ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Ottobre 2011


SOVRAPPOSIZIONI - IO SONO LI - MODE D'ANTAN - CENNI INTORNO AL  QUARANTUNESIMO FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL TEATRO - RITRATTI E LIMONI - FESTA MOBILE A FERRARA - CINQUANTACINQUE GIORNI A TREVISO 


A volte accade che due avvenimenti importanti si producano nel medesimo momento, cosi' anche nella proposta espositiva che segue piu' o meno le stesse date di apertura e di chiusura al pubblico.
Se gli accadimenti sono a grande distanza si e' costretti a scegliere, se sono maggiormente ravvicinati, si puo' cercare di 'prendere due piccioni con una fava' come dice il proverbio, cosi' e' stato oggi, 30 Settembre, con la concomitanza di due presentazioni importanti, l'una a Venezia, a Palazzo Ducale, dove e' allestita la mostra VENEZIA E L'EGITTO, aperta al pubblico dal 1 Ottobre al 22 Gennaio 2012, nella Sala dello Scrutinio; l'altra a Padova, a Palazzo Zabarella dove sara' aperta al pubblico da domani, e sino al 12 Febbraio 2012: IL SIMBOLISMO IN ITALIA.
Due occasioni di tutto rispetto, bisogna dirlo! Nel primo caso, per me, appassionato di Egittologia e trapiantato a Venezia da ventotto anni, vuol dire vedere affiancati due grandi amori.
La mia seconda patria ed i sogni di bambino quando sfogliavo le tavole dei libri d'arte antica. Il gioco di rimandi e suggestioni proposto dai curatori, e' di grande densita' e coltissima intelligenza, infatti si parte dal trafugamento del corpo di S.Marco, ad Alessandria; l'Egitto ritrovato nelle collezioni archeologiche della zona, la cultura egittizzata in epoca romana della regione, si passa attraverso i viaggiatori, i navigatori, i geografi, i 'reperti egizi' del Tesoro di S. Marco.
Si attraversano i sogni pittorici di Giorgione, di Tiziano, di Tintoretto, e la loro visione del luogo esotico, sino ad una magnifica serie di disegni nell'interpretazione delle storie bibliche o del Nuovo Testamento, e ad una serie di ventisette acqueforti di Giandomenico Tiepolo, attorno alla Fuga in Egitto.
Non mancano le invenzioni Piranesiane, e neppure un 'salto' nella sala egizia del padovano Caffe' Pedrocchi (opera di Giuseppe Jappelli). Intanto ci sono stati incontri, incroci e sollecitazioni relative a scambi culturali e linguistici provenienti anche dall' Archivio di Stato di Venezia, come dal Museo Archeologico.
Una sezione e' ovviamente dedicata all'avventuriero Giovanni Belzoni, egittologo d'assalto cui pare che ci si sia ispirati per la creazione del personaggio di Indiana Jones, le cui tecniche di scavo sono altrettanto sbrigative, per quanto il padovano sia stato in contatto con le intelligenze piu' brillanti del suo tempo, e godesse, nonostante tutto, di non poca stima.
L'Egitto ritorna ad essere sognato, o continua ad esserlo nella fascinosa sezione dedicata ad Ippolito Caffi con cui si conclude il percorso espositivo ch'e' una specie di anello, di cerchio magico sacrale e mistico in cui confluiscono cosi' tante suggestioni mediterranee. Skira ha pubblicato il bel catalogo. 

Siccome la mia visita a Palazzo Ducale si e' svolta, grazie alla cortesia del personale e degli uffici stampa, con molto anticipo, sono riuscito a prendere un trenino, sgambettare attraverso il centro di Padova, ed arrivare a Palazzo Zabarella in tempo per il buffet (il calo di zuccheri a meta' giornata e' sempre in agguato!), e ad immergermi, poi, nelle atmosfere simboliste della mostra.
Si inizia a piano terra con una scelta di autoritratti degli artisti piu' rappresentativi presenti, dipinti e scolpiti, ed una sala densa di forti opere grafiche.
Il punto di vista dei curatori si incentra sui temi, sui luoghi, un occhio alle influenze straniere, certe citta' centrali: Roma, Milano, Venezia e le Biennali.
Ci sono presenze molto importanti come Pellizza da Volpedo, Plinio Nomellini, Segantini, Morbelli, Boccioni, Casorati, Sartorio, tutti accomunati in ricerche estetiche che si susseguivano le une alle altre, infatti, se i temi sono simbolisti, ma a volte li chiamiamo anche Liberty, le tecniche sono, il piu' spesso divisioniste, e quegli stessi temi misteriosi, surreali, sacri o demoniaci, confluiranno, in parte nel realismo magico degli anni '30.
E questo viene a gran merito dell'esposizione, di stimolare e suggerire piu' che dire apertamente, in modo che il pubblico sia portato a raffrontare ed approfondire.
Accuratissimo il catalogo pubblicato da Marsilio. Unico appunto, le luci non ancora perfette, e certo, non facili, trattandosi, talvolta di illuminare tele molto grandi. Ho concluso il mio percorso personale con un CAFFE' PEDROCCHI al Caffe' Pedrocchi completando il cerchio.

emilio campanella 
Io sono Li di Andrea Segre, in uscita nelle sale, e presentato all'ultima Mostra di Venezia, nelle Giornate degli Autori.
Un film che non ero riuscito a vedere il mese scorso e che ho recuperato in questi giorni.
Si tratta dell'opera prima narrativa di un documentarista, e nasce da un'immagine colta dal regista: un bar (baccaro, come si dice in zona) nel veneziano, gestito da una signora cinese attorniato da clienti veneti.
Da qui una storia semplice raccontata con molta precisione di ambientazione e con un occhio molto sensibile al paesaggio urbano di Chioggia ed alla laguna che la circonda, anche grazie alla magnifica fotografia di Luca Bigazzi. 
Shun Li (Zhao Tao, molto intensa e credibile) viene trasferita da una fabbrica di abbigliamento a Roma, a Chioggia, appunto, dove si e' deciso per lei che gestira' un'osteria.
Li non si perde d'animo, affronta il suo compito e socializza con i suoi nuovi clienti che la prendono abbastanza a ben volere.
Lei e' una donna sensibile e con una sua cultura che si avvicina a quella di Bepi il poeta (Rade Serbedzija, anche lui intenso ed umanissimo), rimasto vedovo da poco, slavo da trent'anni pescatore in citta', uomo schivo e serio, poeta spontaneo.
Le loro solitudini li avvicinano: lei figlia di un pescatore, ed in attesa che il suo bambino di otto anni possa raggiungerla sente la vicinanza di un altro straniero, con lui scopre la laguna, confronta il lavoro di Bepi con quello del padre, scopre giochi linguistici, conoscenze che si confrontano, ma le due comunita' ostacoleranno la loro amicizia.
E' molto importante come il regista conduce il racconto, attraverso notazioni, osservazioni umane, con grande pudore ed anche con ironia. Un episodio molto bello e' quando Li vede l'acqua alta per la prima volta, dapprima incuriosita dalle piccole onde che lambiscono i suoi stivali, poi sgomenta, nel suo bar allagato, fraquentato dai clienti noncuranti che conversano, leggono il giornale, bevono, giocano a carte, e che alla sua domanda intorno alla durata dell'alta marea le rispondono che durera' tre ore, l'espressione smarrita dell'attrice e' decisamente impagabile. Notevoli anche i personaggi di contorno, come la compagna di stanza che va a fare Tai Chi, nell'oasi e sulla spiaggia di Ca'' Roman... luogo meraviglioso!
Il coro degli avventori sono Marco Paolini (Coppe), Roberto Citran (avvocato), e Giuseppe Battiston (Devis, per una volta un personaggio sgradevole, delineato, al solito, con grande precisione) fra gli altri.
Il film avrebbe meritato maggiore attenzione al festival, ma mi auguro che abbia un buon riscontro nelle sale... certo altre pellicole vengono scelte per la corsa agli Oscar, ma si tratta di ben alto livello commerciale... di qualita' preferisco non dire!

emilio campanella

Cosi' potremmo definire la preziosa fascinosa e sfiziosa proposta d'Autunno dei Musei Civici Veneziani, al Museo di Palazzo Mocenigo, Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, che ospita dino al 6 Gennaio, la mostra: ALEXANDRE VASSILIEV, L'eleganza in esilio tra moda e costume, il tempo di Djagilev. 
Su idea del collezionista e stilista Vassiliev viene proposta un'ampia scelta di abiti e creazioni di grandi stilisti coevi all'avventura dei Ballets Russes, elegantemente presentati nelle al piano nobile, e scelti cromaticamente per essere perfettamente ambientati nelle varie sale. 
Le date vanno all'incirca dal 1907 al 1928 e si tratta di abiti femminili da giorno, da sera, da ballo, come di costumi di scena.
Nelle vetrine, anche un'ampia scelta ci accessori, dai ventagli, le borsette ricamate e decorate di materiali preziosi, semi-preziosi e da paste vitree, perline, paillettes; scarpine da sera, collane, orecchini, oggetti d'argento da borsetta, diademi e copricapi alla moda russa degli anni '20. Ampia scelta di foto di scena, bozzetti, ritratti di artisti della danza, in un rutilare di effetti riportati all'antico con pochi cenni per gli addetti ai lavori, ma di indubbio fascino anche per i profani. 
Le firme vanno da Baskt a Benois ad Erte'... solo per fare tre nomi a caso.
Ogni abito merita di essere visto con molta attenzione per la qualita' dei tessuti, della linea, delle applicazioni, siano essi ricami, perline, pietre... Uno di questi abiti mi ha ricordato l'indimenticabile figura di Silvana Mangano in MORTE A VENEZIA di Visconti, peraltro la madre di Tadzio era di cultura centro europea ed il personaggio corrisponde esattamente a queste evocazioni d'epoca.
L'niziativa vede la collaborazione di ITALIA RUSSIA 2011 ed e' stata scelta la citta' lagunare che nell'isola di S. Michele, ospita le spoglie mortali  del creatore della stagione dei Ballets Russes, Sergej Djagilev, e del suo primo e piu' importante collaboratore musicale: Igor Stravinskij.

emilio campanella

Quest'anno la Biennale Teatro e' stata diretta dal regista catalano Alex Rigola.
Un programma molto nutrito compresso nell'arco di una settimana, partendo dall'assegnazione del Leone d'oro a Thomas Ostermeier, e di quello d'argento al gruppo Rimini Protokoll, sino al risultato finale degli stages, costruito su un mosaico con il tema dei sette peccati capitali moderni.
Fra le poche cose viste, sorvolero' sulla pretenziosa vacuita' di MUERTE E RENCARNACIÒN DE UN COWBOY di Rodrigo Garcìa che ci tedia per due ore friggendo aria grazie ai due eroici interpreti, ed al saggio gatto TELEMACO, micio veneziano scritturato per l'occasione, per la fiera soddisfazione della sua 'mamma'.
Molto interessante il 'romanzo' narrato e messo in scena da Jan Lauwers, intitolato ISABELLA'S ROOM.
L'autore e regista e' demiurgicamente in scena un po' alla Kantor ed anche come fa Punzo, pre quanto meno motivato di loro.
Ci sono forse un po' troppi riferimenti al Tanztheater, ma ci si lascia coinvolgere grazie alle grandi qualità di una compagnia di interpreti che cantano, danzano, recitano, narrano, suonano con grande talento ed un accordo d'insieme, veramente straordinario ed estremamente coinvolgente. 
Molto elegante e suggestivo: DESAPARECER di Calixto Bieito, una evocazione surreale ed inquietante, di personaggi e vicende intorno a temi di Edgar Allan Poe, con la cantante e pianista Maika Makovski, anche autrice delle musiche, non troppo originali, per la verita', e dall'attore Juan Echanove.
Bellissimi i testi mescolati con quelli di Robert Walser,strepitose le traduzioni di Julio Cortàzar.
Immersi in una grande nebbia che spesso coinvolge anche il pubblico, il grande attore dalla fortissima presenza e dalla voce che cattura, sotto magnifiche luci, mentre lei ricorda un po' Kate Bush, e  invece di concentrare distrae... ancora ha un senso ed una presenza quando e' seduta al pianoforte, quando invece vaga per la scena, scompare decisamente, e costituisce un vero elemento di disturbo che distoglie dalla concentrazione che richiedono le parole che si ascoltano. 
Concludo con WOYZEK, OÙ L'ÈBAUCHE DU DESTIN, di Josef Nadj, un lavoro, peraltro pregevolissimo, del 1994, un'altra pièce 'vecchia' presentata a questo festival; tema che ha suscitato non poche preplessita' e qualche polemica: se a Rovereto e' stato presentato LES CORBEAUX, qui si e' preferito andare indietro nel tempo... forse perche' nello spettacolo di Bieito THE RAVEN di Poe la fa da padrone, e per non fare doppioni?
Comunque, a parte le ironie acide, questo e' un magnifico lavoro, anche se denuncia la sua eta' e le inequivocabili parentele con Kantor (eh, si, ancora lui!), ma anche con Maguy Marin, quindi parentele di lusso, cosi' come la formazione buto ben assimilata e personalizzata.
Lo spettacolo e' brevissimo (purtroppo!) e perfetto, denso, teso, fluido, angosciante ed affascinante.
Si tratta di tutta un'umanita' un po' mostruosa e deforme, nel fondo di un inferno concentrazionario e claustrofobico, soffocante, stretto, segregato.
Siamo in mezzo a soldati manichino, torturati, scaffalati; burattini feroci vessati dalle miserie della vita militare. Ho creduto d'intravvedere una evocazione dell'esecuzione/assassinio di Cesare Battisti; la presenza di un Golem.
In mezzo a cio', Marie, unica donna, ancora piu' vittima degli altri, una ' donna di tutti', usata e sbattuta come una bambola di pezza che perde la paglia dalle sue ferite di giocattolo 'amatodiato': tutti torturati e vessati, parte di un arredamento che contiene anime svuotate!
Non si riconosce nessuno, o quasi, in questo coro di disperati, non il capitano, non il tamburomaggiore, a malapena il protagonista Franz; tutti buttati nel fondo rovente di un paiolo da alchimista pazzo.      

emilio campanella       
   
                                                       
La mostra di Dimitri Russu al Centro Civico di Carpenedo Bissuola (MESTRE) sino al 28 Ottobre.
Il pittore russo ci ha portato un'ampia scelta dalla sua produzione recente ( 2006-2011) in cui spazia fra una vasta gamma di tematiche che sono poi i suoi temi preferiti, ma anche, in certi casi, un poco delle scommesse e delle sfide con se stesso, poiche' se il ritratto, e qui ce ne sono due esempi notevoli, e' forse il filone in cui si esprime veramente a pieno, cogliendo con precisione il soggetto e dandone un attento scavo psicologico, anche nella natura morta compone i suoi piccoli teatri di oggetti con molta attenzione alla messa in scena del dramma da camera che rappresenta.
Alcuni oggetti ritornano, fascinoso e', spesso, il gioco dei riflessi e delle trasparenze.
Interessanti, spesso certe assonometrie e financo ardite 'prospettive impossibili' nelle composizioni di forme astratte, come il trittico intitolato 'LE STAGIONI'.
Non mancano neppure i paesaggi, come una specie di 'barena russa' molto interessante, un faro rosso recentissimo, esterni industriali.
Il grande gusto cromatico si esprime appieno con tele astratte dagli arditi scartamenti cromatici , dalle forme in evoluzione particolarmente ardite, e come, talvolta liquide, in scioglimento, quasi di disgelo.
Anche fiori carnosi e sensuali, frutti densi di vita, e certi limoni indimenticabili. Si, appunto, come questa nota, il cui titolo suggerirei per la prossima personale.

emilio campanella    
Sino all' otto Gennaio 2012, la bella mostra  GLI ANNI FOLLI, La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalì, 1918-1933.
Inaugurata lo scorso 11 Settembre, e vista solo ieri, in una domenica autunnale  ventosa e di cieli percorsi da nuvole bianche, poiche' il giorno del vernissage, coincideva con quello della premiazione della Biennale Cinema.
Tutto sommato meglio, per tastare il polso di un successo che si annunciava gia' assicurato, dati i nomi presenti nell'ampio novero delle opere scelte, ed in una giornata festiva di temperatura gradevole che non obbligava a gelare in coda, come accadra', sicuramente, fra poco.
Notevole affluenza, dunque, ma anche ottima organizzazione per scaglionare i molti gruppi.
Certo, anche se le sale non sono moltissime, e, come sempre, l'esposizione non e' intasata, certo la visita risulta lenta, siccome nella prima sala ci sono solo due tele, una di Renoir, e l'altra di Monet!
Nella seconda poi ci sono due Modigliani,  Chagall, Soutine e Calder, fra gli altri, ed e' chiaro che fra l'emozione e l'interesse, il pubblico si ferma a lungo.
Il percorso e' comunque agile ed intelligente ad evocare la FESTA MOBILE parigina di quegli anni, come ebbe a definirla Hemingway.
I nomi ci sono tutti, cosi' come le correnti. Notevole l'effetto della  'sala teatrale' in penombra, dove sono esposti costumi firmati da Larionov, De Chirico e Matisse, oltre ad una maquette  di Léger per LA CRÉATION DU MONDE del 1923, ed anche di quella degli italiani con le presenze di De Pisis, Savinio, De Chirico (ancora!), Campigli, Severini.
Non mancano Mondrian, Arp, Ernst, Man Ray, e molte cose di Duchamp, ovviamente.
Una bellissima tela di Tamara de Lempicka del 1925: IRÈNE E SUA SORELLA che mi ha fatto pensare a Zelda Fitzgerald, un'altra donna elegante, come la pittrice nella Parigi di quegli anni! Ancora lo sfortunato Delaunay ed un'ampia scelta di foto.
Consigliabilissimo il catalogo edito da Ferrara Arte.

emilio campanella

Presentata il 28 Ottobre, la mostra MANCIU', L'ULTIMO IMPERATORE a Treviso, alla Casa dei Carraresi dove rimarra' aperta al pubblico sino al 15 Maggio 2012.
Sono passati sei anni, e per la quarta volta ci siamo ritrovati ad ascoltare la presentazione di una mostra sulla cultura cinese. Questa volta, la conclusione, l'ultimo atto dell'Impero Celeste, la dinastia proveniente dalla Manciuria, che prese il potere dopo quella Ming; infatti il discorso di quest'anno riprende proprio da quel 1644, quando si concludeva il percorso dell'esposizione precedente.
Si inizia con conquiste, una perdita apparente d'identita', ma con un-in verita'- reale ampliamento dell'impero.
Se il titolo della mostra e' un dichiarato ed ammirato clin d'oeil al celeberrimo film di Bernardo Bertolucci, ed al suo protagonista, io non dimentico il film di Nicholas Rey, un po' maledetto, un po' kolossal, ma con cose notevoli, come la strepitosa Flora Robson, nel ruolo dell'ultima imperatrice che qui ha una grandissima importanza, ovviamente.
La conferenza stampa agile e sintetica si era conclusa, quando il curatore, il Dott. Adriano Madaro, dopo aver risposto ad alcune interessanti domande, in maniera molto ampia ed esauriente,  ci ha invitato a visitare la mostra, siccome conoscevamo tutti il luogo, ma tant'e', per fortuna il percorso e' diventato, come sempre una sua dettagliatissima visita guidata, ricca di spunti e suggerimenti per cogliere i punti salienti di un percorso scientificamente ineccepibile.
Come sempre, sono esposti oggetti di grande bellezza ed importanza storica, come le divise militari secentesche e gli abiti imperiali sontuosi, dai ricami straordinari, cosi' come quelli delle bandiere del Figlio del Cielo, ma anche gli accessori d'abbigliamento delle Imperatrici e delle concubine reali: straordinari i coturni, cosi' simili a quelli delle cortigiane veneziane del cinquecento, ed a quelli degli attori en travesti dell'opera tradizionale, solo che in questo caso, come si sa, i piedi erano veramente minuscoli, perche' crudelmente fasciati dalla prima infanzia.
Non mancano, naturalmente le giade bianche che erano scelte e lavorate solo per l'imperatore, ma neanche una ghiacciaia settecentesca in bronzo cloisonne', sistema antico, ma  di una sua qualche efficacia, per abbassare la temperatura delle sale del Palazzo d'Estate, durante le torride estati della capitale.
Bisogna notare che la maggior parte degli oggetti, non solo non ha mai lasciato la Cina, ma neppure e' stato mai esposto in pubblico, e neppure il pubblico cinese li conosce, un'anteprima, dunque, direttamente dai tesori segreti della Citta' Proibita!
Le varie parti della mostra sono, al tempo stesso storiografiche ed in ordine cronologico, e tematiche, ma anche con interessanti e stimolanti salti temporali divisi in tredici sezioni.
Abbiamo parlato di abiti (vi sara' un avvicendamento, fra qualche mese, siccome la delicatezza dei tessuti richiede che non siano esposti troppo a lungo, e sara' un'occasione pubblicizzata per rivedere l'esposizione), di armi, di oggetti di uso quotidiano, come di pittura di collezioni imperiali, e  mano di imperatrici, anche.
Si arriva ai ritratti dei sovrani, ed alla figura del gesuita milanese Giuseppe Castiglione, di cui sono esposte alcune opere ammirevoli, che divenne pittore di corte, ed il piu' insigne pittore settecentesco 'cinese'!
Da qui, pian piano si arriva alla vicenda umana tragicomica, malinconica e di 'redenzione'  di Pu Yi, ultimo imperatore della dinastia, salito al trono in tenerissima eta'; il Manchukuo', la guerra sino-giapponese, e tutto un problema diplomatico che la sua figura accettata solo dalle Potenze dell 'Asse, creo'.
Certo e' commovente vedere, ed anche questi esposti per la prima volta, gli oggetti di questa persona dalla storia umana cosi' contrastata: dal trono del Celeste Impero, ad imperatore fantoccio, a prigioniero politico n. 981, sino alla sua presa di coscienza ed alla sua liberazione e riabilitazione.
Naturalmente sono esposti anche i suoi oggetti di uso quotidiano di carcerato, cosi' come le divise... commovente, si', certo, sempre quando i 'grandi' decadono e finiscono nella polvere, peggio della 'gente comune' per fortuna la sua vita non si e' conclusa tragicamente, come il piu' delle volte in questi casi!
A Conclusione del percorso, un ulteriore salto temporale all'indietro, per godere della ricostruzione ed esposizione del Trono del Celeste Impero.
Due grandi numeri nella sala di conclusione: 1644, data d'inizio della vicenda della dinastia, e 981: numero del prigioniero Pu Yi.
Una scelta di potenti tele del pittore contemporaneo Jiang Guofang, specialista nel ricostruire la vita della Citta' Proibita, fa da cornice.
Ed il prossimo anno?Ancora in Asia : TIBET, Tesori dal Tetto del Mondo 

emilio campanella                                                                              

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