Otello

Pas D'Anges

Recensioni varie di Emilio Campanella


L'Otello di Nekrusius

L'Otello, ovvero, il "Progetto Otello" che Eimuntas Nekrosius ormai da un anno sta elaborando per la Biennale Teatro, sembra essere sin dall'inizio delle trascinanti e abbondanti quattro ore, un rituale di morte.

La scena è un intreccio di corde con teli attorcigliati come vele ammainate che cono anche amache che molto mi hanno ricordato quelle del Potemkin. E' un po' come se ­ pur caratterizzati da elementi e comportamenti ­ tutto si svolgesse sulla tolda di una nave; anche la grande festa dalla quale il "geloso" è escluso, e che spia, torvo, in distanza quei giochi di corte, lui che è "diverso", solitario, uomo di mare burbero e corrusco; lui che a un certo punto trascina per la scena, legati a delle corde, tronchi d'albero cavi e sagomati, catini/bacili/gusci di noce come se con le sue spalle trascinasse un'intera flotta.

Un pianoforte verticale inquietante e straniante, commenta l'azione e la tragedia prende forma attraverso le sue tappe da via crucis della discesa all'inferno dell'amore e del lutto, perché questi due si amano da pazzi, ma non si capiscono proprio, e più si amano, più si feriscono, poiché se lui è collerico, lei è poco diplomatica: sono due mondi differenti, è l'eterna insanabile lotta dei sessi, eppure i due drammaticissimi duetti risolti in danza con i due interpreti (Vladas Bagdonas ed Egle Spokaite) in perfetta sintonia non fanno che ribadire questo, e ripensiamo alle coppie disperate della bausch, e anche il regista ci ripensa, ma a modo suo, con la sua sensibilità, restituendoci il profondo dolore dell'incomprensione. Certo il simpaticissimo Jago di Roland Kazlas ce la mette proprio tutta per essere accattivante e convincente e metteresti una mano sul fuoco sul suo essere veramente "l'onesto Jago". Cassio invece lo è in toto, e militaresco e incredulo di ciò che gli accade intorno e fra lui e Otello; nei loro contrasti ho ritrovato Conrad e anche una attrazione non detta ch'è invece chiara in Jago, ragazzo il cui amore iol generale rifiuta. Un altro personaggio curatissimo è Roderigo (Salvijus Trepulis) troppo spesso risolto sbrigativamente.

L'inizio del terzo atto è folgorante e la buona notte come di bimbe che dicono le orazioni prima di coricarsi, sospese nelle amache, di Desdemona, Emilia (Margarita Ziemelye) e Bianca (Edita Zazaite) è di una bellezza struggente, ma nonostante tutto ciò il veleno agirà, il fazzoletto-trapunta passerà di mano in mano e fra i suoni e le voci dome di mare, e lo sciaguattare nell'acqua presente come la laguna o l'oceano che circonda isole e navi, spruzzata, pestata dentro i bacili di legno che sono l'oggetto cifra di questo lavoro, la tragedia si compirà ineluttabilmente, e a nulla varranno i tentativi per fermare lo spaventoso destino di tutto.

Alla fine ognuno è seduto sul bordo del letticciuolo di Desdemona uccisa, come per una veglia funebre, Otello è lontano su di una seggiola; si avvicinerà con questa, e allora, gli altri, unitissimo gruppo, tutt'uno col giaciglio, si scosteranno lasciandolo nuovamente solo, lui e il suo sguardo di sotto in su, una, due, tre, quattro, cinque, non so quante volte, ma SEMPRE lasciandolo solo, nella sua disperazione per l'eternità. BUIO.

 

Emilio Campanella


Pas d'Anges

Già dal titolo i sei ragazzi scelti da Carolyn Carson, dal più folto gruppo della sua Academy Isola Danza, sotto il nome di Secondo Taglio, con il loro lavoro coreografico collettivo, ci pongono di fronte a un dilemma. Gli angeli ci sono, o non ci sono; seguiamo i loro passi, ovvero il loro/nostro - sinora fallito - anelito al volo ? Vero è che i danzatori sono quelli che maggiormente si avvicinano alla riuscita.

Roberto portato da Laura, quasi ci riesce, in uno degli episodi di maggior suggestione e tenerezza del pezzo, mentre gli altri si coccolano-cullano facendo capriole sulle voci dei Beatles (Girl); però lo stesso Roberto grida categoriche affermazioni intorno alla stessa esistenza degli angeli, che nella loro decisione, suscitano in noi più di una perplessità sulla sua convinzione.

Il lavoro è ancora, nel senso migliore del termine, "in progress" e necessita di qualche limata qua e là , come occorrerebbe una leggera spinta sul pedale dell'ironia che porrebbe in risalto la forte drammaticità di certi episodi equilibrando maggiormente l'insieme. Ci sono momenti di grande forze: Marte sulla panca a rotelle dove, praticamente, vive, accende piccole candele e sembra poi meditare su quella che, a distanza, pare una scacchiera luminosa.

Bisogna ammettere che la Carlson ha scelto oculatamente gli elementi (Roberto Casarotto, Lorenzo Dallai, Marte Lucchini, Carlotta Plebe, Laura Scudella, Patrizia Veneziano Broccia) che con un buon lavoro di gruppo si sono amalgamati a dispetto delle differenti personalità stilistiche le quali, invece che di Secondo Taglio, come si chiamano, sono delle bistecchine di primo taglio per giovinezza, entusiasmo, doti tecniche, intensità, cuore, pancia, testa.

La serata cui ho assistito, partita sotto la minaccia della tempesta metereologica , si è svolta, a causa di questo, nel suggestivo Teatro Piccolo Arsenale da poco restaurato dalla Biennale, piuttosto che sull'infelice palchetto del pur elegantissimo Campo Pisani.

Una delle qualità dello spettacolo è la durata ideale di poco più di 50' fra un inizio dolcissimo, con i danzatori distesi, con il capo verso il fondo delle scene e i piedini che pian piano nella penombra (le luci puntuali sono di Giulia Puchetti) si muovono; poi le teste ad alzarsi, come di bimbi, ma i piedi anche come piccole ali; fino alla chiusa con un bell'episodio sospeso, e la panca con sopra Marte, che qui ha un bel solo, spinta con il capo dalla "donna forta" del gruppo (Laura) ginocchioni, ed è un immagine ideale per la conclusione, e ti dici: come sarebbe bello se finisse così ed è il finale !

Tanto si capisce che il volo, questi angioletti (?) non sono destinati a spiccarlo, pur tentando il tutto per tutto, mentre i nostri giovani interpreti lo hanno già preso, eccome ! BRAVI !

La scelta musicale che spazia da Loibach a Geminiani, dai Beatles a Vivaldi oltre ad abili mix è merito del gusto di Mauro Casappa.

Emilio Campanella


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