ORSI ITALIANI MAGAZINE


Il Monastero

Un racconto di Ste

Non capisco ancora oggi come finii per trovarmi coinvolto nell'avventura che sto per narrarvi ed anche oggi, che sono passati piu' di dieci anni da quegli eventi, ed il mio corpo ne porta ancora segni tangibili e concreti, spesso la mia stessa ragione rifiuta di considerarli eventi reali, ma solo il frutto di una fervida fantasia o della qualita' particolarmente buona della roba che Rossano porto' con se e che io, lui e Davide ci fumammo durante i primi giorni di vacanza, prima che accadesse tutto questo.

Eravamo partiti da Milano a bordo dell'utilitaria di Davide e con in testa l'idea di visitare il centro e sud Italia, alla ricerca delle straordinarie bellezze della nostra Patria. Nelle ore immediatamente precedenti l'inizio della nostra avventura, percorrevamo una delle zone piu' selvagge dell'Appennino umbro. Guidava Rossano, mentre io e Davide, completamente fumati, stavamo schiacciando un pisolino e sognando campi fioriti, girandole colorate e camionisti orsi in tanga che ci attiravano fra le loro braccia. La realta' era ben diversa.

-Oh! Raga, guardate che casino!- Rossano ci desto' con veemenza.

-Cazzo c'hai da urlare?- Risposi.

In quel momento un fulmine illumino' i nostri volti e centro' un albero a poche decine di metri avanti a noi. Rossano sterzo' brutalmente e finimmo contro la scarpata, l'albero si schianto' fumante in mezzo alla strada e la pioggia, che aveva cominciato a cadere da qualche minuto, si fece piu' violenta.

Il cielo era del colore della notte, ma il mio orologio segnava solo le 19 e ricordavo che quando gettai il mozzicone dal finestrino, solo mezz'ora prima, il sole era caldo e brillante.

Rossano provo' a mettere in moto l'auto. Niente.

-E adesso che cazzo e' successo alla mia auto?- Davide, ancora assonnato, finalmente si rese conto dell'accaduto.

-Che cazzo e' successo, che cazzo e' successo, non lo so che cazzo ha sto catorcio!!!!- rispose Rossano.

Il quarto tentativo di Rossano ebbe successo, il motore si accese, ma l'auto era immobile, forse incastrata su di una roccia della scarpata. Scesi barcollando a dare un'occhiata. La pioggia era gelata e fittissima.

-Deve essersi rotto l'asse anteriore - Ipotizzai risalendo in auto.

-Ma porca puttana!!!! E adesso che cazzo facciamo? - disse Davide.

-E cosa vuoi fare? aspettiamo che smetta di piovere e poi aspetteremo che passi qualcuno - disse Rossano.

-E se non passa nessuno?- Ribatte' Davide. Io e Rossano ci scambiammo un'occhiata.

-Se non passa nessuno ce ne andiamo a piedi fino alla casa piu' vicina.- Proposi.

Rossano annui' con un cenno del capo, Davide si accascio' bestemmiando sul sedile posteriore.

Davide era il classico bel ragazzo. Alto, atletico, era un gran nuotatore con due pettorali sviluppati e massicci, un fisico snello e una schiena robusta. Aveva due belle gambe, forti e dritte e un sederino rotondo e sodo. Aveva un pessimo carattere, irascibile, nervoso. Amava organizzare le nostre vacanze, ma ad ogni imprevisto si alterava ed, anziche' prenderlacon filosofia, si incazzava e rimaneva intrattabile per tutto il viaggio. Aveva rasato i suoi bei capelli castani in occasione di questa vacanza. Il suo volto accigliato, decorato da un modesto pizzetto, con quei due bellissimi occhi azzurri inquieti, era piu' bello che mai.

-Che hai Dade? - Gli chiesi sfiorandogli delicatamente il ginocchio. Lui scosse la gamba, come se gli dessi fastidio, scrollo' le spalle, si pizzico' le palle e si mise a guardare fuori dal finestrino la pioggia che spruzzava gocce enormi sui vetri dell'auto.

-Che merda di vacanza!!!- Rispose.

-Ma non rompere sempre i coglioni!!!!! Ma fregatene!!!! Minchia!! Se sapevo che rompevi il cazzo cosi' non sarei venuto con te.- Rossano in quanto ad impazienza non lo batteva nessuno e non capisco ancora adesso come due teste di cazzo come loro potessero essere cosi' amici.

Rosso, aveva un anno in piu' di noi, la testa sulle spalle malgrado il suo vizio di fumare erba di ogni genere. Non aveva studiato con noi, era un amico di infanzia di Dade e lavorava da qualche anno come consulente del lavoro. Al contrario di Davide non faceva molta attivita' fisica, era piuttosto rotondetto, ma essendo quasi 1,85 la sua bella pancetta e le sue belle guance ripiene gli stavano d'incanto. Aveva molto pelo sul petto e gli piaceva la mountain bike con la quale macinava anche parecchi chilometri. Poi si sedeva al tavolo e ne divorava anche le gambe. Il profumo della sua pelle era buono e quando capitava di dormire nel letto con lui, magari dopo una estenuante serata di sesso, mi piaceva appoggiare la testa sul suo petto e lasciarmi cullare dal suo respiro.

Passammo in silenzio i minuti successivi e finalmente comincio' a spiovere. Il cielo era ancora molto nuvoloso e la temperatura si era di molto abbassata.

-Allora? Che facciamo?- chiesi.

-Gambe in spalla?- chiese il Rosso. Guardammo il bel Dade con aria interrogativa. Lui ci fisso', fece una smorfia e accenno' un lieve sorriso.

-Dai, gambe in spalla!! - decreto' e mi diede un tenero buffetto sulla nuca.

Scendendo dall'auto il fresco della foresta ci fece rabbrividire. Recuperammo i nostri zaini dal bagagliaio e ci incamminammo lungo la strada, in direzione dell'albero abbattuto. Improvvisamente alle nostre spalle un clacson ci fece trasalire. Era un grosso fuoristrada scuro, silenziosissimo, con i vetri neri. Se ne stava fermo a motore acceso al centro della strada. Dade fece un cenno con la mano e si avvicino' al finestrino laterale di guida specchiandosi nel vetro.

-Scusi, potrebbe aiutarci per favore? Abbiamo l'auto in panne - con un sibilo sinistro, il vetro elettrico si abbasso' ed un frate in saio marrone, con una bel faccione rotondo ed una bella barba bianca ci guardo' sorridendo con due occhioni dolcissimi.

-Buongiorno figlioli, che cosa vi e' capitato?- Io e Rosso ci guardammo divertiti. Vedere un frate alla guida di un fuoristrada da cinquantamila euro non era da tutti i giorni e ci avvicinammo incuriositi.

-Buongiorno Padre - riprese Davide -Abbiamo avuto un piccolo incidente con l'auto e siamo a piedi. Potrebbe aiutarci? -

-Volentieri figlioli, montate su ma dovrete lasciare gli zaini, purtroppo arrivo dal paese e ho l'auto piena di vettovaglie, non ho molto spazio qui sopra.- Torneremo a prenderli dopo aver scaricato.-

-Si, grazie Padre, veniamo volentieri.- E dopo avere riportato la roba in auto, salimmo con il buon Padre sul suo bolide.

-Da dove venite ragazzi?-

-Siamo di Milano.-

-Ah, Milano e siete in vacanza insieme? -

-Si', esatto.-

-Voi soli?- ci fu un istante di silenzio-

-..Si, solo noi tre.- rispose Dade.

-Ma come? Tre bei ragazzi come voi e niente ragazze?- chiese con una certa audacia.

-Diciamo che al momento siamo fuori mercato.- conclusi definitivamente io. Se solo il buon Padre avesse saputo che non ci servivano le ragazze, ma eravamo autosufficienti, forse non ci avrebbe offerto di dormire in un monastero circondati da tanti altri uomini che facevano della verginita' un valore cosi' irrinunciabile o forse si'?

Il Padre imbocco' un sentiero in salita, nascosto da grossi cespugli appena prima dell'albero caduto. L'auto sobbalzava violentemente e si inerpico' per qualche chilometro fra alberi secolari e fronzuti.

L'oscurita' era pressoche' totale, tanto che l'auto viaggiava a fari accesi. Io ero seduto sul sedile anteriore, accanto al Padre. Pilotava il mezzo con maestria e cio' mi indusse ad osservare quell'uomo, al di la' della eccitazione che provavo per quel suo fisico ammirevole, con maggiore attenzione.

Sui sessanta, forse piu' giovane, con una bellissima barba bianca e folta. Una pelle incredibilmente soda, senza rughe. Due spalle larghe e forti, un gran bel fisico e una bellissima pancetta appena accennata. In grembo si notava un rigonfiamento molto interessante, ma la cosa che mi interesso' di piu' fu l'anello che portava al dito. Era un grosso anello in oro sul quale brillavano due piccole pietre rosse, due rubini. Non decifrai subito il motivo ornamentale, ma somigliava vagamente alla testa di un cane. Davvero un oggetto strano per un monaco.

Ad un certo punto mi parve di scorgere qualcosa fra gli alberi, come un'ombra agile e velocissima che si muoveva di albero in albero inseguendo o segnando il percorso del nostro fuoristrada. Rimasi incantato per qualche istante e il buon Padre mi guardo' con la coda dell'occhio, come ad accertarsi della mia reazione. Pensai che potesse essere un'impressione o un gioco di luci e ritornai in me.

Sobbalzando ripetutamente uscimmo in una piccola radura e di fronte a noi apparvero le vestigia di un castello medievale.

-Accidenti, ma che posto e'?- chiesi con stupore.

-Questo e' chiamato il Castello del Diavolo - rispose il Padre.

-Del Diavolo?- ripete' Rossano come a sincerarsi di avere udito bene la prima volta.

-Si racconta che nel medioevo in una cella segreta nelle viscere della montagna, un frate del nostro ordine abbia rinchiuso il Demonio.-

-Bell'ambientino - esclamo' Davide, il piu' superstizioso del gruppo, e si palpo' accuratamente fra le gambe. Il gesto non passo' inosservato al Padre che sogghigno' e disse:

- Non ditemi che tre omaccioni come voi credono a queste leggende...-

-Ma figuriamoci!! Non siamo mica bambini!!- ironizzai. Ma il pensiero di cio' che disse il frate mi inquietava.

Dietro i ruderi del castello apparve un grande edificio simile ad una delle nostre fattorie della pianura Padana. Era il convento del nostro Padre.

-Eccoci arrivati, per stanotte sarete ospiti miei e dei miei confratelli.- Il fuoristrada freno' di colpo proprio davanti al portone del monastero e, dopo due colpi di clacson, il portone si dischiuse di fronte ad un ampio cortile circondato da mura molto alte. Era molto buio e una leggera foschia stava intorbidendo l'aria, ma mi parve di vedere solo edifici fatiscenti, una chiesa anch'essa in rovina ed un altro portone di fronte alquale ci attendeva un altro frate.

-Figlioli miei, mi aiutate con la spesa?- chiese gentilmente il nostro ospite.

-Certo, naturalmente, Padre - e mentre Davide e Rossano cominciarono a scaricare l'auto, io diedi un'occhiata al cortile.

La mano forte e decisa del Padre mi afferro' il polso strattonandomi.

-Io non mi avvicinerei figliolo, purtroppo il convento e' pericolante, rischi di metterti nei guai.-

-Mi perdoni Padre, vi aiuto a scaricare - e cosi' finsi di non badare ad un'altra strana ombra che sembrava ritirarsi in una delle porte dell'edificio adiacente la chiesa.

-Questi e' Padre Amedeo, il cuciniere. Ah, che sciocco, io sono Padre Lucio, non ci siamo ancora presentati.-

-Padre - salutammo all'unisono. Il Padre Amedeo non rispose, si inchino' semplicemente appoggiando una mano sulla mia spalla in segno di accoglienza e ci mostro' il corridoio. Non mi resi conto immediatamente, ma quel contatto mi disturbo' moltissimo. Le sue dita erano forti, fredde, mi infastidirono. E non avrebbero dovuto. Il Padre Amedeo era un maschione di almeno cento chili, due braccia lunghe, due mani grandi e forti. Le sue mani erano giovani, grassottelle, pelosissime e quel poco che riuscii a vedere del suo viso, cioe' il mento imberbe e due labbra pallide e tirate, davano l'idea di un bell'uomo, aitante e muscoloso. Notai che portava al dito un anello molto simile a quello di Padre Lucio ed ipotizzai che fosse un qualche segno distintivo di quell'ordine.

Mentre Padre Lucio non indossava il cappuccio ed era loquace e sorridente, notai che Padre Amedeo non se lo tolse per tutto il tempo che resto' con noi e non disse una parola. L'ingresso del monastero era stretto e buio, immerso nella penombra come tutto il resto dei locali. Le pareti grigiastre e ammuffite, soffitti in legno, con grosse travi centenarie e pavimenti in pietra grigia. Sembrava che il tempo in quel luogo si fosse fermato a qualche secolo prima.

Padre Lucio ci porto' al piano di sopra percorrendo una scaletta ed un pavimento di legno cigolante. Sul corridoio si affacciavano diverse porte. Il Padre ne apri' una.

-Dobbiamo dormire qui? - chiese avventatamente Dade. Gli lanciai un'occhiataccia e cercai di salvare la situazione.

-Sono molto accoglienti le vostre celle, non ci e' mai capitato di dormire in un monastero, non vorremmo disturbare.- dissi con ipocrisia osservando la polvere e le ragnatele della stanzetta. Una candela illuminava una branda da carcerati, un tavolino spoglio ed una seggiola.

-Ma c'e' un solo letto.- osservo' Rossano.

-Ognuno di voi avra' la propria cella.- Rispose freddamente Padre Lucio.

-Meraviglioso!!!- sorrisi scioccamente.

-Allora io mi piazzo qui.- dissi.

-Bene, voi due figlioli venite con me.- Disse un po' rabbonito Padre Lucio. I tre si incamminarono lungo il corridoio.

-Buonanotte Ste.- e svoltarono l'angolo.

-Buonanotte ragazzi, buonanotte Padre.- ed entrai.

La stanza era fredda, sembrava che la temperatura si fosse abbassata improvvisamente. Mi ricordai degli zaini e tentai di riaprire la porta per chiedere a Padre Lucio di riportarci a recuperare la nostra roba. La porta era chiusa. Tentai di scuoterla ma la pesante porta di quercia non si mosse di un millimetro.

-Ok, stiamo calmi.- Guardai l'orologio.

-Non è possibile!!!! E' mezzanotte passata!!! Quand'e' cosi' se ne riparlera' domattina.-

Mi tolsi i bermuda e la maglietta, restando in slip. Il freddo della stanza mi inturgidi' i capezzoli e mi fece rizzare il pelo sul petto, sulla schiena e sulle gambe. Tolsi i sandali e restai a piedi nudi, quindi mi sdraiai sul giaciglio giocherellando un po' con i miei capezzoli e con il randello in fase di rassodamento. Non ne ero sicuro, ma da quando entrai in quella cella avevo come l'impressione di essere osservato. Ma questa sensazione si faceva sempre meno piacevole e cominciava ad impaurirmi. Non era la solita piacevole sensazione di essere l'oggetto di qualche voyeur che mentre mi guardava si masturbava eccitato, questa volta cominciai a provare un certo senso di disagio. Mi infilai sotto le coperte dove l'umidita' ed il freddo mi fecero rabbrividire. Ero stanco, spossato, era come se la vacanza appena iniziata mi stesse pesando tutta insieme sulla testa.

Credo di essermi assopito per pochissimi minuti. Mi svegliai di soprassalto quando mi parve di avvertire una presenza nella stanza. Mi sollevai con il busto puntellandomi con le braccia dietro la schiena e vidi di fronte alla porta della cella un'ombra scura e consistente che sembrava fissarmi. Un raggio di luna metallica illuminava il letto ed il mio corpo nudo, punteggiato da gocce di sudore. Improvvisamente due mani fortissime e gelide sbucarono dal buio della stanza e mi afferrarono per i polsi strattonando le braccia fino a farmi ricadere pesantemente sul letto. Quelle che mi immobilizzavano erano figure in abiti monacali. Le loro mani avevano il pallore e la freddezza della morte e grugnivano nel tentativo di tenermi immobilizzato al letto. Cercai di dimenarmi con tutta la forza che avevo, inutilmente. Il terrore e l'eccitazione insieme mi impedirono di urlare. Sentivo le caviglie dolorosamente bloccate da una morsa strettissima e le mie gambe venivano lentamente divaricate da quella forza incredibile e malgrado le mie cosce fossero muscolose e fortissime, non mi riusci' di impedire loro di manipolare il mio corpo a loro piacimento. In quegli istanti non ero nemmeno sicuro di voler impedire loro di toccarmi e, chissa', di abusare di me. In quei momenti non sapevo ancora con chi avevo a che fare. Trascorsero alcuni minuti nei quali in mio corpo muscoloso fu scosso dai fremiti e dalle tensioni di quella lotta, quando la figura in piedi davanti alla porta si avvicino' lentamente al letto, quasi galleggiando nell'aria. Vidi luccicare un pietra rossa e subito dopo un colpo al volto mi tramorti'.

I Padri attorno a me non dicevano una parola mentre mi sollevavano e mi trascinavano semi incosciente giu' da una scaletta in pietra fredda e umida, ma ansimavano e sbuffavano come locomotive. Due di loro mi sorreggevano per le braccia. Puzzavano terribilmente di morto ed erano freddi come cadaveri. Sotto quelle tonache avvertivo le vibranti muscolature dei loro corpi. Essi eccitavano la mia fantasia. Non so in quanti fossero, forse quattro o cinque ed io ero in loro potere. Due mi sorreggevano, qualcuno ci precedeva, altri ci seguivano. Gocce d'acqua gelida cadevano dal soffitto sulle spalle, sulla schiena e sul mio petto sporgente e mi facevano rabbrividire, inturgidivano i miei capezzoli e rassodavano la mia nerchia desiderosa ed anelante quella compagnia maschile di cui ero circondato.

Ero scalzo e camminavamo su scalini viscidi, scivolosi e freddi, come se fossero rivestiti di muschio.

-Noooo, dove mi state portando? - piagnucolai ancora semicosciente per il colpo sferratomi. Non ricevetti alcuna risposta.

Il buio era totale, attorno a me riuscivo a sentire i grugniti ed i rantoli degli esseri che mi circondavano, sentivo viscide ragnatele strusciarmi il corpo e dal fondo di quel pozzo infernale nel quale mi stavano trascinando sembrava provenire una corrente calda e soffocante, accompagnata da mormorii, da lamenti, da urla strazianti che si facevano sempre piu' forti e sempre piu' angoscianti. Il cuore mi sobbalzava nel petto ad ogni passo, ma la mia volonta' di ribellione non si era ancora assopita.

-LASCIATEMI !!! CHE VOLETE FARMI ?- Niente anche questa volta. Tentai di divincolarmi, ero deciso a non cedere, ma un colpo alla schiena, una terribile frustata, mi fece bruciare la pelle.

-AAAHHHH!!! No, vi prego, che volete?-

Finalmente in fondo alla scala si intravide una luce calda, giallastra, tremolante. Il caldo si faceva sempre piu' intenso, soffocante e io cominciai a sudare. Il sudore mi colava negli occhi e gli occhi mi bruciavano, ma non potevo asciugarmeli e sbattevo le ciglia e strizzavo gli occhi per tentare di resistere al bruciore. Mi accorsi in quegli istanti che il mormorio udito in precedenza stava diventando un lamento straziante, forte e raggelante. Entrammo in una caverna torrida e afosa con un pavimento in sabbia bianchissima e luccicante. Attorno alle pareti brillavano fiaccole e bracieri, ma non erano quei piccoli fuochi a rendere l'aria quasi incandescente, ma un vapore bianco e fitto, una nebbia che si levava da una pozza di acqua o di melma puzzolente di zolfo e di cadavere che si trovava ai piedi di una scalinata. In fondo alla grotta, da dove provenivano le grida, alcuni scalini davano accesso ad una piattaforma sulla quale si ergeva una sorta di altare poco illuminato da poche flebili candele. Ai lati dell'altare due frati incappucciati di dimensioni imponenti stavano con le braccia incrociate sul petto e le gambe divaricate. Le loro caviglie ed i calzari spuntavano dai lati della tonaca ed erano caviglie sottili e villose che si allargavano magnificamente verso l'alto a prendere via via la forma di muscolosissimi polpacci.

Le loro braccia erano nude e muscolose, coperte di una sensualissima peluria nera, le mani poggiate su quei bicipiti rotondi e sodi.

Dietro l'altare vidi una gogna alla quale era immobilizzato Dade. Piegato a novanta, con la testa e i polsi chiusi in quell'attrezzo di tortura, urlava, piangeva e implorava il mio aiuto.

-AIUTO, STE, TI SUPPLICO AIUTAMIIII!!! AAAAHHHHH!!!!!-

Le sue suppliche erano intervallate da urla strazianti piu' forti e violente. Il suo corpo era sbattuto in avanti e ritratto all'indietro ritmicamente, tanto che i suoi polsi ed il suo collo strisciavano dolorosamente entro i fori della gogna procurandogli lacerazioni ed ecchimosi.

-DADE!!!! DADEEEEEE!!! - Cercai di divincolarmi.

-NOOOO!!! CHE COSA GLI STATE FACENDOOOOO!!!- Tutto inutile. Dade continuo' ad urlare ed implorare per molti minuti ed il suo supplizio sembrava non finire mai.

Altri lamenti, un altro tormento, un'altra vittima attiro' la mia attenzione.

In un angolo a destra dell'ingresso vidi Rossano. Era crocifisso, incatenato alla parete, completamente nudo, con la testa ciondolante a destra e sinistra e le gambe divaricate. Rivoli di sangue gocciolavano da ogni parte del suo bel corpo muscoloso in un recipiente di metallo. Quattro monaci lo leccavano in tutto il corpo bevendo il sangue che sgorgava dai tagli e dai forellini praticati sul petto, sulle costole e sulle belle gambe robuste. Soffriva terribilmente, ma sembrava ormai esausto e rassegnato al suo terribile destino. Di tanto in tanto scuoteva la testa, sollevava il volto insanguinato per le botte ricevute e teneva gli occhi chiusi, incrostati dal sangue rappreso. Digrignava i denti e ansimava gonfiando il suo bellissimo petto e quando i frati avevano terminato di abbeverarsi, uno di loro che assisteva compiaciuto alla scena, estraeva uno spillone d'oro, simili a quelli usati per i lavori a maglia e glielo conficcava con forza nel corpo. Rosso, impazzito dal dolore, si dimenava, urlava, piangeva, le sue urla e quelle del mio Dade mi torturavano il cervello, auguravo loro di morire per non soffrire cosi' tanto. Uno dei padri era in ginocchio davanti a lui. Gli palpeggiava il pisello e le natiche robuste e lo spompinava con forza. Rosso aveva una generosissima erezione.

- ROSSO !!!! MALEDETTI, LASCIATEMI !!! - e riuscii a svincolarmi dalla loro presa. Corsi verso di lui.

-VIA, LASCIATELO STARE !!!! - e presi a spingere via dal corpo del Rosso con calci e pugni quei frati assassini. Lo abbracciai, quasi a proteggerlo con il mio corpo ed un fiotto del suo sangue fuoriuscito da una delle sue ferite mi raggiunse in viso.

-Ste..aiutami - La sua voce era debole. Non apri' gli occhi, ma mi riconobbe.

-Rosso !!! Resisti, ti prego, non lasciarci - ma venni strappato via da lui da quegli uomini incappucciati e sbattuto a terra mentre il gruppo gli si fece nuovamente attorno emettendo suoni animaleschi e strani e ripresero a leccarlo e tormentarlo.

Mi portarono al centro della grotta, nel mezzo di uno strano disegno tracciato su di una roccia piatta. Era a forma di cerchio, con una stella a cinque punte nel mezzo e pezzi di interiora disseminati attorno con una logica a me sconosciuta. Il disegno era tracciato con un liquido rosso, forse sangue. Mi fecero inginocchiare, divaricandomi le gambe fino a farmi gridare di dolore, e mi immobilizzarono fissando dei nastri metallici attorno alle ginocchia. Le braccia mi furono piegate all'indietro e mi appesero per i gomiti ad una catena che scendeva dal soffitto. Mi strapparono gli slip lasciandomi completamente nudo, con la mia bella mazza rassodata ed il buco del culo ben esposto. Ero leggermente piegato in avanti e vidi i calzari di un frate avvicinarsi a me. Sollevai lo sguardo. Il monaco di fronte a me si tolse finalmente il cappuccio. Il suo volto pallido e scavato, i pochi capelli sparsi ingrigiti lo facevano somigliare ad un cadavere, apri' gli occhi e mi guardo' con quegli occhi rossi digrignando i denti simili a quelli di un vampiro. Allungo' le sue fredde dita sui miei capezzoli, pizzicandomeli con sapiente morbosita' e disegnando la forma dei miei pettorali gonfi e pelosi che si rivelavano in tutto il loro splendore, tesi com'erano dallo sforzo che mi costringevano a compiere. Si accovaccio'. Le sue abili mani raggiunsero il mio arnese, ormai un pezzo di marmo caldo e umido e presero a segarmelo con forza. Mi fissava negli occhi mentre mi segava l'uccello e digrignava i denti per lo sforzo che stava compiendo. Voleva scorgere nei miei occhi il terrore e invece io resistetti fissandolo con fierezza anche quando sentivo che stavo per eiaculargli addosso la mia crema calda. Avvertii un forte bruciore che mi fece gemere un solo istante. Mi aveva strappato il frenulo e continuava a masturbarmi mentre la mano gli si riempiva di sangue. Improvvisamente la ritrasse e la porto' alla bocca leccando via il liquido rosso. Sorrise e quel viso demoniaco mi raggelo' il sangue. Non ebbi il tempo di dire nulla. Appoggio' l'unghia appuntita e tagliente del suo dito sul mio petto e comincio' lentamente a lacerarmi la pelle. La sua unghia aveva l'effetto di una lametta e rivoli di sangue rosso e caldo cominciarono a rigarmi il torace gocciolando sulla pietra.

-MMMMMMHHHHHH!!!!!- Cercai di trattenere le urla di orrore e di dolore mordendomi le labbra. Accorsero altri frati che cominciarono a ferirmi in eguale modo la schiena, le natiche, le cosce ed i polpacci ed a succhiare il mio sangue con la voracita' di un predatore affamato. Due di loro mi torturavano il petto, lacerandomi con i loro denti appuntiti e mi succhiavano i capezzoli con forza. Uno di loro, inginocchiato fra le mie gambe aperte mi mordeva le cosce e le gambe e approfittava del poco sangue che mi usciva dal cazzo per spompinarmi. Altri due mi squarciavano la schiena. Le loro bocche fameliche mi stavano lentamente dissanguando.

Le loro mani gelide mi eccitavano terribilmente ed il contatto delle loro lingue viscide e urticanti mi tolsero il respiro. Era come farsi accarezzare da un mazzo di ortiche, avevo il cazzo in fiamme e godevo incredibilmente. La bocca del frate spompinatore era fredda e umida ed esperta, tanto che fui li' per venirgli in gola.

Davide continuava ad urlare e ad implorare un aiuto che non potevo dargli, che forse non mi interessava dargli perche' avevo la mente ormai perduta nell'immenso piacere che provavo. Le sue urla erano strazianti. Percepii che qualcosa si muoveva dietro di lui ed emetteva lamenti simili a quelli di un cane. Le urla di Davide durarono almeno trenta minuti da quando iniziai a percepirli scendendo la scaletta e cessarono quasi improvvisamente, lasciando spazio ai singhiozzi ed alle lacrime di disperazione del ragazzo. Dietro di lui una grande porta di ferro era aperta e l'antro buio che rivelava mi terrorizzava. Qualunque cosa fosse quel movimento alle spalle di Dade, sembrava uscito da quella porta o destinato ad entrarci. Quella cosa lascio' Dade e si manifesto' alla luce delle candele. Era un corpo gigantesco, almeno due metri di altezza, un corpo da uomo, muscoloso e possente, peloso come uno scimmione. Era completamente nudo ed aveva fra le gambe un cazzone lungo almeno trenta centimetri, scappellato, con una grossa fragola violacea e lucida, larga cinque o sei con la quale aveva appena terminato di fottere il mio amico. Le sue mani erano simili a quelle di un uomo, ma aveva unghie lunghe e nere ed era scalzo. Fece qualche passo avanti e la luce delle candele illumino' il suo volto. Era Padre Lucio, gli occhi rossi sbarrati, la bella barba rossa di sangue che gocciolava sul suo bellissimo torace villoso. Un sorriso demoniaco che gli stravolgeva il volto e denti acuminati gocciolanti di saliva e sangue.

Tentai di scuotere le catene nel tentativo di liberarmi. Tutto inutile. Ero terrorizzato. Non sentivo nemmeno piu' il dolore dei tagli che mi procuravano i monaci o qualunque cosa fossero quelle creature. Il Padre, o qualunque cosa fosse, lancio' un ululato scese le scale venendo nella mia direzione.

Vidi alle sue spalle Davide che continuava a piangere. Venne raggiunto da due monaci che approfittarono di lui senza pieta'. Si tolsero la tonaca rivelando la loro vera natura demoniaca. Erano esseri muscolosissimi, glabri, pallidi, con una lunga coda e nerchie di dimensioni eccezionali. Avevano gli occhi iniettati di sangue e bocche larghe, fornite di denti acuminati e lunghi. Dade riprese ad urlare mentre il demone dietro di lui gli devastava il buco penetrandolo brutalmente e gioendo delle sofferenze che procurava al mio amico. I suoi urli furono quasi immediatamente soffocati dal randello del demone di fronte, ficcato in gola. Quell'essere comincio'o' a pompare drizzando la coda, contraendo le natiche e afferrandogli la testa con le sue unghie ad artiglio.

Padre Lucio si avvicino' a me con le mani ai fianchi e quelle sue gambe muscolose e pelose ben divaricate e un uccello sproporzionato dritto e duro come un obelisco egiziano. Mi guardava con gli occhi rossi lucenti e ansimava gonfiando il petto.

-Pensavi di poter sfuggire al Nostro potere?- chiese con voce rauca e cavernosa.

-Chi sei?- chiesi con timore.

-Sono il Principe dei Dannati, sono Lucifero!!!- I mostri ulularono come i lupi.

- CHE COSA VUOI DA NOI ???? -

-Come? A tre froci come voi non piacerebbe restare qui con noi? Pensaci Ste, questo incubo che state vivendo potrebbe trasformarsi in uno splendido paradiso - Fece un passo in avanti sbattendomi sotto il naso quel suo arnese gonfio e violaceo. Odorava di maschio ed io ne fui subito inebriato.

-Non hai che da prenderlo...non ti piacerebbe? Lo so che lo vuoi.. avanti..dai.- E continuava a farmelo ciondolare davanti. Lo volevo, riusciva a leggere nella mia mente, sapeva che avrei voluto essere la sua puttana per tutto il tempo che lo avrebbe divertito, fosse anche per l'eternita'. Non mi fregava piu' un cazzo di Rosso e delle sue sofferenze, non mi fregava di Dade e di cio' che gli stava capitando. Il frate riusciva a condizionare la mia mente ad indurmi in tentazione. Aprii la bocca e la avvicinai a quel randello sovrumano, anelavo possederlo fra le mie labbra. Chiusi gli occhi e avvertii le possenti mani del demone stringermi la nuca e spingermi delicatamente verso di lui.

-Bravo Ste - rantolava con la sua voce infernale.

-Abbandonati e staremo insieme per l'eternita'- La sua voce mi ipnotizzava, trapanava il mio cervello e condizionava il mio volere. Sentivo altre presenze attorno a me. I miei capezzoli turgidi erano sfiorati ripetutamente da mani sconosciute, titillati da unghie dure e appuntite, pizzicati come corde di una chitarra. Io tenevo gli occhi chiusi e lasciavo che mi segassero il cazzo, che massaggiassero il mio buco del culo per prepararlo, speravo, alla piu' eccitante inculata che avessi mai subito. Invidiavo il mio amico che veniva brutalmente stuprato da quegli esseri senza pieta', anelavo di ricevere lo stesso trattamento. Volevo essere posseduto da quel demonio, volevo che il suo enorme pisello sventrasse le mie viscere.

Una lingua fredda e ruvida passava ripetutamente sul mio buco, cercava di entrare ed io lasciavo che i muscoli del mio ano si rilassassero e favorissero il tentativo del demone di possedermi con la lingua. Tenevo la bocca aperta in attesa che Lucifero ne approfittasse. Lui mi accarezzava la testa, le guance e finalmente sulle mie labbra avvertii il tocco della sua cappella. Ingoiai quell'enorme cosa e la bestia emise un lungo rantolo di piacere.

-NOOOO!!!! NON FARLO STE!!!!- Rosso in un ultimo anelito di vita mi fece ridestare dal torpore della passione nel quale ero precipitato.

-FATELO TACEREEE!!!!!!- sbraito' il demone. Ma il suo incantesimo era ormai spezzato. Mi guardo' rabbioso e crudele.

-SIETE SOLO DEI PICCOLI ESSERI INSIGNIFICANTI!!!!- Urlo' e mi sferro' un fortissimo colpo al viso che mi tramorti'.

Il mostro emise un rauco suono, giro' alle mie spalle e si porto' con il randello all'altezza del mio sedere. Mi afferro' le natiche palpeggiandomele a lungo. Il mio cuore batteva all,impazzata. Da dietro le spalle comincio' ad incularmi con la sua mazza mostruosa. Il dolore che provai alla penetrazione della sola cappella fu atroce. Il demone guai' come un cane ed estrasse con fatica il suo cazzo dal mio culo. Mi penetro' nuovamente procurandomi altre atroci sofferenze.

Ero senza fiato dal dolore, le lacrime mi sgorgavano dagli occhi e il sangue mi colava lungo le cosce. Entrava ed usciva lentamente, lo fece per una decina di volte aspettando che io urlassi di dolore. Quando si accorse che resistevo affondo' le sue unghie nel mio petto e comincio' a montarmi rimanendo dentro di me e pompando.

-MMMMMHHHH !!!- Soffocai le mie grida finche' resistetti, poi cedetti al dolore.

-AAAHHHH !!!! AAAHHHH !!!!- Presi ad agitare le gambe come se potesse servirmi a fuggire da quel dolore immenso e inevitabile In quel momento compresi la sofferenza di Davide, ma a differenza di lui, riuscii a sopportare abbastanza bene perche' dopo i primi minuti di monta il mio buco si era abituato abbastanza bene. Intanto la fila dietro Dade si era allungata e la sua sofferenza si faceva sempre meno evidente ed i rantoli che mandava sembravano essere quelli di uno straordinario ed immenso piacere. Dade svenne, ma la sodomizzazione proseguiva senza sosta. Il mostro mi penetrava sempre piu' a fondo menando botte sempre piu' veloci. Ero in estasi, spargevo sperma davanti a me, come un fiume in piena. Il mostro mi sbuffava il suo alito puzzolente sul collo e la sua bava, colando sulle mie ferite, mi bruciava come piombo fuso.

-AAAHHHH !!!!!- Urlai di dolore e di piacere e mi dibattei per mezz,ora, tanto duro' la monta e quando il mostro si fu saziato di me, mi svuoto' i suoi testicoli nel buco e mi lascio' andare gocciolante di sperma e sanguinante. Rossano, ormai pallido ed esangue, scosso da rari tremiti, solo, nudo e imbrattato di sangue e saliva non gemeva piu' da alcuni minuti. Gli gettarono addosso una secchiata di acqua gelida. Emise un grido soffocato e si scosse. Era vivo. Lo staccarono dalla parete e lo trascinarono dolorante oltre quella porta.

-ROSSO !!!! ROSSO !!!!! Sono Ste, mi senti?- Gli urlai mentre lo trascinavano via. Lui mi sorrise.

-E' tutto OK, campione - bisbiglio' passandomi accanto. Cominciai a singhiozzare e Padre Lucio, che impartiva le disposizioni ai suoi adepti, mi venne vicino e mi schiaffeggio'.

-ZITTO OMUNCOLO !!! Ora avrete l'onore di incontrare il Maestro !!! Noi vi abbiamo preparato a cosi' grande onore ed Egli ci ricompensera' con altri cento anni di vita sulla Terra -

Dade venne liberato e portato via con Rossano.

-STE !!!! COSA CI SUCCEDERA' !!! - mi urlo' Dade. Ma il seguito non lo compresi.

Poi fu il mio turno. Quattro demoni mi trascinarono dolorante in quell'antro gelido male illuminato da fiaccole azzurre, nella quale ogni rumore era soffocato. Udivo solamente il gocciolare dell'umidita' sopra i nostri corpi. Avevo i capezzoli turgidi e freddi. Ci legarono a catene che scendevano dal soffitto, costringendoci a restare sulle punte dei piedi, quindi uscirono richiudendo la pesante porta e lasciandoci nella totale oscurita'. Tentai di parlare, di chiamare i miei amici che sapevo essere vicini ma che non vedevo, ma la voce sembrava non uscirmi dalla gola.

Un braciere con una agghiacciante fiamma azzurra si accese improvvisamente in mezzo a noi e ci trovammo di fronte un essere mostruoso. Aveva lunghi capelli neri che scendevano sulla schiena e sulle spalle, un corpo atletico, muscoloso, asciutto e glabro, carnagione bianchissima, percorsa da grosse vene pulsanti. Indossava una camicia lacera, aperta sul davanti, senza maniche, con un grosso colletto di pizzo. I pantaloni neri erano stracciati all'altezza del ginocchio ed aveva le gambe nude e piedi scalzi. Aveva due occhi bianchi, raggelanti, brillanti e ipnotizzanti. Restammo a bocca aperta, consapevoli di trovarci di fronte al Maestro degli inferi.

Eravamo legati al centro di un santuario. Satana se ne stava seduto su di un trono e noi tre incatenati di fronte a lui. Il silenzio fu totale.

Il Maestro si alzo' e si avvicino' a me con il suo sorriso demoniaco e mi giro' alle spalle. Si avvinghio' a me. Lo sentivo penetrarmi con una forza incredibile, lo sentivo risalirmi le viscere, lo sentivo dilatarmi gli intestini. Urlai, urlai pazzo di orrore, ma non mi usci' alcun suono perche' qualcosa cominciava a risalirmi dall'esofago. Prima di svenire vomitai qualcosa che somigliava ad un serpente bianco e molliccio..non ricordo altro.

Non so dopo quanto tempo ripresi i sensi. E fu strano ritrovarmi nel mio letto, sudato, bagnato di lacrime ed insozzato di sperma, ma vivo. Di fronte a me Davide e Rossano mi scuotevano con forza, preoccupati del mio stato.

-Ste !!! Cazzo !!!! SVEGLIATI !!! -

-Che cosa e' successo? - chiesi rincretinito.

-E' tutta la notte che ti agiti, che strilli e che sborri come un satiro. Non ci riusciva di svegliarti!!! Ma che hai? Tutto bene?-

-Sssssi ! Credo !!! Non lo so !!! Mio Dio ragazzi sono felice di vedervi !!! Come state?-

-Noi Benissimo. Tu piuttosto?- disse Rossano. Li abbracciai.

-Cazzo, Ste !!! Sei un bagno di sudore !!! - protesto' Dade. Ma ricevetti piu' pacche sulla schiena, come conforto.

Guardai il mio corpo alla ricerca delle ferite. Nulla. Era stato tutto un sogno? Ma era stato cosi' reale, cosi' vero. La notte sembrava ormai passata e la debole luce dell'aurora si faceva largo tra le assi sconnesse delle imposte, filtrava nella cella fendendo la polvere luccicante.

-Ragazzi, ce ne andiamo?- chiesi.

-Di gia'? Perche' vuoi andare, si sta cosi' bene qui - disse Davide.

-No, vi prego, voglio andare via.-

-Uhmmmm !! Padre Lucio ne sara' contrariato - La voce di Rossano si faceva piu' roca.

-Vi supplico ragazzi - Implorai e li guardai negli occhi.

I due si lanciarono un'occhiata. Dade alzo' le spalle e Rosso riprese a parlare.

-Va bene, se non ti va di restare ce ne andremo, basta che ti calmi !!! -

Balzai dal letto e mi infilai i sandali. Rosso raccolse da terra i miei bermuda e la maglietta e me li porse sorridendo. Mi rivestii in fretta ed uscimmo dalla cella.

Percorremmo il breve corridoio fino alla scaletta e scendemmo nell,ingresso dove trovammo Padre Lucio che stava rientrando.

-Ben svegliati figlioli, avete trascorso una buona nottata?- Il suo volto dolce e sorridente mi trattenne per un momento.

-Buongiorno, Padre... - Risposi imbarazzato. Vedevo dentro i suoi occhi il mostro che ci aveva torturato, non riuscii a sostenerne lo sguardo e cominciai a sudare.

-Ma cosa state facendo? Non ve ne andrete mica via, vero?- Chiese umilmente.

-Ci dispiace Padre, ma dobbiamo riprendere la nostra strada. Grazie per l'ospitalita'.-

-Aspetta figliolo !!- E la sua mano forte e fredda mi afferro' il polso.

-MI LASCI !!!- E mi liberai dalla sua morsa.

Davide e Rossano mi guardarono stupefatti.

-Ste, ma cosa...?- Comincio' Rossano.

-Ti sta dando di volta il cervello ??- Riprese Davide.

-Lo perdoni, Padre. Ha avuto una nottata di incubi e quando Ste non riposa... -

Mi avvicinai a Padre Lucio e lo fissai coraggiosamente negli occhi. Forse ero stato ingiusto, i suoi occhi languidi domarono la mia furia con un solo sguardo. Lo abbracciai saggiando la morbida rotondita' delle sue forme.

-Mi perdoni, Padre. Grazie di tutto -

-Grazie a voi figlioli, vi saremo grati per i prossimi cento anni - Lo guardai. Mi guardo' sorridente.

- Addio Padre, e grazie ancora !!! - Davide sfoggio' il suo bellissimo sorriso, Rosso levo' il braccio e il Padre ci benedisse.

- Buon viaggio, ragazzi miei !!!- E riprendemmo il cammino.

Dopo un centinaio di metri iniziai ad avvertire un certo prurito su di una spalla. Mi tolsi la maglietta per vedere cosa fosse e notai un eritema sanguinolento.

-Dade, per favore mi dai un'occhiata qui?- E gli mostrai la spalla.

-Ah ! Non e' nulla, forse ti ha punto un insetto. Guarda, a me ha punto sul polpaccio ed a Rosso sul dorso della mano. Forse una pulce sulle lenzuola - Il terrore mi prese in una morsa soffocante.

- Ragazzi, non vi sembra vagamente la testa di un cane? -