ORSI ITALIANI MAGAZINE


In montagna

Un racconto di Gerasim

Appartengo a una povera famiglia di montanari e non sono italiano: nel mio lontano paese, l'Anatolia, i poveri hanno l'usanza di far lavorare un ragazzo molto presto facendolo andare in montagna, dai pastori. Il motivo e' presto detto: in questo modo si impara un lavoro e poi in famiglia c'e' una bocca in meno da sfamare. Ma c'e' anche una seconda ragione, che nessuno dice ma che tutti sanno: un ragazzo giovane e imberbe e' utile per placare gli appetiti dei pastori. In montagna infatti non c'e' posto per le donne: non possono lavorare in modo pesante e c'e' il rischio che rimangano incinte ogni volta che vengono montate. Invece un bel ragazzo, magari poco peloso, puo' faticare durante il giorno per accontentare gli uomini di notte.

Fu cosi' che, appena diciottenne, venni affidato a un pastore piuttosto anziano, Ahmet: i miei fratelli piu' grandi mi portarono da lui una bella mattina di aprile e mi lasciarono presso la sua capanna, dopo avermelo fatto conoscere. Ahmet era un uomo un po' piccolo, con una bella pancetta pronunciata e una folta e lunga barba grigia: vestiva alla moda dei pastori delle mie parti, con un turbante bianco sulla testa e la camicia di stoffa ruvida senza bottoni, fermata alla vita da una sciarpa di lana. I piedi calzavano alti stivali di cuoio scuro, indossati senza calze. Ahmet mi squadro': 'Bravo, bravo, bene, bene ­ disse con un sorriso ­ sei un bel ragazzo forte e robusto.

Un po' imbarazzato sorrisi anche io. La giornata trascorse veloce. Ahmet mi indico' i vari lavori che avrei dovuto svolgere nei successivi cinque mesi: mungere le capre, raccogliere il latte e metterlo da parte in attesa che lui stesso lo trasformasse in formaggio, ripulire i recinti quando le bestie erano al pascolo e chiudere bene il cancello di legno quando si faceva notte. 'Tutto chiaro?' mi chiese infine Ahmet mentre ci dirigevamo verso la capanna. Si', era tutto chiaro, gli risposi sottovoce. La cena fu abbondante e sostanziosa: zuppa di cereali, carne di montone cotta sulla brace, latte acido. Seduti per terra, sulla abbondante paglia, vicino al camino di pietra, stavamo proprio bene. Terminata la cena, Ahmet comincio' a parlare del piu' e del meno. Disse che quello era un buon lavoro, che gli premetteva di vivere bene tutto l'anno, ma che nel periodo estivo si sentiva solo. Molto solo.

'Tu lo sai che sei venuto qui anche per farmi sentire meno solo, vero?' mi chiese abbassando il tono di voce e guardandomi in un modo strano. 'Si', certo' risposi senza esitazioni. Ed era vero: i miei fratelli mi avevano spiegato che per qualche mese avrei dovuto comportarmi come una donna nei confronti di quell'uomo, ma solo dopo il calar delle tenebre. Prima, no: di giorno ero maschio a tutti gli effetti. Ahmet si avvicino': ero a petto nudo ­ d'estate indossavo solo dei pantaloni aderenti di panno, senza mutande e non portavo neppure le scarpe ­ e l'uomo mi prese un capezzolo tra le ruvide dita e prese a sfregarlo.

Mi sentii subito eccitato. Si avvicino'. Anche io lo toccai: gli misi la mano sinistra sulla coscia e restai in attesa. La vicinanza di quell'uomo maturo e grosso mi dava un senso di calma e di sicurezza. Guardai sotto la camicia: vedevo l'inizio di una selva di peli folti e grigiastri. Ahmet accosto' le labbra alle mie: i peli ispidi della barba mi solleticarono, ma aprii volentieri la bocca per ricevere la sua linguona. Era la prima volta che un uomo mi baciava: anzi, era proprio la prima volta che sperimentavo un bacio. Devo dire che la cosa mi piacque molto: l'alito caldo di quel maschio, l'abile esplorazione che faceva con la sua lingua nella mia bocca, la mano che da dietro la nuca mi bloccava la testa furono tutte emozioni nuove e forti.

Dopo un po' Ahmet si spalanco' la camicia mettendo in evidenza un petto gonfio di carne, con due capezzoli scuri e grossi, naufragati in una pelliccia quasi animalesca. Agii d'istinto: mi chinai su uno di quei capezzoloni e mi misi a succhiarlo avidamente, come se fosse stato pieno di latte. 'Bravo cucciolo - mi diceva l'uomo carezzandomi la testa ­ ciucciami il petto, che poi la bocca te la faccio usare per qualcos'altro!'. Passai all'altro capezzolo senza staccare le labbra dal suo petto: non volevo perdere la sensazione di essere sfiorato da tutto quel pelo. Mentre leccavo e succhiavo l'altra tetta, Ahmed si abbasso' i pantaloni, inarcando la schiena: anche lui non portava mutande, come tutti i pastori, percio' il suo membro rimase all'aria, ancora molle, appoggiato sugli enormi e pelosi coglioni.

Era un cazzo grosso, scuro fino alla cicatrice della circoncisione, poi rosa chiaro: la cappella era larga e solcata per un buon tratto dal grosso solco per la piscia. 'Mettilo in bocca, fallo diventare duro' mi disse con voce roca. Non me lo feci ripetere: sapevo da racconti uditi qualche tempo prima che gli uomini amano mettere il cazzo in una bocca calda e sensuale. Percio' cominciai a pompare come meglio sapevo. Inghiottivo l'asta fino alle palle, tuffando il naso tra i peli odorosi di sudore del pube; poi risalivo verso la cappella, toglievo il membro dalla bocca, lo prendevo in mano ­ ma era cosi' largo che le dita non riuscivano a toccarsi ­ e titillavo il buco della piscia con la punta della lingua. Quindi, lo ricacciavo tutto di colpo in gola e succhiavo con foga. Il maschio mugolava e sussurrava 'Si', si', bravo ancora', sembrava non riuscisse a dire altro.

Mentre succhiavo sentii le sue mani entrarmi dentro i pantaloni, le sue dita umide di saliva sfiorarmi il buco del culo: alzai gli occhi, tenendo la sua cappella in bocca, e lo guardai. Sorrideva: 'Ora il mio membro entrera' dentro di te, sara' il primo che tu prenderai e sara' bellissimo'. Mi sposto' e il suo uccello usci' dalla mia bocca, alla quale per un po' lo uni' un lunghissimo filo di saliva. Si alzo' in piedi e si denudo' completamente: il grosso corpo era illuminato solo dai bagliori della fiamma nel camino ed era cio' che di piu' bello avessi mai visto. Tutto era coperto di pelo, ma soprattutto il centro del petto e le cosce forti e ben tornite. Anche io mi alzai: fu lo stesso Ahmet a sciogliere il laccio che chiudeva in vita i miei calzoni e me li sfilo'. Pure il mio uccello ­ molto piu' sottile del suo - era ora in liberta': l'uomo si chino', lo afferro' da dietro le palle e, tirandolo piuttosto violentemente, se lo caccio' il bocca.

Il mio cazzo scomparve inghiottito da quella grossa barba: sentivo la lingua impazzita del maschio turbinare attorno alla mia cappella, mentre le dita ­ prima una, poi due, poi tre ­ della mano rimasta libera sforzavano il mio piccolo buco.

'Ora basta, voglio possederti' disse imperioso rizzandosi. Mi prese per la vita, mi giro'. 'Appoggia le mani li'' disse indicandomi il bordo di una mangiatoia. Cosi' feci, chinandomi ad angolo retto. Ahmet si sedette sui talloni, mi allargo' le chiappe e prese a frugarmi tra le piccole pieghe del buco con la lingua. La barba mi solleticava le natiche mentre cominciava a penetrarmi con la punta della lingua. Poi, mi lecco' piu' volte, a lingua piatta, come un cane. Ero eccitato anche se un po' impaurito: anche lui era eccitato, soffiava come un mantice. Lo sentii alzarsi: si mise bene dietro me, appoggio' la cappella contro il buco e spinse.

'Rilassati, cerca di allargare il buco, come se dovessi cagare' disse con una voce che tradiva una certa agitazione. Cosi' feci, e lo sentii entrare un po', poi un altro po'. Il dolore era forte, ma avevo voglia di dare il culo a quel toro meraviglioso, soddisfarlo in ogni sua voglia. Raccolsi un po' di saliva e, passando una mano dietro la schiena, raggiunsi il suo membro ancora un po' fuori e lo bagnai. Ahmet mi lecco' l'orecchio destro appoggiando tutto il petto peloso alla mia schiena; quindi, con un veloce colpo d'anca mi penetro' di colpo, fino in fondo. Il culo mi si squarcio', il dolore era forte, ma il maschio si immobilizzo', aspettando che la fitta si attenuasse. Respiravo a fondo, mentre una goccia di sudore mi scendeva lungo la schiena. Ahmet mi afferro' il viso, lo giro' e mi bacio' sulla bocca con passione: avere il suo cazzo nell'intestino e la sua lingua in bocca mi fece davvero sentire suo. A quel punto cominciai a rilassarmi e a sentire meno dolore: l'uomo allora comincio' ad andare su e giu' dentro di me.

Il suo cazzo si era ormai bagnato di liquido scivoloso e scorreva benissimo. Mi afferro' allora fortemente per la vita e comincio' a pompare con foga: sentivo chiaramente la borsa voluminosa della palle battere contro il buco dilatato ogni volta che arrivava a fine corsa. Era fantastico. Per quella prima volta mi sodomizzo' solo cosi', in piedi: fu una scopata non molto lunga, ma coronata da una interminabile sborrata sua. Sentivo il caldo sperma del mio uomo entrare a fiotti dentro il culo e invaderlo tutto. Un'altra sensazione forte e inebriante. Per quella giornata era piu' che abbastanza. Ahmet, sudato, si lascio' cadere sulla mia schiena; non potendo sopportare il suo peso mi lasciai cadere anche io. Restammo cosi' un po', poi sfilo' il membro semieretto dal mio ano massacrato. Mi bacio' dolcemente. Io non sborrai in quel primo giorno: non l'avevo mai fatto e non sapevo come si faceva. Mi limitai ad assaporare la dolce lingua del mio compagno e ad accarezzargli i lunghi peli del petto. Ero suo.

Continua...

Gerasim