dovevano raggiungere il gregge, un bel po'
piu' avanti, dove li aspettavano padre e fratello. Ma anche a loro
piaceva la compagnia del 'continentale', come continuavano a chiamarmi,
anche dopo che c'eravamo scambiati i propri nomi. Neddu, diminutivo
d'Antonio, era il piu' grande e il piu' sicuro, aveva 28 anni ed era
stato in Toscana a fare il pastore per sei anni, poi, lo scorso anno,
era tornato in famiglia quando la madre se n'era andata di casa. Paolo
ne aveva 18, era gemello con Peppino che ora si trovava con il padre,
anche lui aveva una taglia forte e due lunghe gambe pelose e abbronzate
che sortivano dai pantaloncini per andarsi ad infilare negli
scarponcini da montagna. Benche' entrambi giovani, come per molti di
questa terra, erano molto pelosi e ciuffi neri si arrampicavano fuori
dalle magliette, verso il collo.
Sapevano di natura, di erbe
selvatiche e, anche, di ovini … ma l'insieme era piacevole. Mi avevano
promesso, anche, che sarebbero venuti a trovarmi nel paese dove passo
le mie vacanze estive e, quando, se ne sono andati, la pecora
trotterellava loro appresso come un cane.
Ormai l'agosto se
ne stava andando e dei due fratelli nulla, finche' una sera, come
scusandosi per non aver onorato la promessa, mi telefona Neddu
dispiaciuto, ma proprio non c'erano riusciti a venire, gli oltre
sessanta chilometri che ci separavano erano stati la causa di questo
non-incontro… era proprio dispiaciuto. Io di piu'.
Quando
aggiunse che, pero', il prossimo anno avrei dovuto sicuramente essere
io ad andarli a trovare e a fermarmi qualche giorno con loro.'Ma io
torno, per lavoro, verso la fine di settembre …' mi scappa di dire e
lui mi strappa la promessa che, allora, sarei andato a trovarli.
In
seguito me ne ero pentito perche', in fondo, la conoscenza era
veramente superficiale, ma sapendo quanto tengono i sardi a ricambiare
un favore… cosi', mentre da una parte mi dicevo che non ci sarei
andato, dall'altra ne avevo voglia.
Alla fine di settembre,
ormai giunto al momento di tornare, ero ancora indeciso… ma sono stato
coinvolto dalla contentezza che Neddu ha espresso a sentirmi e,
rinnovandomi l'invito, m'ha assicurato che sarebbe venuto lui a
prendermi.
Anticipo il mio viaggio di mezza giornata, sbrigo le
faccende il giovedi' e, all'alba del giorno dopo, mi si presenta,
ancora piu' bello di come lo ricordavo: stavolta e' sbarbato e il suo
viso assume tonalita' d'azzurro-viola, la canottiera nera lascia
splendere il pelo del suo petto, i pantaloncini corti mettono in
risalto gambe muscolose e abbronzate: il bello della Sardegna e'
proprio che l'estate dura quasi tutto l'anno e gli uomini sfoggiano le
membra ambrate dal sole in ogni stagione.
Il viaggio, nella A1
un po' scassata, va abbastanza bene e il suo racconto sulla vita
passata in Toscana e' ricco e affascinante. Solo s'intristisce un po'
quando, rispondendo ad una mia precisa domanda su sesso o relazioni, mi
dice che, si', la' aveva avuto una storia, ma che era finita
bruscamente per volonta' dei genitori della ragazza.
'E, qui, come te la cavi?' La pausa e' lunga e dolente:
'Come fan tutti!' taglia corto: io cambio argomento.
Ma
come faran tutti?!? Le storielle dei pastori che fanno l'amore con le
pecore, ormai, sono parte del passato… attualmente la rilassatezza dei
costumi ha raggiunto anche la Sardegna e anche qui le ragazze la danno
a tutti! Per lo meno nel paese dove vado: prima era estremamente facile
il rapporto con i ragazzi, ora sono 'appagati' (come dicono loro) dalle
ragazze e si deve fare molta piu' fatica ad averli. Anche se, allo
sforzo, segue sempre il premio!
Ma torniamo al mio pastore, dopo
un poco e' ritornato allegro come prima: m'indica un nuraghe, mi
descrive un rito di un paesino novenario che sorpassiamo, insegue con
lo sguardo le tracce di un cinghiale, gioisce del volo di falchi alti
nel cielo… tutto e' tornato alla gioia d'esserci di nuovo trovati.
La
casetta dove abitano, la vediamo dalla strada in basso, e' adagiata su
un prato dove le pecore stanno pascolando. E' bianca, piccola, ben
curata. Quando ci sentono arrivare, tre sagome d'uomo si sbracciano per
salutarci, poi continuano nella loro occupazione: 'Stanno ammazzando un
agnello, il piu' bello, in onore tuo!'
Quando ci avviciniamo,
i tre uomini stanno iniziando l'esecuzione: l'agnello, le zampe strette
dal legaccio, m'implora con lo sguardo; tutto intorno le pecore sono
immobili, non si sente neppure un rintocco dei loro campanacci; i cani,
che avevano forsennatamente abbaiato all'auto al nostro arrivo, ora
sono fermi, in silenzio; non s'ode neppure un cinguettio: e' piombato
un silenzio di morte su tutto il luogo, e la colpa e' mia.
M'allontano
di qualche passo come fossi curioso del panorama, ma e' che non voglio
vedere. Ne' sentire l'urlo d'aiuto che mi lancia e, nello stomaco, mi
si stampano i suoi occhi terrorizzati.
Schizzati di sangue, dopo
aver compiuto il rito, m'abbracciano i fratelli: anche il padre e' un
gran bell'uomo, una montagna di muscoli abbronzati, una faccia chiusa e
pensosa che s'illumina dello sguardo di velluto che ha trasmesso ai
figli. Lui si chiama Ignazio, 'Piacere' mormoro io mentre me lo rimiro
per bene.
Anche il gemello e' all'altezza della situazione e
la sua somiglianza con Paolo e' incredibile: se non fossero li',
insieme, penserei che e' uno solo! Si chiama Beppe, o Peppino, come lo
chiamano i fratelli.
Non voglio farmi accorgere che non desidero
assistere al resto della preparazione e accetto di buona voglia la
manata sulla spalla e l'invito del papa' d'andar dentro a bere. Dopo
aver bofonchiato un po' sul fatto che neanch'io bevessi birra, ha dato
mano al bottiglione del vino rosso, versato in piccoli bicchieri non
eccessivamente puliti, ma chi se ne frega se te lo offre uno come lui?
Poi
parla di come i figli gli han parlato bene di me, che e' per questo che
han sacrificato l'agnello piu' bello perche' all'ospite si deve dare il
meglio, tant'e' vero che anche la camera da letto vuole che io usi la
sua. Me la mostra: un gran letto matrimoniale in ferro fine ottocento
trionfa in una camera completamente spoglia, avro' solo una sedia per
metterci i vestiti. Poi mi mostra la camera di Neddu, illegiadrita da
una serie di posters dei boschi toscani: 'Qui ci dormo io, soggiunge, e
i figli di la', tutti e tre!' Di la' c'e' l'altra camera, sulle pareti
manifesti con moto ruggenti, due letti gemelli son stati gia' uniti per
accogliere i tre figli. E' inutile ch'io continui a dire che non
dovevano disturbarsi, che avrei dormito sul sofa' in soggiorno: si fa
cosi', perche' ha deciso di far cosi'!
Sotto l'ombra
ventilata del castagno, che c'e' subito dietro alla casa, dopo un
pantagruelico piatto di 'malloreddus', ecco la portata principale:
cerco di mangiarne il meno possibile perche' quegli occhi continuano a
fissarmi dai brandelli della sua carne. Mangio patate e cipolle, poi
accuso un malessere, dico che devo far due passi… e, di lontano, sento
il padre che dice che i cittadini son tutti uguali: delicati e
rompiballe! Pero' son simpatici e belli e 'sanno' di buono! A questa
battuta sorrido e penso all'orco di Hansel e Gretel che si appresta a
mangiarli… Sarebbe bello sentire i loro denti avvicinarsi alla mia
carne, le labbra suggermi mentre le forti mani mi prendono e, mentre,
inizio a sognare, gioco coi cani.
Il pomeriggio passa in
campagna al seguito delle greggi: son due, uno di pecore e l'altro di
agnelloni. Mi abituo al suono delle loro campane e ne sento gia' la
differenza. Ogni poco, per socializzare, ci attacchiamo al bottiglione:
loro sembra proprio che non ne risentano: io ho la vista annebbiata, ma
dovere dell'ospite e' non rifiutare mai…
A cena, dopo il
minestrone che Peppino ha preparato veramente bene, patate e cipolle
con il loro formaggio e ancora vino, tanto vino. Finalmente, dimentico
gli occhi gialli dell'agnello.
Chiedo di andare a letto, son
sbronzo, ma non voglio ammetterlo e dico che son stanco, stanco e
accaldato… Mentre, di la', Ignazio riprende a denigrare la forza e la
resistenza dei cittadini, m'addormento.
E' passata forse
un'ora, forse mezz'ora, di sogni pesanti, che sento una mano rude e
fresca posarsi sulla fronte: e' il padre che vuol sapere come sto, mi
dice che ho la faccia calda e m'infila la mano fin sullo stomaco per
sentire se, anche quello, e' caldo. Ma ce la lascia, anzi muove con
destrezza le dita e io subito m'eccito. Come se sapesse, ma e' buio e
non puo' avermelo visto diventar duro, mi posa la mano sul sesso, poi
prende la mia e la mette sul suo pene, che ha gia' fuori dai pantaloni!
E' grosso, turgido, con grandi vene che pulsano: sostituisco la mano
con la bocca e comincio a leccarglielo con gusto. Lui gode sospirando.
Quando,
improvviso, me lo ficco tutto in gola, da' un grugnito, poi lo sfila,
si stacca da me e lo sento spogliarsi e infilarsi sotto al lenzuolo,
con me. Il suo corpo muscoloso e caldo sa di selvatico, il suo alito,
invece, di vino. Ma mi piace, lo accarezzo tutto, gioco con i suoi
capezzoli, lo masturbo e, finalmente, riesco a premere le labbra sulle
sue, che s'aprono come una voragine, trascinandomi in lui, risucchiato.
Quando il suo ansimare diventa piu' forte, sento le dita farsi strada
fra le mie chiappe, giocare con lo sfintere, introdurvisi … il piacere
che provo e' solo superato da quello che, di li' a poco, sento con
l'agitarsi della sua lingua bagnata. Mai avrei pensato ad una simile
bravura! Ignazio dimostra un'esperienza incredibile e son certo di non
essere il suo primo uomo!
Mentre lui continua con la lingua,
io mi dedico alla sua mazza, che e' diventata enorme, sembra fatta con
il basalto delle pietre con cui ha costruito la sua casa. Decide che e'
giunto il momento di farmi suo, mi solleva le gambe, mi impala in un
sol colpo e, mentre esalo un lungo sospiro di dolore e di piacere,
sento intorno a me come uno volo d'ali… come un moto accelerato…
Guardando
nel buio, appena rotto da una lieve luce che una timida falce di luce
proietta nella stanza, intravvedo tre presenze e vedo il chiarore di
tre mani che si masturbano violentemente. I tre figli son li'?!? Ho
vergogna, vorrei sparire… ma Ignazio ci sta dando dentro e guarda i
figli. Capisco che era tutto preparato e, per far buon viso a cattiva
(?!?) sorte, tiro a me il pene eretto e bagnato di Neddu, lo accolgo
nella bocca e comincio a leccarlo, mentre con le mani cerco i cazzi dei
gemelli, glieli stringo, sostituendomi alla loro mano. Ecco, qui son
diversi! mi accorgo di pensare mentre ne sento uno estremamente lungo e
affusolato e l'altro un po' come quello di papa'. L'unico, molto
diverso, e' quello che mi ritrovo in bocca: e' cosi' largo che devo
aprirla tutta per riuscire a farlo giungere in gola.
Ma che
bella famiglia! Li trovo tutti adorabili, anche se, per ora, se dovessi
dare un premio propenderei per quella nerchia gigante che sta
sbattendosi contro le pareti mie piu' interne. Qualcuno accende la
luce: e mi vedo posseduto da quattro magnifici angeli del piacere che
stanno godendo di me. Peppino, ora, pretende il posto del fratello e
m'infila il suo lungo arnese in bocca. Sollecito, masturbo Neddu,
facilitato dalla saliva con cui l'ho ricoperto e lui mi ringrazia con
sette, otto fiotti di sperma caldo che mi raggiungono in faccia, negli
occhi, sul pene del fratello che, nel suo andarivieni, mi trascina in
bocca il gusto silvestre del seme caldo dell'altro.
Ora anche
Paolo vuole la mia bocca e vi s'incunea in contemporanea col fratello.
Mi fan male le labbra, ma continuo, eccitato dall'avere due gemelli in
me. E eccitato, sempre di piu', da quell'ariete che continua a
spaccarmi il sedere!
Quando il ritmo diventa pressocche'
insopportabile, la lava si sparge in me: e' una quantita'
inimmaginabile di un seme di fuoco che m'inonda, come ustionandomi, e
il 'plop' che sento, mi dice che Ignazio e' uscito e dal mio sfintere
squassato cola qualcosa di caldo, unito ai miei umori e a sangue. Ma il
piccolo refrigerio dura ben poco: e' Neddu che prende il posto del
padre e, sebbene, molto meno superdotato, mi stantuffa con ardore. Mi
torna in mente l'agnello sacrificato e i suoi occhi dilatati,
terrorizzati da quello che sapeva lo aspettava. Anch'io devo avere gli
occhi dilatati, la mia vista e' appannata: mi sento come lui, un
agnello sacrificale!
Dopo
che anche Neddu ha esploso il suo piacere nelle mie viscere, penso che,
finalmente avro' un po' di riposo, ma ecco che Paolo mi trascina sopra
di lui, girato. Mi sospinge sul suo sesso e, mentre comincia a
penetrarmi, Peppino, dal davanti, spinge il suo arnese insieme a quello
del fratello. Tutto ormai e' lacerato, i due sessi entrano insieme a
sfondare quelle povere pareti che ancora s'erano salvate dalla furia
del padre e del fratello. Mentre penso allo stato del mio essere, mi
sento sbattere sulle labbra ancora un pezzo di carne pulsante: e'
Ignazio che pretende ancora il suo piacere. Sono sfinito, ma lo accolgo
in bocca e con la mano cerco il pene turgido di Neddu. Non sono loro
che mi violentano: sono io che voglio tutto di loro.
Al
sorgere del sole, sono ancora sdraiato sotto una montagna di muscoli (e
non so di chi!) che mi sta penetrando con l'ardore iniziale. Sono
passate ore e ore e i quattro tori mi hanno usato ininterrottamente,
senza parole, senza carezze, senza neppure chiedere se ce la faccio
ancora.
Ora il sole sembra li risvegli dalla frenesia amatoria
che li ha posseduti: mentre anche l'ultimo sacrificio si compie con lo
svuotamento di altro seme, se ne vanno a uno ad uno e resto distrutto,
bocconi sul letto, in mezzo a pozzanghere di sperma. Forse e' finita,
forse ora potro' andarmene, ma un sonno ristoratore, finalmente, mi
prende.
Un liquido caldo sta colando sulla mia schiena: mi
sveglio, ma faccio finta di continuare a dormire. Cola sulle spalle,
s'incanala sul solco della spina dorsale, si tuffa tra le chiappe
dolenti, poi una lingua avida di piacere lecca il latte appena versato,
lo succhia tutto, arriva allo sfintere distrutto e ricomincia a
giocarvi: e' Peppino che mi da', cosi', il buon mattino. Non e' nudo,
ma tiratosi fuori l'uccello, di nuovo si appropria di me e i rudi
vestiti mi fanno un massaggio salutare, mentre lui si agita dentro di
me.
Prima di portare al pascolo il gregge, Neddu e Paolo mi
vengono a salutare alla loro maniera: uno dietro e uno in bocca, mi
riempiono ancora.
Finalmente la pace: sento di fuori il
latrare dei cani, i campanacci che s'allontanano, il vento che
stormisce tra le fronde: tutto sembra ritornato alla quiete.
Ignazio
non la pensa cosi': finito il suo lavoro di mungitura e' pronto a
mungere anche me e, in effetti, per la prima volta si china sul mio
sesso e comincia a leccarlo da vero professionista. Capisco che piace
piu' a lui che a me e lo compiaccio fingendo mugolii di piacere che lo
arrapano sempre piu'. Quando, finalmente vengo, sento che anche lui
arriva al termine ed eiacula contemporaneamente. Inghiotte tutto e mi
bacia. E' molto dolce, mi accarezza, mi coccola: mi ricorda una buona
madre che lenisce le ferite del figlio, dopo la battaglia.
Poi
mi lascia e io penso che, forse, ha nascosto questa sua dolcezza che
s'addice poco al maschio sardo, rude e tutto d'un pezzo, non ha voluto
farsi vedere cosi' dai figli. Quando torna sta mescolando con una
forchetta qualcosa in una tazza: c'e' del burro, un po' di latte e
alcune foglie fresche appena colte. Quando l'intruglio e' ben
mischiato, mi gira e lo spalma tutt'attorno allo sfintere con massaggi
circolari e dolci. Poi, come se temesse di farmi male, me lo passa
lievemente all'interno, infilandovi l'indice.
E' una crema
miracolosa, mi rinfresca e mi toglie il dolore … e le sue attenzioni mi
riempiono di gioia: anche quando mi guarda, non vedo piu' l'espressione
eccitata di chi mi vuole possedere, ma vedo qualcuno che mi desidera
con affetto. Io gli rispondo, guardandolo con amore … sono
completamente innamorato di un orso che e' dolce come un agnellino. Mi
ritorna in mente il sacrificio e sono felice di essermi sacrificato per
lui.
Ancora dolci carezze e baci appassionati, coccole e parole
gentili: la mattina scorre cosi' e io mi sto veramente compiacendo per
la fortuna d'avere lui, cosi' caro, accanto a me.
Manca poco
al mezzodi', lui si stacca da me, va in cucina a preparar qualcosa e,
quando gia' si sentono arrivare i figli, torna in camera si spoglia
veloce, s'infila nel letto, mi gira e di nuovo mi penetra, ma con
dolcezza, a me sembra con amore… finche', quando ormai i figli son di
la', ricomincia, come la notte prima, a stracciarmi, a violarmi. Non
puo' non mantenere la grinta del maschio strupratore davanti ai figli.
Accetto anche questo … quello che mi piace meno e' quando mi lascia,
non essendo neppur venuto, per andare a mangiare mentre, a turno, i
figli si approfittano di me.
Dopo un pranzo interminabile,
tutto trapunto di scopate, finalmente i figli tornano alle greggi e il
mio pastore torna al suo agnello: rinnova le coccole e i baci e tutto
quello che un uomo innamorato fa all'oggetto del suo amore. E'
tradizione, e' norma per colui che e' abituato a trattare con gli
animali essere loro vicino, curarli, accudirli e, alla fine,
sacrificarli per mangiarli o venderli. Ignazio ha fatto cosi': mi ha
sacrificato, mi ha venduto, ma mi ama, mi cura, mi vuole. Il silenzio,
che non rompiamo con le parole, e' colmo di promesse non fatte e non
ascoltate. Il nostro prossimo futuro, un lungo giorno e mezzo, va
delineandosi nella mia mente: incontri fugaci e romantici con lui,
violenza e sesso con i figli.
La notte, quando finalmente
sembra che comprendano che non ce la faccio piu', si allontanano per
lasciarmi un po' dormire come Ignazio ha ingiunto, io resto sul letto,
ma, per l'eccitazione, non mi riesce di prendere sonno. Mi alzo e
vado un po' fuori, all'aperto. La luna mi lancia raggi di luce pacata,
un paio di cani uggiolano accanto ai miei piedi, rintocca qualche
sonaglio, tutto e' quiete … non tutto! Sento da una finestra uno strano
ansimare, come se qualcuno stesse soffrendo o stesse facendo all'amore.
Impossibile, io sono qui! In punta di piedi mi avvicino alla finestra e
vedo Peppino che sta venendo nel sedere di Paolo, che, subito dopo, lo
gira e lo sodomizza! Hai visto i gemellini? Se la godono tra loro! Ma
mi viene in mente Neddu, dovrebbe essere in camera con loro e non lo
vedo. Lo cerco, prima che sia lui a scoprirmi se per caso e' venuto a
cercarmi. Ma nella camera del lettone non c'e' … provo a guardare se e'
con il padre, ma anche questa e' vuota. Dal bagno sento arrivare
qualche piccolo rumore e, dal buco della chiave, finalmente lo vedo,
piegato alla pecorina che riceve il membro del padre nel sedere.
Ma
che bella famiglia! Dove son capitato! Mi dico come scombussolato da
cio' che ho visto: in effetti son geloso che Ignazio faccia l'amore con
lui. Tento d'aprire la porta, ma e' chiusa! L'occhio subito al buco: si
sono fermati, in ascolto e in attesa, l'uno dentro nell'altro. Mi
precipito a letto e fingo di dormire, ma arrivano tutti e due, sanno
che son stato io e subito m'impalano da entrambe le parti … ricomincia
la notte di tregenda! Richiamati dai rumori della loro violenza e dai
miei sospiri arrivano anche i gemelli: mani, bocca e ano ricominciano a
dolermi! E la notte continua.
Ignazio ha detto che sara' lui
ad accompagnarmi, di salutarmi e di andare nei campi. La mia ultima
mattina comincia cosi': i figli si accomiatano sotto lo sguardo serio
di Ignazio. Poi di nuovo la crema di burro e erbe va a lenirmi. Ma ben
piu' forte e' il lenimento che mi da' la dolce presenza di lui. Poi, di
nuovo, baci, carezze, coccole e parole d'amore e … una promessa:
presto, molto presto, dovra' andare a trovare i parenti che sono in
continente e lo fara' per venire da me. Stara' con me qualche giorno e
sara' mio! - Come? Gli chiedo pensando di non capire … ma si', vuol
proprio dirmi che quei giorni dovro' essere io il suo uomo! Stento a
credere … allora mi porta le dita al suo sesso, poi le fa scivolare in
basso, sempre piu' in basso, sento il suo forellino che si agita, che
sussulta di desiderio.
Ma il mio desiderio e' ben piu' forte
e, subito, lo faccio mio. Lo cavalco come ho desiderato fare da quando
l'ho visto e il sentirlo cosi' sottomesso e, nel contempo, eccitato mi
fanno montare il sangue alla testa. Mai ho cosi' violentemente fatto
mio un uomo e la sua calma e voluttuosa offerta di se stesso a me, mi
ricorda l'agnello che si e' immolato per me due giorni fa.
Piu' lo violo e piu' sento d'amarlo.
Siamo
giunti ormai quasi a Elmas, un'oretta e saro' lontano da lui. Tutto il
viaggio e' passato nel raccontar l'un l'altro le belle cose che faremo
e i magici momenti che trascorreremo a Milano.
Ma non gli
basta. Svolta in un boschetto d'eucalipti, mi si butta addosso e
mentre, ancora una volta, mi stritola con le sue braccia muscolose,
m'affonda la lingua in bocca. Di nuovo le lingue scoprono il piacere
dell'altro, di nuovo le mani concitate frugano, slacciano, spogliano …
e ci ritroviamo in bocca il sesso fremente dell'altro che pulsa, si
inturgidisce e scoppia. E' un meraviglioso arrivederci, questo!
Dal
finestrino guardo giu' la campagna assolata e mi immagino di vedere
sulla Carlo Felice una piccola A1, rossa, sgommare verso nord. Chissa'
se mi sta pensando? Chissa' se, anche lui, s'e' accorto d'avere una
qualche grossa macchia scura sulla camicia, come e' successo a me,
proprio la', dove una goccia del suo nettare, sfuggito alle mie labbra,
s'e' posata. Accarezzo quel bel ricordo e guardo il sole finche',
abbagliato, vedo due grandi e dolci occhi d'agnello che mi guardano
sorridenti: s'e' sacrificato per me, nell'egual misura d'Ignazio che,
fra qualche tempo, si sacrifichera' a Milano, per me.
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