ORSI ITALIANI MAGAZINE


Sono un uomo cattivo

(Parte prima)

Un racconto di Ste

 

Quando scesi dall'ultimo convoglio della metro mancavano ormai pochissimi minuti all'una del mattino. L'addetto alla stazione annuncio' l'imminente chiusura dei cancelli ed allo scoccare dell'ora si affretto' a chiudere le saracinesche e sparve nella direzione opposta a quella nella quale mi diressi io. La grande strada, offuscata da una leggera foschia estiva sollevatasi a seguito del temporale da poco terminato e illuminata malamente da alcuni lampioni giallastri, era ancora percorsa da qualche rara vettura che sfrecciava in entrambe i sensi di marcia. Rallentava in prossimita' dei semafori lampeggianti e sgommava a sinistra verso l'imbocco della tangenziale o a destra, verso il centro. Il mercatino che da queste parti chiamano 'degli Egiziani' aveva lasciato cartacce e involucri di plastica incollati sul selciato dall'umidita'. Qualcuno al passaggio di un'auto riusciva ancora a svolazzare e magari ammarava in una pozzanghera, terminando la sua corsa. Passai davanti alla vetrina di una farmacia. La croce al neon intermittente era l'ultimo sprazzo di colore che riuscivo a vedere attorno a me.

Guardai l'uomo riflesso nei vetri e lo trovai estremamente attraente. 27 anni, capelli biondi molto corti, un torace imponente contenuto con difficolta' nella giacca mimetica taglia 54 che stavo indossando. Una peluria rossiccia velava il volto e si infittiva e si attorcigliava su se stessa spuntando dalla T-shirt dell'esercito. Mi toccai le cosce. Dure come rocce e compiacendomi di me ripresi il cammino. In quel momento da quello stesso angolo svolto' nella mia direzione una station wagon scura che viaggiava a velocita' bassissima. Dai due finestrini del lato destro abbassati si affacciarono due uomini di colore. Quello seduto al finestrino anteriore sorseggiava rumorosamente una birra e mi dava l'impressione che non fosse la prima della serata.

-Amico- accenno' con uno strano accento, -Vuoi farci un po, di compagnia?-

-Dico a te, non vuoi passare una bella seratina con noi?-

Mi attiravano terribilmente e mi avvicinai alla macchina ancora accesa:

-Ciao ragazzi, dove volete portarmi?-

-Decidi tu, bel finocchio, noi ti fottiamo anche qui se vuoi.-

Non so che mi prese in quel momento e risposi:

-Perche' invece non andate voi a farvi fottere?-

Mi guardarono esterrefatti ed io, dopo un momento di smarrimento nel quale mi risuono' nelle orecchie quella frase infelice, presi a correre verso la direzione dalla quale era giunta quella vettura.

L'auto sgommo' e parcheggio' sul ciglio della strada pochi metri dietro di me, quasi davanti alla farmacia.

All'incrocio svoltai a sinistra costeggiando il campo da bocce di un bar coperto dalla pergola. L'insegna al neon era spenta ma la saracinesca era semi abbassata, la porta aperta e la luce interna era accesa. Discesi trafelato i quattro gradini che dalla strada davano accesso al locale e mi infilai sotto la serranda. Abbassai la saracinesca fermandola con il piede e chiusi la porta alle mie spalle, sperando che quelli non se ne fossero accorti. Il locale era piuttosto grande ma deserto.

Dietro il bancone, girato di spalle, un omone indaffarato collocava alcune bottiglie di liquore sullo scaffale. Lo vedevo dalla cintola in su. Indossava una canottiera azzurra, o gialla, comunque era lercia e aveva spalle e schiena coperte da una fittissima peluria nera. I capelli lunghi e ricci erano brizzolati e unti. Era un bestione, pesava non meno di 140 kg, uno scimmione puzzolente di sudore.

-E' chiuso, razza di scemo, fuori dalle palle - esordi' senza nemmeno voltarsi. Poi guardandomi di riflesso nello specchio che stava dietro la scaffalatura riprese:

-Non hai capito? Che vuoi a quest'ora?-

Il suo volto butterato era marcato da due enormi baffoni neri.

-La prego mi aiuti, mi stanno inseguendo tre uomini, ho paura che vogliano derubarmi.- In quel momento si udirono i passi dei tre che mi rincorrevano ancora bestemmiando in una lingua a me sconosciuta.

-E cosi' ti sei fatto degli amici nel quartiere, ragazzo?- E riprese:

-Io non voglio guai, adesso te ne vai e mi lasci chiudere il locale.-

-No, per favore, mi faccia chiamare la polizia, la paghero' per il disturbo. Si asciugo' le mani in uno strofinaccio sozzo e giro' intorno al bancone venendomi vicino. Indossava sandali e pantaloncini corti di jeans e sembrava avere due travi di legno al posto delle gambe. Ando' alla porta, blocco' la saracinesca, giro' la chiave e mi disse:

-Coraggio, seguimi.-

Io lo seguii dietro il bancone. Apri' una porticina indicandomi una scaletta ripida e buia e disse:

-Vai di sopra, io chiamo la pula e ti porto un goccetto, cosi' ti calmi . Ti raggiungo subito.-

-Grazie- dissi. E mi inerpicai per quelle scale.

La porta che trovai lassu' dava accesso ad un piccolo locale mansardato dove c'erano un letto sfatto e poche masserizie. L'unica finestrella semi aperta era insufficiente a ripulire l'aria dal fetore che si respirava. Sul tavolinetto accanto al letto un posacenere tracimava di mozziconi e polvere grigiastra. C'erano alcune lattine di birra vuote e un paio di riviste porno molto sgualcite.

Su di una seggiola erano ammonticchiate magliette e biancheria intima aggrovigliate che sarebbe stato meglio gettare nella spazzatura invece che in lavatrice e a terra un paio di zoccoli di legno e scarpe da ginnastica sformate dai piedi enormi del loro proprietario. La mia eccitazione saliva rapidamente. Tesi le orecchie. Nessun rumore. Immersi il viso in quella montagna di stracci gustandomi il suo odore. Era odore di maschio. Mi tolsi rapidamente le scarpe, la giacca e i pantaloni restando in shirt e slip ma non avevo la piu' pallida idea di come giustificarmi quando la bestia fosse arrivata.

Udii scattare l'interruttore della luce del piano terra e passi lenti e pesanti sulla scaletta.

-Ci siamo- pensai. Apparve lui, torso nudo, la canottiera sulla spalla destra, due bottiglie di birra nella mano sinistra. Getto' la canottiera sul mucchio con le altre, appoggio' le birre sul tavolo e disse:

-Che cazzo stai facendo, brutto finocchio!-.

-Sai, quei tizi di prima non volevano rapinarmi-.

-Si vede che hanno capito subito che sei una troia succhiaminchie. Mi fai schifo, vattene!-

Mi spogliai completamente e mi avvicinai a lui mentre il mio tarello diventava sempre piu' voluminoso. Ero pronto a tutto pur di scoparmelo oppure mi sarei sottomesso completamente a lui.

-Bastardo di merda, che cazzo credi di fare, io ti spacco la faccia- e mi spinse indietro con una poderosa manata sul petto.

Barcollando mi sedetti sul letto e fu allora che osservai il gonfiore dei suoi pantaloni. Lo guardai sorridendo.

-Non vuoi che ti spompini per bene? Preferisci farti una sega guardando i giornaletti, come un ragazzino? Si vede che sei ingrifato. Sono bravo, sono una troia da competizione-.

-Sei una merda umana, io i finocchi come te li spacco in quattro-.

-Dai, fatti fare un pompino-.

-Avvicinati e sei morto-.

Mi avvicinai in ginocchio guardandolo in viso. Arrivai a sfiorare la patta dei suoi pantaloni con le labbra mentre lui con le mani puntate sui fianchi si godeva lo spettacolo.

Non fece una piega. Le mie labbra si posavano su di una roccia di proporzioni non comuni. Un odore forte di sudore e di urina mi inebriava. Infilai le mani sotto i suoi calzoncini nel tentativo di afferrargli le natiche.

-Non toccarmi finocchio, mi fai schifo-.

Portai le mani al bottone dei pantaloni, lo slacciai ed abbassai la lampo con le labbra. I pantaloncini scivolarono lungo quelle gambe poderose e di questo passo discoprii uno slip gonfio e caldo, di colore bianco con una evidente macchia giallastra. Mi gettai su quel monte con la mia lingua vogliosa descrivendo il contorno del batacchio celato sotto.

Comincio' a mugolare. Sei proprio una troia, mmmhhhh Sei una pompinara non ho mai fottuto un frocio, mmmhhhh!!!! Vediamo che sai fare!-.

-Voglio spompinarti un po,- gli dissi. Gli abbassai gli slip e vidi il suo attrezzo scappellato sollevarsi di almeno una spanna su di una foresta di peli.

-Prima voglio prenderlo un po' in bocca, poi lo voglio tutto nel culo.-

Senza indugiare gli presi in bocca tutta la cappella. Puzzava terribilmente ma non potevo fare a meno di quel batacchio. Cominciai a leccargli la cappella cercando di infilare la lingua nel buchino e poi con movimenti circolari la passavo tutta attorno. Lui continuo' a gemere dal piacere pregandomi di non fermarmi. Mi afferro' la testa spingendosi piu' a fondo nella mia bocca e sferrando poderosi colpi con le natiche. Io palpavo le sue cosce e saggiavo la consistenza dei suoi muscoli.

-Ti ho detto di non toccarmi, brutto rottoinculo!- allora misi le mani dietro la schiena lasciando che disponesse di me come piu' gli piacesse.

-Brutta troia, ti voglio fottere per bene, voglio romperti il buco del culo-.

Usci' da me ordinandomi di piegarmi a novanta sul tavolo, cosa che feci con impazienza ed emozione allargando bene le gambe.

Si sputo' sulle dita della mano spalmandomi il buco dei suoi umori. Io gemevo mordendomi le labbra per non gridare. Mi afferrai le natiche allargandole mentre lui continuava a sputare e spalmare finche' le sue due mani mi afferrarono le spalle e fu allora che mi penetro'. Malgrado il dolore che provavo, malgrado un tronco d'albero mi penetrasse, cercai di non urlare, suscitando le sue ire.

-Che c'e', non ti piace?- e spinse piu' a fondo. Emisi un gemito.

-Non ti basta, puttana? Voglio sentirti godere- e spinse piu' a fondo, con maggiore violenza.

-AAAHH!! mi stai sfondando il culo.- E con un colpo secco arrivo' fino in fondo. Le bottiglie di birra traballarono mentre il tavolo striscio' fino contro alla parete. La locomotiva che avevo dietro di me mi fotteva con violenza, entrava ed usciva senza tregua. Ormai era lanciato e non mi avrebbe mollato fino alla fine.

Il dolore era ormai diventato un piacere immenso, le sue palle sbattevano contro le mie e io mi afferravo ai bordi del tavolo per non essere risucchiato quando usciva da me. Mi accorsi di calde lacrime che mi scendevano dagli occhi, erano lacrime di dolore e di felicita'. Continuo' a montarmi afferrandomi i capezzoli con le dita, mi scopava e mi tirava i capezzoli, ero come sotto l'effetto di una droga e avevo un litro di sborra che non vedeva l'ora di fuoriuscire.

Finalmente, dopo quasi dieci minuti di avanti e indietro, mentre le cosce mi stavano cedendo e l'odore del sangue mi inebriava, l'animale meno' tre o quattro botte ed io avvertii il mio intestino inondato di liquido caldo.

Si sollevo' da me gettandosi supino sul letto, con le gambe penzoloni mentre io cominciai a segarmi l'uccello. Venni copiosamente e quasi subito imbrattando il pavimento.

Mi avvicinai a lui strisciando sul pavimento e cominciai a baciargli le gambe. Gli tolsi i sandali e cominciai a massaggiargli i piedi. Lui non si mosse. Lo spiai dai piedi del letto, la sua pancia ansimava ancora, qualche goccia bianca usciva ancora dalla sua canna ormai a riposo. Aveva le braccia distese sul letto sopra la testa. Ad un tratto disse: -Sei stata brava, puttanella. Adesso devi andartene prima che io realizzi di avere scopato con un frocio-.

-Perche', ti senti meno uomo di prima? Non ti sei neanche fatto toccare con un dito da me. Tu invece mi hai fatto come hai voluto-.

-Che cazzo vuoi ancora?-

-Il cazzo che ho avuto fino ad ora-.

-Sei insaziabile, ma potresti tornare domani, che ne dici?-

-Dico che se vuoi aspetto il domani qui con te-.

-Neanche per sogno, adesso ho sonno, rivestiti, esci da quella portafinestra e sparisci-.

Recuperai gli indumenti e mi rivestii. Mentre mi apprestavo ad uscire udii il maschione sul letto che russava. Era nudo, addormentato. Mi venne un'idea, ma per questa ci sara' un seguito.

(continua...)

Ste


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