ORSI ITALIANI MAGAZINE


La vera storia di Renzo e Lucia (quarta parte)

Un racconto rivedutodi Ste

All'ora stabilita la Signora ricevette il buon frate e il nostro Lucio.

-E ben disposta verso di voi e vi puo' far del bene quanto vuole. Siate umile e rispettoso, rispondete con sincerita' alle domande che le vi fara', e quando non siete interrogato, lasciate fare a me.-

Entrarono in una stanza terrena, dalla quale si passava nel parlatorio.

La Signora era dietro una grata. Il bel Lucio fece un grande inchino e resto' ad osservare quella donna. Il suo aspetto poteva dimostrare venticinque anni e faceva un'impressione di bellezza sfiorita, scomposta. Dal velo spuntava una ciocca di capelli ribelle che denunciava poco riguardo alle regole del monastero.

Ad un cenno della Signora il buon frate comincio' a parlare.

-Reverenda madre, e signora illustrissima questo e' il giovane, per il quale viene domandata la vostra protezione.-

Lucio rinnovo' l'inchino e osservo' lo strano sguardo della Signora. Sembrava che volesse spogliarlo con gli occhi. La Signora lo guardava con desiderio, osservando le sue grosse e solide mani, le sue spalle ampie e robuste quel viso giovane e pesto.

-E' una fortuna per me poter fare un piacere ai nostri buoni amici i padri cappuccini. Ma... mi dica un po' piu' particolarmente il caso di questo bel giovane, perche' possa provvedere al meglio.-

-Questo giovane, Signora illustrissima, viene raccomandato, come le ho detto, da un mio confratello. Egli e' minacciato ed e' dovuto partire di nascosto dal suo paese per sottrarsi a gravi pericoli. E ha bisogno, per qualche tempo, di un asilo nel quale possa vivere sconosciuto, e dove nessuno possa adescarlo.-

-Quali pericoli?- interruppe la signora.

-Un cavaliere prepotente.....lo vorrebbe soggiogare ai suoi turpi voleri.-

-Ho capito, ho capito...- disse sbrigativamente la Signora.

-Siete al sicuro qui. Dovro' avvertire di cio' la badessa, ma una mia parola..vi troveremo una sistemazione... dovrete lavorare nei campi del monastero, ma un uomo forte e robusto come voi...- disse con un tono che al nostro Lucio parve quello di don Rodrigo.

-Il lavoro non mi spaventa mia Signora, faro' cio' che vorrete.- e fece un profondo, sincero inchino.

La Signora sorrise e se ne torno' nel suo appartamento, in un quartiere a parte del monastero. Quel lato del monastero a quel tempo era adiacente ad una casa abitata da un giovane signore, scellerato al pari di quelli gia' conosciuti, chiamato Egidio Osio. Egli era l'amante della Signora. La tresca verra' poi scoperta nel giro di pochi anni, l'Osio sara' decapitato e la Signora rinchiusa per sempre in una celletta, murata viva con una sola piccola finestrella in alto, sulla parete e uno sportellino per passaggio del cibo.

Scontava da alcuni anni la sua prigionia perpetua nel monastero, ma non le era passata la smania di farsi qualche bel maschio ogni tanto. Lucio sembrava fatto al caso suo: muscoloso, bello, giovane, un torello da scopare.. .come dare torto a quel cavaliere che lo voleva per se?

Lucio venne assegnato al servizio del fattore, mungeva le vacche, falciava l'erba, riparava i tetti, si dava da fare, ma il pericolo era in agguato.

Don Rodrigo infatti, irritato piu' che mai dal fallimento della spedizione di quella famosa notte, era deciso a vendicarsi del maledetto frate Cristoforo, causa prima del suo fallimento e dell'esborso dei 10 ducati d'oro che dovette versare al cugino Attilio tra gli sberleffi e le prese in giro. Anche di Renzo voleva ragione e interesso' Azzeccagarbugli perche' trovasse un modo per far spiccare contro il ragazzo un mandato di cattura.

-Qualche cosa trovero', le gride sono tante...- gli aveva promesso l'avvocato.

Aveva pero' saputo che Lucio si era rifugiato a Monza dalla Signora e cerco' un alleato con il quale concertare una sortita e sequestrare il ragazzo. Cosi' una mattina si armo' di tutto punto, prese con se un seguito di bravi e se ne ando' nell'alta valle per incontrare un signorone fra i piu' potenti, i piu temuti, i piu' titolati del Ducato di Milano: Bernardino Visconti.

Intanto Renzo arrivo' in Milano e chiese informazioni sul convento di padre Bonaventura a Porta orientale.

Pensava a Lucio, al fatto che se tutto fosse filato liscio ora sarebbero stati sposi. Pensava e malediva il nome di don Rodrigo e benediceva quello di fra Cristoforo. A poco a poco comincio' a vedere campanili e torri, cupole e tetti e quando si avvicino' alle mura cittadine si accosto' a un viandante.

-Di grazia, mio signore...-

-Che volete, bravo giovane?- chiese Renzo.

-Saprebbe insegnarmi la strada piu' corta, per andare al convento di padre Bonaventura?-

L'uomo era un ricco abitante del contorno che tornava in gran fretta al suo paese e avrebbe fatto volentieri a meno di quella fermata. Tuttavia, senza dare segno di impazienza, rispose molto gentilmente.

-Il convento che cercate e' poco lontano di qui. Prendete per questa viottola a sinistra e troverete una piazzetta con dei begli olmi. La' e' il convento, non potete sbagliare. Dio v'assista, bravo giovane.-

Renzo rimase stupefatto della buona maniera dei cittadini verso la gente di campagna e non sapeva che quello era un giorno fuori dell'ordinario, un giorno in cui i signori si inchinavano ai poveri.

Fece la strada che gli era stata insegnata, e trovo' il monastero.

Renzo ando' diritto alla porta, tenne in mano la lettera, e tiro' il campanello. S'apri' uno sportellino che aveva una grata, e vi comparve la faccia del frate portinaio a domandare chi era.

-Uno di campagna, che porta al padre Bonaventura una lettera del padre Cristoforo.-

-Date qui, figliolo- disse il portinaio.

-No, no, gliela devo consegnare in proprie mani.

-Non e' in convento.-

-Mi lasci entrare, che l'aspettero'.-

-Fate a mio modo... andate ad aspettarlo in chiesa.- E detto questo, richiuse lo sportello. Renzo rimase 1i', con la sua lettera in mano. Fece dieci passi verso la porta della chiesa, per seguire il consiglio del portinaio, ma poi udi' delle voci concitate e penso' di dare un'occhiata a cio' che stava succedendo.

La strada era pressoche' deserta, come una citta' disabitata. Andando avanti, vide per terra certe strisce bianche e soffici, come di neve. Ma neve non poteva essere. Non cade a strisce ne' in quella stagione. Si chino' su una di quelle, guardo', tocco', e capi' che era farina.

-Ci deve essere grande abbondanza a Milano se buttano la farina in questa maniera.- Ma, dopo pochi altri passi, arrivato a fianco di una colonna, vide in terra qualcosa di piu' strano: sugli scalini del piedestallo c'erano tre forme di pane tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo mangiava solo nelle solennita'.

-E' pane davvero!- disse ad alta voce tanta era la sua meraviglia. e cosi' pensando, e vedendo che nessuno lo reclamava, se lo mise in tasca e prosegui'.

Dovete sapere che la sera prima dell'arrivo di Renzo in Milano, per intenderci, mentre al paese si tentava di celebrare le nozze di soppiatto, le strade e le piazze erano piene di uomini che chiedevano pane. Affamati da mesi di scarso raccolto, il popolo di Milano reclamava pane a basso prezzo e accusava i fornai di nascondere la farina per poter mantenere alti i prezzi. In queste condizioni la disperazione porto' il popolo alla rivolta e all'assalto dei forni. Proprio da uno questi forni saccheggiati il giorno prima provenivano la farina ed il pane che aveva visto Renzo. Ma tanto sperpero non poteva durare.

La forza pubblica, che gia' era inefficiente in tempi di calma, non era in grado di controllare una rivolta e la gente poteva dare libero sfogo alla propria rabbia e, qualcuno piu' furbo degli altri, sperava di guadagnarci. Le spie dei potenti si mescolavano alla folla inferocita per registrare i nomi dei capi del tumulto e degli attivisti piu' sfegatati e far loro poi pagare il conto quando tutto si fosse calmato.

Il nostro ragazzo un po' per curiosita', un po' per imprudenza si fece coinvolgere nei loro discorsi. Trovava sacrosante le parole di chi chiedeva il pane a basso prezzo, e chi non lo avrebbe trovato giusto. Inoltre la rivolta del pane era una rivolta contro il potere dei ricchi sui poveri, contro quelli come don Rodrigo e pur detestando il crimine, la trovava legittima. Tanto che quel pomeriggio stesso del suo arrivo in Milano, dopo quel pomeriggio intenso, giunta ormai un,ora troppo tarda per tornare al convento di Porta nuova, se ne ando' in una locanda e si mise a parlare di giustizia, di equita', di liberta', con tanto vino in corpo che perdette ogni prudenza.

-Signori miei! devo esprimere anche io la mia opinione?- grido' in tono d'esordio.

-La mia opinione e' che non e' solamente sul pane che si fanno delle ingiustizie...bisogna farsi sentire, ottenere quello che e' giusto..bisogna andar avanti cosi', finche' non si sia messo rimedio a tutte le ingiustizie.. Non e' vero, signori miei, che siamo in mano ai tiranni?..... che fanno il contrario dei dieci comandamenti?......e poi hanno sempre ragione?

-Pur troppo e' vero!- disse una voce.

-Lo dicevo io!!- riprese Renzo.

Renzo aveva parlato con il cuore, tanto che una gran parte degli astanti, sospeso ogni altro discorso, lo stavano ad ascoltare. Grida di approvazione, applausi, di "bravo, "sicuro, "ha ragione.

Non mancavano pero' i critici.

-Eh si', i montanari sono tutti avvocati.- diceva uno.

-Ora, ogni scalzacane vorra' dire la sua.- mormorava un altro. E la folla cominciava a dileguarsi.

Renzo pero', mosso dai complimenti e dal buon rosso che versavano nel bicchiere, proseguiva nei suoi discorsi, quando si avvicino' un ometto rimasto fino ad allora in disparte.

-Non per sapere i fatti vostri, ma voi mi sembrate molto stanco. Da che paese venite?-.

-Vengo..fino da Lecco.- rispose Renzo.

-Fino da Lecco? Di Lecco siete?-

-Di Lecco... cioe' del territorio.-

-Povero giovane! Da quanto ho sentito devono avervene combinate di grosse, vero?-

-Eccome!!-

-Cosa comandano questi signori?- disse ad alta voce l'oste.-

-Prima di tutto, un altro buon fiasco di vino sincero- disse Renzo.

-Ho dello stufato...vi piace?-

-Si', bravo, dello stufato.-

-Preparate un buon letto a questo bravo giovane perche' ha intenzione di dormire qui.- disse lo sconosciuto all'oste.

-Volete dormire qui?- domando' l'oste a Renzo, sperando che non accettasse.

-Sicuro, un letto alla buona.- disse Renzo.

L'oste porto' carta, penna e calamaio.

-Cosa vuol dire questo?- esclamo' Renzo.

-Fatemi il piacere di dirmi il vostro nome, cognome e paese.

-Cosa? cosa c'entrano queste cose?- chiese nervoso Renzo.

-Questo prevede la legge. Devo conoscere il vostro nome, altrimenti niente letto.-

Prima di rispondere, Renzo vuoto' un altro bicchiere, poi un altro ancora. Infine scrisse sillabando i suoi dati.

-Lorenzo Tramaglino di casa a ...-

-Eh! se comandassi io lo troverei il modo di fare andare le cose bene.- riprese il giovane.

-Come vorreste fare?- domando' lo sconosciuto.

-Come vorrei fare? Vorrei che ci fosse pane per tutti; tanto per i poveri, come per i ricchi.-

-Benissimo.., avete moglie e figliuoli?- disse lo sconosciuto.

-Siete sulla sponda opposta alla mia..- ridacchio' ubriaco il nostro Renzo.

-Ah siete solo!-

-E' giusto. ma se presto, come spero... e con l'aiuto di Dio..-

Fatto il suo dovere, lo sconosciuto se ne ando', ma non a trovare la moglie e i figli, bensi' le guardie del Ducato.

-Un altro gocciolino, un altro gocciolino, prima che ve ne andiate..- gli gridava Renzo, riempiendo in fretta il bicchiere.

-Buona notte, ragazzo mio.- e se n'ando'.

Il buon Renzo non si limito' a quello che abbiamo riportato, ma questo basto' per metterlo nei guai. Si fece accompagnare nella camera facendosi sorreggere dal garzone, si fece aiutare a spogliarsi e si sdraio' completamente nudo sul letto. Il freddo novembrino di quella stanza e di quelle coperte umide gli fece irrigidire i capezzoli che sbucavano come semi germogliati da quella foresta di peli che aveva addosso. Ebbe un buon principio di erezione e gemette. Il garzone stette ad ammirarlo qualche minuto. Non aveva mai visto un corpo splendido come quello. Irsuto come un orso, muscoli scolpiti e un randello fra le gambe che avrebbe intimorito un cavallo. Renzo si porto' le mani dietro la testa, sotto il cuscino e mise in mostra senza accorgersene la muscolatura del suo torace. Gli occhi avidi del garzone lo spiavano, analizzavano ogni centimetro della sua pelle e in particolari i venti centimetri del cazzone che penzolava semi rigido sopra due splendidi coglioni pelosi e ben fatti. Il garzone fece scorrere lentamente le coperte su quel corpo, lambi' le cosce, i testicoli e Renzo ebbe un sussulto, gli posiziono' il cazzo lungo l'addome e gli porto' le coperte fino a pochi centimetri dai capezzoli. Gli diede un'ultima occhiata di tenerezza e compassione per la sorte che sarebbe capitata a quel ragazzone. No, non era giusto, aveva solo chiesto pane per tutti. Non avrebbe meritato la tortura ed il carcere. Con questi pensieri se ne ando' lasciandolo russare come una belva.

Allo spuntare del giorno, Renzo russava da circa sette ore. Improvvisamente due forti scosse alle braccia e una voce stridula che gridava, lo svegliarono.

-Lorenzo Tramaglino!-

Il ragazzo si giro' su di un fianco scoprendosi la schiena, il sedere e le cosce.

-Avete sentito, Lorenzo Tramaglino?-

Si rigiro', apri' gli occhi a stento e vide in piedi in fondo al letto un uomo vestito di nero e due guardie armate, una di qua, una di la' del capezzale. Credendo di sognare e non piacendogli quel sogno, si dimenava, come per allontanare quelle persone dal suo sogno.

-Avanti Lorenzo Tramaglino, alzatevi e venite con noi.-

-Cosa vuol dir questo? Cosa volete da me? Chi vi ha detto il mio nome?- biascico' con la bocca impastata ancora di barbera.

-Meno chiacchiere e fate presto- disse uno dei soldati che gli stavano a fianco, prendendogli di nuovo il braccio.

-Ohe! che prepotenza e' questa?- grido' Renzo, ritirando il braccio.

-Forza! Sollevatelo di peso.- disse ancora quell'uomo in nero.

Ma non era facile avere ragione di quell'armadio tutto muscoli.

-Chi siete e perche' ce l'avete con me?- domando' Renzo.

-Il perche' lo sentirete dal signor capitano di giustizia.-

-Io? Io sono un galantuomo, non ho fatto nulla...-

-Lorenzo Tramaglino! Siete in arresto per sedizione, saccheggio, turbativa dell'ordine pubblico..e troveremo dell'altro per sbattervi in prigione !!!- disse il notaio in nero.

-No!!!! Lasciatemi!!!!- urlo' il giovane. Gli sbirri, due maschioni di pelo scuro, gli furono addosso in un attimo e lo fecero sedere. Mentre uno dei due davanti al ragazzo gli puntava la lancia alla gola, l'altro gli lego' i polsi dietro la schiena. I lacci stringevano i polsi in una morsa dolorosissima.

-Ahi!!, Ahi!!- Piangeva il tormentato.

-Vi conviene stare buono e noi lo saremo con voi.- disse il notaio.

-Io non ho fatto nulla!!! Cosa volete da me?-

Gli sbirri lo lasciarono piagnucolare sul letto. Poi il notaio gli si avvicino' guardandolo con interesse.

Quelle spalle massicce e pelose, quei deltoidi imperlati di sudore e quel bel viso giovane, con un filo di barba di due giorni e poi gli addominali rotondi e forti e quella mazza fra le gambe che sembrava dicesse 'mangiami'. Quelle cosce forti, aperte e quei polpacci sodi e le caviglie sottili. Insomma tutto di Renzo lo attirava.

-Siete disposto a collaborare?- proferi' il notaio.

Renzo lo guardo' con viso supplichevole e annui'.

-Tutto pur di non andare in prigione.- Era la risposta che desiderava sentire il notaio.

-Voi due, aspettatemi fuori e rientrate solo quando ve lo diro' io.- disse agli armati, cui non erano sfuggiti gli sguardi morbosi del notaio.

-Ma Eccellenza...-

-Fate come vi dico!!!- disse risoluto. I due se ne andarono e il notaio chiuse diligentemente la porta.

-Bene, Lorenzo Tramaglino, vi siete cacciato in un enorme guaio..- e quell''enorme' fu pronunciato con un occhio sadico puntato sul cazzone del ragazzo.

-Tuttavia avrete la possibilita' di collaborare e di andarvene libero, come se nulla fosse successo.-

-Cosa devo fare?- balbetto' intimorito.

-Oh, nulla di che..dovrete essere docile e...accondiscendente..-

-E..poi me ne potro' andare per la mia strada?-

-Certamente, ma..dovrete obbedire..-

-Sono pronto.-

Il notaio si avvicino' al ragazzo e lo spinse per le spalle facendolo sdraiare sul letto. Le braccia di Renzo erano immobilizzate dietro la schiena ed il suo splendido torace villoso era sollevato ed esposto. Le cosce erano larghe, le punte dei piedi appoggiati a terra. Il notaio si tolse il mantello nero e si sedette accanto a lui. Comincio' a massaggiargli lo sterno, tastando la consistenza dei pettorali. Afferro' con delicatezza i capezzoli e li stritolo' leggermente tra il pollice e l'indice. Renzo comincio' ad ansimare osservando il volto sadico del vecchio che sbavava di desiderio.

-Come siete bello e possente..- e continuava a palpeggiarlo.

-Sarebbe un peccato far martirizzare un corpo come il vostro dalle tenaglie roventi dell'Inquisizione..- prosegui'.

Renzo, immobilizzato dalle corde, restava inerme a subire le molestie del vecchio che sapeva dove e come agire. Doveva essere un porco della peggiore specie, abituato ad interrogare i propri prigionieri prima in camera da letto e poi sul ceppo del boia. Le sue dita secche e ossute scesero lungo il ventre e afferrarono la minchia del giovane che ebbe un sussulto.

-Che bel cazzone che avete, Lorenzo Tramaglino.- cominciando a segarlo.

Renzo non fiatava. Ansimava rumorosamente, gonfiava il petto e scuoteva la testa come a supplicare silenziosamente il suo torturatore che smettesse. A Renzo piaceva. Trovava quella situazione eccitante. La mano ruvida del vecchio gli segava l'uccello con abilita' e l'erezione era straordinaria. Poi il vecchio volle assaggiare la sua mascolinita'. Si inginocchio' fra le sue cosce e lo prese in bocca.

-Mmmhhh!!!- gemette Renzo.

-Silenzio, Lorenzo Tramaglino... state buono- e prosegui' a spompinarlo.

Il vecchio in tutta la sua lunga carriera di carceriere non aveva mai assaggiato un vigore come quello. Lo sperma dolce del ragazzo lo inebriava, la muscolatura delle sue cosce, il profumo selvaggio della sua pelle contadina lo eccitavano e lo intestardivano a osare di piu'. Si tolse i pantaloni e monto' a cavalcioni sul ragazzo.

-Ooohhh!!!- gemette ancora il ragazzo.

-Forza stallone mio, fottimi..- e afferrato il membro con le mani, si sedette su quella colonna infame muovendosi sopra di lui. Le mani rugose ed esperte palpeggiavano il corpo del giovane che, con gli occhi chiusi per la libidine, cercava invece di liberare i polsi senza che il vecchio se ne accorgesse. Figuratevi se questo poteva accorgersi di qualcosa!!! Con una trave di ventidue centimetri in culo, questi aveva altro per la testa.

Il nostro Renzo si impegno' al punto da riuscire a liberarsi e in un attimo afferro' il vecchio per le braccia, lo getto' da una parte e balzo' in piedi con il cazzone duro e imbrattato di fuori.

All'udire le urla del notaio, le guardie tentarono di sfondare l'uscio senza riuscirci. Renzo si infilo' i pantaloni, apri' la finestra e scavalco' il davanzale saltando sul tetto della cucina sottostante, quindi atterro' in strada.

-Fermatelo!!! Fermatelo!!!!- strepitava il notaio mezzo svestito dalla finestra, ma la gente che cominciava ad accorrere, era ancora ringalluzzita dai due giorni precedenti.

-Scappa, scappa, galantuomo. Li' c'e' un convento, ecco la' una chiesa. Di qui, di la'- si grida a Renzo da ogni parte. In quanto allo scappare, egli non aveva bisogno di consigli. Comincio' a correre come una lepre a torso nudo, senza scarpe per le vie della citta'. Si infilo' in un vicolo, riusci' a rubare una casacca umida, ancora stesa ad asciugare e con quella cerco' di passare inosservato.

Renzo non sapeva che strada prendere per uscire da Milano e quando si fu convinto di essere abbastanza lontano da quella osteria, si appoggio' contro il muro per riprendere fiato.

-Mi perdoni, signore..per andare a Bergamo che strada devo fare?-

-Per andare a Bergamo? Da porta orientale.-

-Grazie tante.. e per andare a porta orientale?-

-Prendete questa strada a mancina, vi troverete sulla piazza del duomo..poi...-

-Basta, signore il resto lo so. Dio gliene renda merito.- E si incammino' dalla parte che gli era stata indicata. L'altro lo guardo' allontanarsi e pensando che ne avesse combinata una grossa o che la stessero per combinare a lui, continuo' a pensare ai fatti suoi.

Le guardie alla porta orientale lo ignorarono completamente, assonnate com'erano e Renzo, scalzo, senza soldi e con la paura di essere arrestato si incammino' verso Bergamo.

Laggiu' viveva il cugino, Bortolo, figlio di quei filatori di seta che avevano allevato Renzo dopo la morte dei genitori. Bortolo gli aveva offerto piu' volte di lasciare il milanese per fare fortuna nel bergamasco, ma Renzo aveva altro in mente. Adesso che gli avrebbe chiesto un aiuto, sapeva che Bortolo avrebbe fatto qualunque cosa per lui.

Cammina, cammina arrivo' al fiume Adda che all'epoca segnava il confine tra il Ducato di Milano e la Serenissima Repubblica di Venezia.

-Terra di san Marco...Viva san Marco!- esclamo' Renzo.

-Ah! ne sono proprio fuori!- fu il suo primo pensiero.

-Stai li', maledetto paese... maledetto don Rodrigo... e Lucio? Dove sara'?- penso'.

Volto' le spalle al passato e raggiunse la casa del cugino Bortolo.

-Bortolo!! Bortolo!!- chiamo' il ragazzo.

Quello usci' di casa, riconobbe il giovane e gli butto' le braccia al collo.

-Ti vanno maluccio le cose, caro cugino!!!!!!- disse il buon Bortolo osservando il cugino scalzo.

Renzo racconto' a Bortolo tutta la storia e il buon cugino gli garanti' sicurezza, una casa e un lavoro presso la filanda che dirigeva.

 

(continua)