ORSI ITALIANI MAGAZINE


La vera storia di Renzo e Lucia (prima parte)

Un racconto rivedutodi Ste

 

Il paesaggio circostante il lago di Como e' incorniciato da alte catene di monti, frastagliato da insenature, golfi e promontori sui quali si affacciano e si moltiplicano paesini e sentieri che si arrampicano lungo i declivi scoscesi, fino alle alte vette del Resegone. Sulle calme acque del lago si riflettono i campanili delle chiese e dei conventi, arrossiscono le foglie delle viti. Le chiglie delle barche vibrano e tagliano la superficie scura delle acque. E' terra di pescatori e setaioli, di vergini e monaci, di signorotti e banditi.

Nel pomeriggio del giorno 7 novembre dell'anno 1628, il parroco di uno di questi paesini percorreva uno di questi arditi sentieri. Don Abbondio, un bel cinquantenne brizzolato, fisico prestante ed atletico, abituato ai sermoni ed alla buona tavola, recitava tranquillamente le proprie preghiere. Tra un salmo e l'altro chiudeva il libretto tenendovi dentro l'indice della mano destra come segnalibro, quindi se ne stava pensieroso e scalciava verso i muri degli orti circostanti le pietruzze che incontrava sul cammino.

Imboccato un sentiero discendente verso il paese, vide a pochi passi da lui una cosa che non si aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due ragazzoni massicci e imponenti stavano uno di fronte all'altro. Uno era a cavallo del muretto, imponente ed eretto come un principe a cavallo di uno stallone di razza, il compagno era in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. Il loro abito, il loro aspetto maschio e cazzuto, sempre pronto alla lotta, non lasciavano dubbi circa la loro occupazione: erano la soldataglia di qualche potente, erano i violenti difensori del male, erano in una parola dei 'bravi'. Portavano una reticella verde attorno ai capelli ed un enorme ciuffo che ricadeva sulla fronte. Quello che volgeva lo sguardo nella direzione del prete aveva bellissimi riccioli castani, una folta barba poco curata ed un collo taurino che poggiava su spalle da lottatore. Dalla camicia leggermente aperta spuntava un ispido pelo scuro che si univa alla barba in un abbraccio sensuale e provocante. Aveva le gambe divaricate e al centro di quel nido, un bozzo di consistenti dimensioni si appoggiava sulle pietre scaldate dal tiepido sole del tramonto. L'altro volgeva le spalle. Due spalle larghe, una vita stretta da vogatore e un sedere rotondo e sodo, due cosce forti e muscolose e due polpacci gonfi e duri. I due evidentemente aspettavano qualcuno, ma cio' che piu' dispiacque a don Abbondio fu accorgersi che stavano aspettando proprio lui. Infatti, al suo apparire, quello che era voltato verso il prete diede una pacca sul petto di quello voltato di schiena e gli fece cenno con il capo che si girasse. Questi aveva un aspetto ancora piu' crudele del primo, con una benda nera su di un occhio e due lunghi baffi arricciati in punta. Don Abbondio si senti' irrigidire sotto la veste. L'idea di avere un incontro di quel genere in una zona cosi' isolata lo eccito' al punto da non poter attendere oltre e accelero' il passo cercando di nascondere l'erezione che cominciava a risvegliarsi fra le cosce.

I due mastini, entrambe di poco piu' piccoli di lui, gli si pararono di fronte, ostacolandogli il cammino.

-Ehi, prete!!!- disse l'orbo piantandogli l'occhio turchino in faccia.

-Cosa vogliono da me? - rispose don Abbondio con tono di sottomissione. L'altro bravo lo circondo' ammirando con soddisfazione il busto muscoloso e la rotondita' del sedere del prete.

-Lei ha intenzione di sposare domani quei due froci di Renzo Tramaglino e Lucio Mondano?- prosegui' il primo con tono minaccioso.

-Mah, ecco perche' interessa lor signori?- rispose don Abbondio timoroso.

-Te lo spieghiamo noi che cazzo ci frega- ed estrasse il coltello che teneva in tasca puntandolo direttamente al cuore del prete.

-Ooohhh, Ooohhh!!! Non vi scaldate...ho capito- disse il prete che sentiva sul collo anche il coltello di quello dietro di lui.

-Bene...questo matrimonio non si dovra' fare ne' domani ne' mai!!- gli disse il bravo all'orecchio, con tono di comando.

Don Abbondio sentiva la pressione della lama sul collo e cominciava a sudare. Poi avverti' la mano del bravo dietro di lui che gli toccava il sedere. Gli sembro' di scoppiare e quando quella mano comincio' a scendere sulle cosce e si infilo' sotto la veste. Egli allargo' le gambe e comincio' a tremargli la voce

-Ma, signori miei...vi prego..- replico' don Abbondio, con voce eccitata e mansueta.

-Stai zitto prete!!!- continuo' l'orbo di fronte a lui.

Il ricciolone dietro le sue spalle saggio' la consistenza di quelle cosce villose e muscolose, la sua mano scorreva impunemente verso le natiche sode del prete che non portava le mutande ed aveva una deliziosa umidita' attorno al buco. Il bravo provo' ad entrare con un dito. Il prete si rilasso' e lo fece entrare godendo come un porco e tenendo gli occhi puntati sul primo che infilo' la mano sotto la veste sul davanti e trovo' un batacchio sodo e umido che comincio' a segare con forza.

Ad ogni segata il viso di don Abbondio si faceva piu' disteso, il cuore gli batteva forte e penetrato com,era dal dito di uno di loro e masturbato dall'altro, lascio' andare il libretto e appoggio' le mani sulle spalle del bravo, tastandogli con desiderio i muscoli.

-Mmmhhh...vi prego...basta...- miagolava eccitato pregando in cuor suo che non si fermassero.

-Basta, ti abbiamo fatto divertire fin troppo!!! L'importante e' che tu abbia capito- dissero quelli lasciando l'assedio del prete. L'orbo si asciugo' la mano umida sulla casacca variopinta, fece cenno al compare di andare via e imboccarono il sentiero alle spalle del prete.

-Ricordati prete!!!!....Ah!! dimenticavo i saluti..- fece il ricciolone tornando sui suoi passi.

-Il nostro padrone don Rodrigo ti riverisce.- e ripresero il cammino cantando una canzone oscena. Quel nome fu, nella mente di don Abbondio, come un lampo che illumina la notte tenebrosa. Rimase interdetto, cerco' di sistemarsi la veste e, dimenticandosi di proseguire le preghiere, si diresse verso casa con quel poco di sperma appiccicoso che gli gocciolava sulle gambe. Pensava a come sarebbe potuto uscire da quel casino. Un conto era farsi scopare dai bravi di don Rodrigo, un conto era rimetterci la vita. Penso' che la cosa migliore fosse menare per il naso quei due fessi di Renzo e Lucio, ritardare la cerimonia e magari convincerli ad andare a Milano, dove la loro condotta non avrebbe destato molta attenzione.

Don Abbondio arrivo' a casa senza incontrare anima viva, mise in fretta nella toppa la chiave, che gia' teneva in mano; apri', entro', richiuse e chiamo' Matteo, il sagrestano e assistente.

Matteo era un giovane di venti anni, di famiglia povera che si trovava a servizio da don Abbondio da almeno dieci anni. Era un bel ragazzo rosso di capelli, piccolo e robusto, che tante notti aveva riscaldato il letto del prete e gli permetteva di sfogare su di lui ogni morbosita' senza fiatare e mantenendo un verecondo silenzio. Aveva una gran bella dote fra le gambe e una pelle profumata.

-Vengo don Abbondio!!!- rispose, mettendo sul tavolo apparecchiato il fiasco del vino prediletto del prete. Ma non fece a tempo perche' don Abbondio entro' nella sala con passo deciso, veloce e con uno sguardo terribile.

-Misericordia!!! Mio Signore, cosa ho fatto??- disse parandosi il viso con il braccio, tante volte alzato in sua difesa contro i ceffoni di quel padrone severo.

-Niente, niente!!! Non e' per te...- e si sedette con la testa fra le mani.

-Come, niente? La vuol dare ad intendere a me?-

-Oh, per amor del cielo! Quando dico niente, o e' niente, o e' cosa che non posso dire!!!-

-Che non puo' dire neppure a me?...-

-Sta zitto o quello che ti ho risparmiato prima ti do' adesso!!!- e alzo' il braccio minaccioso verso il ragazzo.

-Non mi picchi, per carita'...io sono preoccupato per lei..- disse commosso.

Don Abbondio lo guardo' con tenerezza. Matteo era il suo unico vero amico. Lo fece sedere sulle sue ginocchia accarezzandogli i capelli rossi.

-Sei un diavoletto, ma ti voglio bene e gli stropiccio' la guancia ancora imberbe.-

Don Abbondio racconto' l'accaduto, fece giurare e spergiurare a Matteo di non fiatare e dopo avere cenato con una fetta di polenta abbrustolita e una scodella di latte, se lo porto' a letto.

Matteo si spoglio' completamente e si infilo' nel letto di don Abbondio. Le lenzuola gelate gli fecero rizzare i peli del corpo e i suoi capezzoli, facendosi largo tra le pieghe di ciccia delle mammelle, spuntarono alti e turgidi come chiodini. Il ragazzo era una vera e propria stufa, calda, morbida come una coperta di lana. A don Abbondio piaceva toccarlo e farsi toccare, scoparselo fino a che non chiedeva pieta'. Poi era solito addormentarsi stringendoselo al petto fino al mattino.

Quella sera don Abbondio aveva bisogno di piu' tenerezza del solito. Matteo era coperto fino al petto e aveva le dita incrociate dietro la nuca. Osservava il suo padrone spogliarsi alla luce della lanterna ad olio e lo trovava comunque bello. Il prete si avvicino' al letto completamente nudo, con il randello ancora impiastricciato dal pomeriggio ma gia' rassodato dall'eccitazione di scaricare la tensione sul ragazzo. Sollevo' le coperte e si sdraio' sopra di lui.

-Come sei caldo...- disse al giovane.

-Mmmhhh!!! Padrone, scaldatevi su di me..-.

Matteo allargo' le gambe stringendo ai fianchi il prete che comincio' a baciarlo sul collo e sul petto.

-Aaahhh!!! Padrone...Sssiii!!!....- sospirava mentre don Abbondio giocherellava con i suoi capezzoli e faceva passare la sua lingua viscida e calda sulle sue mammelle.

Il randello di Matteo si faceva sempre piu' sodo e don Abbondio, che lo schiacciava con il suo ventre, se ne compiaceva.

Glielo afferro' brutalmente ed il ragazzo ebbe un sussulto di piacere.

-Lo sai che e' peccato godere?- gli disse stringendogli le palle.

-Siii!!! Lo so!!!.....Padrone ho peccato...Punitemi pure..- farneticava il ragazzo.

-Lo sai qual e' la punizione?- lo stuzzicava don Abbondio.

-Quella che vorrete voi..-

Don Abbondio si trascino' a lato del giovane, facendolo voltare su di un fianco. Afferro' da dietro il ginocchio la coscia del ragazzo sollevandola in modo che il suo buco si scoprisse.

-Sei pronto per la punizione?-

-Si padrone..- ansimo' il ragazzo.

Don Abbondio, con una erezione generosa comincio' a spingere. La sua cappella gia' abbondantemente lubrificata scivolo' fra le natiche di Matteo e si fermo' esattamente sul buco. Una leggera pressione e la verga del prete entro'. Don Abbondio comincio' a stantuffarlo mentre Matteo ansimava e gemeva di piacere. Le mani del prete scorrevano velocemente sul petto, pizzicando i capezzoli turgidi e strappando i peli del petto. Matteo sentiva il fiato del prete sul collo, il suo calore dentro di se e si muoveva leggermente per eccitare ancora di piu' il suo padrone. La monta fu abbastanza breve ma intensa. Don Abbondio non era piu' il fantastico amante di cinque o sei anni prima, quando ne scopava due per volta. Ora l'eta' lo portava ad essere piu' passivo che attivo, ma dal suo Matteo esigeva sottomissione e cieca obbedienza.

Matteo si senti' riempito di sperma caldo, ansimo' ancora un paio di volte mentre il prete, esausto, gli estraeva la mazza molliccia. Quando il prete si fu addormentato Matteo scivolo' fuori dal letto, sali' completamente nudo le scale della soffitta e si accomodo' nel proprio giaciglio. Afferro' il proprio randello e comincio' a segarsi. Immaginava di cadere nelle mani dei bravi che avevano terrorizzato il suo padrone, di offrire il proprio corpo alla loro libidine violenta e sadica. Il freddo della stanza lo intirizziva e i demoni cazzuti dell'inferno, che lo osservavano, ballavano attorno a lui in attesa che si addormentasse per poterlo immobilizzare e stuprare. Improvvisamente il getto di sperma schizzo' rumorosamente sul suo ventre. Matteo lo raccolse diligentemente e si lecco' le dita. Poi, vinto dalla stanchezza, si addormento'.

Si racconta che il principe di Conde' dormi' profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva gia' date tutte le disposizioni necessarie; terzo aveva dato la solita ripassata al suo luogotenente preferito, ed infine aveva stabilito cio' che avrebbe fatto la mattina seguente. Don Abbondio invece sapeva soltanto che il giorno dopo quei due energumeni di Renzo e Lucio si sarebbero presentati alla sua porta per il matrimonio. Il giovane Matteo lo aveva soddisfatto pienamente. Il suo corpo esausto, dopo una giornata di fatiche, ansimava silenziosamente gonfiando il petto. I suoi riccioli rossi, profumati come un cesto di rose a primavera, il tepore che proveniva dal suo corpo nudo e lentigginoso, non riuscirono a fargli passare di mente i suoi pensieri.

Aveva di fronte a se tre possibilita': celebrare il matrimonio e farsi scannare dai bravi; confidare ai due ragazzi la situazione e diffondere la notizia, che equivaleva a celebrare il matrimonio; infine avrebbe potuto prenderli per il culo, purtroppo solo in senso figurato, e posticipare la data in attesa che la soluzione dell'intricato enigma si palesasse da sola.

-se posso tenere a bada, per questi pochi giorni, quei due ragazzoni, ho poi due mesi di respiro; e in due mesi puo' succedere di tutto...- pensava il prete ricordandosi dell'approssimarsi del periodo di Avvento nel quale non si potevano celebrare nozze.

-..in fondo si tratta di averla vinta su due giovanottoni grandi, grossi ma ignoranti..e, si. Loro pensano solo a loro stessi e lasciano me nelle grane.- continuava tra se don Abbondio. Poi il sonno lo vinse e la mattina dopo fu svegliato da un bellissimo e tiepido raggio di sole. Rimugino' ancora i pensieri della notte precedente e si preparo' ad accogliere il bel Renzo.

Lorenzo o, come dicevano tutti, Renzo non si fece molto aspettare. Appena ritenne il momento propizio per non apparire indiscreto, usci' di casa e ando' da don Abbondio con la lieta furia di un uomo di venti anni, che deve fare qualcosa di importante e di eccitante. Era rimasto orfano molto giovane ed era stato affidato ad alcuni parenti, filatori di seta che gli avevano insegnato il mestiere. Poi la famiglia era emigrata nel bergamasco ma lui aveva deciso di restare al paese per coronare il suo sogno con Lucio. Oltre al lavoro della filanda, possedeva una casa con un piccolo appezzamento di terreno che faceva lavorare o lavorava lui stesso quando la filanda era ferma.

Don Abbondio se lo vide comparire davanti bello come un dio mitologico, con penne di vario colore al cappello, col suo pugnale del manico bello, nel taschino dei calzoni, con un,aria di festa e nello stesso tempo di spavalderia che lo facevano somigliare ai due bravacci del giorno prima.

Ma sotto quegli abiti colorati si nascondeva un corpo da culturista, massiccio, muscoloso, villoso fino all'eccesso. Il petto, l'addome e la schiena, giu' sulle natiche dure come rocce, sulle cosce e sui polpacci muscolosi. Quando zappava nel campo a torso nudo, in molti sembravano passare di li per caso, don Abbondio compreso e intanto si dilettavano gli occhi a vedere quella massa di muscoli in movimento, imperlarsi di sudore e impolverarsi e udivano i gemiti dalle sua voce maschia e rude che sfogavano lo sforzo del duro lavoro.

Don Abbondio cerco' di intravedere sotto la casacca il gonfiore di quel randello sempre eccitato e tardo' un attimo nel salutarlo.

-ma che cazzo avra' in testa?- penso' Renzo tra se'. Poi comincio' a parlare.

-Reverendo, sono venuto per sapere per che ora possiamo trovarci in chiesa.-

-Di che cosa stai parlando?-

-Come di che cosa? Non si ricorda che era fissato per oggi?-

-Oggi?- replico' don Abbondio, come se ne sentisse parlare per la prima volta.

-Oggi, oggi.......abbi pazienza, ma oggi non posso.-

-Oggi non puo'? Ma cosa mi racconta?-

-Prima di tutto, non mi sento bene, vedi?- e tossi' profondamente.

-Mi dispiace. Ma per quello che ha da fare...richiede cosi' poco tempo e cosi' poca fatica......

-E poi, e poi, e poi...- balbetto' il prete.

-E poi che cosa?

-E poi ci sono delle grane da risolvere.

-Delle grane? Che grane?

-Bisognerebbe trovarsi nella mia posizione per sapere quante storie e quanti impicci....e quanti conti si devono rendere.... Io sono troppo tenero, penso solo al bene degli altri e poi se faccio le cose troppo superficialmente devo sentirmi le ramanzine dei superiori..-

-Ma per l'amor del cielo, non mi tenga cosi' sulla corda, e mi dica chiaro e netto cosa c'e'.-

-Sapete voi quante e quante formalita' ci vogliono per fare un matrimonio in regola?-

-Certo, ci ha annoiato a morte per un mese!!!!! Ma non aveva risolto tutto?- disse Renzo cominciando ad alterarsi.

-Tutto, tutto, pare a te..ma non e' colpa vostra...io trascuro il mio dovere, per non far penare la gente. Ma ora... basta, so quel che dico. Noi poveri preti siamo costretti a seguire le regole dei nostri superiori...- rispose vagamente don Abbondio.

-Ma mi vuole dire cosa e' successo ancora?-

-Sai quanti siano gli impedimenti dirimenti?-

-Ma cosa vuole che ne sappia io??!!- disse Renzo sempre piu' furente.

- Error, conditio, votum, cognatio, crimen, cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, si sis affinis,... - cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita.

-Mi sta prendendo in giro?- lo interruppe il bel Renzo, cui stava esplodendo di rabbia la grossa vena che gli attraversava al fronte.

-Che me ne faccio del suo latinorum?-

-Vedi allora? Se non sai le cose fidati di chi le sa.- sentenzio' il prete.

-Ma cazzo..!!!!!- invei' sottovoce Renzo, mordendosi le labbra.

-Via, mio caro Renzo.- disse il prete dando al ragazzo un paio di pacche sulle sue possenti spalle.

-Non incazzarti, sai che vi voglio bene e che vorrei che foste felici..Ma poi, scusa, stavi cosi' bene da solo..cosa ti e' venuto in mente di sposarti..con un uomo e di questi tempi..- azzardo' don Abbondio.

-Che cazzo di discorsi sono questi? - proruppe Renzo, con un volto tra l'attonito e l'adirato.

-Dico per dire, dico per dire. Io vorrei solo vedere te e Lucio contenti.-

-Insomma, io....-

-Insomma, figlio mio, io non ho colpa, la legge non l'ho fatta io. E, prima di celebrare un matrimonio, noi preti dobbiamo fare molte e molte ricerche, per assicurarci che non ci siano impedimenti.-

-Ma via, don Abbondio, la prego, mi dica una volta per tutte cosa e' successo ancora?- piagnucolo' il ragazzo.

-Non sono cose semplici da spiegare..ti chiedo solo di avere qualche giorno di pazienza.-

-Per quanto tempo?-

-Siamo a buon punto, direi quindici giorni...-

-Quindici giorni!!! Ma lei e' matto!!! Abbiamo aspettato fin troppo e siamo stanchi di aspettare.- proruppe Renzo alzando il suo braccio nerboruto. Poi si calmo' vedendo il volto impassibile del prete.

-E a Lucio che devo dire?-

-Che e' colpa mia-

-E poi non ci saranno piu' grane da risolvere?-

-Promesso!!!-

-Promesso, allora!!!- e volse le spalle mostrando il suo bellissimo sedere rotondo e borbottando qualcosa si incammino' verso casa di Lucio. Ma le cose non tornavano, qualcosa non lo convinceva.

Svoltato l'angolo incrocio' il suo vecchio amico Matteo e gli fece l'occhiolino. Matteo sorrise e gli fece cenno con la testa di seguirlo nel fienile, dove piu' volte avevano avuto incontri clandestini, ma Renzo, visibilmente alterato gli fece cenno di no e prosegui'. Poi ritorno' sui suoi passi. Penso' che forse qualche informazione poteva cavarla all'amico.

-Pssstttt !!! Ehi, Matteo...- lo chiamo' sottovoce.

Matteo si illumino', non vedeva l'ora di farsi sbattere da quel toro da monta in calore. Si guardo' intorno, gli fece cenno con la mano ed entro' nel fienile. Renzo lo raggiunse immediatamente.

Quando il giovane entro' nel fienile, trovo' Matteo gia' nudo che lo attendeva sdraiato su di un fianco.

Renzo osservo' le sue morbide rotondita' con desiderio, i suoi brillanti peli rossi ricci e la sua pelle chiara lentigginosa. Si tolse la casacca e la camicia mostrando a Matteo un torace splendido e peloso e fece per slacciarsi la fibbia del cinturone.

-Aspetta Renzo, voglio farlo io.- disse Matteo. Il ragazzo si inginocchio' ai piedi di Renzo e comincio' ad armeggiare. I calzoni di Renzo calarono fino a meta' coscia e Matteo si ritrovo' sotto il naso il suo siluro gia' sodo.

-Mmmhhh!!! Non me lo ricordavo cosi' bello.-

Matteo lo afferro' con la mano, lo scappello' delicatamente e comincio' a segarlo con delicatezza osservando Renzo che chiudeva gli occhi e ansimava di piacere.

-Ti piace, vero?......Questo non e' come quello del prete... Forza Assaggialo..-

Matteo sorrise e lo avvicino' alle labbra, apri' la bocca e comincio' ad insalivare la cappella.

-Sssiii!!!- bisbigliava Renzo.

Matteo comincio' a lavorarlo di lingua con maggiore impegno. Il randello era ormai sodo e dritto come il manico di un badile, era caldo, sapeva di sborra, e odorava di uomo. Le mani di Renzo lo afferrarono per la nuca delicatamente mentre Matteo prosegui' cominciando a pompare piu' energicamente. Renzo gemeva di eccitazione.

-Renzo, ti va di fottermi?- chiese con umilta'.

-Non c'e' fretta...mmmhhh!!!....Continua a lavorarmelo di lingua...- e il buon Matteo, passivo fino al midollo, esegui' senza ribellarsi. Palpava l'addome scolpito del maschione, le sue natiche villose e dure come rocce che stavano per svuotare i coglioni nella sua bocca.

-Dai!!! Voglio fotterti adesso..- disse Renzo. Matteo si piego' a pecorina e il mandingo del Lario glielo schiaffo' in culo senza preamboli.

Matteo era abituato al sarago del prete, piu' sottile e poco piu' corto ed ebbe un sussulto di dolore quando la verga di Renzo lo penetro'.

-Mmmsssiii!!!.......Aaahhh!!! Renzo...Aaahhh!!! Mi fai morire..- sospirava Matteo.

-Ti piace?.....Ancora!!!.......Ancora!!!- e pompava senza misericordia dilatandogli il buco.

-Continua Renzo!!!......Non fermarti!!!......Aaahhh!!!....-

Ma Renzo arrivo' al capolinea, afferro' i capelli di Matteo. Egli inarco' la schiena e proruppe in un gemito di dolore soffocato.

-Zitto!!!......Sto sborrando!!!.....Cosi'!!!.....Cosi'!!!....-

I due giovani ansimarono all'unisono e Renzo, finito il lavoretto si rialzo' ansimante.

-Sei stato bravissimo..grazie..- disse Matteo.

-Ma anche quando sarai sposato avrai un po' di tempo per me?-

(continua)