Le recensioni di Davide Sirignano

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Febbraio 2007


SATURNO CONTRO

LA VOLTAPAGINE

 


SATURNO CONTRO

Regia: Ferzan Ozpetek

Interpreti: Pierfrancesco Favino, Margherita Buy, Ambra Angiolini, Stefano Accorsi

Sceneggiatura: Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli

 

Ci si aspettava una commedia corale, simile ai primordi, da questo interessante autore, ma chi poteva pensare ad una riflessione sulla perdita della persona amata, sulla morte?

Ferzan Ozpetek e Gianni Romoli dovevano dire la loro sull'argomento con questo 'Grande freddo' italiano in cui il cast all stars rende la malia per l'opera ancor piu' forte.

A volte si ha la sensazione di poter tenere tutto sotto controllo nella propria esistenza e far vivere tutte le persone che si amano in un'ampolla di cristallo con un pesciolino rosso immobile, senza pensare all'imprevedibilita' della vita; forse le persone che credono in quest'assunto e che pronunciano le parole 'Per sempre', troppe volte, sono destinate ad andarsene per prime perche' troppo sensibili ad una percezione della realta' inaccettabile, come il tradimento di una promessa, del 'sempre' appunto.

Si viaggia nel binario dell'assoluto o dell'effimero?

Qualcuno svolge un'esistenza pericolosa con droghe, senza rendersi conto del valore della vita, se non quando affronta la morte del suo amico del cuore: Roberta, Ambra Angiolini, una sorpresa inaspettata per bravura, esprime tutto questo nella bellissima scena della camera mortuaria in cui svela la sua incapacita' di accettare il trapasso, non osservando quello che la realta' obbligata le offre, ma qualcosa che scaturisce dalla sua testa.

Dopo il capolavoro, non capito, di 'Cuore sacro' era difficile replicare quella bellezza, ma il coraggio di questi originali autori viene ancora una volta premiato: soprattutto il fatto di analizzare la morte e le sue conseguenze nell'intimo della gente. Ferzan Ozpetek e' riuscito in questo con una maturita' visiva straordinariamente perfetta: si fa abilmente travolgere, mantenendo uno stile personale e unico, ma evidentemente speziato dal ritmo proprio della Nouvelle Vague francese, da un'ironia almodòvariana che smorza toni troppo seri e, infine, non perde la sua personale profondita' nel narrare vite vere senza stereotipi.

Qui in sottotono, perche' non e' lo scopo principale della pellicola, si sfiorano i problemi dell'assistenza in ospedale da parte di un compagno, del rapporto con i genitori sempre trascurato, dell'eredita' tra due persone che si sono amate; ma non c'e' quella violenza verbale che spesso caratterizza queste scene, forse perche' se si e' capaci di guardare nel profondo si puo' capire la vera essenza di un amore.

Un film che dovrebbero vedere tutti i politici contro i PACS, DICO e quant'altro, per capire cosa significa essere, senza essere veramente per la societa'.

Un'ultima menzione, necessaria, e' per Margherita Bui, forse ultimamente imprigionata in questi ruoli da tradita: con una parte minore riesce a rubare la scena al pur bravissimo Favino: una delle migliori attrici del momento di una sconvolgente profondita' recitativa.

A cura di Davide Sirignano


LA VOLTAPAGINE

Regia: Denis Dercourt

Interpreti: Catherine Frot, Déborah François, Pascal Greggory, Jacques Bonnaffé, Julie Richalet

 

Non bisogna pensare che l'ambientazione della pellicola nel mondo della musica la destini ad un pubblico d'elite: non e' cosi'.

La voltapagine, in realta', è un sottile apologo sulla vendetta, su quella vendetta capace di rovinare la vita di chi gia' lo ha fatto, molto tempo prima, a noi; insomma, chi la fa l'aspetti!

Si e' tutti consapevoli di quanto sia difficile superare un esame, in questo caso per accedere ad un'accademia di musica per pianoforte, ma se poi una concertista della commissione giudicatrice interrompe l'esibizione e si dimostra distratta, nuocendo alla povera malcapitata?

La giovane bambina, Mèlanie, protagonista tanto determinata nel suonare, tanto e' determinata nell'interrompere una carriera musicale talentuosa. Questo le farà covare una vendetta orribile, seguendo strade alternative, ma con un unico obiettivo: vendicarsi.

Il regista ambienta tutto in una lussuosa villa in campagna circondata da siepi e alberi, munita di un ascensore per accedere ai piani superiori e di una piscina buia e sotterranea: inserisce abilmente tutti quegli dettagli orrorifici, tipici della casa degli orrori, con le vittime pronte per essere sacrificate. In piu' aggiunge un elemento importante: il rapporto lesbico tra la giovane baby sitter e la matura concertista. Lo fa sviluppando un'ambiguita' calcolata al dettaglio perpetuata dalla protagonista con grande tensione narrativa e che ha il suo apice nella scena del bacio tra le due donne: un rallenti estremamente impercettibile di grande fascino visivo. Ma rimane nella mente anche la scena del gioco del nascondino in cui le due si sfiorano per la prima volta.

Dopo aver costruito questa ragnatela per intrappolare la povera e insicura falena ecco arrivare il colpo di scena finale e scopriamo l'inganno della narrazione: la risoluzione del teorema della vendetta.

Una pellicola asciutta, dura appena ottanta minuti, ma questo e' solo un pregio, anche perche' capace di ritrarre l'immagine del terrore, solo suggerendola, con una somma di sguardi, movimenti impercettibili del corpo e frasi quasi soffocate proprie della cinematografia francese.

Denis Dercourt e' un autore interessante da tener d'occhio che sa far cinema costruendo un film tutto da gustare.

 

A cura di Davide Sirignano


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