ORSI ITALIANI MAGAZINE


La vera storia di Renzo e Lucia (seconda parte)

Un racconto riveduto di Ste

 

Appagati dalla scopata, Renzo ancora nudo, sdraiato sulla paglia pungente e con il testone di Matteo sul petto, esordi':

Sono triste caro Matteo, speravo di riuscire a sposarmi, ma don Abbondio mi ha condito delle scuse che non ho capito-

E' vero, ma purtroppo che vuoi.certe volte le cose non vanno come vorremmo- rispose Matteo.

Ma tu sai che cosa ha combinato il prete? E perche' mi ha fatto spostare il matrimonio?-

No, a me certe confidenze non le fa.-

Cosa mai ci sara' da confidare- penso' il ragazzo.

Cosa ho fatto di male per meritarmi queste sofferenze?- disse Renzo.

Non e' colpa tua, Renzo e nemmeno del mio padrone..certe volte vorrei essere un principe e vorrei far tagliare la testa a tutti i malvagi.-

E allora di chi e' la colpa?-

Io non so niente, ma so che non e' colpa del padrone.-

Renzo, malgrado cio' che pensava don Abbondio, non era stupido e fece velocemente due conti.

Il matrimonio e' rimandato c'e' qualcosa sotto perche' Matteo parlava di confidenze del prete e le confidenze si fanno sui segreti. Non e' colpa mia, non e' del prete ma dei malvagichi sono questi malvagi?-

Scusami Matteo- disse Renzo alzandosi dal giaciglio. Si rimise la camicia e la casacca e ritorno' da don Abbondio. Entro' senza bussare e lo chiamo'.

Reverendo!!!! Reverendo!!!! Dove si e' cacciato ?-

Che succede? Chi e'?- chiese interdetto il prete dal suo studio al primo piano.

Renzo sali' di corsa le scale e affronto' il prete.

Chi sono quei malvagi che vogliono impedirmi di sposare Lucio?- esordi' Renzo, sudato, rosso in viso e con la voce di chi pretende una risposta precisa.

Che? Che? Che?- balbetto' il prete e si accascio' sul seggiolone con la testa fra le mani.

Renzo! Renzo! Pensa alla tua anima-

Penso che voglio una risposta!!!!- e cosi' dicendo, mise, forse senza accorgersene, la mano sul manico del coltello che gli usciva dal taschino.

Misericordia!- esclamo' con voce fioca don Abbondio.

Parli!!!!- insistette il ragazzo.

Vistosi perduto, il prete racconto' l'accaduto della sera prima omettendo il nome del mandante.

Voglio sapere anche il nome di quel figlio di puttana!!!!-

Ti supplico Renzo pensa alla tua vita.e alla mia..e non fare sciocchezze!!!-

Le faro' le sciocchezze se non parla subito!!!!-

Di fronte a tanta determinazione il prete cedette

Don Rodrigo!!!-

AAAAHHHH!!!!!- urlo' Renzo strappandosi di dosso i vestiti.

Passarono alcuni secondi di silenzio.

Giura che non mi tradirai.- disse il prete.

Renzo lo guardo' con le lacrime agli occhi e fece per andarsene. Don Abbondio lo rincorse afferrandogli la manica della casacca.

Giura!!!!!- lo supplico'. Ma Renzo si libero' con uno strattone e se ne ando'.

Matteo!!!! Matteo!!!- chiamo' dalla finestra. Matteo accorse.

Che avete, padrone??- e vide Renzo uscire sconvolto dalla casa.

Non sto bene, vieni in casa e se mi cerca qualcuno digli che sono malato!!!- chiuse le imposte e si rimise a letto per tutto il giorno.

Renzo era un ragazzone pacifico, onesto e sincero, un orsone dal cuore d'oro, ma di fronte a tanta ingiustizia fu tentato di correre al palazzotto di don Rodrigo e cavargli gli occhi. Poi avrebbe potuto fuggire con Lucio e ricominciare una nuova vita.

Immerso in questi pensieri truculenti arrivo' a casa di Lucio. Il ragazzo, bello e fresco come una giornata di primavera, era sul balconcino in cima alle scale, con il suo bel cappello piumato stretto nelle mani e la casacca colorata con le maniche a sbuffo. I suoi capelli biondi scendevano sulle spalle, il suo viso glabro da ventenne e squadrato si illumino' alla vista di Renzo per poi adombrarsi subito dopo.

Renzo lo guardo' con tenerezza, scosse la testa e comincio' a salire le scale.

Che cosa c'e'?- chiese Lucio appoggiandogli una mano sulla spalla.

Renzo gli si butto' al collo. Erano bellissimi Lucio e Renzo, due fisici da culturisti, cosi' teneramente abbracciati, stretti al punto da far mancare il fiato. Le loro grosse mani avrebbero spezzato il tronco di una quercia, ma la tenerezza con cui si abbracciavano li rendeva delicati come fanciulle.

Mi vuoi dire che c'e'?- insistette Lucio.

Andiamo dentro.-

Lo zio di Lucio, Marzio, che aveva allevato il ragazzo come fosse suo figlio, era un bestione di quarantacinque anni, un orso ancora fresco e sodo, fiero del suo ragazzo che aveva tirato su con tutto l'amore di un padre. Gli invidiava il coraggio di avere scelto una vita allo scoperto in tempi come quelli. Adorava Renzo tanto da considerarlo quasi figlio suo e sapeva che il suo Lucio sarebbe stato felice. La madre Agnese era una donna affettuosa, e amorevole, di una scaltrezza ammirevole ed era felicissima della storia tra i due ragazzi. Lei aveva nutrito e mantenuto ogni muscolo del suo ragazzo e anche se non sarebbe stato in grado di dargli tanti nipotini, in fondo pensava che l'amore tra due persone fosse la cosa piu' importante.

Renzo racconto' fra le lacrime la storia dell'agguato a don Abbondio, delle minacce, delle menzogne raccontate dal prete e infine, su insistenza del bel Lucio, rivelo' il nome del bastardo spagnolo.

Non posso crederci che sarebbe arrivato a tanto.-

Che significa Lucio? Dunque tu sapevi...?- chiese Renzo allibito.

Non avrei mai immaginato che- rispose Lucio.

Parla dunque!!!- dissero all'unisono Renzo, lo zio e la madre.

Lucio racconto' di quando, alcune settimane prima, era andato al castello in compagnia di Tonio e di Berto per restaurare l'affresco di uno dei saloni. Don Rodrigo e un altro signore erano venuti a controllare i lavori e avendolo visto a petto nudo, con quei muscoli da Ercole Farnese, imbrattato di colore e sudato, si erano intrattenuti con lui per divertirsi. Gli lanciavano sguardi vogliosi e complimenti che lui cercava di ignorare. Le loro vocine e le risatine da castrati lo irritarono al punto che preferi' andare via. Ma prima di andare senti' i due ridacchiare "scommetto dieci ducati e "ci sto.il manzo sara' mio!!

E non mi hai detto nulla?- chiese Renzo.

Cosa volevi che ti dicessi? Cosa avresti fatto? Cosa facciamo adesso? Non possiamo fare niente.- concluse disperato.

Potremmo andare la castello e sgozzarlo.- propose Renzo.

Sei scemo? E finire con la testa sotto la scure del boia?- intervenne Marzio.

Ragazzi miei, provate a chiedere al padre Cristoforolui vi aiutera'.- suggeri' Agnese.

Ha ragione tua madre, chiedi a padre Cristoforo di Pescarenico.- approvo' Marzio.

Andro' a parlargli oggi stesso.- disse Lucio.

Sentite, figliuoli date retta a me che sono venuta al mondo prima di voi.- disse Agnese.

Io il mondo lo conosco un poco. Non bisogna poi spaventarsi tanto, il diavolo non e' brutto come lo si dipinge. A noi poverelli le matasse sembrano piu' imbrogliate, perche' non sappiamo trovarne il bandolo; ma alle volte un parere, una parolina d'un uomo che abbia studiato....... Fai a mio modo, Renzo; vai a Lecco e cerca del dottor Azzeccagarbugli, raccontagli la storia e vedrete che ci aiutera'.-

Lo conosco di vista- disse Renzo.

Bene, quello e' una cima. Ho visto piu' di un disgraziato rivolgersi a lui e uscirne vittorioso. Prendi quei quattro capponi a cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di oggi e portaglieli.-

Renzo abbraccio' la donna, diede un bacio appassionato al suo Lucio, prese i capponi e usci' per recarsi dall'avvocato.

Giunto al borgo, domando' dell'abitazione del dottore; gli fu indicata, e vi ando'.

Di fronte al dottore Renzo fece un grande inchino. Il dottore, un ometto alto e secco, con una folta barbetta e due baffoni bianchi osservo' quel maschione muscoloso ed eccitante e lo fece entrare.

Avrebbe voluto farlo entrare nei suoi pantaloni, farsi montare come faceva ogni tanto, ma Renzo non accolse l'invito quasi esplicito rivolto dall'avvocato e comincio' a raccontare.

Vorrei dirle una parola in confidenza.-

Sono qui apposta.- disse il dottore sedendo ed ammirando il bel sedere del giovane.

Renzo, ritto davanti alla tavola, ricomincio' a parlare.

Vorrei sapere da lei che ha studiato...se, a minacciare un prete perche' non faccia un matrimonio, c'e' condanna penale.-

Ho capito.. Caso serio, figliuolo. Avete fatto bene a venire da me. E' un caso chiaro, contemplato in cento gride, e... appunto, in una dell'anno scorso, dell'attuale signor Governatore. ma dove l'ho messa...- e si mise a frugare tra mille carte, fra la polvere e le ragnatele.

Ah! ecco, ecco.- la prese, la spiego', guardo' la data e con viso serio declamo':

Il 15 d'ottobre 1627! Sicuro, e' dell'anno passato, fresca. Sapete leggere, figliuolo?-

Un pochino, signor dottore.-

Bene, venite piu' vicino.ecco, cosi'.- e con la mano gli tocco' generosamente il sedere pensando alla potenza che dovevano avere quei giovani lombi quando eiaculavano sperma nella bocca di qualche uomo.magari proprio la sua. Tenendo la grida in aria comincio' a leggere velocemente.

-Ah !, ecco. Chi minaccia un prete sara' fustigato, imprigionato e dovra' pagare 10.000 scudi di ammenda..visto? rischiate grosso !!!! Ma io so come proteggervi, come salvarvi dalla Giustizia. Se seguirete i miei consigli non vi succedera' niente. Ora dovete nominarmi la persona da cui avete avuto il mandato, io invochero' per voi la sua protezione e in un momento sarete libero.-

Quando Renzo ebbe capito che l'avvocato aveva male interpretato le sue parole disse:

Ma io non ho minacciato nessuno, io sono quello che si doveva sposare e il mio prete e' stato minacciato dai bravi di don Rodrigo.-

Diavolo!- esclamo' il dottore, spalancando gli occhi.

Che pasticci mi combinate ? Possibile che non sappiate dirle chiare le cose? e venite a rompere il cazzo con queste balle ad un galantuomo come me? Andate via, andate via.-

Ma senta, ma senta- ripeteva Renzo mentre il dottore, con la mani puntate su quell'enorme torace, spingeva il ragazzo fuori dall'ufficio. Fece restituire i capponi e lo butto' fuori di casa.

Intanto Lucio aveva raggiunto padre Cristoforo ed aveva raccontato all'uomo tutta la vicenda.

Il padre Cristoforo era un uomo piu' vicino ai sessanta che ai cinquanta. Il suo corpo era asciutto, non muscoloso ma comunque sodo e molto ben dotato dove contava. La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance e il mento lo rendevano sensuale ed eccitante ed in piu' di una occasione lo stesso Lucio era stato tentato di cedergli. Non era frocio, ma amava i bei ragazzi, si circondava di loro, li ammaestrava come se fossero state belve feroci e li rendeva mansueti e docili.

Ho capito, figliolo.- disse padre Cristoforo dopo aver ascoltato la triste storia.

Che cosa possiamo fare, padre?- chiese Lucio.

Cerchero' di parlarci io con don Rodrigoabbi fiducia..- ed accarezzo' la bella chioma dorata con un sorriso amorevole.

Congedo' il giovane e la mattina seguente si mise in cammino per raggiungere il castello di don Rodrigo.

Il palazzotto di don Rodrigo sorgeva isolato sulla cima di una collina, poco piu' in su del paesello dei nostri ragazzi. Ai piedi della collina si stendeva un gruppo di casupole dei contadini di don Rodrigo; ed era come la piccola capitale del suo piccolo regno. Dando un'occhiata all'interno di quei tuguri si vedevano attaccati al muro schioppi, tromboni, zappe, rastrelli, cappelli di paglia, reticelle e fiaschetti da polvere, alla rinfusa. Gli uomini erano per lo piu' massicci e arcigni orsi, con i capelli raccolti in un gran ciuffo chiuso in una reticella. Tutti avevano almeno una cicatrice che li faceva somigliare a soldatacci reduci da una disfatta. I vecchi, perdute le zanne, parevano sempre pronti a digrignare le gengive. Anche le rare donne con certe facce maschie, e con certe braccia nerborute, forzute come i loro uomini. E anche i bambini che giocavano per la strada, erano baldanzosi, irritanti, violenti.

Fra Cristoforo attraverso' il villaggio e sali' fino al castello. La porta era chiusa, segno che il padrone era a palazzo ma non voleva essere disturbato. Le poche e piccole finestre che davano sulla strada erano chiuse da imposte sconnesse e consunte dagli anni, ma erano difese da grosse inferriate. Due bravi, sdraiati a terra, facevano la guardia, aspettando di essere chiamati come cani a godere gli avanzi della tavola del signore.

Padre, padre, venga pure avanti, qui non si fanno aspettare i cappuccini. Noi siamo amici del convento: e io ci sono stato una volta, quando fuori tirava una brutta aria per me. Se mi avessero tenuto la porta chiusa.-. Cosi' dicendo picchio' il portone e, pochi momenti dopo, giunse borbottando un vecchio servitore- Veduto il padre, gli fece un grande inchino, introdusse l'ospite in un piccolo e soffocante cortile e richiuse la porta. Lo accompagno' in un salotto, lo riconobbe e disse: - Non e' lei... il padre Cristoforo di Pescarenico?-

Il Padre annui'

Sara' per far del bene, speriamo.- disse con rassegnazione.

Attraversati due o tre altri salotti oscuri, arrivarono all'uscio della sala da pranzo, dove don Rodrigo, suo cugino Attilio e altri personaggi stavano allegramente pranzando. C'erano il Podesta', colui che avrebbe dovuto proteggere i nostri ragazzi e don Abbondio proprio da don Rodrigo, l'Avvocato Azzeccagarbugli, e altri commensali sconosciuti, parassiti, come si chiamavano all'epoca.

Il vecchio servitore bisbiglio' all'orecchio di don Rodrigo che il frate lo attendeva per parlargli.

Don Rodrigo alzo' gli occhi al cielo, fece tintinnare i lunghi orecchini che portava e fece cenno di si con la testa. Il servitore fece accomodare il buon frate nel salottino e dopo pochi secondi apparve don Rodrigo.

In che posso ubbidirla?- disse don Rodrigo, con quella sua vocina stridula, gli occhi truccati e i baffetti impomatati. Il suono delle parole era tale; ma il modo con cui erano dette voleva dire chiaramente: bada a chi sei davanti, pesa le parole, e sbrigati.

Per dar coraggio al frate non c'era mezzo piu' sicuro che prenderlo con maniera arrogante. Egli stava cercando le parole per cominciare il discorso e faceva scorrere tra le dita le ave marie della corona che teneva alla cintola e dopo un esordio di quel genere fu pronto a scattare come una molla contro quella checca smidollata e arrogante.

Poi riflette' sul fatto che doveva mantenere la calma perche' lo scopo della sua visita era altro.

Vengo a implorarle un atto di giustizia e di carita'. Certa gentaglia ha commesso un grave gesto di intimidazione contro un parroco per impedirgli di celebrare un matrimonio..costoro hanno proferito il vostro nomevoi signore potete smentirli, perseguirli e restituire la giustizia a quel prete ed a quei due giovani la coscienza, l'onore del vostro casato...-

Lei mi parlera' della mia coscienza, quando verro' a confessarmi da lei.- rispose insolente.

Fra Cristoforo, fattosi ancora piu' umile disse:

Se ho detto qualcosa che vi ha offeso, mi dispiace, non era mia intenzione. Correggetemi pure, riprendetemi, se non so parlare come si conviene di fronte a voi, ma in nome di Dio, ascoltatemi. Non ostinatevi a negare una giustizia cosi' facile a quei poverelli. Pensate che Dio ha sempre gli occhi sopra di loro, e che le loro grida, i loro gemiti sono ascoltati lassu'. L'innocenza e' potente al suo......-

Sa lei che quando mi viene lo schiribizzo di sentire una predica, so benissimo andare in chiesa, come fanno gli altri? Ma in casa mia! Non mi parli di Dio!- disse don Rodrigo interrompendo rabbiosamente.

Ascoltatemi don Rodrigo..-

Insomma padre io non so di cosa stia parlando, ma mi pare di capire che qualche giovanottone le stia molto a cuore..- disse don Rodrigo, facendo atto d'andarsene-.

Si, e' vero, mi stanno a cuore, ma anche voi mi state a cuore-

Ebbene.allora in questo caso..potrebbe dire ai due giovanotti di venire a ripararsi qui da me e nessuno osera' far loro del male.- suggeri' don Rodrigo.

Ad una proposta del genere l'ira del frate, trattenuta a stento fin allora, trabocco'

Voi!!!! Verme schifoso!!!- esclamo' con veemenza.

Come osi parlare a me in questo modo...?- balbetto' incredulo don Rodrigo.

Parlo come si parla a chi e' abbandonato da Dio, e non puo' piu' far paura!!!!-

In questa casa...!-

Ho pieta' di questa casa, la maledizione le sta sopra. Pensate che Dio abbia paura di quattro guardie e di quattro pietre? E credete che Egli non sappia come difendere due giovani dalle vostre voglie? Sentite bene quello che vi prometto.. Verra' un giorno...- invei' il frate puntando il dito verso il nobile.

Don Rodrigo afferro' il polso del cappuccino con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca scomposta in un ringhio di rabbia.

Basta villano temerario, poltrone, mascalzone incappucciato...spariscimi da davanti prima che ti faccia bastonare come ti meriteresti!!!!!- urlo' isterico e chiamo' il servitore. Il padre Cristoforo chino' il capo, e se ne ando', lasciando don Rodrigo a sbollire la rabbia.

Intanto, a casa di Lucio, dopo la partenza del frate, i quattro erano rimasti in silenziosa attesa, quando Agnese improvvisamente esordi':

Sentite figlioli! Se volete e vi fidate di vostra madre, io... forse so cosa fare.-

Cioe'?- chiese Lucio.

Ascoltate... Bisogna avere due testimoni, si va dal prete di nascosto, lo si sorprende, si recita la formula e il matrimonio e' fatto. Il prete deve sentire.e anche i testimoni..dopo nessuno puo' piu' fare nulla contro di voi.

Possibile?- esclamo' Lucio.

Come no?- disse Agnese.

Facciamolo!!- disse deciso il bel Renzo.

Ma e' proprio regolare?- chiese lo zio.

-..Non e' la regola ma ha valore ugualmente-

Ci sto!!!- disse Lucio con entusiasmo.

Non bisognerebbe parlarne al padre Cristoforo prima? chiese Marzio.

Zio, credete che riesca a convincere don Rodrigo?- chiese Lucio, ma non ottenne risposta.

Allora e' deciso..E i testimoni?- disse Agnese.

Ce li ho!!!- disse trionfalmente Renzo picchiando il pugno sul tavolo. E nomino' i fratelli Tonio e Gervaso. Tutti d'accordo organizzarono il matrimonio segreto.

I due ragazzi andarono a casa dell'amico Tonio, un furbetto piccolo e rotondo, che con la madre, il fratello scemo, Gervaso appunto, la moglie di Tonio, erano a tavola con i tre ragazzini che aspettavano di gettarsi famelici su una bella polenta dorata. Le cose non andavano molto bene e Lucio penso' che per una giusta ricompensa avrebbe potuto comprare la loro collaborazione ed il loro silenzio.

Malgrado la poverta' le donne offrirono ai due giovani di fermarsi a pranzo.

Vi ringrazio, ma venivo solamente per dire una parolina a Tonio; e, se vuoi, Tonio, per non disturbare le tue donne, possiamo andare a pranzo all'osteria, e li' parleremo-. La proposta di Lucio fu per Tonio gradita ed inaspettata ed accetto' subito.

Se tu vuoi puoi farci un piccolo servizio e noi te ne vogliamo fare uno grande.- disse Lucio con aria di mistero.

Parla, parla amico mio, comandami pure- rispose Tonio bevendo un bel boccale di vino.

So che hai un debito di venticinque lire con il prete.-

Si, e' vero.-

Se ti parlo del debito e' perche', se tu vuoi, io posso darti i soldi per pagarlo.-

Sarebbe meraviglioso!!!! Cosa devo fare?- chiese pieno di speranza.

Madevi promettermi che..- intervenne Renzo che avvicino' l'indice alle labbra per chiedere il silenzio assoluto.

Fidati di me.-

Il prete non ci vuole sposare accampa scuse che non comprendiamo e noi invece vorremmo sbrigarci in fretta. Ci hanno detto che presentandosi davanti a lui e pronunciando la promessa si e' subito sposati senza problemi-. Tonio ascoltava e mangiava con altrettanta attenzione.

Volete che io venga come testimone?-

Bravo!!!- dissero all'unisono i due giovani.

E pagherete per me le venticinque lire?-

Esatto!!!-

Sarei stupido a dire di no.-

Ma bisogna trovare un altro testimone.-

L'ho trovato. Mio fratello Gervaso fara' quello che gli diro' io. Voi gli pagherete da bere?-

E da mangiare.- rispose Lucio.

Lascia fare a meper quando si deve fare?-

Domani sera......-

Saremo pronti!!!-

I tre finirono di pranzare e se ne andarono stabilendo di rivedersi l'indomani mattina per concertare il piano nei dettagli. I promessi arrivarono a casa tutti trionfanti, fecero il loro rapporto ad Agnese e qui nacquero alcuni problemini.

Va bene, benissimo.- disse Agnese e stavano per proseguire quando arrivo' il padre Cristoforo.

La pace sia con voi- disse nell'entrare. E riferi' del colloquio e della inutilita' dei suoi sforzi.

Per ora non posso dirvi di piu'. Domani io non verro' quassu'; devo stare al convento tutto il giorno, per voi. Tu, Renzo, prova a fare un salto e vedremo di pensare a qualcosa..-

Detto questo se ne ando' e i due giovani si strinsero in un tenero abbraccio.

Questa notte non voglio restare solo.- disse Renzo.

Verro' io, amore.- rispose Lucio. Cosi' anche i due ragazzi si separarono momentaneamente.

Continua...