ORSI ITALIANI


Le recensioni di Emilio Campanella

Ottobre 2010


DA CANOVA A MODIGLIANI  - RINASCIMENTO NELLE TERRE TICINESI - FRANCESCO MARIA PIAVE - GIORGIONE A PADOVA - IL SILENZIO FRA FERRARA E VENEZIA - VISIONI DI MARE FRA GENOVA E VENEZIA - ROSAS - BRONZINO


DA CANOVA A MODIGLIANI, il volto dell'Ottocento, a Padova, Palazzo Zabarella, dal 2 Ottobre 2010, al 27 Febbraio 2011.
E' molto interessante osservare, come in questa occasione, e sono stati i curatori, alla presentazione ad avercelo fatto notare, come il titolo della bella esposizione intorno alla figura nell'ottocento, ed un poco oltre, sia diventato il sottotitolo, e vice versa, come ad aiutare il pubblico a riconoscere nomi noti ed amati ed essere, giustamente e motivatamente attirato da questa manifestazione, che si aggiunge alle altre, ed ormai non poche, di notevole livello della Fondazione Bano.
Indubbiamente un giusto motivo commerciale, che di questi tempi di penuria puo' aver spinto nella decisione. Siccome l'invito a percorrere le sale del bel palazzo ha una giusta ragione, ben venga un piccolo escamotage a fin di bene.
Il percorso espositivo si divide in nove sezioni, agili, e' doveroso dirlo, che prendono in esame con attenzione l'argomento partendo dalla tridimensionalita': TRA IDEA E NATURA, IL RITRATTO IN SCULTURA, con le presenze di Canova e di Thorvaldsen, fra gli altri, ma fra i busti di marmo, anche Ingres con il suo ritratto di Nikolaj Dmitrievic Gur'ev (Ermitage), poi si passa DA APPIANI A PICCIO,TRA LA GRAZIA NEOCLASSICA E IL NATURALISMO ROMANTICO e si trovano Pelagio Pelagi,, De Fabris,  Molteni, Bezzuoli con il ritratto del La Contessa Marianni Bianchi Rucellai, quasi come una dama rinascimentale (Collezione Rucellai Firenze-Milano); il bel busto di Giustina Renier Michiel di Luigi Zandomeneghi (collezione privata), ed Hayez, oltre a Carnovali (Piccio) di cui si presentano, raffrontate, due versioni del ritratto de Il Conte Giuseppe Manara, in compagnia di un elegante e simpatico servitore nero che ad alcuni ha fatto pensare alla molto successiva Olympia di Manet; le due tele provengono da collezioni private.
Si passa poi a LA POETICA DEGLI AFFETTI NEI RITRATTI DI FAMIGLIA in cui le celebrazioni famigliari sembrano ben corrispondere a quelle funebri dei cimiteri monumentali, e cio' che colpisce e' tante volte quello che vede il ritrattista nei clan che ritrae e di cui celebra ruoli sociali, modi, mode, vezzi e vizi, ma anche lo sguardo verso il proprio nucleo di affetti, uno per tutti il Ritratto dei genitori di Placido Fabris dall' Accademia di Venezia, dove colpisce profondamente lo sguardo di affetto del marito verso la moglie; interessante anche  La Famiglia di Vincenzo Vela di Enrico Gamba del 1857, in una temperie gia' impressionista (Ligornetto, Museo Vela).
Dello stesso Vincenzo Vela, scultore notevole, e' esposta la Leopoldina d'Adda (collezione privata). RITRATTO D'ARTISTA E L'ATELIER e' un tema abusato, ma qui, ancora una volta, esposto con attenzione ed interesse curioso e stimolante. La presenza di Giuseppe Tominz, ritrattista di corte le cui due tele esposte: Autoritratto con il fratello  ( Gorizia Musei Provinciali)  ed Autoritratto del 1838-40 (Trieste, Civico Museo Revoltella) sono due esempi di ritrattistica dallo spirito ironico ed acuto tipico della sua personalita'. Ne avevo ampiamente parlato in occasione della mostra goriziana: Artisti di Frontiera alcuni anni or sono.
Si passa poi ad ARTISTI SULLA SCENA e DAL CONFRONTO COL VERO ALLA FOTOGRAFIA dove l'esperienza fotografica risulta evidente nel tipo di composizione, e proprio di inquadratura, a questo punto; e qui abbiamo anche alcuni fra i maggiori nomi dei Macchiaioli. Alessandro Guardassoni con il suo Autoritratto con macchina fotografica, va oltre, dichiara un rapporto diretto con la nuova tecnica (1855-60 Bologna, Fondazione Gualandi). NUOVE ESPERIENZE NELLA RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA MODERNA, e si parte da Vincenzo Gemito ed un bronzo rappresentante Giuseppe Verdi di grandissima forza (post 1873 Milano Casa di Riposo per Musicisti - Fondazione Giuseppe Verdi), ma anche l'emozionante Ricordo di un dolore (Ritratto di Santina Negri) non visto alla mostra forlivese FIORI perche' era gia' stato tolto quando io la vidi, l'inverno scorso, ed e' uno dei quadri che maggiormente amo, di un pittore che amo moltissimo: Giuseppe Pellizza da Volpedo (1899 Bergamo, Accademia Carrara). Non posso non ricordare il possente Il signor Evan Mackenzie di Luigi De Servi ( 1902 Genova, Galleria d'Arte Moderna) e Sogni di Vittorio Corcos ( 1896 Roma, Galleria Nazionale d' Arte Moderna) giustamente scelto per pubblicizzare la mostra sui manifesti, i pieghevoli, la copertina del pregevole catalogo pubblicato da Marsilio, che rappresenta una giovane donna fascinosa, apparentemente trasandata - in realta' molto elegante- seduta e pensosa, su una panchina, mentre ci guarda di uno sguardo intenso; il mento appoggiato al pugno, accanto una piletta di tre libri francesi, l'ombrellino, una paglietta dal nastro verde, un fiore che muore...come in una poesia di Ada Negri... e poi si va verso la fine: ITALIA-FRANCIA, IL NOVECENTO con tre Balla indimenticabili e due Boccioni mozzafaito, ma anche con un Modigliani (pittore che non amo, mi si perdoni!) di cui mi ha incuriosito la Ragazza con bavero alla marinara, che sembra proprio il ritratto dell'attrice portoghese Maria De Medeiros. la tela e' del 1916 e proviene da una collezione privata. In conclusione, una mostra ampia ma non intasata, organizzata con intelligenza e criterio da curatori che sono specialisti dell'arte di questo secolo, e che costituisce una puntuale, ideale, colta celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell'Unita' d' Italia.

emilio campanella

La mattina del sette Ottobre, a Rancate (Mendrisio), nel Canton Ticino,  nella sede della Pinacoteca Zust, e' stata presentata la mostra RINASCIMENTO NELLE TERRE TICINESI, da Bramantino a Bernardino Luini, che sara' aperta al pubblico, dal 10 Ottobre 2010 al 9 Gennaio 2011. Si tratta di un notevole sforzo organizzativo volto ad illuminare intorno all'arte ed agli artisti attivi in questa zona fra gli anni '70 del 1400 e la meta' del secolo successivo.
E' importante ricordare che il territorio non era ancora definito amministrativamente, e che faceva capo alla diocesi comasca, per cui il movimento delle maestranze artistiche risultava particolarmente fluido.
Premetto che l'organizzazione si e' avvalsa della collaborazione dei comuni dove siano presenti opere degli artisti presi in esame, e lasciate in sito per differenti motivi, nel caso di affreschi, ovvio!
Per la pubblicazione di pieghevoli informativi, per altrettanti itinerari (25), con un criterio, si', divulgativo, ma altrettanto curato criticamente, tanto che i testi sono i medesimi dei saggi presenti nel secondo volume del catalogo intitolato, appunto ITINERARI.
Il primo accurato come il secondo, ed in un formato particolarmente maneggevole, e' pubblicato da OFFICINA LIBRARIA.
Le prime due piccole sale della mostra partono da una veloce ed agile contestualizzazione delle opere esposte in ordine cronologico, e pongono l'accento sui luoghi, la situazione orografica,  l'importanza dei laghi, la presenza determinante del fiume Ticino, e, come accennato sopra ai confini incerti che verranno definiti solo nel diciannovesimo secolo.
Dal punto di vista scientifico il lavoro parte da molto lontano grazie a studi preesistenti, come anche recenti, anche dell'Universita' Milanese, che vengono a confluire e ad essere coordinati organicamente, in modo da creare un lavoro coerentemente costruito, cosi' da dare al visitatore agili informazioni esaurienti ed abbastanza sicure intorno ad interpretazioni ed attribuzioni di opere, formulate anche  recentemente.
Utilissima l'idea di una piccola guida gratuita a disposizione del pubblico, in modo da avere didascalie sintetiche, e non doversi avvicinare troppo ad opere  delicate, e che , talvolta, non si sono mai viste a distanza tanto ravvicinata.
Si sale quindi al secondo piano, grazie all'attento allestimento di Claudio Cavadini che ha scelto un colore azzurro polvere per le pareti ed i pannelli che creano un giusto contrasto con le opere esposte, ma cio' che colpisce e' l'attento occhio all'emozione del visitatore, creando angoli concentrativi, di valorizzazione, ma anche di sorpresa durante il percorso.
Infatti il percorso continua coerentemente e proponendo anche il legame con la pittura ferrarese di alcuni artisti che avevano lavorato in quella citta', cosi' come chiari riferimenti iconografici a Raffaello, in caso di altri.
A questo piano sono rimasto particolarmente colpito dall' ANCONA DELLA PIETA' dalla Madonna del Sasso di Orselina, un magnifico lavoro ligneo policromo di Giovanni Ambrogio, Giovanni Pietro De Donati e Giovanni Antonio da Montonate e  dal BANCHETTO DI DIDONE ED ENEA di Pittore Lombardo 1510-15, dal Museo Borgogna di Vercelli per l'eleganza, il ritmo ed il respiro generale dato anche dallo sfondamento spaziale costituito dal paesaggio portuale (Genova?) che si vede oltre la loggia. Ovviamente non si puo' non citare il Bramantino della FUGA IN EGITTO, ancora da Orselina, per l'originalita' della composizione, lo sfondo con i Castelli di Bellinzona e, soprattutto per la nuova interpretazione alla luce dei vangeli apocrifi.
Scendendo sulla balconata che da' sulla grande ultima sala al piano terreno e' esposta SANT'ANNA di Bernardino Luini, da Philadelphia, parte dello smembrato trittico Torriani.
La conclusione e' un fuoco di fila di capolavori, dall' ANDATA AL CALVARIO di Gaudenzio Ferrari, dal Santuario della Pieta' di Cannobio, ai santi SEBASTIANO e CRISTOFORO di Luini dal duomo di Como; PENTECOSTE (recto) e DEVOTI IN ADORAZIONE DELLA CROCE DI SANTO SPIRITO (verso), quest'ultimo di grande forza, pur nel rigore formale della esemplificazione pittorica di un sermone.
Concludo con la MADONNA SVENUTA in legno policromo, di Giovanni Angelo del Maino, da Cuzzago, parte di un importante compianto.
Arrivati in fondo il desiderio di rivedere tutto e' fortissimo: non bisogna resistere!

emilio campanella

FRANCESCO MARIA PIAVE Un veneziano per la musica. Questo il terzo dei quattro appuntamenti organizzati dai Musei civici Veneziani, in altrettanti luoghi monumentali della citta' ed intitolati SERATE D'ARTE.
Questo era ospitato nel Salone da Ballo del piano nobile di Ca' Rezzonico, Museo del Settecento Veneziano. Si e' svolto mercoledi 13 Ottobre alle 19, relatore, il Professor Pier Luigi Pietrobelli docente di Musicologia alla Sapienza di Roma, insigne studioso che ha legato il suo nome a numerosissimi saggi, e che si incontra spessissimo fra gli autori di testi di programmi di sala di allestimenti di opere importanti, ed in particolare, cio' che interessa in questo caso, approfondito conoscitore dell'opera di Giuseppe Verdi.
Al centro dell'interessantissima, ma troppo breve - a causa dei rtempi stretti a disposizione - esposizione del Professor Pietrobelli, era appunto Francesco Maria Piave, nome notissimo a chi ami il melodramma italiano, ma anche autore di versi per arie note in tutto il mondo, e non solo ai melomani.Un muranese di cui ricorre il secondo centenario della nascita ( 1810 - 1876 ).
Ulteriore motivo di interesse per la celebrazione, la presenza, nel fondo del Museo Vetrario di Murano, di ventuno libretti autografi, ora, temporaneamente, nella Biblioteca di Casa Goldoni, che conserva testi di altri due insigni librettisti locali: Carlo Goldoni e Lorenzo da Ponte.
Una tradizione nata probabilmente nel '500 con testi per madrigali,ed altre forme canrtate, ancora prima della nascita dell'Opera, fino poi ad arrivare a Pietro Metastasio ed agli altri grandi nomi appena citati. Piave fu a Venezia, a Roma, ed e' docmentato uno stretto rapporto con l' Accademia Tiberina, poi a Milano.
A Venezia ed a Milano, la collaborazione con Verdi e' stata stretta, anche per l'approfondito interesse del bussetano, per la letteratura, infatti si inizia con ERNANI, da Victor Hugo, poi MACBETH da Shakespeare; CORSARO da Byron; STIFFELIO, da una commedia francese; RIGOLETTO da Le Roi s'amuse, ancora di Hugo ; TRAVIATA da Dumas; SIMON BOCCANEGRA da Schiller e LA FORZA DEL DESTINO da un drammone spagnolo.Questi sono solo alcuni dei libretti che scrisse per i maggiori musicisti del tempo.
Certo la collaborazione, l'amicizia, la stima di Verdi fecero si che i risultati letterari avessero un accordo decisamente speciale con la musica, anche per l'esperienza che Piave condivideva con il muusicista, di quella che oggi si chiama regia, e che e' chiara dalla precisione delle didascelie e dalla descrizione di ambienti e personaggi.
Francesco Maria Piave, a Milano, nel 1867 fu colpito da ictus, e sopravvisse semiparalizzato sino alla morte. La sua situazione, come quella della famiglia, era di grande dificolta' economica, ed anche in quel caso Giuseppe Verdi gli dimostro' la sua grande amicizia sensibilizzando l'opinione pubblica ed i colleghi musicisti in modo che lo sfortunato maestro potesse essere soccorso economicamente.
Il programma della serata si era poi concluso con un piccolo concerto di brani verdiani, sempre puntualmente introdotti dal conferenziere. Si trattava di giovanissime voci di allievi del Conservatorio Benedetto Marcello, accompagnati al pianoforte, con affettuosa partecipazione da Sara Cayero.
Bisogna premettere che gli sforzi dei giovani cantanti erano particolarmente ostacolati dalla terribile acustica del pur magnifico salone. Maria Matveeva ha interpretato con trasporto un'aria di Medora dal CORSARO; Filippo Patron ' Ah la paterna mano' con intensita', dal MACBETH; uno spaventato ( eh, sfido!) Korkmaz Safa, ' Questa o quella' dal RIGOLETTO; Cristina del Tin e' stata una Gilda bambina in ' Caro nome' dalla stessa opera, ed in chiusura, Serena Colombera e Filippo Patron hanno dimostrato un buon accordo in ' Parigi o cara' dalla TRAVIATA.
Applausi meritati per tutti, e via giu' dalle scale per l'Happy Hour alla caffetteria del museo!

emilio campanella

GIORGIONE A PADOVA, L'enigma del carro, cosi' si chiama la manifestazione padovana dedicata a Giorgione, presentata il 15 Ottobre, ed aperta dal 16 dello stesso mese, sino al 16 Gennaio 2011.
Sara' probabilmente l'ultima esposizione dedicata al cinquecentenario del genio di Castelfranco Veneto, e parte da una supposizione: il paesaggio che fa da sfondo alla celeberrima TEMPESTA rappresenta la citta' patavina?
Intorno a questo si e' snodata tutta una dotta ricerca legata al riconoscimento...indiziario di determinati elementi che si potrebbero riconoscere in alcuni aspetti monumentali ed urbani della citta' quattrocentesca.
Quella grande citta' tardomedioevale e primorinascimentale riconoscibile, dal '300 in poi con le tracce lasciate nella Cappella degli Scrovegni da Giotto, da Giusto da Menabuoi nel Battistero, da Guariento... Una citta' che i curatori credono di riconoscere nella tela giorgionesca, per certe torri, una cupola, ponti lignei dopo la dominazione veneziana, un interpretato stemma dei Carraresi.
Tutto cio' e' mostrato in un affascinante audiovisivo a conclusione del percorso che si compone di sei sezioni e si apre con una scelta di magnifiche incisioni di Giulio Campagnola, definito 'l'amico padovano' uomo di grandi e molteplici interessi, artista poliedrico e conoscitore di latino, greco ed ebraico, oltreche' molto interessato alle scienze in generale ed a quelle alchemiche in particolare.
Fu a Mantova, a Ferrara, subi' l'influenza di Durer, e poi, dell'ultima parte della sua vita non si sa quasi nulla...i suoi interessi potevano renderlo inviso, quindi, forse fu una scelta deliberata quella di non farsi notare...
Certo cio' che ha lasciato e' importante, come i suoi rapporti con gli editori del tempo.
In mostra si puo' vedere un'edizione petrarchesca del 1470 (Venezia, Vindelino da Spira) la cui decorazione miniata a lui attribuita e' un'assoluta meraviglia.
Il volume proviene dalla Biblioteca Civica Queriniana di Brescia. Ed e' solo l'inizio di un percorso volutamente 'accidentato' costituito da un reticolo di riferimenti atti a stimolare nel visitatore, i raffronti e le analogie stilistiche.
Buona parte delle opere esposte sono dello stesso Museo degli Eremitani che e' ricchissimo di 'lavori minori' di 'artisti maggiori', cosi' si avvicinano piccole opere su tavola di Giorgione e Tiziano, ad esempio, ad altre di Niccolo' de Barbari e Boccaccio Boccaccino, ma sempre con un criterio scientificamente molto accorto, cosi' da mantenere un filo riconoscibile in un discorso peraltro non poco complesso, poiche' se si prende in esame il mondo scientifico del tempo, come si e' detto, non ci si puo' esimere dal prendere in considerazione un evento epocale come la peste, che fra l'altro, fra i tanti, si era portata via anche Giorgione, appunto!
Ma c'e' anche la presenza del mondo ebraico con la sua importanza. Da queste brevi note si cogliera' quale sia la portata dell'interesse di una esposizione intorno ad un pittore misterioso, del quale si sa poco, di cui e' rimasto poco, ma in mostra sono quattro le sue opere: i due pannelli cui accennavo, LEDA E IL CIGNO ed IDILLIO CAMPESTRE del museo padovano, il meraviglioso MOSE' ALLA PROVA DEL FUOCO degli Uffizi, ed ovviamente LA TEMPESTA delle Gallerie dell'Accademia di Venezia...questa tela e' sempre in viaggio ultimamante, sino a pochi giorni fa a Palazzo Grimani a S:Maria Formosa, a Venezia, ed ora qui!
Secondo alcuni e' tornato dove e' stato commissionato, e forse eseguito...? Congetture, supposizioni, certo affascinanti! Tutto cio' e' ben documentato dal catalogo edito da skira.

emilio campanella

Si, certo e' un titolo ad effetto, ma qualcuno, talvolta li chiede, allora mi e' venuta questa facile idea grazie alla straordinaria occasione che il Palazzo dei Diamanti di Ferrara ci offre per i prossimi mesi.
Si tratta ovviamente di una esposizione organizzata da FERRARA ARTE e dedicata ad un magnifico pittore francese del XVIII secolo, ammirato da Diderot e da Luigi XV, allestitore delle esposizioni del Salon Carre' del Louvre: Jean Siméon Chardin, la cui mostra monografica, la prima in Italia, di un pittore ben poco conosciuto, a parte agli appassionati ed ai critici, e' stata presentata questa mattina.
CHARDIN, il pittore del silenzio sara' visitabile dal 17 Ottobre al 30 Gennaio 2011; successivamente, con qualche piccola variazione, sara' al Prado, dal 28 Febbraio al 29 Maggio 2011.
Ed eccoci all'analogia del silenzio che lo accomuna con il Morandi veneziano dei SILENZI esposti a Palazzo Fortuny.
Il legame c'e' poiche' sappiamo che il pittore bolognese, come molti altri, dalla riscoperta alla fine del XIX secolo, amava moltissimo l'artista francese  cui lo accomunava una pittura precisa , schiva, giocata per sottrazione, di grande cura formale mai fine a se stessa, attraverso oggetti che nell'uno, come nell'altro, ritornano e sono riconoscibilissimi.
L'avventura umana di Chardin fu piuttosto faticosa, specialmente nei primi tempi, poiche' prediligendo le nature morte era poco considerato e pochissimo pagato, i suoi studi non erano stati regolari, sino a quando presento' dei suoi lavori all' Accademia dove furono molto apprezzati , cosi' da permettergli un percorso piu' ufficiale e riconosciuto. Nel frattempo, nella sua lunga vita (1669-1779) conobbe terribili tragedie, sino ad una certa tranquillita' ed ai meritati riconoscimenti cui facevo cenno.
A Palazzo dei Diamanti sono esposte cinquantasette opere,dieci delle quali, provenienti dal Louvre, e le altre, dall'Europa, dagli Stati Uniti, dal Canada.
L'allestimento e' estremamente sobrio e discreto, in alcune sale sono esposti solo due quadri, in altre uno solo, in modo da concentrare l'attenzione del visitatore. Il percorso espositivo cronologico, gioca tanto sul raffronto di due o piu' versioni dello stesso tema, come sui periodi tematicamente preferenziali dell'artista.
Ci sono molti animali barbaramente uccisi, conigli che paiono crocifissi, ma anche gatti vivacissimi che guardano con molta attenzione tranci di pesce, e talvolta vi allungano la zampa!
All'ecatombe di bestie immolate per la tavola dei ricchi, fanno da contraltare, tranquille composizioni di frutta e vasellame, sempre in luci teatrali perfette, su fondali neutri come di quinte. Ci sono ironiche, elegantissime scimmie che dipingono, o sono sussiegosi antiquari.
Abbiamo tre versioni del RAGAZZO CHE FA LE BOLLE DI SAPONE tutte del 1734 e provenienti  da N.Y., Washington, Los Angeles; due del GIOVANE DISEGNATORE, pensoso e malinconico, del 1737, uno dal Louvre, e l'altro da Berlino. Poi si passa alla pittura di genere, per cosi' dire, piccole tele che ritraggono episodi domestici, privati, sempre con molta partecipazione umana, con una attenzione alle storie di queste persone qualunque, con molta umanita', quella di una persona che aveva molto sofferto, direi.
La stessa attenzione si ritrova anche nei ritratti.
Se il NECESSAIRE PER FUMATORE o PIPA E RECIPIENTE PER BERE, anche questo del 1737, sempre dal Louvre, mi e' sembrato veramente molto morandiano, cio' che maggiormente mi ha emozionato e' BICCHIERE D'ACQUA E BRICCO DA CAFFE' del 1760 da Pittsburg. Questo bicchiere ricorre spesso, lo abbiamo visto almeno altre quattro volte, ed e' proprio sempre quello, un semplice bicchiere di vetro trasparente con delle modanature corte alla base, ne abbiamo tutti almeno uno, se ne continuano a produrre, e questo e' l'importante, si tratta di un oggetto qualunque, eppure no, ha qualcosa di speciale, la trasparenza, l'acqua che contiene -sicuramente molto fredda, siccome e' leggermente appannato - si ha desiderio di berla quell'acqua, ed accanto il bricco del caffe' in terracotta smaltata bruna, fra i due tre teste d'aglio a creare uno stacco di contrasto cromatico ed un riflesso sul vetro;  le ombre portate sul piano del tavolo, lo sfondo neutro: PERFETTO!
A conclusione, due pastelli dal Louvre, solo due data la delicatezza, siccome sono su carta. Fanno parte delle ultime opere del pittore che inizio' a perdere la vista e che avrebbe avuto molti piu' problemi a causa dei colori, mentre con questa tecnica pote' continuare a fare lavori memorabili!
Mi ricordo un altro, molto tempo dopo, che per altri motivi di salute e con un' altra tecnica pote' continuare a creare, era Matisse. Il bel catalogo della mostra e' pubblicato da FERRARA ARTE

emilio campanella

A Genova, a Palazzo Ducale, lo Studio Azzurro di Milano, ha riallestito una mostra creata nel 2002, per Napoli, a Castel Sant'Elmo. s'intitola: MEDITAZIONI-MEDITERRANEO e ne e' testimonianza la bella pubblicazione edita da Silvana, e disponibile nella libreria del palazzo.
Nelle stanze degli appartamenti dogali, sono evocate varie suggestioni legate al mare nostrum, si' relative all'area flegrea, ma anche al sud della Francia ed alle coste dell'Africa.
Le varie stanze hanno videoinstallazioni interattive e vetrine popolate da reperti archeologici, materiali lapidei, minerali, tutto immerso in luci magiche, irreali, liquide, volta a volta, a seconda delle evocazioni ambientali od umane che vengono suggerite.
La mostra rimarra' aperta sino al 7 Novembre, mentre dal 27 Novembre 2010 al 1 Maggio 2011, Marco Goldin proporra' MEDITERRANEO, da Courbet a Monet a Matisse, una delle sue abituali scorpacciate di pittura francese che verra' affiancata da  GUCCIONE, Il Mediterraneo, sino al 6 Gennaio, e di seguito, dal nove dello stesso mese, e fino al trenta, da  PUGLISI:  Il Mediterraneo, Coste e costellazioni.
Tutto questo rientra nella serie di manifestazioni della BIENNALE DEL MEDITERRANEO ch'e' la proposta culturale genovese per il 2010.
A parte aggiungero' una piccolissima mostra in chiusura, giusto oggi l'ultimo giorno, allestita nel salone del piano nobile della Villa Imperiale, sede della biblioteca Lercari, e sotto un magnifico sofitto affrescato da Luca Cambiaso.
LA GRANDE ALLUVIONE: 7-8 Ottobre 1970, un evento, anche questo, eccome legato all'acqua!, quando Genova visse il suo' '66 '.
Un avvenimento come ve ne furono in precedenza, e se ne verificarono ancora, e l'ultimo e' stato di alcune settimane fa, ma mai di quell' entita'. Molte immagini d'epoca, delle quali una mi ha colpito in particolare: due autobus fermi davanti alla Stazione Brignole con i passeggeri compostamente in piedi sul tetto con gli ombrelli aperti, fra cui alcune signore eleganti, si direbbe, in nero, le acconciarure ed il trucco perfetti, gli sguardi intensi affascinati l'acqua che sale. Fra i tanti ragazzi infangati e con le pale in mano, c'ero anche io, ma non mi sono ritrovato.
Era molto straniante guardare quelle foto di devastazione, mentre all'esterno il sole illuminava il bel parco gia' testimone di tanti miei giochi di bimbo!                                                           
A Venezia, invece, nel Salone da Ballo del Museo Correr, e' allestita, MALISSIMO, debbo proprio dirlo, una mostra celebrativa molto interessante intitolata: IL CANE A SEI ZAMPE, ovviamente dedicata all'avventura dell' ENI, e se e' evidente che si tratta di una pretesto promozionale, e' doveroso, altresi' osservare, che si tratta di una proposta estremamente interessante, accurata e particolarmente documentata.
Si parte dal 1952 e si arriva ad oggi attraverso documenti, una serie di testimonianze fotografiche di grande interesse ed ampiezza, oggetti, filmati, gadgets d'epoca, sino a pompe di benzina che tutti ricordiamo, e la ricostruzione dello studio di Enrico Mattei.
Peccato che i faretti siano posti in modo da creare fastidiosi riflessi sui vetri, cosi' che si abbia difficolta' a vedere le immagini, e la totale impossibilita' a leggere le didascalie gia' piccole.
Un ultimo appunto a chi abbia deciso di spostare malamente in un angolo il gruppo di ORFEO ED EURIDICE di Canova, e fra l'altro, con una colonna fra loro!
Interessante ed ampio il bel catalogo; una piccola guida e' a disposizione del pubblico ed il personale e' molto competente... e il mare? Beh! Ci cono molte immagini di mare, di coste e di piattaforme, ovviamente!

emilio campanella

Sabato 23 Ottobre e' andato in scena al Teatro Comunale di Ferrara ROSAS DANST ROSAS di Anne Teresa De Keersmaeker, un pezzo storico creato nel 1983 quando lo danzarono la stessa coreografa con Michèle-Anne De Mey, Adriana Borriello e Fumiyo Ikeda.
In questa occasione, sotto le luci perfette di Remon Fromont ed alle musiche di Thierry de Mey e Peter Vermeersch, hanno danzato: Tale Dolven, Sandra Ortega Bejarano, Elizaveta Penkova, Sue-Yeon Youn.
Lo spettacolo rientra nel Festival Danza Contemporanea 2010, di questo teatro che ha sempre proposte stimolanti.
Bisogna innanzitutto premettere che una ripresa a circa trent'anni di distanza costituisce sempre un grosso rischio, a dispetto dei premi, dei riconoscimenti ricevuti, del ricordo emozionato ed affascinato.
Negli ultimi tempi molto spesso, sono stati riproposti pezzi storici, molte di queste occasioni le ho avute proprio grazie a questo teatro benemerito per la danza in Italia.
ROSAS DANST ROSAS e' pero' rimasto proprio agli anni '80, nel bene e nel male, un po' per l'algore generale che lo permea, ma anche per le coazioni a ripetere così secche, insomma, in novanta minuti (non centoventi com' era scritto, per fortuna!) si vedono praticamente cinque legazioni di movimento, si, variate, si spezzate e riprese, si, a canone, ma sempre quelle cinque.
E se indubitabilmente abile e' l'uso dello spazio e furba la tecnica di passaggio dei temi da una personalita' all'altra, si rimane tuttavia molto all'esterno, anche per la freddezza delle interpreti, corrette ma non eccezionali.
A questo punto sarei curioso di rivedere BARTÒK AANTEKENINGEN (1986), tre ore di musica e danza travolgente di sei bambinacce con abiti neri e scarponcini, indimenticabile! Ma ora come sara'? Il tempo fa di quegli scherzi!

emilio campanella

BRONZINO, Pittore e poeta alla corte dei Medici, a Firenze, Palazzo Strozzi, sino al 23 Gennaio 2011.                                            
Questa sembra la stagione delle 'prime', perche' se la mostra che il Palazzo Dei Diamanti di Ferrara dedica a Chardin e' la prima in Italia, questa, di Palazzo Strozzi, intorno ad Agnolo di Cosimo, detto il BRONZINO, pare sia la prima in assoluto, al mondo, dedicata ad un artista di primo piano del rinascimento toscano.
Premetto che l'esposizione, oltre ad essere accuratissima e molto ampia (non troppo!), illuminata benissimo, ed allestita con grande attenzione, usando al meglio i grandi ambienti dell'edificio, risulta particolarmente 'facile' alla fruizione, data l'attenta 'esposizione' dei capitoli-sezione che la compongono, che sono sette, in cui vengono suddivise le circa ottanta opere, nella maggioranza del dedicatario della manifestazione ed alcune delle quali mai esposte al pubblico, tanto che a fine percorso il fatto di rivedere e riapprofondire viene come naturale.
E questo perche' non ci sono dispersioni, si parte da PONTORMO e BRONZINO, vengono presi in esame i vari temi, e si chiude con BRONZINO ed ALESSANDRO ALLORI, seguendo una linea artistico dinastica da maestro ad allievo.
Molto presente e', non solo il ruolo di pittore di corte, dell'artista, ma la sua maestria di poeta, ed i suoi rapporti con il mondo letterario, cosi' risulta maggiormente motivata la presenza del magnifico ritratto della poetessa Laura Battiferri, dal Museo di Palazzo Vecchio; ampia appunto la sezione dei ritratti con quelli interessantissimi dei coniugi Panciatichi, entrambi dagli Uffizi, esposti nella medesima sala con lo straordinario CRISTO CROCIFISSO da Nizza, Musée des Beaux-Arts, recentemente attribuito e restaurato, un'opera sorprendente per semplicita' e per il raccoglimento interiore che suscita, in un impianto rigorosissimo e quasi surreale.
Altro ritratto fondamentale, quello di ELEONORA DI TOLEDO CON IL FIGLIO GIOVANNI (Uffizi) in cui la tela e' occupata nella quasi totalita', dallo straordinario abito di rappresentanza.
Immagine simbolo della mostra, questa tela fa da trés-d'union fra la sezione dedicata al potere e le sue rappresentazioni, con la cui occasione si possono vedere arazzi magnifici, e quella a lei idealmente dedicata in particolare attraverso la sua cappella in Palazzo Vecchio ed il ritrovamento di un frammento del SAN COSMA, da una collezione privata inglese, per una ideale ricostruzione dell'impianto originario della cappella stessa.
Un altro tema affrontato con molta intelligente cura e' quello della diatriba dell'epoca fra pittura e scultura, e fra le varie meraviglie della grande sala, troneggia il doppio ritratto (fronte e retro) del nano MORGANTE, importante personalita' della corte di Cosimo primo, di cui era l'uccellatore.
Il grande quadro lo ritrae nudo e fiero, in piedi con una civetta sulla spalla. Una rapresentazione di grande rispetto e dignita' per una persona che, come si sa storicamente aveva molto sofferto di angherie da parte dei cortigiani (come Rigoletto, insomma, l'epoca era la stessa e la corte di Mantova non così lontana!).
Molti sono i temi sacri affrontati e talvolta con notevole originalita';concludo con un curioso RITRATTO DI ANDREA DORIA IN VESTE DI NETTUNO, fratello gemello di quello di Sebastiano del Piombo del Palazzo del Principe di Genova, dal quale si differenzia nel volto che non e' un ritratto, ma una rappresentazione ideale, curioso!
Molto esauriente il catalogo pubblicato da Mandragora.

emilio campanella



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