ORSI ITALIANI MAGAZINE


Cruento

Un racconto di Ma Cro

(macro@katamail.com)

 

Trascorrere il mese di luglio a Milano e' un'impresa che richiede coraggio e abnegazione.

Rispettivamente la prima dote serve dalle otto di mattina alle venti, mentre la seconda si attaglia maggiormente al periodo che va dalle venti alle otto del giorno successivo.

Il caldo, sommato all'alto tasso di umidita', rende la vita difficile e, almeno ad Antonio (di cui mi appresto a raccontare la storia di un periodo) produce strani effetti, quasi di dicotomia tra il corpo e la mente: mentre il primo risente in pieno, sfavorevolmente, delle avverse condizioni climatiche con senso di stanchezza, apatia, insonnia, la seconda, al contrario, vaga secondo pensieri arditi, ipotizza situazioni al confine della realta' ed anche oltre, rincorre ipotesi stravaganti ispirate ad idee a volte inconfessate.

Questa la premessa, passiamo ora ai fatti.

Antonio, dicevo.

Milanese d'adozione, come molti di coloro che vivono in questa citta', abita con i genitori in zona citta' studi, in un bell'appartamento al quinto ed ultimo piano di un palazzo d'epoca.

Ventitre anni, studente universitario, una sorella (neomamma) sposata ad un funzionario di banca attualmente trasferito per lavoro a Torino, motivo per cui ha lasciato temporaneamente libero l'appartamento situato al piano sottostante.

Antonio e' alto circa m. 1,80, pesa un po' piu' di 90 Kg. moro, come si addice ad un oriundo oltrepadano (molto oltrepadano) con il corpo, robusto e ben proporzionato - adeguatamente alimentato dai manicaretti della madre e un po' coltivato in palestra con qualche seduta di pesi per contrastare, con non esaltante successo, il sottile strato di adipe che si trova fra carne e pelle - e' ricoperto di una bella pelliccia folta e scura.

Il volto, illuminato da grandi occhi anch'essi scuri e' impreziosito da folta barba nera, dello stesso colore dei capelli, il tutto mantenuto quasi rasato con interventi quotidiani quasi maniacali.

Insomma, nel complesso, quello che si potrebbe definire un bell'orsetto sul quale alcune colleghe di corso hanno fatto piu' di un pensiero e contro il quale la figlia diciannovenne della portinaia ha sferrato molteplici agguati recandosi - stranamente - in cantina a prendere il vino in concomitanza di analoga incombenza svolta da Antonio.

La storia inizia quando nell'edificio di fronte alla casa di Antonio si svolgono alcuni lavori di ristrutturazione delle parti comuni.

Siamo alla fine di maggio, il lavoro viene affidato ad un'impresa che manda sul posto cinque operai che iniziano ad erigere il ponteggio.

La situazione non sfugge al controllo di Antonio che dalla propria stanza, dove trascorre gran parte del tempo sui libri, in preparazione della sessione estiva degli esami, ha occasione di seguire giorno per giorno i lavori.

I muratori, giudicando dal linguaggio, vengono dalla Sicilia, anche se Antonio, pur avvezzo all'uso casalingo del dialetto, non riesce a stabilirne con precisione la zona di origine.

Con il passare dei giorni Antonio, che e' un osservatore, riesce innanzitutto a distinguere l'uno dall'altro i componenti della squadra e a comprendere alcuni aspetti del rapporto che intercorre fra essi.

Capisce innanzitutto che i cinque sono legati in una sorta di gerarchia, che il piu' anziano e' il caposquadra, ma che il vero leader del gruppo e' Salvo, il cui nome risuona costantemente perche' e' a lui che tutti si rivolgono per avere ordini o consigli.

Salvo e' un soggetto impressionante, un gigante, alto fra m. 1,85 e 1,90, fisico enorme, dotato di una muscolatura da fare spavento, la schiena divisa dalla colonna vertebrale in due bancate che sembrano quelle di un motore Mercedes otto cilindri che equipaggia l'ultima serie di autocarri "Actros", collo taurino da cui si dipartono spalle massicce che proseguono nelle braccia talmente grosse che non e' possibile farle aderire completamente al tronco, pettorali ampi e pronunciati che si contraggono quando si carica sulla spalla, senza apparente fatica, quattro sacchi di cemento, addome leggermente abbondante, glutei tondi e lunghe gambe che sembrano tronchi d'albero con polpacci simili a palloni da rugby, il tutto ricoperto da una densa moquette nera e riccia.

Gia' l'insieme cosi' descritto e' preoccupante, vi si aggiunga la vasta presenza di tatuaggi che ornano torace, braccia, avambracci (a loro volta grossi come prosciutti di Parma) e cosce, piecing alle orecchie, sopracciglio, naso, ombelico (almeno per quello che e' dato vedere).

L'espressione del volto non e' facilmente osservabile da media distanza, si vede solo la corta capigliatura nera e riccia, i baffi con il pizzetto che circondano la bocca.

Una descrizione cosi' accurata e' stata possibile perche' l'abbigliamento di Salvo, gia' dal primo giorno di lavoro (con il freddo o con il caldo, con la pioggia o con il sereno), e' composto unicamente da un paio di pantaloncini Adidas azzurri assai sbiaditi e - a volte - da un gilet di pelle nera aperto sul davanti per ovvi motivi di incontenibilita'.

Un giorno di inizio giugno, alle dieci di mattina, la portinaia suona il campanello e con la sua voce composta solo di toni acuti chiede di parlare con il signor Giuseppe, padre di Antonio.

Antonio, pensa si tratti di una delle solite beghe di condominio quindi non si interessa dell'argomento.

Solo all'ora di pranzo Giuseppe comunica che il caposquadra che sta curando il lavoro al palazzo di fronte ha chiesto se era disponibile nel condominio un appartamento ammobiliato da prendere in affitto per circa due mesi, in modo da essere vicini al posto di lavoro ed abbattere i costi alberghieri.

La portinaia ha pensato all'appartamento lasciato temporaneamente libero dalla figlia che Giuseppe ha gia' concordato di concedere (dietro corresponsione di un affitto a quote di mercato ­ chi conosce citta' studi sa a cosa mi riferisco) a decorrere dalla sera stessa, previo approvvigionamento presso un magazzino Ikea dei letti mancanti.

Come previsto la sera del giorno medesimo i cinque si trasferiscono al piano di sotto.

E' cosi' che a causa degli orari di uscita o di entrata concomitanti, Antonio ha occasione di vedere piu' spesso e da vicino i nuovi condomini.

In particolare la sua attenzione e' sempre piu' attratta da Salvo: visto da vicino quando la sera rientra sporco di calcinacci e' un'immagine inquietante, la sua imponenza diventa ancora piu' evidente ora che la pelle e' diventata scura, a causa dell'esposizione solare, e sulla essa spiccano sia i tatuaggi che tutto l'insieme di ferraglia che ne perfora le piu' svariate parti del corpo.

Ma la cosa che piu' impressiona e' che si tratta di un soggetto taciturno, la bella bocca carnosa non si schiude mai in un sorriso che mostri la sua bella dentatura, bianca come il latte, che pure si intravede quando, sempre educatamente saluta per primo chi incontra.

Gli occhi poi, grandi e scuri con taglio a mandorla, infossati, dall'aspetto intelligente ma enigmatico, non lasciano trasparire emozioni e impongono un senso di rispetto anche a scapito della giovane eta', cosi' ad occhio, Salvo dimostra meno di trenta anni.

D'altronde si tratta sempre di incontri fugaci, Salvo non usa mai l'ascensore, preferisce salire a piedi i quattro piani di scale anche se e' sempre carico di borse perche' si occupa lui di fare spesa al vicino supermercato, di sera non esce mai di casa, contrariamente ai suoi colleghi.

Ogni volta che Antonio lo incontra risponde al saluto che Salvo gli rivolge ma non riesce a non guardarlo negli occhi dal cui sguardo e' magneticamente attratto, non riuscendo a decifrarne alcun messaggio.

Salvo, dal canto suo, non abbassa mai lo sguardo quando i suoi occhi incrociano quelli altrui: il risultato e' che si e' stabilita' una situazione a volte imbarazzante, sembra quasi che ciascuno cerchi nell'altro risposte senza pero' rivolgere domande esplicite.

La cosa procede di questo passo fino a tutto il mese di giugno.

Ai primi di luglio Linda, la sorella di Antonio, telefona per informare che ha deciso di trascorrere un mese al mare con il neonato e, siccome il marito non la puo' accompagnare per impegni di lavoro, chiede ai genitori di seguirla, anche per avere un po' di assistenza.

Gianna, la madre, tranquillizzata dalle rassicurazioni espresse da Antonio, accetta di andare e, insieme al marito, parte in auto la sera del primo venerdi' di luglio, lasciando frigorifero e congelatore pieni di cibarie che potrebbero bastare per nutrire per un anno tutta la popolazione dell'Afganistan e, come unica incombenza, l'annaffiatura serale di tutte le piante che popolano l'ampia terrazza sulla quale si affacciano il soggiorno e la stanza di Antonio.

Antonio ottiene in cambio di potere andare con i suoi amici in vacanza nel mese di agosto con in programma la visita del nord ovest della Francia, fra Normandia e Bretagna.

Man mano che il mese di luglio si avvicina alla fine il condominio si svuota.

Tutti, in previsione dell'esodo di agosto, anticipano di qualche giorno la partenza, compresa la portinaia che se ne torna al natio borgo delle prealpi bergamasche, accompagnata dalla invadente figliola.

E' cosi' che, a fine luglio, gli unici abitanti dello stabile sono Antonio e la comitiva del piano sottostante, anch'essa tuttavia in fase di sgombro in quanto i lavori al palazzo di fronte sono finiti.

Sono circa le ventuno e trenta dell'ultimo venerdi' di luglio, Antonio sta preparando la cena - operazione che consiste nel prelevare dal congelatore una vaschetta di maccheroni gia' cotti e conditi e inserirla nel forno ­ quando qualcuno suona il campanello della porta d'ingresso.

Antonio apre la porta e con grande sorpresa si trova davanti Salvo che con la sua mole ne occlude totalmente il varco.

Gli sguardi, come al solito, si intercettano e Salvo, con un tono di voce ancora piu' baritonale del solito, dice ad Antonio ­ porgendogli un asciugamano:

S. - <ecco, tieni, questo e' caduto dal tuo stendibiancheria, te lo restituisco perche' questa sera anch'io parto, ora scendo, mi lavo, mangio qualcosa, faccio le ultime pulizie, mi riposo un po' e poi me ne vado cosi' faccio un po' di strada con il fresco, i miei colleghi se ne sono gia' andati nel pomeriggio; se non ti spiace ti lascio la chiave nella cassetta della posta, per non disturbarti>.

Antonio resta quasi fulminato, farfugliando le parole risponde:

A: < scusa, entra, grazie per l'asciugamano >.

Salvo, aderendo un po' timidamente all'invito di Antonio, entra nell'atrio d'ingresso accostando la porta.

S: - < ma non ti voglio disturbare , che bella casa hai , ma ora me ne vado , vedo che ancora non hai cenato>

Antonio non puo' fare a meno di notare che Salvo, nel giro di trenta secondi ha proferito nei suoi confronti piu' parole di quante ne abbia dette nei precedenti due mesi, mah, scherzi del caldo (resta da stabilire se i rivoli di sudore che scorrono sulla fronte di Antonio siano imputabili effettivamente alla temperatura o alla presenza cosi' ravvicinata di Salvo).

A: - < ma figurati, vieni che ti offro una birra fresca, cosi' ti ritempri un po', sarai stanco anche tu, vieni in cucina, siediti intanto che io scaldo la cena>

Salvo scosta una sedia e si siede, bevendo a garganella la birra direttamente dalla lattina un silenzio quasi imbarazzante piomba fra i due.

S: - <Beh, io vado grazie per la birra>

Salvo si alza dalla sedia.

Antonio, quasi in un sol fiato:

A: - < no, non te ne andare, se vuoi puoi cenare con me, come vedi la razione e' piu' che abbondante per tutti e due,>

S: - <Ma, veramente non so, non vorrei disturbarti, anch'io devo finire gli ultimi rimasugli di cibo cosi' non butto nulla, >

A: - < Ti prego, resta! >

E' la risposta di Antonio data di getto, quasi con ansia.

S: - <Beh, se ci tieni >.

I minuti intercorrenti fra la conclusione del discorso e il trillo dell'orologio del forno servono ad Antonio per apparecchiare la tavola per due.

S: - <Posso lavarmi le mani ? ormai la cena e' pronta, la doccia la faro' dopo, prima di mettermi in viaggio>

A: - <Certo, ti indico il bagno>

Ancora una volta le occhiate si incontrano; lo sguardo di Salvo e' ancora piu' serio ed imperscrutabile del solito, mentre il tono di voce e' diventato quasi rauco.

Il pasto si esaurisce rapidamente mentre il dialogo si avvia a fatica su discorsi banali:

A: - <vedo che sei sempre vestito di azzurro e di nero, anche se i tuoi pantaloncini hanno ormai perso quasi tutto il colore, non sarai per caso anche tu, come me, tifoso dell'Inter, certo che ci vuole una bella costanza >.

S: - <No, non mi interesso di calcio, il gioco mi piace ma guardo solo le partite della nazionale e poi non mi scaldo per argomenti cosi' futili >.

Si sono fatte ormai le ventidue e trenta.

S: - <non so come ringraziarti, se vuoi lavo i piatti>

A: - < non se ne parla nemmeno, l'ospite e' sacro>.

S. - < allora quasi me ne posso andare, cosi' ti puoi riposare>

A: - < non c'e' fretta, che ne dici di un'altra birra davanti alla televisione? ci sediamo in terrazza, cosi' guardiamo la TV che sta nella mia stanza >.

S: - < ok una birra non si rifiuta mai >

Raggiunta la terrazza passando dalla stanza di Antonio, con in mano le due lattine, Salvo si siede su una sedia di vimini che scricchiola visibilmente all'impatto del peso della sua mole.

Antonio, dopo aver rivolto lo schermo dell'apparecchio televisivo verso l'esterno, spegne le luci e si va a sedere su un'altra sedia a circa un metro dal suo ospite.

L'interesse di Antonio e' attirato piu' dalla presenza del suo commensale che non dalla trasmissione televisiva e, parlando del piu' e del meno, viene a sapere che la prossima destinazione di Salvo sara' Mazara del Vallo, dove con notevoli sacrifici ha acquistato una vecchia casa che si propone di sistemare, apprende inoltre che e' solo, senza parenti prossimi, pur mantenendo nel vago la spiegazione di tale stato.

Con il favore della luminescenza emanata dal televisore Antonio osserva di sottecchi Salvo.

La sua corporatura e' veramente impressionante: il gilet di pelle nera ormai non riesce piu' a contenere il torace mentre i pantaloncini stanno esalando l'ultimo respiro talmente sono a brandelli ­ i due spacchetti laterali sono aperti quasi fino alla cintura che sta insieme grazie all'ausilio di un tratto di nastro da carrozziere mentre il cavallo e' cucito da due punti metallici.

Nella penombra Antonio si accorge anche che Salvo non porta nulla sotto i pantaloncini infatti quello che sembra uno sfollagente si intravede appoggiato verso la gamba destra mentre l'estremita' libera ne fuoriesce parzialmente.

A questo punto si sente distintamente il ronzio di una zanzara e Salvo fende l'aria con la mano come se volesse uccidere un toro ma manca l'obiettivo.

S: - < zanzare maledette non avrei paura a dormire con un leone ma contro le zanzare sono indifeso>

A: - < vado a prendere lo spray .. cosi' ce ne liberiamo>.

Antonio prende la boccetta dal proprio comodino e torna in terrazza ...

A: - < vuoi che ti aiuti a spruzzare sta roba? >

S: - < si, grazie, se non e' troppo disturbo>.

Antonio si avvicina a Salvo e si accorge di non avere piu' nemmeno una goccia di saliva in bocca, toccare quella montagna gli fa uno strano effetto.

Gira dietro la sedia dove e' seduto l'ospite e depone alcune gocce sulla sua nuca e sul collo, spalmandole poi con la mano.

Salvo si e' impercettibilmente irrigidito e non parla piu'.

Antonio gira poi davanti all'altro e gli porge la boccetta.

A: - < voi continuare tu? >

Salvo risponde con voce bassa,

S: - < no, continua tu, ecco, spruzzami le gambe >

Il cervello di Antonio e' ormai scollegato, con gesti da automa si pone davanti a Salvo che allungando la gamba destra posa il piede sul basso tavolino di plastica.

Antonio si avvicina a quel pilone da viadotto autostradale e cosparge un po' di liquido sulla gamba, poi con la mano inizia a spalmarlo, facendo correre le mani dal ginocchio in su verso l'inguine.

L'unica sensazione che Antonio ha e' quella di toccare qualcosa con la consistenza del marmo.

Ad un certo punto la mano di Salvo si appoggia su quella di Antonio.

S: - < aspetta non bagnare anche il mio rospo non si sa mai se qualcuno dovesse baciarlo potrebbe di certo trasformarlo in principe ma ne resterebbe avvelenato >

Detto cio' Salvo, per la prima volta abbozza un sorriso.

Antonio e' ormai in stato confusionale, in quel mentre Salvo alza anche l'altra gamba ed appoggia il piede sul tavolino.

Antonio e' imprigionato fra il tavolo e i due arti di Salvo, praticamente al centro di un triangolo.

S: - < avanti, c'e' anche l'altra gamba >

Salvo ha proferito queste parole come un ordine al quale non si puo' che ubbidire.

Mentre Antonio procede all'esecuzione dell'ordine ricevuto; gli occhi di Salvo si sono leggermente socchiusi, quasi a diventare due feritoie dalle quali si intravede un'iride ancora piu' scura che sembra mandare strani lampi.

Lo sfollagente che sta alla base dell'inguine di Salvo ha dato segni di risveglio ed ora, "bazzanotto" si allunga fuori dai pantaloncini giu' lungo la coscia ancora lucida di antizanzare mostrando fra l'altro la strana ubicazione di un altro piercing.

E' a questo punto che Salvo, scattando come una molla si alza in piedi, e' ritto di fronte ad Antonio sovrastandolo con la sua stazza e con un tono di voce che sembra uno schiocco di frusta dice:

S: - < e adesso il torace>

Antonio esaurisce il liquido sull'ampia superficie che alla luce dello schermo televisivo sembra una collina ricoperta di alberi illuminati dalla luna.

Solo ora Antonio si rende conto di avere una potente erezione di cui Salvo si e' gia' da un po' accorto ed e' questo il motivo del suo sorriso finalmente pieno.

La reazione di Antonio e' irrazionale e scoordinata, ha il volto cianotico ed il respiro corto, si allontana da Salvo come una freccia dall'arco e, mentre spegne il televisore, precipitando la terrazza nel buio, dice:

A: - < ... si e' fatto tardi >

Salvo, con lo sguardo di un lupo che sa di avere la preda a portata di fauci, entra nella stanza, mentre Antonio, quasi fuori di se chiude i battenti della portafinestra ed abbassa la tapparella.

I due sono ora nel buio piu' totale nella stanza di Antonio.

Salvo e' fermo, si sente solo il suo respiro regolare uscire dal naso, mentre Antonio brancola nel buio, al secondo passo incespica e si trova catapultato addosso a Salvo che non si sposta di un millimetro.

Salvo prende l'occasione al volo, sorregge Antonio riportandolo in equilibrio, gli passa fulmineamente il braccio sinistro dietro la schiena e lo trattiene facendolo aderire completamente al suo corpo.

Sposta poi la mano sinistra dietro la nuca di Antonio ed avvicina la sua testa alla propria; con la mano destra, ancora libera, trova, attraverso la maglietta, il capezzolo sinistro di Antonio e lo schiaccia violentemente fra pollice ed indice: l'urlo strozzato di Antonio non raggiunge l'esterno della sua cavita' orale nel frattempo riempita dalla grossa lingua di Salvo. Il bacio di Salvo e' talmente invasivo da provocare quasi il soffocamento di Antonio.

A questo punto Antonio, quasi per istinto di sopravvivenza, riesce a staccarsi da Salvo e imprecando gli chiede brutalmente: < ...ma che cazzo fai? Sei impazzito?>.

La reazione di Salvo e' improvvisa.

Il manrovescio parte dal basso verso l'alto e, nonostante il buio pesto, arriva alla guancia di Antonio con una precisione millimetrica.

S: - < come sarebbe a dire, che cazzo fai ? stronzo, quante seghe ti sei fatto in questi due mesi pensando a questa minchia, stronzo e falso anche, ma chi ti credi di essere, sono due mesi che ho voglia di scoparti ma non sarei mai entrato in casa tua se tu non mi avessi chiamato e non venirmi a dire che mi sono sbagliato>.

Antonio e' annichilito, l'oscurita' amplifica la sua paura, in un attimo scorrono nel suo ricordo tutte le immagini di queste ultime settimane, le occhiate persistenti scambiate con Salvo, i pensieri mai confessati, la sensazione che le parole di Salvo non riflettono altro che la verita'.

La furia di Salvo non si e' ancora esaurita.

< stronzo, adesso mi devi dire se vuoi che me ne vada o se devo rimanere, ma se rimango sara' alle mie condizioni, hai inteso?>

< allora, non posso aspettare in eterno la tua risposta, parla>

Antonio non sa come ma la voce del suo intimo desiderio ha detto a Salvo le parole fatidiche: < scusa rimani>

Passano venti secondi che nel buio sembrano un'eternita'; Salvo e' sempre fermo nello stesso punto in mezzo alla stanza mentre Antonio e' appoggiato al muro.

Salvo parla con un tono di voce autoritario ma ora calmo e quasi protettivo dicendo:

S: - < vieni qui>

Antonio si avvicina seguendo le onde sonore e quando trova le membra di Salvo si abbandona a lui.

Salvo con le labbra gli asciuga le lacrime e gli accarezza delicatamente lo zigomo tumefatto poi, passandogli di nuova la mano sinistra dietro la nuca, lo attira a se' e riprende a baciarlo furiosamente passandogli la grossa e spessa lingua sul palato, inserendola poi fino alla faringe, estraendola successivamente per lambirgli il collo fino a penetrargli le orecchie.

Senza bisogno di sprecare parole, sono le mani di Salvo che spingono Antonio ad inginocchiarsi nella figura del penitente; l'enorme fallo di Salvo non fatica a trovare la via della bocca di Antonio.

Lo spessore e' simile a quello di una delle lattine di birra bevute precedentemente, la lunghezza e' almeno pari a quella di due lattine sovrapposte, una specie di grosso gancio e' inoltre fissato all'altezza del frenulo (a completare l'inventario dei piercing), mentre la base e' stretta da un anello di gomma che, inibendo i deflusso del sangue, provoca una straordinaria consistenza dell'attrezzo, se ci fosse un po' di luce si potrebbe vedere che la pressione e' tale da provocare una colorazione del glande fra il rosso cupo ed il blu.

E' Salvo a prendere l'iniziativa; mentre con le due mani tiene ferma la testa dell'altro, con piccoli movimenti pelvici inserisce ed estrae con ritmo regolare il grosso stantuffo dalle labbra stirate di Antonio.

Dopo alcuni minuti ordina ad Antonio di alzarsi, togliersi i pantaloni e andare a stendersi prono sul letto.

Antonio ubbidisce senza chiedere spiegazioni, sa di essere ormai totalmente nelle mani di Salvo e per di piu' di questa situazione non riesce a dispiacersi, si e' abbandonato per propria scelta e ne sta subendo le conseguenze che tutto sommato aveva incosciamente desiderato, pur non avendone previsto gli aspetti cruenti.

Salvo, con un balzo felino nonostante la caratura, si pone dietro Antonio, gli divarica le gambe e affonda la propria lingua fra le sue natiche fino a penetrarlo e ad inondargli di saliva lo sfintere.

Antonio ha un sobbalzo quando il grosso indice di Salvo lo penetra e inizia a lavorare il suo anello per renderlo elastico e tendere le molte pieghe di cui e' formato; altra dose di dolore arriva a colpire i suoi centri nervosi quando all'indice si aggiunge il medio per allargare ancor di piu' l'ormai ex impervio pertugio.

Un'altra passata di lingua serve a dare un'ulteriore lubrificazione, poi la liturgia si compie.

Salvo si leva con un solo movimento il gilet di pelle e lo lancia nel buio, prende le mani di Antonio e gliele blocca dietro la nuca, divarica ancora di piu' le gambe del suo sottoposto e con i piedi le immobilizza, con due movimenti fulminei in rapida successione strappa lungo la schiena la maglietta di Antonio e si strappa di dosso i pantaloncini, infine appoggia il suo enorme membro duro e teso come non mai allo sfintere di Antonio e con un solo colpo lo affonda fino ai testicoli.

L'urlo di Antonio per il dolore lancinante e' forse fatto di ultrasuoni perche' dalla sua bocca non esce alcun suono percettibile; si odono solo i grugniti di Salvo che accompagnano il grosso stantuffo che entra ed esce dal ventre di Antonio ed infine, dopo venti minuti buoni di ritmico ondeggiamento, una specie di bramito emesso da Salvo allorche' inonda con una marea di sperma l'intestino della sua "vittima" prima di abbattersi in tutta la sua immensita', sudato come un cavallo che ha corso il gran premio, sul corpo quasi esamine di Antonio.

Passano quasi dieci minuti prima che Salvo estragga il proprio grimaldello dal corpo di Antonio.

Poi, ambedue, stanchi morti, si avviano a tentoni verso il bagno.

Mentre Salvo apre l'acqua della doccia, Antonio si guarda allo specchio: l'immagine riflessa rappresenta una scena abbastanza spaventosa, lo zigomo dove era atterrato lo sganassone sta diventando gonfio e blu, una goccia di sangue sta scendendo sulla parte interna di una gamba ed articolare la deambulazione e' un po' piu' difficile di prima.

Ci pensa Salvo a richiamare l'attenzione di Antonio:

S: - < non perdere tempo, vieni dentro la vasca sotto da doccia ed insaponami, sono sudato e puzzo come un caprone>

Agli inviti si risponde ma agli ordini si ubbidisce ed Antonio sa ormai distinguere un invito da un ordine.

Sotto il caldo scroscio dell'acqua i due non scambiano una parola, Antonio insapona coscienziosamente l'ampia superficie corporea di Salvo ed e' per lui un vero piacere massaggiarne la possente muscolatura, levare i residui di calce dal pelo, passare le dita anche negli anfratti piu' personali e riservati, osservare la pregiata manifattura dei tatuaggi (a proposito, all'inguine e' magistralmente disegnata la bocca che fa logo per i Rolling Stones, mentre la lingua che se ne diparte occupa tutta la lunghezza del pene ­ una vera sciccheria), sistemare la ferramenta di vario genere appesa alle varie propaggini piu' o meno di pubblico dominio.

E quando si accorge che Salvo e' pronto per un'altra sgroppata, prima si china a lubrificargli il manico della vanga con sapone e saliva, poi si gira e guida il grosso arnese verso il suo orifizio e, solo quando capisce che il suo capo sta per inondarlo di nuovo, gli prende la mano e la porta al suo pene, chiedendogli tacitamente di permettergli di raggiungere un orgasmo liberatore non ottenuto da parte sua nel precedente episodio, che Salvo magnanimamente gli concede.

Il silenzio regna nella notte ormai fonda.

Salvo dopo aver dato un ultimo bacio ad Antonio esce sul pianerottolo nudo come un verme, sembra Nettuno appena uscito dalla spuma del mare, scende le scale, entra nell'appartamento sottostante per uscirne mezz'ora dopo, parzialmente rivestito, lascia cadere la chiave nella cassetta della posta, carica i bagagli in auto e parte.

Antonio si addormenta appena tocca il letto.

Il giorno dopo, sabato, appena sveglio, Antonio raccoglie i resti strappati della sua maglietta e dei pantaloncini di Salvo nonche' il gilet di pelle nera, atterrato la sera prima sopra l'armadio, e li occulta nello zaino che usa per la scuola.

La domenica pomeriggio rientrano i genitori e non e' facile far credere che lo zigomo si e' ammaccato andando a sbattere incidentalmente contro lo sportello di un armadietto della cucina.

La mattina del lunedi' Antonio, come gia' programmato, parte per raggiungere insieme ai suoi amici Normandia e Bretagna ma, da Viale Forlanini, non si sa come, anziche' salire sulla rampa che conduce verso i trafori, l'auto imbocca quella che conduce verso Bologna.

Nel tardo pomeriggio di martedi' arriva a Mazara del Vallo, posteggia l'auto sotto uno degli splendidi alberi che costeggiano il lungomare, scende, si sistema il gilet di pelle nera e i pantaloncini sbiaditi restaurati con il nastro da carrozziere, fa trenta metri a piedi e si butta tra le braccia di Salvo che con espressione del volto seria ma con sguardo sorridente gli dice: < stronzo, ma quanto cazzo ci hai messo per fare la strada? ma chi ti credi di essere? >

Ambedue scoppiano poi in una incontenibile risata e se ne vanno a braccetto verso casa: il mese di agosto sara' memorabile.

Ma Cro