ORSI ITALIANI MAGAZINE



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Il discepolo pompeiano (parte seconda) - Il Simposio

Racconto di Gaius Lucius Valerius (Van Dick)


Tito Anneo ha ricevuto un invito da Aulo Marco Flacco.

Questi e' stato suo discepolo alcuni anni prima di me e attualmente e' un giovane e promettente condottiero. Intende festeggiare il rientro dalla prima campagna in Egitto con un sontuoso banchetto nella sua domus di Stabia.

L’invito e' stato esteso anche a me; sono ben lieto di accettare soprattutto perche' in Egitto potrebbe avere incontrato mio padre e sarei desideroso di avere qualche sua notizia dal momento che e' da un bel po’ di tempo che non ne ricevo.

Inoltre, non avendo mai conosciuto Aulo Marco se non nei racconti del mio maestro che lo descrivono come un giovane valoroso come Scipione, forte come Ercole e bello come Adone, ne sono non poco incuriosito.

Il convivio e' fissato per le calende di quintile.

Il giorno del simposio e' giunto.

Siamo partiti al sorgere del sole al fine di evitare la calura di questo periodo.

Durante il viaggio ho convinto il maestro a fare una sosta per rifocillarci; l’ho visto affaticato e con il viso imperlato, cosi' ci siamo fermati in un magnifico frutteto e adagiati sotto la chioma ombrosa di un nocciolo.

Regnavano un assordante silenzio e il profumo di eucalipto; ho immaginato che di notte in quei luoghi albergassero satiri e fauni.

Tito Anneo mi ha chiesto di tergergli il sudore : ho obbedito.

Con le labbra e la lingua ho sfiorato la sua fronte; un sapore aspro ha invaso la mia bocca e ha cominciato a suscitare in me strane voglie; cosi' sono sceso lentamente alle ascelle, al torace denudato e all’inguine dove, non inaspettatamente, ho trovato il suo grosso palo pronto ad essere accolto dalla mia bocca ingorda.

I suoi gemiti hanno rotto il silenzio di quell’Olimpo.

Non lo avrei deluso: la mia testa andava su e giu' ingoiando quell’enorme cazzo che mi arrivava in gola e le sue mani spingevano fino a farmi venire conati di vomito.

La sua fiacca e' repentinamente svanita: mi ha spinto contro il tronco del nocciolo, mi ha sollevato la tunica e mi ha impalato col vigore di uno stallone che monta la sua giovenca.

Mi e' mancato il respiro, ma dopo pochi colpi il mio buco si e' allargato. Insieme abbiamo goduto come sempre.

Giusto il tempo di rianimarci dalle piacevoli fatiche ed abbiamo ripreso il viaggio sulla nostra rheda.

Siamo giunti alla meta. La villa e' di straordinaria bellezza e il fasto si mostra in ogni suo angolo.

Nel percorrere gli ambienti mi sono soffermato a guardare le pareti affrescate con scene di battute di caccia, menadi danzanti, sileni funamboli, centauri e centauresse. (Non oso immaginare i soggetti raffigurati nel cubicolo del padrone di casa).

Siamo stati accolti da due ancelle le quali ci hanno comunicato che il nostro ospite e' assente, lo incontreremo al banchetto. Ci hanno accompagnato alle terme private per trascorrere qualche ora in tranquillita'.

Cosi' raggiungiamo il calidarium attraversando un porticato con colonne in porfido rosso, esso fiancheggia un giardino arricchito da innumerevoli sculture in marmo pario di pregevole fattura.

I caldi vapori non ci consentono di scorgere subito altri astanti, ma dai sospiri che si sentono, s’intuisce la presenza di un gruppo di persone che si sta dedicando a libidinosi giochi erotici.

Ancora una volta la voglia si e' impadronita di noi, cautamente, camminando a tentoni, raggiungiamo gli altri di cui scorgiamo solo le sagome. Non so quanti siano: tre, quattro, cinque…

Aiutato dal tatto percepisco un pingue corpo maturo e peloso, poi un culo glabro e marmoreo (probabilmente di un giovane atleta), poi, ancora, capezzoli turgidi nascosti tra una folta peluria.

Sento sulle mie spalle due mani che spingono prepotentemente fino a mettermi in ginocchio; istintivamente apro la bocca che mi viene riempita da una verga grossa, dura, calda e bagnata.

Adesso le possenti mani mi tengono la testa accompagnandola in un frenetico su e giu'; assaporo un caldo, profumato e denso nettare che non voglio sprecare, cosi' lo passo nella bocca di chi mi sta vicino; non so chi sia, ma sembra gradire molto.

Le nostre lingue si avvolgono mentre dietro di me sento un gran cazzo eretto che ha voglia di starmi dentro; lo accolgo rilassando lo sfintere, lui s’impossessa di me con una forza taurina.

Solo quando ha soddisfatto le sue voglie lo sconosciuto mi abbandona facendo uscire dal mio culo la sua calda crema e i miei umori che mi colano lungo le cosce.

Sono esausto!

Mi allontano dal gruppo per abbandonarmi ad un sonno che concedera' sollievo e ristoro al mio stanco corpo.

Il sole sta calando e tra poco si dara' inizio al simposio; due serve si prendono cura dei nostri corpi massaggiandoci con oli profumati, quindi indossiamo le nostre candide e leggere tuniche.

Siamo pronti.

Il grande triclinio e' allestito nel giardino, siamo circa trenta ospiti e a me ed Anneo viene assegnato il posto d’onore: i letti conviviali accanto al padrone di casa.

Aulo Marco non e' ancora giunto e la mia curiosita' cresce istante dopo istante, ma, all’improvviso, tra le colonne del portico si appalesa una statua semovente che saluta i convenuti ringraziando per gli applausi e le ovazioni. Viene verso di noi, abbraccia affettuosamente Tito Anneo e a me stringe la mano.

Descrivere la bellezza di quest’uomo mi e' impossibile; forse e' Apollo o Mercurio che ha assunto sembianze umane; no…forse e' Ercole!

'Che il banchetto abbia inizio'!

Sono le sue parole espresse con tono imperativo come quello di un comandante che ordina la carica al suo esercito.

Tre giovani schiavi con la pelle del colore dell’ebano servono ricche e succulente pietanze: pasticcio di lingue di pappagallo con petali di rose, fenicotteri, polpette di pavone, fagiano e coniglio, struzzo lesso, ostriche e cesti di fichi, uva, cotogne, mandorle e noci.

Non sono interessato a quel cibo, non m’interessa lo spettacolo dei danzatori e mimi che si rappresenta tra una portata e l’altra, ne' i giovani virgulti poco piu' che quindicenni, i quali intrattengono con ciance e moine gli ospiti piu' anziani succhiando i loro cazzi non sempre turgidi per il troppo vino speziato e il cibo avidamente ingurgitato.

Non smetto un solo istante di guardare Aulo Marco ed anche i suoi occhi sembrano volermi spogliare, finche', quando la luna e' ormai alta, mi chiede di trascorrere qualche ora nel suo talamo.

Il rispetto che ho per Tito m’impone di chiedergli il permesso; me lo concede, forse sara' per l’effetto del vino o perche' distratto dalle attenzioni che un giovincello gli sta mostrando.

Nel percorrere le stanze che ci condurranno all’alcova pregusto cio' che Aulo fara' del mio corpo.

Il suo membro e' gia' eretto e ben in mostra sotto la tunica, anche il mio e' pronto. Ma quando, nudi, ci sdraiamo sul letto, mi accorgo che le cose non andranno secondo le mie previsioni : lui si posiziona supino, solleva le gambe e, con tono lascivo mi dice: 'Chiavami con tutta la forza che hai!'

Non l’ho mai fatto, ma devo e voglio stare al gioco.

Le sue gambe si poggiano sulle mie spalle, vedo il buco contrarsi, gli entro dentro e un piacere inaudito mi pervade; solo adesso comprendo la sensazione che prova il mio maestro nel fottermi!

Mentre lo inculo guardo il suo cazzo durissimo e arcuato, e' talmente grosso che gli arriva allo sterno.

Gli sputo in bocca, gli torturo i capezzoli con le dita e i denti; lo massacro !

Dopo un bel po’ gli vengo dentro; esausto sto per tirare fuori il mio cazzo, ma lui mi trattiene: 'Continua…sei piu' bravo di tuo padre!'. Queste parole mi eccitano all’inverosimile, riprendo il ritmo fino ad inondarlo una seconda volta.

Quando i nostri corpi si separano e i gemiti si placano, intravedo dietro una tenda di lino bianca il volto del nostro maestro; ci ha spiati.

Adesso si avvicina verso di noi e quando e' ad un passo da me, con aria soddisfatta mi sussurra in un orecchio: 'Sei stato bravo, sono fiero di te. Ora sei un vero uomo'.

GAIUS LUCIUS VALERIUS (Van Dick)


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